IL TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE
   Ha  pronunciato la seguente ordinanza sul ricorso n. 1504 del 1995,
 proposto da Favara Maurizio, Bianchi Fabrizio,  Simmi  Mauro,  Casula
 Giampaolo,  Pastore  Paolo,  Romano  Francesco, Campi Antimo, Palmese
 Pietro, ed Antonelli Mario, rappresentati e  difesi  dall'avv.  Maria
 Ughetta  Bini  ed  elettivamente  domiciliati  presso lo studio della
 stessa, in Brescia, via Ferramola n. 14;
   Contro  il  Ministero  della  difesa,  in  persona   del   Ministro
 pro-tempore,  il  Ministero  della  funzione pubblica, in persona del
 Ministro pro-tempore, e il  Ministero  del  tesoro,  in  persona  del
 Ministro  pro-tempore,  costituitisi  in  giudizio,  rappresentati  e
 difesi  dall'avvocatura  distrettuale  dello   Stato   ed   ex   lege
 domiciliati  presso  gli  uffici  della  stessa,  in  Brescia, via S.
 Caterina n. 6, per l'annullamento degli atti del nuovo  inquadramento
 in ruolo disposti ai sensi dell'art. 34 del d.lgs.  12 marzo 1995, n.
 196, con i quali:
     a)  i  ricorrenti  Favara, Antonelli, Palmese, Campi e Simmi sono
 stati inquadrati nel grado di maresciallo ordinario;
      b) il ricorrente Pastore, gia' sergente maggiore in valutazione,
 ma non promosso, e' stato iscritto nel  ruolo  dei  marescialli,  con
 promozione al grado di maresciallo ordinario;
     c) i ricorrenti Casula e Bianchi, gia' sergenti maggiori con piu'
 di  quattro  anni  nel  grado,  sono  stati  iscritti  nel  ruolo dei
 marescialli con il grado di maresciallo;
     d) il ricorrente Romano e' stato iscritto nel ruolo dei  sergenti
 con  il grado di sergente maggiore; nonche' per il riconoscimento del
 diritto  ad  ottenere,  ai  fini  dell'inquadramento,   il   medesimo
 trattamento  attribuito  con  il  d.lgs. n. 198/1995 ai sottufficiali
 pari grado appartenenti all'Arma  dei  carabinieri;  nonche'  per  la
 conseguente     condanna     dell'amministrazione    intimata    alla
 corresponsione  delle  differenze  retributive  tra   l'inquadramento
 operato  ai  sensi  del  d.lgs.  n.  196  del 1995 e quello superiore
 riconosciuto ai sottufficiali dell'Arma dei carabinieri, in forza del
 d.lgs. n. 198 del 1995, con  rivalutazione  ed  interessi  e  con  il
 riconoscimento,  infine,  dell'equiparazione  predetta  a  tutti  gli
 effetti a decorrere dal 1 settembre 1995;
   Visto il ricorso con i relativi allegati;
   Visto  l'atto  di   costituzione   in   giudizio   delle   intimate
 amministrazioni;
   Viste  le  memorie prodotte dalle parti a sostegno delle rispettive
 domande e difese;
   Visti gli atti tutti della causa;
   Data per letta,  alla  pubblica  udienza  del  9  luglio  1999,  la
 relazione del consigliere A. Ingrassia;
   Uditi,  alla  stessa  udienza,  l'avv.  Maria  Ughetta  Bini  per i
 ricorrenti  e  l'avv.  dello  Stato   Alessandro   Maddalo   per   le
 amministrazioni resistenti;
   Ritenuto in fatto ed in diritto quanto segue:
                               F a t t o
   Viene  premesso  che i ricorrenti sono sottufficiali dell'Esercito,
 in forza al 4 Rgt. artiglieria contraerei di Mantova.
   Come gia' evidenziato, alcuni di loro  risultano  inquadrati  quali
 marescialli ordinari e gli altri quali sergenti maggiori.
   Con  d.lgs.  n. 196 del 19 maggio 1995, si espone in ricorso, si e'
 provveduto al riordino  dei  ruoli,  alla  modifica  delle  norme  di
 reclutamento  ed allo stato d'avanzamento del personale non direttivo
 delle Forze armate, Esercito, Marina, ed  Aeronautica,  ad  eccezione
 dell'Arma  dei  carabinieri  il  cui  riordino  dei  ruoli  e'  stato
 disciplinato con d.lgs. n. 198 sempre del 12 maggio 1995.
   All'inquadramento degli odierni ricorrenti, sulla scorta di  quanto
 disposto  dall'art. 34 del citato d.lgs. n. 196, si e' poi provveduto
 con decreti ministeriali, dei  quali  s'e'  data  comunicazione  agli
 interessati,  con  note  individuali, tutte datate tra il 13 ed il 20
 settembre 1995.
   In particolare, prosegue il ricorso:
     1) gli esponenti Antonelli, Palmese, Campi, Simmi e Favara,  gia'
 marescialli  ordinari, sono stati inquadrati nel grado di maresciallo
 ordinario ed iscritti nel ruolo dei marescialli;
     2) il sig. Pastore, gia' sergente maggiore ed inserito nei quadri
 di avanzamento formati  alla  data  del  31  agosto  1995,  e'  stato
 promosso  al  grado  di maresciallo ordinario ed inquadrato nel ruolo
 dei marescialli;
     3) i ricorrenti Casula e Bianchi,  gia'  sergenti  maggiori,  con
 piu' di quattro anni di anzianita' nel grado, sono stati iscritti nel
 ruolo dei marescialli con il grado di maresciallo;
     4)  mentre  il  sig.  Romano, gia' sergente maggiore, con meno di
 quattro anni di anzianita' nel grado, e' stato, invece, iscritto  nel
 ruolo dei sergenti, mantenendo il grado di sergente maggiore.
