Ricorso  (per  conflitto  di  attribuzioni  tra poteri dello Stato)
 della Corte dei conti, in  persona  del  presidente  dott.  Francesco
 Sernia  -  in  forza dei poteri conferitigli con la determinazione n.
 13/99 in data 5-10 marzo 1999 della  Corte  dei  conti,  sezione  del
 controllo  sugli  enti  -, rappresentato e difeso, come da mandato in
 calce al presente atto, dal prof. avv.  Filippo  Lubrano,  presso  il
 quale e' elettivamente domiciliato in Roma, via Flaminia 79;
    Contro  il Governo della Repubblica, in persona del presidente del
 consiglio dei Ministri  pro-tempore,  il  Ministero  del  tesoro,  in
 persona  del Ministro pro-tempore il Ministero per l'universita' e la
 ricerca  scientifica,  in  persona  del  Ministro   pro-tempore,   il
 Ministero   per   la  funzione  pubblica,  in  persona  del  Ministro
 pro-tempore, il Ministero dell'industria, commercio e artigianato, in
 persona del Ministro  pro-tempore,  il  Ministero  dell'ambiente,  in
 persona  del  Ministro pro-tempore, in relazione alle disposizioni di
 cui ai decreti legislativi 30 gennaio 1999, nn. 19, 27 e  36,  aventi
 ad  oggetto  il  riordino  di  tre enti di ricerca, C.N.R. (Consiglio
 nazionale delle ricerche),  A.S.I.  (Azienda  spaziale  italiana)  ed
 E.N.E.A.  (Ente  per  le nuove tecnologie, energia e ambiente), nella
 parte in cui si e' limitato il potere di controllo  della  Corte  dei
 conti,  previsto in via generale dalla legge 21 marzo 1958, n. 259 in
 attuazione dell'art.  100, secondo comma della Costituzione.
                               F a t t o
   Ai sensi dell'art. 100, secondo comma della Costituzione  la  Corte
 dei  conti  "partecipa, nei casi e nelle forme stabilite dalla legge,
 al controllo sulla gestione finanziaria degli enti  a  cui  lo  Stato
 contribuisce in via ordinaria. Riferisce direttamente alle Camere sul
 risultato   del   riscontro  eseguito".  In  attuazione  della  norma
 costituzionale e' stata emanata la legge 21 marzo 1958, n.  259  che,
 ai  fini  dell'esercizio  del  controllo,  ha  istituito una speciale
 sezione nell'ambito della stessa Corte dei conti: ai  sensi  di  tale
 normativa  di carattere generale la Corte esercita il controllo sugli
 atti e i documenti contabili concernenti l'ordinamento e la  gestione
 degli  enti, trasmessi dai medesimi e dalle amministrazioni vigilanti
 e puo' acquisire informazioni, notizie, atti,  documenti  concernenti
 le  gestioni  finanziarie  nonche'  esprimere  in  qualsiasi  momento
 rilievi sulle irregolarita' della gestione; inoltre, con  un  proprio
 magistrato  assiste  alle  riunioni  degli  organi  di  gestione e di
 revisione degli enti stessi.
   Con riferimento alla delega conferita con legge 15 marzo  1997,  n.
 59  il  Governo ha emanato i decreti legislativi indicati in epigrafe
 con i quali ha, tra l'altro, disciplinato in modo nuovo e particolare
 (in  senso  fortemente  riduttivo)  l'esercizio  del  controllo   nei
 confronti  di  tre  fondamentali  enti  di ricerca: C.N.R. (d.lgs. n.
 19/1999), A.S.I. (d.lgs. n. 27/1999) ed E.N.E.A. (d.lgs. n. 36/1999).
   In particolare, con disposizioni di carattere  quasi  identico,  il
 controllo  della  Corte  dei  conti  su  tali enti e' stato ridotto a
 semplice  esame  del  bilancio  annuale  consuntivo,   senza   alcuna
 possibilita'  di  effettivo  controllo  sulla gestione: "Il C.N.R. e'
 soggetto al controllo  successivo  della  Corte  dei  conti,  che  si
 esercita  unicamente  sui  conti  consuntivi  dell'ente,  al  fine di
 riferire annualmente al parlamento, con  l'esclusione  del  controllo
 amministrativo  di  regolarita'  contabile  e  nei  singoli  atti  di
 gestione" (art.  9,  comma  3,  d.lgs.    n.  19/1999);  "L'attivita'
 dell'A.S.I.  e'  soggetta  al  controllo  successivo  della Corte dei
 conti, che e' esercitato unicamente sui conti consuntivi ai soli fini
 della  relazione  al  parlamento,  con   esclusione   del   controllo
 amministrativo  di  regolarita'  contabile  e  sui  singoli   atti di
 gestione" (art. 9, comma 5, d.lgs. n. 27/1999); "In deroga  a  quanto
 stabilito  dalla  legge  21  marzo  1958,  n. 259, la Corte dei conti
 esercita esclusivamente il controllo sul bilancio  consuntivo"  (art.
