IL TRIBUNALE
   Visti  gli  atti  del  processo  a  carico  di  *Ferri  Alessandro,
 *Giacomelli Marco, *Landi Marino, Vaiani Franco,  Bruni  Pier  Paolo,
 Buti  Andrea  Giovanni,  Zara Paolo Manuelo, Barbini Riccardo, Labate
 Stefano, Nardi Claudio, Berti Lido, Capo Gianluca  Antonio,  Marcucci
 Andrea,   Innocenti   Renzo,  Fragai  Agostino,  Gualtierotti  Mauro,
 *Vettori Marco,  *Berti  Francesco  (*  imputato  anche  per  l'altro
 reato),  imputati  del  reato di cui agli artt. 110 c.p., 1 d.lgs. n.
 66/1948 perche' in concorso tra loro, al fine di impedire  la  libera
 circolazione,  nel  corso  di una manifestazione sindacale ostruivano
 entrambe  le   carreggiate   dell'autostrada   A11   impedendone   la
 circolazione  dalle  11,10 alle ore 11,30. In Pistoia il 30 settembre
 1994.
   Contro  Fragai  Rino,  Bartolini  Walter,  Piras  Antonio,   *Ferri
 Alessandro,  *Giacomelli  Marco,  Luchetti  Enrico,  Innocenti Uccini
 Mauro, Mazzoncini Daniele, Berti  Roberto,  Poli  Filiberto,  Biagini
 Marco,  *Landi  Marino,  *Vettori Marco, *Berti Francesco (* imputato
 anche per l'altro reato), imputati del reato di cui  agli  artt.  110
 c.p.,  1  d.lgs.  n. 66/1948 perche' in concorso tra loro, al fine di
 impedire, la libera circolazione, nel  corso  di  una  manifestazione
 sindacale  ostruivano  entrambe  le  carreggiate  dell'autostrada A11
 impedendone la circolazione  dalle  ore  11,25  alle  ore  12,05.  In
 Pistoia il 15 novembre 1994.
   Rilevato   che  i  difensori  degli  imputati  hanno  sollevato  la
 questione   di   legittimita'   costituzionale   della   disposizione
 incriminatrice  perche'  ritenuta  in  contrasto con gli artt. 3, 27,
 terzo comma, 25, secondo comma Cost.;
   Rilevato, in primo luogo, che la questione e' rilevante ai fini del
 giudizio  giacche'  il  fatto  ascritto  agli  impuati  astrattamente
 configura  la  disposizione  incriminatrice  del  d.lgs. n. 66/1948 e
 giacche', in applicazione dell'art. 133 c.p., in caso di affermazione
 di penale responsabilita' di taluno degli imputati,  potrebbe  essere
 irrogata la pena nel minimo edittale;
   Rilevato,  quanto  ai  profili  di non manifesta infondatezza della
 questione, che la disposizione  prevede  una  pena  edittale  tra  un
 minimo  di  un  anno  di  reclusione  ed  un  massimo di sei anni; la
 fattispecie prevede come elemento materiale una  condotta  idonea  ad
 ostruire  od ingombrare una strada ferrata od una strada ordinaria e,
 come elemento soggettivo, il dolo specifico quale quello di  impedire
 od ostacolare la libera circolazione sulle stesse; si tratta di reato
 di  condotta,  cosicche'  non  e'  necessario  che  si  verifichi, in
 concreto, l'impedimento o l'ostacolo alla libera circolazione essendo
 sufficiente una condotta a cio' finalizzata;
   La questione di costituzionalita'  della  disposizione  di  cui  si
 tratta, nella parte in cui prevede come minimo edittale la pena di un
 anno di reclusione per l'ipotesi base, e' stata esaminata dalla Corte
 costituzionale  in  relazione ai parametri di cui agli artt.  3 e 27,
 terzo  comma  Cost.,  gli  stessi  che  erano  stati  considerati  in
 precedenza   dalla   Corte  nella  pronuncia  di  incostituzionalita'
 dell'art. 341, primo comma c.p. (sentenza n. 341  del  1994),  ed  e'
 stata  dichiarata  non  fondata,  in  buona  sostanza, perche' non e'
 "nella  specie  rinvenibile  un  pertinente  ed  univoco  termine  di
 raffronto"  con  altra  fattispecie  incriminatrice  tale da ritenere
 violato il principio della ragionevolezza delle misure delle sanzioni
 criminali (sentenza 25 giugno 1996, n. 217);
   Secondo  gli  insegnamenti   della   Corte,   la   valutazione   di
 razionalita'  delle  misure  della pena edittale deve essere ancorata
 alla comparazione con altre disposizioni incriminatrici che  tutelino
 beni  analoghi  e sanzionino condotte illecite simili cio' allo scopo
 di evitare che il giudizio di costituzionalita' possa ledere l'ambito
 di discrezionalita' del legislatore, il quale, invece,  e'  tenuto  a
 rispettare  il  principio  di razionalita' nella individuazione delle
 pene secondo criteri comparativi, tra beni omogenei;
   Cio' posto, occorre comparare la disposizione di cui si tratta  con