   Avverso  i  decreti  ministeriali  di  inquadramento, effettuato ai
 sensi del  citato  d.lgs.  n.  196/1995,  hanno  proposto  ricorso  i
 predetti  sottufficiali,  deducendone  la  "illegittimita'  derivata"
 degli  atti  di  inquadramento,  per  "illegittimita'  costituzionale
 dell'art. 34, comma 1, lettera c), commi 3, 4, 5, 7 e 8 del d.lgs. n.
 196/1995 per contrasto con gli artt. 3, 36 e 97 della Costituzione".
   Le   determinazioni   ministeriali   di   inquadramento   sarebbero
 illegittime, in quanto applicano il decreto legislativo  n.  196/1995
 (attuando  l'inquadramento  del personale in servizio alla data del 1
 settembre 1995, sulla base della norma transitoria  di  cui  all'art.
 34),  che,  si  afferma in ricorso, e' penalizzante rispetto a quello
 disposto per i parigrado nell'Arma  dei  Carabinieri,  in  forza  del
 decreto   legislativo  n.  198/1995.  Cio',  si  prosegue,  in  netto
 contrasto con lo spirito della legge n. 216/1992 che ha demandato  al
 governo  l'emissione  di decreti legislativi contenenti le necessarie
 modifiche agli ordinamenti del personale...  per  il  riordino  delle
 carriere delle attribuzioni e dei trattamenti economici allo scopo di
 conseguire  una  disciplina  omogenea  fermi  restando  i  rispettivi
 compiti istituzionali.
   I  ricorrenti  si  vedrebbero,  insomma,  riservato dalla normativa
 transitoria un trattamento diverso e penalizzante rispetto  a  quello
 riservato ai sottufficiali dell'Arma dei Carabinieri. Infatti:
     a)  i marescialli ordinari delle Forze Armate, esclusi dai quadri
 di avanzamento formati alla data  del  31  agosto  1995,  sono  stati
 inquadrati  nel  ruolo  dei  marescialli  con il grado di maresciallo
 ordinario, mentre i marescialli ordinari  dell'Arma  dei  Carabinieri
 sono  stati  inquadrati  nel  ruolo  degli  ispettori con il grado di
 maresciallo capo (cfr. art.  34,  comma  1,  lettera  c),  d.lgs.  n.
 196/1995  in  rapporto  all'art.  46,  comma 1, lettera b), d.lgs. n.
 198/1995);
     b) i sergenti maggiori delle Forze Armate utilmente inseriti  nei
 quadri  di  avanzamento  alla  data  del  31  agosto  1995 sono stati
 inquadrati nel ruolo dei marescialll  con  il  grado  di  maresciallo
 ordinario  con  due anni di anzianita', mentre i brigadieri dell'Arma
 dei Carabinieri utilmente iscritti al fine della promozione dal grado
 superiore nei quadri di avanzamento sono inquadrati nel  ruolo  degli
 ispettori  con  il  grado di maresciallo capo (cfr. art. 34, comma 1,
 lettera c), d.lgs. n. 196/1995, in  rapporto  all'art.  46  comma  1,
 lettera b), d.lgs. n. 198/1995);
     c) i sergenti maggiori gia' iscritti nei quadri di avanzamento ma
 non promossi sono stati inquadrati nel ruolo dei marescialli al grado
 di  maresciallo  ordinario  con  anzianita'  di grado 31 agosto 1993,
 mentre i brigadieri dei Carabinieri sono  stati  promossi  in  quanto
 inquadrati nel ruolo degli ispettori con il grado di maresciallo capo
 (cfr art. 34, comma 3, d.l.gs. n. 196/1995, in rapporto all'art.  49,
 comma 2 d.lgs. n. 198/1995;
     d) i sergenti maggiori delle Forze Armate con almeno quattro anni
 di  anzianita'  nel grado, alla data del 1 settembre 1995, sono stati
 inquadrati nel grado di maresciallo ad anzianita' zero;
     e) ancora: i sergenti maggiori delle Forze Armate,  con  meno  di
 quattro  anni  di  anzianita'  a  detta data, verranno inquadrati nel
 grado di maresciallo ad anzianita' zero a far data  dal  1  settembre
 1996,   mentre   i  brigadieri  e  vice  brigadieri  dei  Carabinieri
 (quest'ultimi utilmente iscritti nei quadri di avanzamento  al  grado
 superiore) sono inquadrati, alla data del 1 settembre 1995, nel ruolo
 degli  ispettori  con  il grado di maresciallo ordinario (v. art. 34,
 commi 5 e 6, d.lgs. n. 196 del 1995, in rapporto all'art.  46,  comma
 1, lett. c) e d), del d.lgs. n. 198 del 1995);
     f)  addirittura  gli  appuntati  dei  carabinieri,  che  non sono
 sottufficiali, ma  graduati  di  truppa,  sono  promossi  brigadieri,
 scavalcando il sergente che, alla data del 1 settembre 1995, continua
 a permanere nel grado posseduto, e raggiunge il sergente maggiore con
 meno di quattro anni di anzianita' nel grado;
     g)  i  sergenti dell'Esercito nel nuovo inquadramento restano nel
 ruolo dei sergenti con il grado di sergenti, mentre i vice brigadieri
 dei carabinieri vengono inquadrati nel ruolo degli ispettori  con  il
 grado  di  maresciallo  (art. 34, comma 8, d.lgs. n. 196 del 1995, in
 rapporto all'art. 46, comma 1, lett. d), del d.lgs. n. 198 del 1995);
     h) infine, l'appuntato dei carabinieri con piu'  di  29  anni  di
 servizio  viene  inquadrato  nel  grado di brigadiere capo, superando
 perfino il sergente maggiore. Evidente appare la  sperequazione,  sol
 che si consideri che il sergente maggiore ed il sergente hanno dovuto
 superare un concorso teso ad accertare i titoli posseduti ed il grado
 di preparazione culturale, ed, in seguito, hanno dovuto frequentare i
 relativi  corsi  presso  la  scuola allievi sottufficiali e presso la
 scuole dell'arma; ed ancora:  hanno  dovuto  superare  il  successivo
 concorso  per  l'immissione  in servizio permanente, mentre requisiti
 siffatti non vengono richiesti agli appuntati  dei  Carabinieri,  che
 sottufficiali non sono.