 11, comma 2,  d.lgs.  n. 36/1999).
   Nella  seduta  del 5 marzo 1999 la sezione del controllo sugli enti
 della Corte dei conti, ai fini  dell'esercizio  del  controllo  sugli
 enti  di  ricerca  sopra considerati (C.N.R. - A.S.I. - E.N.E.A.), ha
 ritenuto  di  deliberare   la   proposizione   dinanzi   alla   Corte
 costituzionale  del  conflitto  di  attribuzioni  nei  confronti  del
 Governo in relazione alla illegittimita' costituzionale, lesiva delle
 proprie competenze, delle norme sopra richiamate.
                             D i r i t t o
   1. - In ordine alla legittimazione soggettiva della Corte dei conti
 ai fini della prospettazione del conflitto di attribuzioni si  rileva
 che  la Corte costituzionale, con decisione 28 dicembre 1993, n. 466,
 confermando l'orientamento gia' manifestato nell'ordinanza 13  maggio
 1993,  n.  242,  ha  rilevato che "la Corte dei conti, nell'esercizio
 della sua funzione di controllo sulla gestione finanziaria degli enti
 a cui lo Stato contribuisce in via ordinaria, gode, sotto il  profilo
 soggettivo,  della  qualita'  di potere legittimato alla proposizione
 del conflitto, venendo a disporre, nell'esercizio di  tale  funzione,
 di una piena autonomia dagli altri poteri".
   Nella   specie  non  sembra  dubbia  la  sussistenza  di  una  tale
 situazione  in  quanto  la  Corte,  riunitasi   per   l'esame   della
 problematica  relativa  all'esercizio del controllo sui predetti enti
 di ricerca, ha dovuto constatare che  tale  controllo  sarebbe  stato
 precluso  per  quanto  attiene  allo svolgimento ordinario (ponendosi
 anche  il  problema  della  permanenza  del  magistrato  delegato  al
 controllo  ai  fini  della  assistenza  alle  sedute  degli organi di
 amministrazione  e  di  revisione):  anche  se,  quindi,  e'  mancato
 l'esercizio del controllo su di un atto concreto, tale circostanza e'
 dipesa   essenzialmente   dall'applicazione   delle   predette  norme
 preclusive di un intervento siffatto, onde e'  risultato  preliminare
 l'esame  della  legittimita'  dell'intervento  legislativo limitativo
 dell'esercizio concreto del controllo (in questo senso, del resto, si
 e'  pronunciata  la  stessa  Corte  costituzionale  allorquando,  con
 ordinanza  19  gennaio  1995,  n.  21,  ha dichiarato "ammissibile il
 ricorso per conflitto di attribuzioni proposto dalla Corte dei  conti
 nei   confronti  del  Governo  della  Repubblica  in  relazione  alla
 sottrazione del  d.m.  del  Tesoro  22  giugno  1992,  n.  242632  al
 controllo  preventivo  della Corte dei conti concretatasi nell'omesso
 invio dell'originale del provvedimento, al connesso comportamento del
 Governo consistente nella modifica dell'art. 7,  comma  10  d.-l.  17
 luglio  1993,  n.  232 ed alla connessa illegittimita' costituzionale
 degli artt. 3, comma 13, 8, comma 1, legge 14 gennaio 1994, n. 20").
   2. - Per quanto attiene, poi, alla  legittimazione  oggettiva  alla
 proposizione  del  conflitto di attribuzione nei confronti di un atto
 avente  forza   di   legge   appaiono   rilevanti   due   ordini   di
 considerazioni.
   2.1.  -  La  Corte costituzionale, con decisione 24 aprile 1996, n.
