Ricorso  della  provincia  autonoma  di  Bolzano,  in  persona  del
 Presidente della Giunta provinciale  dott.  Luis  Durnwalder,  giusta
 deliberazione  della  Giunta  provinciale n. 3250 del 26 luglio 1999,
 rappresentata e difesa - in virtu' di procura speciale del 29  luglio
 1999,  rogata dall'avv. Adolf Auckenthaler, Segretario generale della
 Giunta (rep.  n. 19081) - dagli avv.ti  proff.ri  Sergio  Panunzio  e
 Roland  Riz,  e  presso il primo di essi elettivamente domiciliata in
 Roma, corso Vittorio Emanuele II, n. 284;
   Contro la Presidenza del Consiglio dei  Ministri,  in  persona  del
 Presidente   del   Consiglio   in   carica;   per   la  dichiarazione
 d'incostituzionalita' dell'art. 14, comma 1,  del  d.lgs.  19  giugno
 1999,  n.  22 ("Norme per la razionalizzazione del Servizio sanitario
 nazionale,  a  norma  dell'art.    1 della legge 30 novembre 1998, n.
 419"), nella parte in cui esso inserisce, dopo l'art. 16  del  d.lgs.
 30 dicembre 1992, n. 502, gli artt. 16-quinquies e 16-sexies.
                               F a t t o
   1.  -  In  base allo statuto speciale per il Trentino-Alto Adige la
 provincia autonoma di Bolzano ha competenza legislativa esclusiva  in
 materia  di  "ordinamento degli uffici provinciale e del personale ad
 essi addetto" (art.  8,  n.  1)  e  di  "addestramento  e  formazione
 professionale"  (art.  8,  n.  29),  nonche'  competenza  legislativa
 concorrente  in  materia  di  "igiene   e   sanita',   ivi   compresa
 l'assistenza  sanitaria  ed  ospedaliera"  (art. 9, n. 10); sempre in
 base  allo  statuto  (art.    16)  essa  e'  titolare   anche   delle
 corrispondenti competenze amministrative.
   Le  suddette  competenze  sono  nella  piena  disponibilita'  della
 provincia anche in virtu' della intervenuta emanazione delle relative
 norme d'attuazione statutarie, onde gia' da molti anni  la  provincia
 ha  potuto  istituire  ed  organicamente  disciplinare  un efficiente
 Servizio sanitario provinciale. Di tali norme d'attuazione statutarie
 alcune assumono un particolare rilievo ai fini del presente  ricorso,
 e pertanto e' opportuno qui di seguito ricordarle.
   Vi  e',  in  primo luogo, l'articolo 2 del d.P.R. 28 marzo 1975, n.
 474 (come sostituito dall'art. 1 del d.lgs. 16 marzo 1992,  n.  267),
 recante  le  norme  d'attuazione  dello statuto in materia d'igiene e
 sanita', secondo cui  competono  alla  provincia  tutte  le  potesta'
 legislative  ed  amministrative  relative  al  funzionamento  ed alla
 gestione delle istituzioni ed enti sanitari (con il solo  obbligo  di
 garantire l'erogazione di prestazioni di assistenza igienicosanitaria
 ed  ospedaliera  non  inferiori  agli standards minimi previsti dalla
 normativa nazionale e comunitaria),  come  pure  quelle  relative  al
 personale delle istituzioni ed enti suddetti.
   Anche  il  d.P.R.  26  gennaio  1980,  n. 197, reca ulteriori norme
 d'attuazione dello statuto in materia d'igiene e sanita'. Fra  queste
 va  in  particolare  ricordata la normativa stabilita dall'art. 5, il
 quale dispone che (in sintonia anche con la disciplina statutaria  di
 tutela del bilinguismo) possono essere organizzati nella provincia di
 Bolzano  esami  di  idoneita' per il personale sanitario disciplinati
 con proprie leggi dalla stessa provincia (nel rispetto  dei  principi
 stabiliti  dalle  leggi  statali  e  fermi  restando  i requisiti per
 l'ammissione   dei   candidati   e   le   prove    d'esame    fissati
 nell'ordinamento statale).
