IL TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE
   Ha pronunziato la seguente  ordinanza  sul  ricorso  n.  3316/1998,
 Sezione  II,  proposto da Salamone Gioacchino, rappresentato e difeso
 dall'avv.to Giovanni Vinciguerra, ed elettivamente domiciliato presso
 lo studio dell'avv.to Luisa Moscarelli in Palermo via  Guttadauro  n.
 16;
   Contro  l'Universita' degli studi di Palermo in persona del rettore
 pro-tempore,  rappresentato  e  difeso  dall'Avvocatura  distrettuale
 dello Stato di Palermo, presso i cui uffici, in via A. De Gasperi, n.
 81, e' domiciliata per legge, e nei confronti, di Furia Loredana, non
 costituita  in giudizio; per l'annullamento del decreto rettoriale n.
 1245 con il quale veniva fissato in n. 70 unita' il limite massimo di
 studenti  da  annettere  al  primo  anno  del  corso  di  laurea   in
 conservazione  dei  beni  culturali  - indirizzo beni architettonici,
 archeologici  e  dell'ambiente  -  sede  di  Agrigento,  per   l'anno
 accademico 1998/1999 e conseguentemente della graduatoria definitiva,
 pubblicata  il  9  ottobre 1998, relativa alla ammissione di settanta
 studenti al corso di laurea in conservazione  dei  beni  culturali  -
 indirizzo beni architettonici, archeologici e dell'ambiente - sede di
 Agrigento, per l'anno accademico 1998/1999;
   Visto il ricorso introduttivo del giudizio;
   Visto  l'atto  di  costituzione  in  giudizio dell'Avvocatura dello
 Stato di Palermo per l'amministrazione intimata;
   Udito il relatore Salvatore Veneziano, e l'avv.to M. Calderone,  in
 sostituzione dell'avv.to G. Vinciguerra, per il ricorrente e l'avv.to
 dello Stato F. Bucalo per l'amministrazione intimata;
   Vista la documentazione tutta in atti
   Vista  la propria ordinanza n. 2070/1998 del 3 dicembre 1998 con la
 quale sono stati sospesi ex art. 21 della legge 6 dicembre  1971,  n.
 1034 i provvedimenti impugnati;
   Ritenuto in fatto e considerato in diritto quanto segue:
                               F a t t o
   Con  ricorso  notificato  il  6/7  novembre  1998,  e depositato il
 successivo 14  novembre  il  ricorrente  espone  di  avere  richiesto
 l'iscrizione  per l'anno accademico 1998/1999 al primo anno del corso
 di laurea in  conservazione  dei  beni  culturali  -  indirizzo  beni
 architettonici,  archeologici  e  dell'ambiente sede di Agrigento, di
 avere  partecipato  al  concorso  bandito  per  l'individuazione  dei
 settanta  studenti da ammettersi al corso ma di non essersi collocato
 in posizione utile;  avverso  i  provvedimenti  impugnati  deduce  le
 seguenti censure:
     1) Violazione degli artt. 33 e 34 Costituzione.
   Il  decreto rettoriale, che ha fissato in settanta unita' il numero
 massimo di studenti da ammettersi al citato corso di laurea,  sarebbe
 illegittimo    per    violazione    del    diritto    allo    studio,
 costituzionalmente sancito.
     2) Eccesso di potere e violazione di legge.
   La limitazione del numero di studenti da  ammettersi  al  corso  di
 laurea  non  sarebbe  assistita  da adeguata motivazione, ne' fondata
 sulle necessarie  valutazioni,  in  ordine  all'effettivo  potenziale
 didattico delle strutture e dei docenti esistenti.
   Alla  camera  di  consiglio del 3 dicembre 1998 si e' costituita in
 giudizio l'Universita' intimata.
   Alla medesima camera di consiglio e' stata adottata l'ordinanza  n.