 126, ha specificamente esaminato il problema della proponibilita' del
 conflitto di attribuzione in relazione alla circostanza della dedotta
 incostituzionalita' delle norme di legge contestate per eccesso dalla
 delega legislativa. Ha, allora, rilevato la Corte  che  "le  regioni,
 cosi'  come  le  province  autonome  di  Trento  e  di  Bolzano, sono
 abilitate a ricorrere contro le leggi e  gli  atti  aventi  forza  di
 legge  dello Stato non in presenza di un qualsiasi possibile vizio di
 costituzionalita',  ma  soltanto  guando  il  vizio   dedotto   possa
 determinare,  in quanto tale, una lesione della sfera di attribuzioni
 costituzionalmente garantita loro, sotto l'aspetto della ripartizione
 delle competenze o del modo di esercizio delle stesse".
   Nella specie, a differenza della ipotesi considerata  nella  citata
 sentenza   n.  126/1996,  esiste  uno  stretto  collegamento  tra  la
 questione di legittimita' costituzionale sollevata  dalla  Corte  dei
 conti nei confronti dei richiamati decreti legislativi e la riduzione
 delle  attribuzioni di controllo costituzionalmente riconosciute alla
 Corte dei conti: e' stata,  infatti,  prospettata  la  violazione  da
 parte  dei  richiamati  decreti  legislativi  dei  criteri  direttivi
 desumibili dalla legge di delega e, quindi, la lesione  in  tal  modo
 apportata  alle  attribuzioni  di  controllo  proprio della Corte dei
 conti, circostanza direttamente rilevante in quanto il vizio  dedotto
 non ha un carattere meramente formale ma ha un rilievo sostanziale da
 esso   discendendo   direttamente   la   lesione  delle  attribuzioni
 costituzionalmente riconosciute.
   D'altro canto  l'argomento  contrario,  posto  a  fondamento  della
 pronuncia  con  la  quale  la  Corte  costituzionale  ha  escluso  la
 legittimazione oggettiva nei confronti del decreto legislativo  nella
 citata  sentenza  n.  126/1996  (trattasi di vizio formale non avente
 alcuna   connessione   con   le    attribuzioni    costituzionalmente
 riconosciute  e  lese,  onde  l'unica  tutela possibile e' quella del
 ricorso diretto per incostituzionalita' della legge), e'  sicuramente
 irrilevante nella fattispecie in quanto, da un lato, tale facolta' di
 impugnazione  (riconosciuta  alle  regioni)  non  e' nella competenza
 della Corte dei conti e, inoltre, il vizio dedotto  non  ha  un  mero
 carattere  formale  ma  nella  specie  e'  esso  stesso oggetto della
 contestazione  sostanziale,  da  esso  direttamente  conseguendo   la
 lesione delle attribuzioni costituzionali della Corte dei conti.
   2.2.  -  Da  altro  punto  di  vista  la  legittimazione  oggettiva
 dell'atto  nei  confronti  del  quale  e'  dedotto  il  conflitto  di
 attribuzione   discende  anche  dal  diretto  contrasto  delle  nuove
 disposizioni legislative  con  i  principi  generali  ispiratori  del
 controllo  della  Corte dei conti, con la conseguenza che l'invasione
 della sfera delle attribuzioni costituzionalmente  riconosciute  alla
 stessa  Corte  si  prospetta  anche indipendentemente dall'eccesso di
 delega, in relazione ai limiti sostanziali posti alle  modalita'  del
 controllo,  limiti  che  non  possono  essere  introdotti  nel nostro
 sistema con riferimento ai  principi  desumibili  direttamente  dalle
 norme costituzionali.
   3.  -  I  presupposti sostanziali della questione dedotta in questa
 sede sono stati  chiaramente  enunciati  dalla  Corte  costituzionale
 nella richiamata sentenza n. 466/1993.
   "La   soluzione   del   conflitto   pone  essenzialmente  in  gioco
 l'interpretazione della legge 21 marzo 1958, n.  259,  alla  luce  di
 quanto previsto dal dettato costituzionale in tema di controllo sulla
 gestione  finanziaria  degli  enti  cui  lo Stato contribuisce in via
 ordinaria.
   L'art. 100, seconda parte del  secondo  comma,  della  Costituzione
 statuisce  che la Corte dei conti ''partecipa, nei casi e nelle forme
 stabilite dalla legge, al controllo sulla gestione finanziaria  degli
 enti  a  cui  lo  Stato  contribuisce  in  via ordinaria'' prevedendo
 l'obbligo per la stessa Corte di riferire ''direttamente alle  Camere
 sul risultato del riscontro effettuato''.
