IL PRETORE Decidendo sulle questioni preliminari sollevate dalla difesa dell'imputato Di Nella Armando, meglio qualificato in atti. Acquisito il parere del pubblico ministero. Rilevato che, nella fattispecie, il Di Nella Armando risulta imputato del delitto di cui all'art. 361 c.p. e che, a seguito di richiesta dell'Ufficio del p.m. in sede, in data 15 ottobre 1998 il g.i p. presso la pretura circondariale di Camerino emetteva decreto penale, iscritto al n. 160/1998 r. dec. pen., con cui il prefetto Di Nella veniva condannato alla pena di L. 200.000 (duecentomila di multa). Considerato che il presente dibattimento, instaurato a seguito di opposizione a decreto penale di condanna, ritualmente e tempestivamente formalizzata dall'imputato per il tramite di procuratore speciale, non e' stato preceduto, per espresso riconoscimento del pubblico ministero, da comunicazione all'imputato dell'invito a rendere interrogatorio ai sensi del terzo comma dell'art. 375 c.p.p. Preso atto della circostanza che, in effetti, l'art. 565, primo comma, c.p.p., nell'operare richiamo alle norme relative al procedimento per decreto per i reati di competenza del Tribunale, deve intendersi nel senso che il richiamo recepisce la regolamentazione dettata soltanto dai commi 1, e 2 dell'art. 429 c.p.p., siccome, a sua volta, richiamato dal tenore dell'art. 464, comma primo, c.p.p. con rinvio alla normativa dei commi 1, 3 e 5 dell'art. 456 c.p.p. Ritenuto che, alla stregua del disposto del secondo comma dell'art. 429 c.p.p., non e' preveduta nullita' del decreto che dispone il giudizio ove lo stesso non sia preceduto dall'invito a rendere interrogatorio alla stregua dell'art. 375, comma terzo, c.p.p. e che, quindi, tale normativa dovrebbe trovare applicazione anche al giudizio conseguente ad opposizione a decreto penale che si celebri dinanzi al Pretore. Considerato peraltro, che tale pedissequa applicazione della vigente normativa comporterebbe violazione del principio di eguaglianza sostanziale, di cui al secondo comma dell'art. 3 della Costituzione, in quanto all'imputato del processo instaurato ex art. 565 c.p.p. non viene garantita adeguata ed eguale possibilita' di difesa rispetto all'imputato di processo conseguente all'emanazione da parte del p.m., del decreto di cui all'art. 555 c.p.p. e gia' appare tanto piu' grave e lesivo del richiamato principio costituzionale ove si ponga mente alla considerazione che la situazione processuale del soggetto appare tutt'affatto assimilabile a quella dell'altro (la scelta del rito monitorio, specie per reati di competenza pretorile, e' rimessa a valutazioni di politica giudiziaria del p.m. che esulano al di la' dei limiti concessi alla pena edditale, da possibilita' di sindacato alcuno, tanto da risultare sostanzialmente discrezionali) ed all'ulteriore riflessione che scopo evidente della novella introdotta con il terzo comma dell'art. 2 legge 16 luglio 1997, n. 234, e quello di imporre al pubblico ministero, prima dell'esercizio dell'azione penale, la considerazione e la valutazione degli elementi probatori di chiarimento e discolpa che la persona sottoposta ad indagine preliminare possa fornire. Ritenuto che tale finalita' non possa essere conculcata alla stregua di una scelta procedimentale che, come gia' segnalato, per situazioni tutt'affatto conformi, sfugga a possibilita' di controllo alcuno. Visti gli artt. 23 e segg., legge 11 marzo 1953, n. 87.