IL TRIBUNALE PER I MINORENNI In data 4 febbraio 1999 il Procuratore della Repubblica presso questo tribunale esercitava l'azione penale nei confronti di SOS., in ordine ai reati meglio descritti in epigrafe. All'odierna udienza preliminare il pubblico ministero insisteva sulla richiesta di rinvio a giudizio dell'imputato, avanzando contestualmente istanza di applicazione provvisoria della misura di sicurezza del collocamento in comunita' (secondo quanto previsto dall'art. 36 d.P.R. n. 448/1988), in considerazione del fatto che la perizia psichiatrica svolta sulla persona dell'imputato nel corso delle indagini preliminari, in sede di incidente probatorio, concludeva nel senso che la patologia psichica da cui il medesimo era affetto implicava l'esclusione in maniera assoluta della capacita' di volere al momento dei fatti contestatigli, rendendolo soggetto socialmente pericoloso. Il Collegio a seguito della richiesta del pubblico ministero ritiene opportuno sospendere il procedimento per sollevare questione di legittimita' costituzionale sia dell'art. 37 d.P.R. n. 448/1988 - nella parte in cui non prevede l'estensione della normativa relativa ai presupposti necessari per l'applicazione provvisoria delle misure di sicurezza ai minori ultraquattordicenni che versino in situazione di assoluta incapacita' di intendere e di volere per vizio totale di mente (v. art. 88 c.p.) - sia dell'art. 224 c.p. - nella parte in cui esclude dalla relativa disciplina il minore ultraquattordicenne non imputabile per vizio totale di mente - in quanto trattasi di disposizioni contrastanti con gli artt. 2, 3, 10 e 31 della Carta costituzionale. A tal proposito si osserva che il legislatore ha ritenuto opportuno disciplinare in maniera specifica l'applicazione provvisoria delle misure di sicurezza nei confronti del minore che versi nelle condizioni di cui agli artt. 97 e 98 c.p., prevedendo dei presupposti giuridici in parte diversi da quelli previsti dalla disciplina ordinaria, al fine di venire incontro alle peculiarita' che la personalita' di un soggetto in formazione presenta. Invero, l'art. 37, d.P.R. n. 448/1988, subordina l'applicazione provvisoria della misura di sicurezza richiesta dal pubblico ministero all'accertamento di due ordini di presupposti: a) che ricorrano le condizioni di cui all'art. 224 c.p. (gravita' del fatto e particolari motivi della famiglia in cui il minore e' vissuto); a) che ricorra il pericolo della commissione dei reati contemplati nel secondo comma dell'articolo in oggetto, per il particolare allarme sociale che destano. Il giudice, quindi, dovra' procedere ad un giudizio sulla specifica ed attuale pericolosita' del minore nei confronti della collettivita', da effettuarsi in base a criteri analitici e rigorosi. Tale normativa - particolarmente rispondente alle peculiarita' di una personalita' in evoluzione quale quella di un adolescente - secondo il dato letterale sarebbe riferibile soltanto alle ipotesi di inimputabilita' ex artt. 97 e 98 c.p. In realta', peraltro, a seguito della sentenza della Corte costituzionale n. 41/1993 - che ha escluso la possibilita' di pronunciare in esito all'udienza preliminare sentenza di non luogo a procedere quando l'imputato risulta non imputabile - la disciplina di cui all'art. 37, d.P.R. n. 448/1988 puo' essere di fatto applicata solo alle ipotesi di inimputabilita' di minore infraquattordicenne, posto che l'art. 26 n. 448/1988 attribuisce espressamente al giudice il potere di pronunciare in ogni stato e grado del procedimento sentenza di non luogo a procedere per non imputabilita' del prevenuto, nel caso si accerti che questi fosse minore degli anni quattordici. Ne consegue che l'ipotesi di non imputabilita' ex art. 98 c.p., unitamente all'ipotesi di non imputabilita' di minore ultraquattordicenne per vizio totale di mente, verrebbero ad essere