 2070/1998  con  la  quale sono stati sospesi ex art. 21 della legge 6
 dicembre  1971  n.  1034  i  provvedimenti  impugnati,  agli  effetti
 dell'iscrizione   del   ricorrente  al  corso  universitario  di  che
 trattasi, nelle more della decisione della Corte costituzionale sulla
 questione che viene sollevata con la presente ordinanza.
                             D i r i t t o
   A.  Osserva  il  collegio  che  la  problematica  dedotta  in   via
 principale  con  il ricorso all'esame attiene alla legittimita' della
 istituzione di limitazioni nell'accesso alle facolta'  universitarie,
 c.d.  "numero  chiuso", in violazione del diritto allo studio sancito
 dall'art.  34 Costituzione.
   Tale tematica ha trovato regolamentazione legislativa nell'art.  9,
 comma 4, della legge 19    novembre  1990  n.  341,  come  modificato
 dall'art.  17,  comma 116, della legge 15 maggio 1997 n. 127, secondo
 il quale "il Ministro dell'universita' e della ricerca scientifica  e
 tecnologica  definisce, su conforme parere del CUN i criteri generali
 per la regolamentazione dell'accesso alle scuole di  specializzazione
 ed  ai  corsi universitari, anche a quelli per i quali l'atto emanato
 dal  Ministro  preveda  una  limitazione  nelle  iscrizioni",   della
 costituzionalita'  di  tale norma il Collegio dubita, anche alla luce
 delle considerazioni svolte nella sentenza n.  383  del  27  novembre
 1998 della Corte costituzionale.
   B.  In via preliminare il collegio ritiene sussistente il requisito
 della rilevanza della questione,  ai  fini  della  definizione  della
 concreta  controversia  sottoposta  al  suo  esame, giacche' la norma
 sopraindicata appare essere  l'unica  fonte  legislativa  applicabile
 alla  fattispecie che possa assicurare un supporto di legittimita' ai
 provvedimenti  impugnati.
   Ne' puo' essere considerata circostanza ostativa al loro  eventuale
 annullamento  la  mancata  formale  impugnativa  dei  ulteriori  atti
 (d.P.R.    28  ottobre  1991  istitutivo  del  corso  di  laurea   in
 conservazione  dei  beni  culturali  - indirizzo beni architettonici,
 archeologici e dell'ambiente - con sede in Agrigento; D.M. 21  luglio
 1997,  n.  245,  Regolamento  recante  norme  in  materia  di accessi
 all'istruzione universitaria e di connesse attivita' di orientamento;
 D.M. 14 maggio 1998, recante la definizione,  limitatamente  all'anno
 accademico  1998-1999,  delle  procedure  e dei parametri standard di
 riferimento  che  consentano  alle  universita'  di  programmare  gli
 accessi   ad   alcuni  corsi  di  laurea;  deliberazione  del  senato
 accademico 24 luglio 1998) in materia adottati.
   Ed invero, tanto piu' trattandosi di controversia  attribuita  alla
 giurisdizione  esclusiva del giudice amministrativo ex art. 33, comma
 2, lett. f) del d.lgs. 31 marzo 1998  n.  80,  questi  -  secondo  un
 recente,  ma ormai consolidato, orientamento giurisprudenziale (Cons.
 Stato, sez. V 26 febbraio 1992 n. 154, 24 luglio  1993  n.  799  e  7
 aprile  1995 n. 531; C.G.A. 27 novembre 1995 n. 349, 20 marzo 1996 n.
 75 e 25 ottobre 1996 n. 366) -  ben  potra'  eventualmente  procedere
 alla disapplicazione degli atti regolamentari lesivi del diritto allo
 studio del ricorrente, ove detto diritto sia riconosciuto sussistente
 a  livello costituzionale e non (legittimamente) conculcato a livello
 legislativo.