   "In  sintesi" conclude l'esposizione di gravame, "si assiste ad una
 sostanziale  promozione  di  tutti  i  sottufficiali  dell'Arma   dei
 Carabinieri  (e  anche  di  coloro  non  sono sottufficiali) mentre i
 sottufficiali dell'Esercito (che prima  del  decreto  legislativo  in
 esame  erano  parigrado,  e  con anzianita' anche superiore nel grado
 medesimo   rispetto   ai   colleghi   sottufficiali   dell'Arma   dei
 Carabinieri),  non  beneficiano del medesimo trattamento: si verifica
 un inammissibile scavalcamento soprattutto  ai  fini  gerarchici  tra
 sottufficiali appartenenti alla medesima Forza Armata".
   Viene  evidenziato  che  tale discriminazione colpisce unicamente i
 sottufficiali che rientrano nell'applicazione della norma transitoria
 di cui all'art. 34 del cit. d.lgs. n. 196 del 1995, in quanto  coloro
 che beneficiano della normativa a regime non subiscono penalizzazioni
 rispetto  ai  sottufficiali dell'Arma dei Carabinieri.  Ed e' percio'
 che l'art. 34 del d.lgs. n. 196/1995, nel prevedere "un inquadramento
 dei citati sottufficiali dell'Esercito inferiore  rispetto  a  quello
 attribuito   ai   pari   grado  dell'Arma  dei  Carabinieri"  sarebbe
 costituzionalmente illegittimo:
     per irragionevole discriminazione  tra  appartenenti  alle  Forze
 armate  per  i  quali vi e' sempre stata una corrispondenza dei gradi
 sulla  scorta  della   omogeneita'   di   funzioni",   nonche'   "per
 irragionevole    equiparazione    (violazione    del   principio   di
 ragionevolezza) dei sottufficiali di grado inferiore, addirittura non
 sottufficiali, appartenenti all'Arma dei Carabinieri ai sottufficiali
 di grado superiore delle Forze Armate" (e cio' in evidente  contrasto
 con l'art. 3 della Costituzione repubblicana);
     per  violazione  dell'art.  36  della Costituzione: la denunciata
 diversita' degli inquadramenti riflettendosi  "pure  sul  trattamento
 retributivo, con penalizzazione dei sottufficiali delle Forze Armate,
 e  con  vantaggio ingiustificato a favore dei sottufficiali dell'Arma
 dei Carabinieri";
    per violazione dell'art. 97 della Costituzione, che,  si  afferma,
 "fissa  il principio di imparzialita' della pubblica amministrazione,
 in relazione al potere - dovere di adottare i medesimi  inquadramenti
 di   fronte   a   situazioni   equiparate   in  forza  di  precedenti
 inquadramenti effettuati dall'amministrazione medesima sulla base  di
 norme  preesistenti  e  sulla  base  di norme attuali che ribadiscono
 l'equiparazione tra ruoli e  profili  professionali".    Gli  istanti
 chiedono  cosi',  in definitiva, che l'amministrazione sia condannata
 alla corresponsione, in loro favore, delle differenze retributive tra
 l'inquadramento operato ai sensi del citato d.lgs.    n.  196/1995  e
 quello   superiore   riconosciuto   ai  sottufficiali  dell'Arma  dei
 Carabinieri in forza del d.lgs. n. 196/1995.
   3. - Si sono costituite in giudizio, con atto formale, le  intimate
 amministrazioni  statali,  che  hanno  chiesto,  con  formule di mero
 stile, il rigetto del ricorso.  Con memoria depositata nell'imminenza
 della udienza (ma fuori del termine di  10  giorni  liberi  anteriori
 alla  data  fissata  per l'udienza, di cui all'art. 23, quarto comma,
 legge t.a.r.), la difesa delle resistenti amministrazioni, ripercorso
 l'iter  che  ha  portato  alla  emanazione del d.lgs. n. 196/1995, ha
 affermato "che i decreti legislativi n. 196 e n. 198 non sono affatto
 disomogenei, in quanto la  normativa  a  regime  prevede  un'identica
 progressione  in  carriera",  illustrando,  inoltre,  come non appaia
 illegittima "nemmeno la normativa transitoria  dettata  dall'art.  34
 del  d.lgs. n. 196/1995, in quanto il legislatore, nel procedere alla
 c.d. omogeneizzazione, non poteva non tenere presenti  le  differenze
 esistenti   tra  le  Forze  Armate,  differenze  dovute  ai  relativi
 ordinamenti di settore, alle norme  fondamentali  di  stato,  nonche'
 alle attribuzioni delle autorita' di pubblica sicurezza".