escluse dalla specifica normativa prevista all'art. 37, d.P.R. n. 448/1988. In particolare, per il minore non imputabile ex art. 98 c.p. rimarrebbe pur sempre come parametro di riferimento l'art. 204 c.p. che in qualche modo, subordinando l'applicazione della misura di sicurezza alla "gravita' del fatto" e alle "condizioni morali della famiglia in cui il minore e' vissuto", tiene conto della specificita' della materia; viceversa, per il minore non imputabile per vizio totale di mente, non avendo il legislatore previsto una disciplina specifica relativa ai presupposti necessari per l'applicazione provvisoria o definitiva della misura di sicurezza del riformatorio giudiziario, si fara' riferimento ai presupposti richiesti dalla normativa generale (v. artt. 203, 206 c.p. e 312 c.p.p.). Si equipara, quindi, irragionevolmente la situazione dell'infermo di mente maggiorenne con quella dell'infermo di mente minorenne, atteso che l'applicazione provvisoria di una misura di sicurezza per un minorenne non imputabile per vizio totale di mente e' subordinata agli stessi presupposti richiesti per l'applicazione di una misura di sicurezza provvisoria per il maggiorenne infermo di mente. E' evidente come l'attuale impianto normativo non tenga conto della peculiare personalita' del minore affetto da un infermita' mentale tale da escludere in maniera totale la capacita' di intendere e volere, con la conseguenza che ai fini dell'applicazione provvisoria della misura di sicurezza la pericolosita' sociale sara' valutata senza fare riferimento a parametri che incidono in maniera determinante sulla personalita' del minore (come per esempio il contesto familiare di appartenenza) e a tutti i criteri analitici e rigorosi richiesti dall'art. 37, comma 2, d.P.R. n. 448/1988. L'incoerenza di un tale assetto normativo - che mentre per il minore non imputabile ex artt. 97 e 98 segue una disciplina che coniuga i principi costituzionali riguardanti le misure di sicurezza (ossia i principi di legalita', di "giurisdizionalizzazione" del relativo procedimento, di umanizzazione e di rieducazione) con la specificita' della materia minorile, per il minore non imputabile per vizio totale di mente riserva una disciplina analoga a quella dei maggiorenni - impone, pertanto, un intervento della Corte costituzionale, la quale, tra l'altro, ha evidenziato in diverse occasioni che il trattamento penale degli imputati minorenni debba essere adeguatamente differenziato rispetto a quello degli adulti (v. al tal proposito sentenza n. 168 del 1994 e sentenza n. 324 del 1998). La rilevanza della questione e' evidente, posto che si procede nei confronti di un imputato, all'epoca dei fatti contestatigli minorenne, affetto fin dall'infanzia da patologia psichica tale da determinare un vizio totale di mente e che, alla stregua dei parametri di cui all'art. 37, d.P.R. n. 448/1988, potrebbe essere considerato socialmente pericoloso (soprattutto in considerazione del peculiare contesto socio-ambientale di appartenenza, v. in atti relazione del dott. Franz Di Stefano). Quanto alla non manifesta infondatezza, a precisazione di quanto sopra evidenziato, si aggiunge che il contrasto con gli artt. 2, 3 e 31 e' palese per il mancato trattamento differenziato di situazioni diverse (infermo di mente maggiorenne ed infermo di mente minorenne) e per l'assenza di adeguata tutela dei diritti di un soggetto per definizione debole, oltre che di una personalita' in formazione; infine, la violazione dell'art. 10 deriva dal contrasto dell'attuale normativa con le norme delle dichiarazioni dei diritti dell'uomo e del fanciullo e le c.d. "regole di Pechino", da cui discendono impegni internazionali volti ad assicurare un trattamento differenziato al minore, in relazione alle precipue esigenze di tutela dello stesso, anche se sottoposto a procedimento penale.