ha pronunciato la seguente
                               Ordinanza
 nel giudizio di legittimita' costituzionale dell'art. 10,  lett.  h),
 del  d.P.R.  29  settembre  1973,  n.  597  (Istituzione e disciplina
 dell'imposta  sul  reddito  delle  persone  fisiche),  promosso   con
 ordinanza  emessa  il  10  novembre 1997 dalla Commissione tributaria
 regionale di Milano sul ricorso proposto dall'Ufficio  delle  imposte
 dirette  di Milano contro Andreani Alessandro, iscritta al n. 645 del
 registro delle ordinanze 1998 e pubblicata della  Gazzetta  Ufficiale
 della Repubblica n. 38, prima serie speciale, dell'anno 1998.
   Visto  l'atto  di  intervento  del  Presidente  del  Consiglio  dei
 Ministri;
   Udito nella camera di consiglio  del  23  giugno  1999  il  giudice
 relatore Fernanda Contri;
   Ritenuto  che  la  Commissione  tributaria regionale di Milano, con
 ordinanza del 10 novembre 1997, ha  sollevato,  in  riferimento  agli
 artt.   3  e  53,  primo  comma,  della  Costituzione,  questione  di
 legittimita' costituzionale dell'art. 10, lettera h), del  d.P.R.  29
 settembre  1973,  n.  597  (Istituzione e disciplina dell'imposta sul
 reddito delle persone  fisiche),  nella  parte  in  cui  consente  la
 deduzione dal reddito imponibile degli importi per assegni alimentari
 corrisposti  alle  persone  indicate nell'art. 433 del codice civile,
 solo se essi risultino da provvedimenti  dell'autorita'  giudiziaria,
 con   esclusione  di  quelli  prestati  spontaneamente  dal  soggetto
 obbligato;
     che  la  controversia  davanti  al  giudice  a  quo  concerne  la
 deducibilita'  dal  reddito  imponibile  delle  rette  pagate  da  un
 contribuente per il ricovero della madre - soggetto fiscalmente a suo
 carico  -  in  una  casa  di  riposo  e  qualificate   dal   medesimo
 contribuente come assegni alimentari;
     che  il  rimettente,  ritenuta  l'applicabilita' alla fattispecie
 della norma impugnata, osserva  come  essa,  nella  sua  formulazione
 letterale,  non  ammetta una interpretazione estensiva, favorevole al
 contribuente;
     che, secondo il giudice  a  quo  la  scelta  del  legislatore  di
 consentire  la  deduzione nei limiti anzidetti sarebbe irragionevole,
 trovando gli obblighi alimentari la  loro  causa  direttamente  nella
 legge,  ed  avendo il provvedimento dell'autorita' giudiziaria valore
 di  mero  accertamento  dell'obbligo,  con  la  conseguenza   di   un
 trattamento  deteriore  per  chi  osserva  spontaneamente  il proprio
 obbligo rispetto a chi vi si sottopone solo a seguito dell'intervento
 del giudice;
     che, ad avviso del giudice a quo la disposizione impugnata  viola
 il principio di eguaglianza stabilito dall'art. 3 della Costituzione,
 alla   luce   del  quale  deve  essere  inteso  anche  l'obbligo  dei
 contribuenti di concorrere alle spese pubbliche in ragione della loro
 capacita' contributiva, di cui all'art. 53 della Costituzione;
     che e' intervenuto in giudizio il Presidente  del  Consiglio  dei
 Ministri,  rappresentato  e  difeso  dall'Avvocatura  generale  dello
 Stato,  chiedendo  alla  Corte  di  dichiarare  inammissibile,  o  in
 subordine   infondata,   la  questione  sollevata  dalla  Commissione
 tributaria regionale di Milano;
     che,  ad  avviso  dell'Avvocatura,  la  fattispecie  oggetto  del
 giudizio davanti al giudice a quo trova la sua  regolamentazione  non
 nella norma impugnata ma nell'art. 15, n. 3), del d.P.R. 29 settembre
 1973,  n.  597,  il  quale  disciplina le detrazioni di imposta per i
 contribuenti con carichi di famiglia, consentendo la detrazione di un
 importo fisso per ciascuna delle persone di  cui  all'art.  433  cod.
 civ.  che  convivano col contribuente, o che percepiscano assegni non
 risultanti   da   provvedimenti   dell'autorita'   giudiziaria,   con
 conseguente irrilevanza della questione nel giudizio in corso davanti
 al giudice tributario;
     che,  sempre  secondo l'Avvocatura, la questione sarebbe comunque
 infondata,  dal  momento  che  gli  assegni  alimentari  e  le  spese
 sostenute  per  il mantenimento dei familiari non sono, in assenza di
 provvedimento  del  giudice,  fiscalmente  irrilevanti,  ma   trovano
 riconoscimento nel regime delle detrazioni di imposta.
   Considerato  che  la  questione  sottoposta  all'esame  della Corte
 risulta ammissibile, posto che nel giudizio a quo si  controverte  in
 ordine  alla  deduzione dal reddito imponibile, ai fini della imposta
 sul  reddito  delle  persone  fisiche,   di   oneri   sostenuti   dal
 contribuente per il mantenimento di una delle persone di cui all'art.
 433 cod.  civ;
     che,  in  generale,  riguardo  al  sistema  delle  deduzioni  dal
 reddito,  la  Corte  ha  avuto  occasione   di   chiarire   che   "la
 detraibilita' non e' secondo Costituzione necessariamente generale ed
 illimitata,  ma va concretata e commisurata dal legislatore ordinario
 secondo un criterio che concili le esigenze finanziarie  dello  Stato
 con quelle del cittadino" (sentenza n. 134 del 1982) e che "spetta al
 legislatore, secondo le sue valutazioni discrezionali, di individuare
 gli  oneri  deducibili considerando il necessario collegamento con la
 produzione del reddito, il nesso di proporzionalita' con  il  gettito
 generale  dei tributi, nonche' l'esigenza fondamentale di adottare le
 opportune cautele contro le evasioni di imposta" (sentenza n. 143 del
 1982; v. anche le sentenze nn. 108 del 1983  e  239  del  1993  e  le
 ordinanze nn. 948 del 1988 e 556 del 1987);
     che la deduzione dal reddito imponibile degli assegni alimentari,
 limitata  alla  misura  risultante  da  provvedimento  dell'autorita'
 giudiziaria, corrisponde ad una scelta del  legislatore  ispirata  ad
 esigenze  di  certezza  nella  individuazione degli oneri detraibili,
 altrimenti  lasciata  alla   volonta'   del   contribuente   o   alla
 discrezionalita' dell'amministrazione finanziaria;
     che  il  sistema,  all'art. 15, primo comma, n. 3), del d.P.R. 29
 settembre 1973, n. 597, gia' prevede  detrazioni  di  imposta  per  i
 familiari a carico del contribuente;
     che  pertanto  la  questione  di  legittimita'  costituzionale e'
 manifestamente infondata.
   Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11  marzo  1953,  n.
 87  e 9, secondo comma, delle norme integrative per i giudizi davanti
 alla Corte costituzionale.