   A quest'ultima normativa d'attuazione si collega, poi, anche quella
 in  materia di addestramento e formazione professionale stabilita dal
 d.P.R. 1 novembre 1973, n. 689, il cui art.    6,  stabilendo  talune
 riserve  di competenza a favore dello Stato, non menziona minimamente
 compiti  relativi  all'addestramento  e  formazione   del   personale
 sanitario.    E  del  resto  proprio  codesta  ecc.ma  Corte - con la
 sentenza n. 316 del 1993  -  ha  chiarito  che  la  competenza  della
 provincia abbraccia anche la formazione professionale dei medici (nel
 caso  di  specie dichiarando che spetta ad essa, e non allo Stato, di
 disciplinare - per la provincia di Bolzano  -  i  corsi  biennali  di
 formazione specifica in medicina generale).
   Infine, deve essere anche ricordata la norma d'attuazione stabilita
 dall'art.  4, comma 1, del d.lgs. 16 marzo 1992, n. 266, la quale - a
 chiusura  del  sistema  di  garanzie  dell'autonomia  provinciale   -
 stabilisce  che  nelle  materie di competenza propria della provincia
 autonoma di Bolzano la legge non puo' attribuire agli organi  statali
 funzioni  amministrative  "diverse  da  quelle  spettanti  allo Stato
 secondo lo statuto speciale e le relative norme d'attuazione".
   2. - Cio' premesso, e' stato recentemente pubblicato il d.lgs.   19
 giugno  1999,  n.  229,  con  cui  il  Governo  ha  svolto  la delega
 conferitagli dagli artt. 1 e 2 della legge n. 419 del  1998,  diretta
 in particolare a modificare ed integrare la disciplina gia' stabilita
 dal  d.lgs.  30 dicembre 1992, n. 502 (sul "Riordino della disciplina
 in materia sanitaria").
   Giova ricordare sin d'ora che fra i principi  e  criteri  direttivi
 della  delega,  previsti  dall'art.  2 della legge n. 419/1998, vi e'
 anche quello del secondo comma dell'art. 2,  secondo  comma,  secondo
 cui  "La regione Valle d'Aosta, la regione Friuli-Venezia Giulia e le
 provincie autonome  di  Trento  e  di  Bolzano  adeguano  la  propria
 legislazione,  in  coerenza  con  il sistema di autofinanziamento del
 settore sanitario  e  nei  limiti  dei  rispettivi  statuti  e  delle
 relative  norme  di  attuazione, ai principi fondamentali dei decreti
 legislativi attuativi della presente legge".
   Si tratta di una disposizione  chiaramente  ispirata  ai  contenuti
 della  sentenza  n.  354/1994  di codesta ecc.ma Corte, che dichiaro'
 l'incostituzionalita' dell'art. 19, comma 2, del suddetto d.lgs.   n.
 502  del  1992,  nella  parte  in  cui  esso  qualificava  come norme
 fondamentali di riforma economico-sociale della Repubblica  tutte  le
 disposizioni indicate da quel comma 2, "e non solo i principi da esse
 desumibili".
   Orbene,  ai  fini  del presente ricorso viene in evidenza l'art. 14
 del d.lgs. n. 229 del 1999, che reca "Integrazioni  all'art.  16  del
 d.lgs.   3   dicembre   1992,  n.  502".  Esso  aggiunge  vari  commi
 all'originario art. 16  del  d.lgs.  n.  502/1992  (disciplinante  la
 "formazione"  del personale sanitario), in particolare - per cio' che
 qui interessa - un art. 16-quinquies ed un art. 16-sexies.
   3. - Il suddetto art. 16-quinquies ha per  oggetto  la  "Formazione
 manageriale". In particolare al primo comma vi si stabilisce che tale
 formazione   "e'   requisito  necessario  per  lo  svolgimento  degli
 incarichi relativi alle funzioni di direzione sanitaria  aziendale  e
 per l'esercizio delle funzioni dirigenziali di secondo livello per le
 categorie  dei  medici, odontoiatri, veterinari, farmacisti, biologi,
 chimici, fisici e psicologi. In  sede  di  prima  applicazione,  tale
 formazione  si  consegue,  dopo  l'assunzione  dell'incarico,  con la
 frequenza e il superamento dei corsi di cui al comma 2".