   Anche  i  ricorrenti (peraltro nei termini di legge) hanno ribadito
 le loro argomentazioni, con memoria presentata in vista della udienza
 di  trattazione,  nella   quale,   in   particolare,   ribadita   "la
 disomogeneita'  delle  disposizioni  previste  dall'art.  34  comma 1
 lettera c), commi 3, 4, 5, 7 e 8 del decreto legislativo n.  196/1995
 rispetto  all'art.    46 del decreto legislativo n. 198/1995 relativo
 all'inquadramento dei carabinieri", si sottolinea il  "contrasto  con
 lo  spirito  della  legge n. 216/1992, ove, all'art. 3, si demanda al
 governo l'emissione di decreti  legislativi  per  il  riordino  delle
 carriere,  delle attribuzioni e dei trattamenti economici, allo scopo
 di conseguire una disciplina omogenea, fermi  restando  i  rispettivi
 compiti   istituzionali"   e,  dunque,  la  violazione  del  disposto
 dell'art. 3 della legge 6 marzo 1992, n. 216, nonche' la  conseguente
 "discriminazione  tra  i  sottufficiali dell'Arma dei Carabinieri che
 vengono  (rectius  sono  stati  promossi),  mentre   i   sottufficial
 dell'Esercito  non  beneficiando  dello stesso trattamento, subiscono
 una perdita patrimoniale, sono, ai  fini  gerarchici,  scavalcati  da
 parigrado  o  addirittura  di grado inferiore (non va dimenticato che
 l'Arma dei Carabinieri fa parte dell'Esercito)".
   Alla pubblica udienza del 9 luglio 1999, uditi i difensori presenti
 per le parti costituite, la causa e' stata trattenuta in decisione.
                             D i r i t t o
   Devesi,  preliminarmente,  dichiarare  la  inammissibilita'   della
 memoria  prodotta dalla Avvocatura dello Stato in data 2 luglio 1999,
 in quanto effettuata in violazione del termine di  cui  all'art.  23,
 comma  4,  legge  t.a.r.,  posto  a presidio del diritto di difesa di
 controparte e dell'interesse del giudice a conoscere  tempestivamente
 e  compiutamente  la materia del contendere.  Quanto, poi, all'azione
 di cui trattasi, vi e' da rilevare che i ricorrenti propongono, quali
 pubblici  dipendenti,  azione   di   accertamento   di   un   diritto
 patrimoniale,    nell'ambito   della   giurisdizione   amministrativa
 esclusiva; essi, peraltro, hanno a tal fine impugnato nei termini  di
 decadenza gli atti dell'inquadramento effettuato dall'amministrazione
 della  difesa  in  applicazione della normativa in questione (art. 34
 del decreto legislativo  n.  196  del  1995,  emanato  in  attuazione
 dell'art.  3 della legge n. 216 del 1992).
   L'oggetto  di tale decreto legislativo (concernente il riordino dei
 ruoli e la modifica alle norme di reclutamento, stato ed  avanzamento
 del  personale  non  direttivo  delle  Forze  Armate) non consente di
 ritenere che il trattamento economico e le norme di inquadramento ivi
 previste per detto personale siano, per cosi  dire,  "disapplicabili"
 (non   essendo   attribuito   nel   nostro   ordinamento,   ne'  alla
 amministrazione, ne' al sistema giurisdizionale, un tale potere), per
 estendere ai sottufficiali dell'esercito, conformemente alla  pretesa
 avanzata dagli istanti, le corrispondenti norme dettate dal d.lgs. n.
 198  del 1995 per il personale dell'Arma dei Carabinieri che si trovi
 nelle stesse condizioni.
   Cio' in quanto il legislatore, in attuazione della delega contenuta
 nell'art. 3 della legge n. 216 del 1992, ha partitamente identificato
 e disciplinato, con vari decreti, i diversi ordinamenti  delle  varie
 Forze  di Polizia e delle Forze Armate, cosicche' in ciascuno di essi
 sono, pertanto, rinvenibili le disposizioni  relative  a  trattamento
 economico ed alle carriere, da applicarsi allo specifico ordinamento,
 di  cui  di volta in volta si tratti (nella fattispecie, quello delle
 Forze Armate).  La domanda di accertamento del diritto dei ricorrenti
 ai  benefici  in  questione  e,   cioe',   ad   ottenere,   ai   fini
 dell'inquadramento, il medesimo trattamento attribuito, con il d.lgs.
 n. 198/1995, ai sottufficiali di pari grado appartenenti all'Arma dei
 Carabinieri,  si  appalesa,  cosi',  priva di supporto normativo, non
 potendosi in ogni caso far luogo  ad  una  interpretazione  estensiva
 delle   invocate   norme   del  d.lgs.     n.  198/1995  e/o  ad  una
 "disapplicazione"   (non   consentita   a   questo   giudice)   delle
 corrispondenti prescrizioni del d.lgs. n. 196/1995 (considerata anche
 la  mancanza  di  qualsiasi  ambito  di, indeterminatezza delle norme
 recate dai decreti delegati in argomento).   Il  collegio,  pertanto,
 non puo' esaminare ed apprezzare adeguatamente le ragioni prospettate
 dai  ricorrenti,  se  non  previa declaratoria di incostituzionalita'
 delle citate norme (se ed ove adeguatamente  sussistano  i  necessari
 presupposti del giudizio costituzionale in via incidentale: rilevanza
 e  non  manifesta  infondatezza della questione).   Cio' premesso, il
 thema decidendum della presente  controversia  concerne,  dunque,  in
 sostanza,  non tanto la legittimita' dei decreti di inquadramento dei
 ricorrenti, tutti sottufficiali  dell'esercito,  che  risultano  aver
 fatto  diretta  e  corretta  applicazione  del decreto legislativo n.