   C. Il Collegio ritiene, altresi', che sussistano consistenti  dubbi
 di costituzionalita' in ordine al citato art. 9, comma 4, della legge
 19  novembre  1990  n.  341, come modificato dall'art. 17, comma 116,
 della  legge  15  maggio  1997  n.  127  in  relazione  al  principio
 costituzionale   di   riserva  di  legge,  ed  agli  artt.  33  e  34
 Costituzione; e cio'  anche  successivamente,  ed  alla  luce,  delle
 considerazioni  svolte  nella  sentenza  n.  383 del 27 novembre 1998
 della Corte costituzionale, con la quale analoga questione  e'  stata
 respinta   in  relazione  alla  istituzione  del  numero  chiuso  per
 l'accesso alle facolta' di  medicina,  veterinaria,  odontoiatria  ed
 architettura.
   In detta pronunzia la Corte costituzionale ha affermato:
     l'inerenza,   e  la  correlazione,  degli  aspetti  organizzativi
 interni delle Universita' con il servizio  dell'istruzione  pubblica,
 con  le  relative  prestazioni  ed  i connessi diritti all'accesso al
 servizio ed alla fruizione delle prestazioni rese;
     la sussistenza di una riserva, c.d. relativa, di legge in tema di
 accesso ai corsi universitari, dal momento che "i criteri di  accesso
 all'universita',  e  dunque  anche la previsione del numerus clausus,
 non possono legittimamente risalire ad altre fonti, diverse da quella
 legislativa" e che "la riserva di  legge  in  questione  e'  tale  da
 comportare,  da  un lato, la necessita' di non comprimere l'autonomia
 delle universita', per quanto riguarda gli aspetti  della  disciplina
 che  ineriscono  a tale autonomia; dall'altro, la possibilita' che la
 legge, ove non disponga essa stessa direttamente  ed  esaustivamente,
 preveda  l'intervento normativo dell'esecutivo, per la specificazione
 concreta della disciplina  legislativa,  quando  la  sua  attuazione,
 richiedendo  valutazioni d'insieme, non e' attribuibile all'autonomia
 delle universita'".
     l'impossibilita',  a pena di incostituzionalita', di interpretare
 l'art. 9, comma 4, della legge n. 341/1990 quale norma attributiva di
 un potere ministeriale libero di istituire limitazioni all'accesso ai
 corsi universitari e l'opposta esigenza, invece, di  interpretare  la
 norma quale attributiva del detto potere "solo se e nei limiti in cui
 da  altre  disposizioni  legislative risultino predeterminati criteri
 per  l'individuazione  in  concreto  delle   scuole   e   dei   corsi
 universitari  rispetto  ai  quali  valgono  esigenze  particolari  di
 contenimento  del  sovraffollamento  e  si  giustifichi   quindi   la
 previsione  con  l'atto ministeriale cui l'impugnato art. 9, comma 4,
 si riferisce delle limitazioni nelle iscrizioni";
     "la possibilita' di individuare  tali  "limiti"  con  riferimento
 all'ordinamento  giuridico nel suo insieme, ivi comprese la normativa
 comunitaria ed i relativi provvedimenti di recepimento ed attuazione,
     l'esigenza, in materia "di un'organica sistemazione  legislativa,
 finora  sempre  mancata:  una  sistemazione  chiara  che, da un lato,
 prevenga l'incertezza presso i potenziali iscritti interessati  e  il
 contenzioso  che  ne puo' derivare e nella quale, dall'altro, trovino
 posto  tutti  gli  elementi  che,  secondo  la  Costituzione,  devono
 concorrere a formare l'ordinamento universitario".
   D.  Il  collegio  ritiene pero' che la citata pronunzia della Corte
 non abbia del tutto, e definitivamente, sgombrato il campo dai  dubbi
 di incostituzionalita' della norma esaminata, giacche':
     1.  -   non appare sempre, e del tutto, condivisibile la proposta
 interpretazione della norma censurata;
     2. - per molti dei corsi  di  laurea  in  concreto  sottoposti  a
 limitazioni   nell'accesso,   quali  quello  oggetto  della  presente
 controversia,  non  sussiste  nell'ordinamento  alcuna  altra   norma
 legislativa che possa giustificare l'istituzione del numero chiuso.