   Il  secondo   comma   dell'articolo   in   questione   si   rivolge
 espressamente,  oltre  che alle regioni, anche alle province autonome
 di Trento e Bolzano stabilendo che queste -  previo  accordo  con  il
 Ministero  della  sanita'  -  organizzano  ed attivano i corsi per la
 formazione di cui  al  comma  precedente,  avvalendosi  anche  -  ove
 necessario  -  di  soggetti  pubblici  e  privati  che  siano, pero',
 accreditati dalla "Commissione nazionale per la formazione  continua"
 di cui all'art. 16-ter.
   Il  successivo  terzo  comma  dispone  che spetta al Ministro della
 sanita', su proposta della  suddetta  Commissione  nazionale  per  la
 formazione  continua,  di  definire con proprio decreto i criteri per
 l'attivazione dei  corsi  di  cui  al  comma  2.  Tali  criteri  sono
 individuati  dalla  disposizione  legislativa  in  questione  in modo
 particolarmente analitico ed onnicomprensivo, dovendo essi avere "...
 particolare riferimento all'organizzazione  e  gestione  dei  servizi
 sanitari,  ai  criteri  di  finanziamento e ai bilanci, alla gestione
 delle risorse umane e all'organizzazione del lavoro, agli  indicatori
 di  qualita'  dei servizi e delle prestazioni, alla metodologia delle
 attivita' didattiche, alla durata  dei  corsi  stessi,  nonche'  alle
 modalita' con cui valutare i risultati ottenuti dai partecipanti".
   I  commi  4  e  5  dettano disposizioni integrative e specificative
 delle  precedenti,  riguardanti  gli  oneri  connessi  ai   corsi   e
 l'individuazione del personale cui esse si applicano.
   4.  -  Il  successivo  articolo  16-sexies ("Strutture del Servizio
 sanitario  nazionale  per   la   formazione")   concerne   anch'esso,
 espressamente,  sia  le  regioni che le province autonome di Trento e
 Bolzano. Esso infatti - al primo comma - stabilisce che, su  proposta
 di  queste,  spetta  esclusivamente  al  Ministro  della  sanita'  di
 individuare "i presidi ospedalieri, le  strutture  distrettuali  e  i
 dipartimenti  in  possesso dei requisiti di idoneita' stabiliti dalla
 Commissione di cui all'articolo 16-ter, ai quali riconoscere funzioni
 di insegnamento ai fini della  formazione  e  dell'aggiornamento  del
 personale sanitario".
   Tale   normativa   -   che  si  inserisce  nella  disciplina  della
 "formazione continua" (comprendente sia l'"aggiormento professionale"
 che la "formazione permanente") di  cui  specialmente  ai  precedenti
 articoli  16-bis  e  16-ter del medesimo decreto legislativo - e' poi
 integrata da quella del successivo  secondo  comma,  secondo  cui  le
 regioni  e  le province autonome dovranno poi assegnare alle suddette
 strutture (gia' individuate dal Ministro) le attivita'  formative  di
 loro competenza e le attivita' di coordinamento delle attivita' delle
 strutture del Servizi sanitario nazionale.
   5.  -  Come si e' gia' detto in precedenza, la legge di delegazione
 n. 419 del 1998  ha  stabilito  all'art.  2,  comma  2,  il  criterio
 direttivo  secondo  cui le province autonome di Trento e Bolzano sono
 vincolate soltanto dai "principi fondamentali" contenuti nei  decreti
 legislativi  attuativi  della  legge  medesima  poiche'  le  suddette
 disposizioni dell'art.  14 del d.lgs. n. 229/1999, anche per il  loro
 carattere  di  regolamentazione  di  dettaglio,  non  hanno  certo il
 carattere di "principi fondamentali", se  ne  potrebbe  evincere  che
 esse  non riguardano la provincia autonoma di Bolzano. Sennonche' una
 siffatta  interpretazione  di  quelle  disposizioni  risulta   essere
 impedita  dall'espresso  riferimento,  in  esse contenuto, anche alle
 provincie  autonome  (v.   infatti   il   secondo   comma   dell'art.
 16-quinquies ed il primo comma dell'art. 16-sexies).