 196/1995,  quanto,  piuttosto,  l'asserita  incostituzionalita'   (in
 quanto a cio' si riduce, in definitiva, l'unico, articolato motivo di
 censura  dedotto)  del  citato decreto legislativo, che, con la norma
 transitoria di cui all'art. 34 (dedicata all'"inquadramento nel ruolo
 dei marescialli"), avrebbe operato, secondo le tesi poste a base  del
 ricorso,   una  irragionevole  discriminazione  tra  i  sottufficiali
 dell'esercito (e delle Forze Armate in genere) e quelli dell'Arma dei
 Carabinieri (le norme transitorie del cui inquadramento sono dettate,
 invece, negli artt. da  46  a  50  del  d.lgs.  n.  198/1995).    Una
 discriminazione,  si  sottolinea nell'atto introduttivo del giudizio,
 che  "colpisce  unicamente  i  sottufficiali  che   rientrano   nella
 applicazione  della norma transitoria di cui al citato art. 34 d.lgs.
 n. 196/1995, in quanto per coloro  che  beneficiano  della  normativa
 ordinaria   introdotta  con  il  decreto  legislativo  in  esame  non
 subiscono penalizzazioni  rispetto  ai  sottufficiali  dell'Arma  dei
 Carabinieri,   rispetto   ai   quali  non  possono  lamentare  alcuna
 disparita': in proposito si rinvia all'esame delle  tabelle  allegate
 ai  decreti legislativi...".   L'esame della prospettata questione di
 costituzionalita' necessita di  un  preliminare  inquadramento.    Lo
 stato  giuridico  dei  sottufficiali  delle  FF.AA., nelle quali e' a
 tutti gli effetti da intendersi ricompresa l'Arma dei Carabinieri, ha
 sempre avuto una disciplina uniforme e del pari  uniforme  e'  stato,
 dal R.D. n. 2395 del 1923 e dal d.P.R. n. 1079 del 1970 alla legge n.
 312  del 1980, il trattamento economico dei sottufficiali delle varie
 armi rispetto ai sottufficiali dell'Arma dei Carabinieri (con la sola
 eccezione   delle   indennita'   accessorie  collegate  alle  diverse
 situazioni di impiego derivanti dal servizio). Cio' sino alla entrata
 in vigore della legge n. 34 del  1984,  allorche',  a  seguito  della
 riforma   della   Polizia  del  1981  (caratterizzata,  tra  l'altro,
 dall'inizio della unificazione del trattamento economico delle  Forze
 di  Polizia),  tale  uniformita'  e'  stata  infranta  unicamente per
 effetto del meccanismo, ritenuto prioritario, della equiparazione tra
 le varie "Forze di Polizia" (il sedicesimo comma dell'art.  43  della
 legge n. 121 del 1981 stabiliva che il trattamento economico previsto
 per  il  personale  della  Polizia  di  Stato "e' esteso all'Arma dei
 Carabinieri ed ai corpi previsti al primo e secondo  comma  dell'art.
 16";  a sua volta, l'art. 2, quinto comma, della legge n. 34 del 1984
 ha disposto che, in relazione al suddetto  art.  43,  "e'  esteso  il
 trattamento economico per stipendio e per indennita' mensili previsto
 per il personale della Polizia di Stato all'Arma dei Carabinieri e ai
 corpi  della Guardia di Finanza, degli agenti di custodia e forestale
 dello Stato").
   L'evoluzione  legislativa  successiva  ha  avuto  un  significativo
 approdo nella legge n. 216 del 1992.
   Con  essa  il  legislatore non solo ha proceduto sulla strada della
 perequazione (semplicemente) economica delle forze di polizia, ma ha,
 con il  conferimento  di  una  duplice  delega  legislativa,  avviato
 successive    fasi   dirette   ad   una   ulteriore   e   sostanziale
 omogeneizzazione:  la prima delega (art. 2, comma 1  della  legge  n.