 quella  di  cui  all'art. 610 c.p., giacche', secondo la tradizionale
 applicazione della norma codicistica  la  violenza  "puo'  consistere
 nell'uso  di  qualsiasi  energia  fisica  da  cui  possa derivare una
 coazione personale", cosicche' in piu' occasioni e' stata considerata
 violenta la condotta con  cui  la  vittima  e'  stata  posta  dinanzi
 all'alternativa   di   subire  l'altrui  volonta'  coartatrice  o  di
 sottrarvisi mettendo con cio'  in  pericolo  l'integrita'  di  altri,
 compresa l'integrita' fisica dello stesso soggetto agente;
   Non  vi e' dubbio, quindi, che le condotte previste dall'art. 1 del
 d.lgs. n. 66 n. 1948 e dall'art. 610 c.p. possono anche coincidere al
 livello di minima offensivita', ma va anche rilevato come l'ambito di
 applicabilita' della  "violenza  privata",  sotto  il  profilo  della
 condotta,  e'  ben  piu'  ampio  giacche'  la  violenza e la minaccia
 possono concretizzarsi  in  fatti  piu'  gravi  della  mera  violenza
 mediante apposizione di ostacoli tali da coartare la condotta altrui,
 e cioe' con violenza diretta alle persone;
   Mentre  il reato di violenza privata si perfeziona con la effettiva
 costrizione altrui, il reato  di  blocco  stradale,  invece,  prevede
 l'impedimento  o  l'ostacolo  alla libera circolazione solo come dolo
 specifico, cosicche' il semplice collocamento di un ostacolo  su  una
 strada  ferrata  e  su  una  strada ordinaria, se commesso al fine di
 impedire od ostacolare la libera circolazione su di esse, costituisce
 il reato di blocco anche se nessun concreto impedimento  od  ostacolo
 si e' realizzato per il tempestivo intervento di chi e' preposto alla
 sicurezza;
   Dalla comparazione tra le due fattispecie criminose quindi, si puo'
 concludere nel senso di una maggiore gravita' obbiettiva del reato di
 violenza  privata  rispetto a quello di "blocco stradale", perche' la
 condotta necessaria per il primo coincide con la condotta  necessaria
 per il secondo solo al livello minimo di pericolosita', e perche' nel
 primo  l'agente realizza la fine della costrizione altrui, mentre nel
 secondo  la  effettiva  costrizione,  o  comunque  la  turbativa,  e'
 estranea  alla  struttura  del reato nonostante cio' la pena edittale
 minima e quella massima previste all'art. 1.1 d.lgs. n. 66/1948  sono
 maggiori;
   Sebbene  le due disposizioni tutelino beni parzialmente diversi (la
 liberta' morale degli individui nella violenza privata e la  liberta'
 di  circolazione  della collettivita' nell'altro reato), e' pregnante
 il rilievo che si tratta pur sempre  di  beni  omologhi,  cosi'  come
 omologhe sono le condotte illecite; si tratta pur sempre di reati che
 tutelano   i   diritti   di  liberta'  dell'individuo  e  dei  gruppi
 costituzionalmente garantiti, cosicche' appare del tutto  irrazionale
 che  il  secondo  reato  sia  punito con una pena edittale minima che
 supera di oltre venti volte la sanzione minima edittale  per  l'altro
 reato;
   Ancora  ingiustificata  appare  la disparita' di trattamento ove si
 consideri  il  concorso,  nel  reato  di  violenza    privata,  delle
 circostanze aggravanti previste dall'art. 339 c.p. e dall'art. 112 n.
 1  c.p., giacche' il concorso di tali circostanze comporta un aumento
 di pena che, se calcolato  nel  minimo  edittale,  rende  ancor  piu'
 sproporzionata  la  pena  prevista  per  il reato di blocco stradale,
 ipotesi base, rispetto alla diversa gravita' dei fatti illeciti;  ne'
 d'altra  parte  si  puo' addurre che il bene giuridico protetto dalla
 disposizione incriminatrice contestata  sia  diverso  e  di  maggiore
 rilevanza (come se cioe' fosse tutelata la "sicurezza pubblica" della
 circolazione),  poiche'  tale  ulteriore  bene  non  pare  per  nulla
 considerato nella fattispecie, la quale anche tenuto conto del titolo
 della legge, ha invece di mira  la  tutela  della  sola  liberta'  di
 circolazione  senza che si richieda per la punibilita' il verificarsi
 di un qualunque pericolo, come conseguenza della condotta illecita;
   Ritenuto, pertanto, che e' rilevante e non manifestamente infondata
 la  questione  di  costituzionalita'  sollevata   dalla   difesa   in
 relazione,   peraltro,  solo  all'art.  3  Cost.,  nella  prospettiva
 anzidetta;