   Ragion  per  cui,  dovendosi  ritenere  che  la suddetta disciplina
 dell'art.  14 del d.lgs. n. 229 del 1999 pretenda di applicarsi anche
 provincia autonoma di  Bolzano,  essa  risulta  allora  lesiva  delle
 competenze  costituzionalmente  spettanti alla provincia stessa, onde
 questa si vede costretta ad impugnarla,  chiedendone  l'annullamento,
 per i seguenti motivi:
                             D i r i t t o
   1.  - Violazione delle competenze provinciali di cui all'art. 8, n.
 1 e n. 29; all'art. 9, n. 10; ed all'art. 16 dello  statuto  speciale
 per  il  Trentino-Alto  Adige  (d.P.R.  31  agosto  1972,  n. 670), e
 relative norme d'attuazione (in particolare art. 6 d.P.R. 1  novembre
 1973,  n.  689; art. 2 d.P.R. 28 marzo 1975, n. 474; art. 5 d.P.R. 26
 gennaio 1980, n. 197; art. 4  d.lgs.  16  marzo  1992,  n.  266).  In
 subordine,  violazione  dei  principi  generali  in  materia  di atti
 d'indirizzo e coordinamento in via amministrativa, ed anche dell'art.
 3 d.lgs.  n. 266/1992.
   La disciplina contenuta nell'art. 16-quinquies, aggiunto dal  d.lgs
 n. 229/1999 qui impugnato al previgente art. 16 del d.lgs. n. 502 del
 1992, e' incostituzionale sotto piu' di un profilo.
   Tale  disciplina  indubbiamente  incide  su  materie  di competenza
 esclusiva della provincia: sia su quella relativa all'ordinamento del
 personale provinciale (art. 8, n. 1, St.), poiche' essa  riguarda  il
 personale  sanitario  dipendente dalla provincia; sia quella relativa
 alla formazione professionale (art. 8,  n.  29,  St.),  poiche'  tale
 competenza  riguarda  la  formazione  anche  del  personale sanitario
 provinciale, come gia' riconosciuto da  codesta  ecc.ma  Corte  nella
 citata sentenza n. 316/1993.  Cosi' come quella disciplina incide, in
 genere,  anche sulle competenze provinciali concorrenti in materia di
 sanita' (art. 9, n. 10, St).
    Trattandosi di materia di competenza esclusiva della provincia,  i
 limiti  che nei suoi confronti la disciplina legislativa in questione
 pretenderebbe di imporre, ed i poteri riconosciuti al Ministro  della
 sanita', appaiono eccedenti rispetto a quelli che possono derivare da
 esigenze - costituzionalmente rilevanti - di interesse nazionale e di
 coordinamento.
   Infatti, in primo luogo, il comma 2 dell'art. 16-quinquies non solo
 sembra   limitare   la   competenza   della   provincia   alla   sola
 "organizzazione" ed "attivazione" dei corsi di formazione, ma inoltre
 la vincola indefettibilmente ad un previo accordo  con  il  Ministero
 della sanita' (senza peraltro neppure porre alcuna norma che valga ad
 impedire comportamenti omissivi o dilatori del Ministro).
   Ancora  il secondo comma dell'articolo in questione limita oltre il
 consentito l'autonomia della provincia, stabilendo che questa  potra'
 si'  avvalersi,  nell'organizzare  i  corsi,  anche di altri soggetti
 pubblici e privati, ma senza pero' poterli scegliere  sulla  base  di
 proprie  valutazioni.  Infatti  la provincia potra' utilizzare solo i
 soggetti che siano stati accreditati dalla Commissione nazionale  per
 la  formazione  continua di cui al comma 16-ter (di cui v. infatti il
 secondo comma): Commissione che e' un organo statale  presieduto  dal
 Ministro  della  sanita', con una esigua rappresentanza regionale (v.
 art 16-ter, comma 1).
   Ma, soprattutto, al  successivo  terzo  comma  l'art.  16-quinquies
 stabilisce  che  spetta esclusivamente al Ministro di dettare criteri
 vincolanti per la provincia in relazione,  praticamente,  a  tutti  i
 principali aspetti organizzativi e gestionali dei corsi di formazione
 manageriale.