 216 del 1992), nella preoccupazione di non alterare gli equilibri tra
 i  vari  ordinamenti  militari,  da  esercitarsi con un unico decreto
 legislativo su proposta del Ministro dell'interno di concerto con gli
 altri ministri interessati, aveva  per  oggetto  la  definizione  "in
 maniera  omogenea,  nel  rispetto  dei  principi fissati dai relativi
 ordinamenti  di  settore,  stabiliti  dalle  leggi  vigenti",   delle
 procedure  per disciplinare i contenuti del rapporto di impiego delle
 forze di polizia anche ad ordinamento militare, ai sensi della  legge
 1  aprile  1981, n. 121, nonche' del personale delle forze armate, ad
 esclusione dei dirigenti civili e militari e del  personale  di  leva
 (v.  Corte  cost.,  ord.  n.  152 del 26-30 aprile 1999).  La seconda
 delega (art. 3 della legge n. 216 del 1992), poi, da esercitarsi  con
 piu'  decreti  legislativi  sulla  base  di  unici  criteri direttivi
 (diversi da quelli di cui all'art. 2),  riguardava,  in  particolare,
 "le necessarie modifiche degli ordinamenti del personale" delle forze
 di  polizia e delle forze armate, esclusi dirigenti e direttivi, "per
 il riordino delle carriere,  delle  attribuzioni  e  dei  trattamenti
 economici,  allo  scopo  di conseguire una disciplina omogenea, fermi
 restando i rispettivi compiti istituzionali, le norme fondamentali di
 stato, nonche' le attribuzioni delle autorita' di pubblica sicurezza,
 previsti dalle  vigenti  disposizioni  di  legge";  inoltre,  per  le
 anzidette  finalita',  era  espressamente  contemplato  che i decreti
 legislativi potessero "prevedere che la  sostanziale  equiordinazione
 dei  compiti  e  dei  connessi  trattamenti  economici sia conseguita
 attraverso la revisione di ruoli, gradi e qualifiche e, ove  occorra,
 anche  mediante la soppressione di qualifiche, gradi, ovvero mediante
 l'istituzione di nuovi ruoli, qualifiche e gradi  con  determinazione
 delle  relative  dotazioni  organiche,  ferme  restando  le dotazioni
 organiche complessivamente previste", con le occorrenti  disposizioni
 transitorie (art. 3, comma 3, della legge n. 216 del 1992).
   L'esercizio  di tale seconda delega era previsto avvenisse con piu'
 decreti  legislativi,  da   emanarsi   su   proposta   dei   Ministri
 rispettivamente  interessati  e  per  le  Forze  di  polizia,  con la
 concertazione  del  Ministro  dell'interno,  attesi  i  suoi  compiti
 istituzionali,  confermati nella legge n. 121 del 1981. I principi ed
 i  criteri   direttivi   relativi   sono   fissati   con   specifiche
 disposizioni,   che   prevedono   anche   la   necessaria   copertura
 finanziaria.   La legge  n.  216  del  1992  ha,  cosi',  un  duplice
 contenuto,  con  diversa  natura  ed  autonomia:  l'uno  (art. 1), di
 conversione del D.L. 7 gennaio  1992,  n.  5  "con  le  modificazioni
 riportate  in  allegato alla legge", adottato in base alla previsione
 dell'art. 77, terzo comma,  della  Costituzione  (ivi  disponendo  la
 perequazione  del  trattamento  economico dei sottufficiali dell'Arma
 dei carabinieri a seguito della sentenza della Corte cost. n. 277 del
 1991, ricomprendendo, peraltro,  anche  le  corrispondenti  posizioni
 delle  altre  Forze di polizia, che erano state mantenute al di fuori
 dell'oggetto della pronuncia della Corte); l'altro (artt. 2 e 3),  di
 legge  di  delega,  ai  sensi dell'art. 76 della Costituzione, di tal
 guisa  avviando  le  successive  fasi  dirette  ad  una  ulteriore  e
 sostanziale   omogeneizzazione,  con  il  conferimento  della  detta,
 duplice,  delega,  differenziata  per  fonte,  oggetto,   proponenti,
 principi direttivi e criteri di delega.
   La  prima  delega e' stata esercitata con il d.lgs. 12 maggio 1995,
 n. 195, che richiama anche la legge 29  aprile  1995,  n.  130.    La
 seconda  delega, prevista, come si e' detto, nell'art. 3 della citata
 legge n. 216 del 1992, e'  stata  esercitata,  tra  l'altro,  con  il
 d.lgs.   12   maggio   1995,   n.   196   (denunciato,   quanto  alla
 costituzionalita' del suo art. 34, dai ricorrenti) e  col  d.lgs.  12
 maggio  1995,  n.    198, che, riguardando il personale dell'Arma dei
 carabinieri, viene  assunto  dai  ricorrenti  stessi.  quale  tertium
 comparationis  della  dedotta  discriminazione retributiva e di stato
 giuridico.
   La delega di cui all'art. 3, ha osservato la  Corte  costituzionale
 (sent. n. 63 del 1998), prevedeva tutte le necessarie modifiche degli
 ordinamenti  per il riordino delle carriere, delle attribuzioni e dei
 trattamenti  economici,  allo  scopo  di  conseguire  una  disciplina
 omogenea,  si  noti,  con  riguardo ad una vasta gamma di ordinamenti
 comprendenti Forze di polizia e Forze armate.
   E  le  variazioni  dell'assetto   organizzatorio   della   pubblica
 amministrazione,   che   dal  plurimo  esercizio  della  delega  sono
 scaturite, si inseriscono, ha proseguito  la  Corte,  in  un  disegno
 dichiarato  di  politica normativa tendente alla razionalizzazione ed
 alla omogeneizzazione di  situazioni  di  ordinamenti,  quali  quelli
 delle  Forze di polizia o delle Forze armate, che, in una valutazione
 politica  dello  stesso  legislatore  (certamente   non   palesemente
 arbitraria   o   manifestamente   irragionevole),   dovevano   essere
 ricondotte  ad  effettivo  equilibrio  di  trattamenti  normativi  ed
 economici,    evitando   alterazioni   settoriali   e   rincorse   di
 rivendicazioni (v. anche Corte cost., sent. n.  65  del  1997).    Le
 esigenze  (di  notevole rilievo, secondo l'apprezzamento dello stesso
 legislatore) di equilibrio di interi settori di Polizia  e  di  Forze
 armate)  hanno  portato,  con  i citati decreti legislativi (dopo che
 gia' con il d.-l. 4 dicembre 1992, n. 469, convertito nella  legge  2
 febbraio  1993,  n.  23, i miglioramenti economici, gia' in godimento
 dei  sottufficiali  dell'Arma  dei  Carabinieri   e   del   personale
 corrispondente  della Polizia di Stato, venivano attribuiti in favore
 dei  sottufficiali  delle  Forze   Armate),   al   ripristino   della
 equiparazione  giuridica,  consolidata  nel  tempo, tra sottufficiali
 delle Forze armate e sottufficiali dell'Arma dei Carabinieri.