   In  attuazione  di  tale  disposto,  la  legge  n.  259 del 1958 ha
 regolato due diversi tipi di controllo, istituendo ai fini  del  loro
 esercizio una speciale Sezione in seno alla stessa Corte (art. 9): il
 primo   tipo,  riferito  agli  enti  -  indicati  dalla  legge  senza
 l'aggiunta di altra qualificazione - cui la pubblica  amministrazione
 conferisce  contributi  con  carattere  di  periodicita'  da oltre un
 biennio ovvero attribuisce continuamente un potere  impositivo  (art.
 2);   il   secondo,  riferito,  invece,  agli  enti  -  espressamente
 qualificati dalla legge come pubblici - nei cui confronti la pubblica
 amministrazione contribuisce con apporto al patrimonio in capitale  o
 servizi  o  beni  ovvero mediante concessione di garanzia finanziaria
 (art. 12).
   Nel primo caso il controllo  e'  esercitato  nella  forme  indicate
 dagli  artt.  4,  5 e 6 della stessa legge (invio da parte degli enti
 dei conti consuntivi, dei bilanci di esercizio e dei  relativi  conti
 dei  profitti  e  delle  perdite;  richiesta di informazioni da parte
 della  Corte  dei  conti  ai  rappresentanti  delle   amministrazioni
 pubbliche  presenti  nei  collegi  sindacali degli enti; richiesta di
 ulteriori informazioni, atti  e  documenti  agli  stessi  enti  e  ai
 ministeri  competenti);  nel  secondo  caso il controllo si esercita,
 altre che con l'invio dei  consuntivi  e  dei  bilanci,  mediante  la
 presenza  diretta  di  un  magistrato  della  corte,  legittimato  ad
 assistere alle sedute degli organi di amministrazione e di revisione.
   Nell'una e nell'altra ipotesi la Corte e' tenuta  a  riferire  alle
 camere i risultati del controllo eseguito, potendo altresi', nel caso
 in  cui  accerti  irregolarita' nella gestione e, comunque, quando lo
 ritenga opportuno, formulare rilievi al  Ministro  del  tesoro  e  al
 Ministro competente (artt. 7 e 8)".
   Con  riferimento  ai  suindicati  presupposti appaiono direttamente
 conseguenti  i  dedotti  profili  di   lesione   delle   attribuzioni
 costituzionali della Corte dei conti.
   3.1.  -  L'art.  11  della  legge  15 marzo 1997, n. 59, per quanto
 attiene al settore degli enti di ricerca, ha esplicitamente  delegato
 il Governo all'emanazione di decreti legislativi intesi a "riordinare
 gli  enti  pubblici  nazionali  operanti  in  settori  diversi  dalla
 assistenza  e  previdenza;  nonche'  gli  enti  privati,  controllati
 direttamente   o  indirettamente  dallo  Stato,  che  operano,  anche
 all'estero  nella  promozione,  nel  sostegno  pubblico  al   sistema
 produttivo   nazionale"   (lett.   b);   nonche'  per  "riordinare  e
 razionalizzare gli interventi diretti a  promuovere  e  sostenere  il
 settore della ricerca scientifica e tecnologica nonche' gli organismi
 operanti nel settore stesso" (lett. d).
   I  relativi  criteri  di delega sono stabiliti nei successivi artt.
 14 (per gli interventi previsti dall'art. 11, lett. b) e 18 (per  gli
 interventi  previsti  dall'art.  11, lett. d), onde e' in relazione a
 tali principi che si deve valutare se le richiamate disposizioni  dei
 decreti  legislativi  siano  censurabili  per  eccesso  di delega per
 quanto  attiene  agli  interventi  determinati  nei  confronti  delle
 attribuzioni di controllo della Corte dei conti.
   La  specifica  analisi delle norme contenute nella legge n. 59/1997
 porta pero' ad escludere che tali interventi siano stati consentiti e
 voluti dal legislatore delegante e cio'  per  un  duplice  ordine  di
 considerazioni.
   Dal  punto  di  vista  positivo  non si ritrova nelle disposizioni,
 relative  sia  all'oggetto  che  ai  criteri  della   delega,   alcun
 riferimento  attinente  alle  funzioni  di  controllo della Corte dei
 conti: questa, infatti, non e' in alcun modo menzionata  dalle  norme
 richiamate, che d'altro canto neppure fanno riferimento ad ipotesi di
 qualsiasi  tipo  di "alleggerimento" dei controlli allo stato in atto
 con riferimento ai predetti enti di ricerca.