   In ordine alla prima considerazione, osserva il collegio che mentre
 l'originario  testo  del  comma 4 dell'art. 9 della legge n. 341/1990
 attribuiva al Ministero un potere di regolamentazione dell'accesso ai
 corsi "per i quali sia prevista una  limitazione  nelle  iscrizioni",
 cosi'  effettivamente  rinviando  ad  una diversa fonte del potere di
 istituzione della limitazione, l'attuale testo espressamente consente
 ".... anche a quelli per i quali l'atto emanato dal Ministro  preveda
 una   limitazione   nelle   iscrizioni"   che   la   limitazione  sia
 eventualmente istituita dallo stesso provvedimento ministeriale; cio'
 induce a ritenere che la  norma  abbia  attribuito  al  Ministero  un
 potere  astrattamente  riferibile  sia  ad  ipotesi nelle quali altre
 norme legislative fornissero i necessari "limiti sostanziali",  quali
 quelle  in  concreto  individuate  dalla  Corte, sia ad ipotesi nelle
 quali  la  limitazione  all'accesso  derivasse  in  via  diretta   ed
 esclusiva dallo stesso provvedimento ministeriale
   In   ordine   alla   seconda  considerazione,  il  Ministero  e  le
 Universita' hanno, in concreto, provveduto alla istituzione del  c.d.
 "numero  chiuso" anche in facolta' e corsi per i quali, come nel caso
 all'esame,  non  sussiste  alcun   previo   ed   ulteriore   supporto
 legislativo.
   E. Con riferimento a tali ipotesi e, per quello che qui rileva, con
 riferimento  al  corso di laurea in conservazione dei beni culturali,
 indirizzo   beni   architettonici,   archeologici   e   dell'ambiente
 dell'Universita'  degli  studi  di  Palermo  -  sede di Agrigento, il
 collegio  ritiene, quindi, tutt'ora pienamente sussistenti i dubbi di
 costituzionalita' dell'art. 9, comma 4, della legge 19 novembre 1990,
 n. 341, come modificato dall'art.  17,  comma  116,  della  legge  15
 maggio  1997  n.    127  in  relazione al principio costituzionale di
 riserva  di  legge,  sia  pure  relativa,  ed  agli  artt.  33  e  34
 Costituzione,  per non avere previsto "adeguati criteri di esercizio"
 del  potere  attribuito  al  Ministero   di   istituire   limitazioni
 all'accesso  e,  in  particolare,  "criteri  per  l'individuazione in
 concreto delle scuole e dei  corsi  universitari  rispetto  ai  quali
 valgono  esigenze  particolari di contenimento del sovraffollamento e
 si giustifichi quindi la previsione -  con  l'atto  ministeriale  cui
 l'impugnato  art.  9, comma 4, si riferisce - delle limitazioni nelle
 iscrizioni".
   Ne' il collegio ritiene di potere evitare  di  sollevare  la  nuova
 questione  di  costituzionalita'  attraverso il diretto esercizio del
 sindacato  giurisdizionale  sugli  atti  amministrativi,  in   quanto
 adottati  in  difetto di potere, giacche' la rilevata interpretazione
 del citato art. 9,  comma  4,  legge  n.  341/1990,  come  modificato
 dall'art.  17, comma 116, della legge 15 maggio 1997 n. 127, induce a
 ritenere la sussistenza di una (sia pure, probabilmente, illegittima)
 attribuzione legislativa di un potere amministrativo c.d. libero  per
 almeno una parte dei corsi universitari.
   Per  altro,  quelle  stesse  esigenze di chiarezza e certezza nella
 materia,  che  hanno  indotto  la  Corte  costituzionale  a  ritenere
 auspicabile un intervento legislativo organico in materia, inducono a
 sollecitare  un nuovo intervento della Corte costituzionale che possa
 affermare, con efficacia erga omnes, l'illegittimita'  costituzionale
 dell'attribuzione  di  un  potere  amministrativo  c.d.  libero nella
 stessa materia.