   Senza abbandonare, cosi', il principio, ormai pacifico, secondo  il
 quale  l'assetto dei dipendenti civili dello Stato (cui anche i nuovi
 ordinamenti delle Forze di polizia  e  delle  Forze  Armate  sembrano
 uniformarsi),  a  partire  dalla  legge  11  luglio  1980, n. 312, si
 suddivide in qualifiche, caratterizzate dal tipo di funzioni  che  le
 contraddistinguono  (in  attuazione  del canone, ritenuto in generale
 consono   all'art.      36   della   Costituzione,   di   tendenziale
 corrispondenza   del   trattamento  economico  al  tipo  di  funzioni
 esercitate, in base al criterio funzionale:   v.  Corte  cost.,  3-12
 giugno  1991,  n.  277),  lo status del personale non direttivo delle
 Forze Armate e quello del personale non  direttivo  e  non  dirigente
 dell'Arma   dei   Carabinieri   e'   stato  individuato  nel  "grado"
 (all'interno del rispettivo "ruolo"):  v.,  per  il  personale  delle
 Forze  Armate,  artt.  2,  3  e  4  d.lgs.  n. 196/1995 e, per quello
 dell'Arma dei Carabinieri, artt. 2 e 12 d.lgs n. 198/1995.
   La posizione di sostanziale,  tradizionale,  uguaglianza  dell'Arma
 dei   carabinieri   con   le   altre  Armi  dell'Esercito  (salvo  il
 sostanziale,  diverso,  contenuto  dei  suoi  compiti  di  ordine   e
 sicurezza  pubblica), poi, e' stata ribadita, nei decreti legislativi
 all'esame, sotto vari aspetti e profili:
     all'art. 12 del d.lgs. n. 196, prevedendo "la corrispondenza  dei
 gradi  nei  rispettivi ruoli del personale di cui al presente decreto
 legislativo con i gradi  ed  i  ruoli  del  personale  dell'Arma  dei
 carabinieri" (secondo le tabelle "A1" ed "A2", allegate al decreto);
     all'art.   31,  comma  1  (ed  alla  corrispondente  tabella  "D"
 allegata), del d.lgs. n.  196  ed  all'art.  54,  comma  2  (ed  alla
 corrispondente  tabella "F", allegata al decreto), del d.lgs. n. 198,
 ove il trattamento economico  stipendiale  e'  attribuito  correlando
 ciascun  grado  ad un livello, cosicche' risulta evidente che, tenuto
 conto della corrispondenza dei gradi di cui si e' detto, a parita' di
 grado (tra Forze Armate e Carabinieri) risulta una parita' di livello
 (e dunque di trattamento economico stipendiale),  nonche'  di  scatti
 aggiuntivi  gerarchici  (salva  l'indennita'  pensionabile  di cui al
 terzo comma dell'art. 43 della legge 1 aprile 1981, n. 121,  prevista
 per   i  soli  carabinieri,  in  quanto  correlata  ai  compiti  loro
 attribuiti di tutela dell'ordine e della sicurezza pubblica);
     all'art. 14 (ed alle corrispondenti tabelle "B/1", "B/2" e "B/3")
 del d.lgs. n. 196 ed agli artt.  31  e  32  (ed  alle  corrispondenti
 tabelle  "B",  "C/1"  e "C/2") del d.lgs. n. 198, ove, sempre tenendo
 conto della disegnata corrispondenza tra i gradi, viene  divisato  un
 sistema  di  avanzamento  da  un  grado  all'altro, all'interno dello
 stesso ruolo, del tutto identico per il personale delle Forze  Armate
 e  per  quello  dell'Arma  dei  Carabinieri:  sia  quanto  a forme di
 avanzamento, sia quanto a requisiti (o periodi minimi  di  permanenza
 nel grado).
   Con  le  sopra  riportate  norme  sembra,  dunque,  essersi  voluto
 ricondurre ad armonia (essendosi verificata, nell'arco  degli  ultimi
 tre   lustri,   per   effetti   indotti   dalla   introduzione  della
 contrattazione collettiva e dalle connesse spinte  particolaristiche,
 una  lesione  del  principio,  consolidato  nel  tempo,  e quindi non
 eliminabile ad arbitrio, della uniformita' del trattamento  economico
 tra  i  vari gradi dell'Esercito) i trattamenti retributivi (salva la
 possibilita'   di   attribuire   voci   retributive   od   indennita'
 particolari)   ed  ordinamentali  delle  forze  di  polizia  (ed,  in
 particolare, dei carabinieri) e delle Forze Armate  (con  particolare
 riguardo all'esercito, del quale l'Arma dei Carabinieri pur sempre fa
 parte)  e  cio'  in  perfetta  attuazione sia dello scopo fissato nel
 conferimento  della  delega  (quello,  cioe',   di   conseguire   una
 disciplina   omogenea   di   carriere,   attribuzioni  e  trattamento
 economico),    sia    del    principio,    conforme    ad    esigenze
 costituzionalmente  rilevanti,  di  garanzia e proporzionalita' della
 retribuzione tra coloro che appartengono alla stessa  amministrazione
 (ch'e'  quella  della  difesa),  sono  chiamati  a svolgere le stesse
 mansioni (pur nella giusta valorizzazione delle specificita', con  il
 sistema  del  trattamento  integrativo  ed  accessorio), sono assunti
 sulla base dei medesimi sistemi concorsuali e  progrediscono  secondo
 una  identica carriera.   La veduta omogeneizzazione delle situazioni
 ordinamentali e  dei  trattamenti  economici  non  appare,  tuttavia,
 completa, nel disegno offerto dal legislatore delegato.