   Trattandosi,  oltretutto,  di  corsi funzionali all'acquisizione da
 parte del personale sanitario dell'idoneita' ad assumere  determinati
 incarichi  e  funzioni  professionali,  la disciplina in questione e'
 incompatibile - in particolare - anche con la  gia'  ricordata  norma
 d'attuazione  statutaria  contenuta  nell'art. 5, comma 1, del d.P.R.
 n. 197 del 1980. Norma d'attuazione che, nel demandare alla provincia
 la competenza  in  ordine  agli  esami  di  idoneita'  del  personale
 sanitario,  le  pone  come  unico  limite  il  rispetto dei "principi
 stabiliti dalle leggi statali".
   Il  che  significa,  da un lato, che tali limiti non possono essere
 validamente  stabiliti  da  un  semplice  decreto  ministeriale;   e,
 dall'altro, che comunque le limitazioni debbono pur sempre consistere
 in  principi,  e  non  gia'  in  prescrizioni  di dettaglio regolanti
 analiticamente ogni aspetto dei corsi in questione, quali sono quelle
 di fonte ministeriale prefigurate dal terzo comma.
   Si consideri, poi,  che  il  decreto  ministeriale  previsto  dalla
 disposizione   legislativa   qui   impugnata   non   potrebbe   certo
 considerarsi un (valido) atto  di  indirizzo  e  coordinamento;  cio'
 essendo  escluso,  in  via generale, dal fatto che l'esercizio in via
 non legislativa della  funzione  di  indirizzo  e  coordinamento  nei
 confronti  delle  regioni non puo' che far capo all'organo collegiale
 del Governo (in tal senso, da ultimo, sentenza n. 408 del  1998,  con
 ulteriori    richiami),    mentre    qui    risulterebbe    affidata,
 inammissibilmente, ad un singolo ministro; ed in via particolare  per
 il  fatto  che,  trattandosi  in  ipotesi  di  un atto di indirizzo e
 coordimento nei confronti (anche) delle provine  autonome,  esso  non
 sarebbe  conforme  alla  speciale  disciplina  che  di  tali  atti e'
 stabilita dalle norme d'attuazione statutarie contenute nell'art.   3
 del citato d.lgs. n. 266 del 1992.
   Comunque, in via subordinata e per scrupolo difensivo, nell'ipotesi
 in   cui   si   dovesse  ritenere  che  il  secondo  comma  dell'art.
 16-quinquies si riferisca ad un  atto  ministeriale  di  indirizzo  e
 coordinamento,  si  impugna  tale  disposizione anche sotto i profili
 appena  illustrati,  per  violazione  dei   principi   costituzionali
 generali  in materia di atti di indirizzo in forma amministrativa, ed
 in particolare per violazione dell'art. 3 del d.lgs. n. 266 del 1992.
   In definitiva, la  disciplina  dell'art.  16-quinquies  attribuisce
 allo  Stato  - in una materia riservata alla competenza provinciale -
 funzioni che non trovano fondamento ne' giustificazione nello statuto
 speciale  e  nelle  relative  norme  d'attuazione;   onde   essa   e'
 incostituzionale  anche  per  violazione  della  gia' ricordata norma
 d'attuazione stabilita dall'art. 4, comma 1, del d.lgs.  n.  266  del
 1992.
   2.  -  Ancora  violazione  delle competenze provinciali di cui alle
 norme statutarie e d'attuazione gia' indicate.
   Anche l'art. 16-sexies del d.lgs. n. 502/1992 (sulle "Strutture del
 Servizio sanitario nazionale per la formazione"), introdotto dal  qui
 impugnato art. 14 del d.lgs. n. 229 del 1999, e' incostituzionale per
 motivi   in  gran  parte  analoghi  a  quelli  relativi  all'articolo
 precedente.
   Anche qui, per quanto riguarda le strutture  (presidi  ospedalieri,
 ecc.)   cui   riconoscere   funzioni  d'insegnamento  ai  fini  della
 formazione e dell'aggiornamento del personale sanitario,  benche'  si
 tratti di materia di esclusiva competenza provinciale (come affermato
 dalla  piu'  volte  citata sentenza n. 316/1993 anche in relazione al
 personale medico), il primo comma del qui  impugnato  art.  16-sexies
 riserva  ancora una volta al Ministro della sanita' di individuare le
 strutture  che  dovranno  svolgere  il  compito  di  formazione   del
 personale  sanitario provinciale (alla provincia e' riconosciuto solo
 un potere di proposta), sulla base di  requisiti  di  idoneita'  gia'
 stabiliti  anch'essi  da  un  organo statale (la suddetta Commissione
 nazionale di cui all'art.  16-ter.
