IL GIUDICE DI PACE
   Ha   deliberato  la  seguente  ordinanza  nel  procedimento  civile
 iscritto al n. 303 r.g. avente ad oggetto il risarcimento  del  danno
 patito  da  Pierluigi Poli nel sinistro dell'8 maggio 1998 occorso in
 localita' Il Giogo - Firenzuola - Firenze;
   In prima udienza, dichiarata la contumacia dei convenuti, la  causa
 e'   stata   rinviata   al   22  febbraio  1999  pendendo  trattative
 stragiudiziali tra le parti; in detta udienza  non  essendo  comparso
 nessuno il giudicante ha rinviato la causa al 26 marzo 1999, udienza,
 poi,  non  tenuta  dal  giudice  per  indisponibilita'  fisica,  indi
 rinviata al 26 aprile 1999;
   All'udienza del 26 aprile 1999 le parti, pur  regolarmente  edotte,
 non  sono comparse, per cui il giudicante si e' riservato, occorrendo
 stabilire se al processo debba applicarsi il  combinato  disposto  ex
 artt. 309 e 181 c.p.c.;
   Non  sembra  dubbio che tale norma, cosi' cone modificata dal d.-l.
 18 ottobre 1995 n. 432, art. 4, comma 1-bis, convertita in  legge  n.
 534   del   20   dicembre   1995,   debba  applicarsi  alla  presente
 controversia; di fronte alla mancata  comparizione  delle  parti  nel
 corso  del  processo  (art.  309)  o  in prima udienza (art. 181) "il
 giudice fissa una  udienza  successiva  di  cui  il  cancelliere  da'
 comunicazione   alle   parti   costituite,  se  nessuna  delle  parti
 comparisce  alla  nuova  udienza,  il  giudice,  con  ordinanza   non
 impugnabile, dispone la cancellazione della causa dal ruolo";
   E'  pregiudiziale  alla  cancellazione  della  causa  dal  ruolo la
 verifica della persistenza della legittimazione processuale  di  tale
 disposizione;
   A scioglimento della riserva;
                             O s s e r v a
   Il  rinvio  consente  alle parti automaticamente la possibilita' di
 dilazionare lo svolgimento del procedimento senza palesare  in  alcun
 modo  la  ragione;  ne'  al  giudice e' permesso disporre l'immediata
 cancellazione della causa dal ruolo, anzi deve permettere alle  parti
 tale  possibilita',  senza alcun potere di valutazione in ordine alla
 ragionevolezza della dilazione;
   1. - La dilazione comporta:
     1.1. una prestazione supplementare del giudice, del personale  di
 cancelleria  e  del  cancelliere  per  le  comunicazioni  alle  parti
 costituite, nonche';
     1.2.  il  conseguente  esborso  per   spese,   prima   anticipate
 dall'ufficio  e  poi  traslate sulla collettivita'; aggravio di costi
 del tutto ingiustificato, discendente solo da una cosciente e  voluta
 condotta delle parti;
     1.3.  violazione  del  principio di buon andamento della pubblica
 amministrazione, costituzionalmente  protetto - art. 97;
   2. - Tale  dilazione,  a  giudizio  dello  scrivente,  nelle  cause
 promosse  per  risarcimento  dei danni causati per sinistri stradali,
 potrebbe generare una economia sommersa collaterale.
     2.1. il Trinomio iniziale,  Tizio  =  leso  attore;  Sempronio  =
 avvocato difensore dell'attore; Caio = Assicurazione parte convenuta,
 in  conseguenza  di transazione stragiudiziale, potrebbe trasformarsi
 nel;
     2.2. Binomio Tizio - Caio (leso-assicurazione) con  la  scomparsa
 di   Sempronio   (avvocato   difensore)  nella  sottoscrizione  delle
 quietanze dei corrispettivi versati  direttamente  dall'assicurazione
 all'infortunato; fattispecie consentita dalla normativa vigente ed il
 50%,  o la maggior parte, delle cause promosse per sinistri stradali,
 esce sommessamente dal mondo giudiziario.