   Dal punto di vista  negativo,  poi,  il  legislatore  delegante  ha
 manifestato  il  proprio  orientamento  nel  senso  di  mantenere con
 specifico riferimento alle modifiche strutturali che si  andavano  ad
 organizzare  i controlli istituzionali della Corte dei conti, come e'
 fatto palese dal riferimento nelle premesse dei criteri di  cui  agli
 artt.  14 e 17 della legge "ai principi generali desumibili ... dalla
 legge 14 gennaio 1994, n. 20": questa legge (contenente  disposizioni
 in  materia  di  giurisdizione  e  controllo  della  Corte dei conti)
 costituisce, quindi, limite  ineludibile  da  parte  del  legislatore
 delegato  in alcun modo titolare del potere di incidere vanificandoli
 sui poteri  di  controllo  costituzionale  riconosciuti  alla  stessa
 Corte.
   3.2.  -  Il  profilo  dell'eccesso  di  delega  si collega, quindi,
 necessariamente  con  il  profilo  sostanziale   delle   attribuzioni
 costituzionalmente  riconosciute  alla  Corte  dei conti in base alla
 legge n. 259/1958:   non e',  infatti,  dubbio  che  tale  controllo,
 essendo  stato  esplicitamente posto in essere quale "attuazione" del
 precetto costituzionale, "risulti  incluso  nell'ambito  della  sfera
 disciplinata  dall'art.  100,  secondo comma, della Costituzione, dal
 momento che tale dato emerge chiaramente dallo stesso art.  12  (dove
 si  richiama l'art. 100 Cost.) ed e' stato gia' evidenziato da questa
 Corte nella sentenza n. 35 del 1962. Ma l'art.  100,  secondo  comma,
 della   Costituzione,   pur   rinviando   alla   legge  ordinaria  la
 determinazione dei casi e delle forme  del  controllo,  riferisce  il
 controllo  stesso  agli  ''enti  a  cui  lo Stato contribuisce in via
 ordinaria'' senza porre distinzione  alcuna"  (sentenza  n.  466/1993
 cit.).
   L'interpretazione  della  norma  "in  alcun modo puo' trascurare la
 funzione propria del controllo previsto dall'art. 100, secondo comma,
 della  Costituzione,  che  e'  stata  da   questa   Corte   collegata
 all'interesse  preminente  dello  Stato (costituzionalmente rilevante
 per l'art. 100 Cost.) che siano  soggette  a  vigilanza  le  gestioni
 relative   ai   finanziamenti   che  gravano  sul  proprio  bilancio,
 sottoponendole in definitiva al giudizio del Parlamento (sentenza  n.
 35 del 1962)".
   Con  le  norme  richiamate,  invece,  la  Corte  dei conti viene, a
 subire, con riferimento  agli  enti  in  questione  una  esplicita  e
 puntuale   menomazione   della   propria  funzione  istituzionale  di
 rilevanza costituzionale che e' quella di  partecipare  al  controllo
 del parlamento sulla "gestione finanziaria" degli enti, funzione che,
 appunto, non e quella di una semplice verifica dei bilanci consuntivi
 con  esclusione del controllo sugli atti di gestione e con esclusione
 perfino dell'esame della regolarita' contabile. Si deve in  proposito
 rilevare  che  secondo  le disposizioni della legge n. 20/1994: a) la
 Corte dei conti riferisce al parlamento "almeno" annualmente, il  che
 significa   anche  infrannualmente,  cioe'  in  assenza  di  bilancio
 consuntivo, vale a dire che il controllo della Corte non puo'  essere
 limitato  "unicamente" ai bilanci consuntivi dell'ente come impongono
 i contestati decreti legislativi; b) "formula in qualsiasi momento le
 proprie osservazioni", il che significa non soltanto che si prescinde
 dal  momento dell'approvazione dei bilanci consuntivi, ma soprattutto
 che le "osservazioni" riguardano momenti e atti di gestione, come  e'
 anche comprovato dal dovere delle amministrazioni di comunicare, alla
 Corte e agli organi elettivi, le misure conseguenzialmente adottate.
   4. - Valutera', infine, la Corte costituzionale quale rilievo possa
 avere  nella  fattispecie la circostanza che i decreti legislativi in
 questione siano stati emanati in violazione del  r.d.-l.  9  febbraia
 1939,  n.  273  che prescrive che tutti provvedimenti legislativi che
 incidono sulle attribuzioni o funzioni della Corte dei  conti  devono
 essere adottate previo parere della Corte stessa a Sezioni riunite.