   Si  tratta  anche qui, sotto ogni profilo, di materia di competenza
 provinciale: sia perche' attiene alla formazione professionale  (art.
 8,  n. 29, St.), sia perche' riguarda personale sanitario provinciale
 (art. 8, n. 1, nonche' art. 9, n. 10, St.). L'attribuzione ad  organi
 dello Stato - in particolare al Ministro della sanita' - dei suddetti
 poteri,  non  giustificata  da  esigenze  di  uniformita'  imposte da
 preminenti   ragioni   d'interesse    nazionale    costituzionalmente
 rilevanti,  determina  la  violazione, anche da parte delle impugnate
 disposizioni  dell'art.     16-sexies,  delle  norme   statutarie   e
 d'attuazione gia' indicate (e fra queste ultime, in particolare, art.
 6  d.P.R.  n. 689/1973, art.  2, d.P.R. n. 474/1997, art. 5, d.P.R. n
 197/1980, ed art. 4, d.lgs.  n. 266/1992).
   3. - Violazione delle competenze provinciali,  di  cui  alle  norme
 statutarie  e  d'attuazione  gia'  indicate,  anche in relazione alla
 violazione dei principi e criteri  relativi  della  legge  di  delega
 (art.  2,  comma  2,  legge  n.  419  del  1998) e dell'art. 76 della
 Costituzione.
   Si e' gia' ricordato che il secondo comma dell'art. 2  della  legge
 di  delegazione  n.  419  del 1998, nel disporre i principi e criteri
 direttivi della delega ex art. 76 Cost., stabilisce che (assieme alle
 regioni Valle d'Aosta e Friuli-Venezia Giulia) le  province  autonome
 di  Trento  e  Bolzano "adeguano la propria legislazione, in coerenza
 con il sistema di  autofinanziamento  del  settore  sanitario  e  nei
 limiti dei rispettivi statuti e delle relative norme d'attuazione, ai
 principi   fondamentali   dei  decreti  legislativi  attuativi  della
 presente legge".
   Venendo, dunque, al d.lgs. n. 229/1999 (che ha svolto la delega  di
 cui  alla  legge  n. 419/1998), non ogni disposizione di quel decreto
 puo' legittimamente limitare e vincolare l'autonomia della  provincia
 ricorrente, ma solo i suoi "principi fondamentali": o per meglio dire
 - riprendendo quanto statuito da codesta ecc.ma Corte con la sentenza
 n.  354 del 1994 (alla quale, come si e' gia' detto in precedenza, e'
 chiaramente ispirato il suddetto principio direttivo della delega)  -
 possono   limitarla   e   vincolarla  i  soli  principi  fondamentali
 "desumibili" dalle disposizioni del d.lgs. n. 229 del 1999.
   Ma allora le impugnate  disposizioni  degli  artt.  16-quinquies  e
 16-sexies,  introdotte  dall'art.  14  del  d.lgs.  n.  229 del 1994,
 risultano essere incostituzionali e lesive dell'autonomia provinciale
 - sempre in relazione ai profili  gia'  illustrati  in  precedenza  -
 anche  perche'  in  contrasto  con  i limiti stabiliti dalla legge di
 delega.  Se  il  decreto  legislativo  delegato  puo'  vincolare   la
 provincia  autonoma  ricorrente (diversamente dalle altre regioni) al
 rispetto soltanto  dei  principi  fondamentali  da  esso  desumibili,
 allora  quel  decreto  non puo' validamente pretendere d'imporre alla
 provincia il rispetto di  norme  che  -  anche  per  la  loro  stessa
 struttura  ed  il loro contenuto di dettaglio - principi fondamentali
 certamente non sono, come  invece  esso  fa  riferendo  espressamente
 anche  alle provincie autonome la disciplina degli artt. 16-quinquies
 e 16-sexies.
   Cosi' disponendo, il decreto legislativo impugnato viola infatti  -
 come  si  e' spiegato - anche un preciso limite della legge di delega
 e, quindi, lo stesso art. 76 della Costituzione.