   Considerato:
     che la natura del combinato disposto dagli artt. 309 e 181 c.p.c.
 va ricercata ed individuata nel privilegio voluto ed  attribuito  dal
 legislatore, oltre i limiti di ogni ragionevolezza;
     che  la frequente applicazione di tale combinato disposto, se non
 conforme a buona  fede,  concretizza  un  vero  e  proprio  abuso  di
 diritto;  realizza una condotta di per se antigiuridica, lesiva della
 correttezza;
     che   appare   evidente   la   non   imparzialita',   oltre   che
 l'ingiustizia, della scelta normativa;
     che   il   compito,   come  funzione  fondamentale,  dello  Stato
 democratico e' assicurare la legalita'; il  minimo  etico-sociale  va
 disciplinato dal diritto, certamente in modo armonico ed articolato;
     che   l'ordinamento   preposto   alla  disciplina  della  realta'
 sostanziale, indissolubilmente unitaria, non puo' consentire  che  la
 norma  prevalente,  istitutiva del giudice di pace, legge 21 novembre
 1991 n. 374 e in particolare l'art. 11 che ha fissato  a  cottimo  il
 compenso  dovuto  al giudicante, venga disapplicata poi dal combinato
 disposto dagli artt. 309 e  181  c.p.c.;  quest'ultima  norma  e'  la
 negazione della precedente;
   Rilevato:
     che  per due ordini di considerazioni possa legittimamente essere
 reintrodotta la vecchia disposizione degli artt. 309  e  181  c.p.c.,
 antecedente alla modifica del 18 ottobre 1995 n. 432 in quanto:
      A)  verrebbero evitati gli ulteriori incombenti del giudicante e
 del personale di cancelleria;
      B)  si concretizzerebbe una piu' efficiente e razionale gestione
 delle Finanze con notevole decurtazione dei  costi  di  comunicazione
 dei rinvii susseguenti e senza aggravio economico per nessuno;
   3.  - Allo scopo questo giudicante auspica che tutte le transazioni
 stragiudiziali  tra  Tizio  e  Caio  (leso  attore  -  assicurazione)
 avvenute dopo la notifica dell'atto di citazione, siano controfirmate
 anche  dal  difensore  che  ha  azionato  il  diritto  del  leso;  in
 conseguenza, poi,  del  d.P.R.  29  settembre  1973  n.  600,  l'ente
 pagatore,  l'assicurazione,  scorporato  il  danno  del leso, segnali
 all'Ufficio distrettuale delle imposte dirette l'importo della notula
 ed il nominativo del percettore della rimanente somma  pagata;  cosi'
 contribuendo  in senso ampio e reale alla trasparenza, alla giustizia
 e forse anche all'acquisizione di ulteriori entrate  per  la  finanza
 pubblica,   che   tutti  i  cittadini  sono  tenuti  a  sostenere  in
 proporzione alla propria capacita'  contributiva  ex  art.  53  della
 Costituzione.
   Ritenuto:
     che  in  tale  fattispecie  molti dei principi costituzionali non
 vengono rispettati in quanto viene:
      vanificato  il  principio  di   uguaglianza   costituzionalmente
 protetto, art. 3;
      lesa   la   sfera  patrimoniale  della  collettivita'  garantita
 dall'art.  23;
      represso il diritto del magistrato, anzi giudice di  pace,  alla
 retribuzione proporzionata alla quantita' di lavoro svolta, art.  36;
      vanificato  il  dettame  dell'art.  53  che  impone  a  tutti  i
 cittadini a concorrere alla spesa  pubblica  in  ragione  della  loro
 capacita' contributiva;
      violato   il   principio   di   buon  andamento  della  pubblica
 amministrazione, art. 97;
   Atteso:
     che la fattispecie va affrontata  e  risolta  con  il  ripristino
 delle   regole   costituzionali,   della   certezza   del  diritto  e
 dell'armonizzazione delle leggi; separate ma univoche per  costituire
 una  totalita'  indivisibile;  una  sola  volonta' in sintonia con la
 volonta' madre: la Costituzione;
     che, venuto a mancare la volonta' unica, le disposizioni appaiono
 disarticolate, divise; i loro punti di congiunzione perdono la natura
 giuridica e prendono quella accidentale, meccanica; sicche' la norma,
 perso  la  visione   articolata   dell'ordinamento   intero,   unico,
 indivisibile, si allontana dalla giustizia;
     che  la  giurisprudenza  costituzionale  ha gia' affermato che il
 principio di  buon  andamento  della  pubblica  amministrazione  puo'
 riferirsi all'amministrazione della giustizia solo per quanto attiene
 all'ordinamento  degli  uffici  giudiziari  ed  al loro funzionamento
 sotto l'aspetto amministrativo;
     che  l'antinomia  e   l'illegittimita'   costituzionale   esposte
 appaiono  non  manifestamente infondate, la questione va sollevata di
 ufficio  e  rimessa   al   giudice   delle   leggi   nella   certezza
 dell'affermazione della giustizia;