   In   sede   di  regime  transitorio,  la  equiparazione  tra  gradi
 (corrispondenti) delle Forze Armate e dell'Arma dei  Carabinieri  non
 viene  garantita:   l'art. 34 del d.lgs. n. 196/1995, inserito com'e'
 nel Capo VII (dedicato,  appunto,  alle  "norme  transitorie"  detta,
 infatti,   norme  per  l'inquadramento  nel  ruolo  dei  marescialli,
 prescrivendo, per quanto qui piu' specificamente interessa:
     (comma 1) "I sottufficiali, in servizio alla data del 1 settembre
 1995, sono inquadrati in ordine di ruolo, mantenendo l'anzianita'  di
 servizio  posseduta  e  l'anzianita'  di  grado maturata nel grado di
 provenienza, nei seguenti gradi del ruolo dei marescialli:
     a)  nel  grado  di  aiutante,  i  marescialli  maggiori  o  gradi
 corrispondenti,  compresi  quelli  con  qualifica  di "aiutante" o di
 "scelto", nonche' i marescialli capi e gradi corrispondenti utilmente
 inseriti nei quadri d'avanzamento formati entro la data del 31 agosto
 1995;
     b) nel grado  di  maresciallo  capo  e  gradi  corrispondenti,  i
 marescialli   capi,   nonche'   i   marescialli   ordinari   e  gradi
 corrispondenti inseriti nei quadri  d'avanzamento  formati  entro  la
 data del 31 agosto 1995;
     c)  nel  grado di maresciallo ordinario e gradi corrispondenti, i
 marescialli  ordinari,  nonche'   i   sergenti   maggiori   e   gradi
 corrispondenti  utilmente  inseriti  nei quadri d'avanzamento formati
 entro la data del 31 agosto 1995";
     (comma 3) "I marescialli capi e i sergenti maggiori, iscritti  ai
 quadri  d'avanzamento ordinari e straordinari relativi agli anni 1994
 e 1995 ma non promossi, sono inquadrati, rispettivamente,  nei  gradi
 di  aiutante e di maresciallo ordinario corrispondenti con decorrenza
 31 agosto 1995, prendendo posto nel ruolo dopo l'ultimo promosso  dei
 quadri ordinari e straordinari".
   Tali   norme   transitorie,   dettate   per   l'inquadramento   dei
 sottufficiali delle Forze Armate, trovano corrispondenza, nell'ambito
 delle  norme  previste  nel  d.lgs.  n.  198/1995  per  il  personale
 dell'Arma dei Carabinieri:
     nell'art.  46,  comma  1:  "Il  personale  appartenente  al ruolo
 sottufficiali, comunque in servizio alla data del 1  settembre  1995,
 e'  inquadrato,  mantenendo  l'anzianita'  di  servizio  e  di  grado
 maturato, nei seguenti gradi del ruolo ispettori:
     a) nel grado di maresciallo aiutante sostituto ufficiale di P.S.,
 i sottufficiali che,  alla  predetta  data,  rivestono  il  grado  di
 maresciallo  maggiore,  compresi quelli con qualifica di "aiutante" e
 "carica speciale", nonche' i marescialli capi utilmente iscritti,  ai
 fini  della  promozione di grado superiore, nei quadri di avanzamento
 formati alla suddetta data, ai sensi della legge 10 maggio  1983,  n.
 212;
     b)  nel  grado  di  maresciallo  capo,  i sottufficiali che, alla
 predetta  data,  rivestono  il  grado  di  maresciallo  capo   e   di
 maresciallo  ordinario,  nonche'  i  brigadieri utilmente iscritti ai
 fini della promozione al grado superiore, nei quadri  di  avanzamento
 formati  alla  suddetta data, ai sensi della legge 10 maggio 1983, n.
 212;
     c) nel grado di maresciallo ordinario, i sottufficiali che,  alla
 predetta   data,   rivestono   il  grado  di  brigadiere,  nonche'  i
 vicebrigadieri utilmente iscritti, ai fini della promozione al  grado
 superiore  nei  quadri  di avanzamento formati alla suddetta data, ai
 sensi della legge 10 maggio 1983 n. 212;
     d) nel grado di maresciallo, i vicebrigadieri";
     art. 49, comma 2: "Alla  stessa  data  i  marescialli  capi  e  i
 brigadieri gia' valutati, giudicati idonei, iscritti in quadro ma non
 promossi  perche'  non  compresi  nel primo terzo o nella prima meta'
 delle  rispettive  aliquote,  sono  inquadrati,  a  decorrere  dal  1
 settembre  1995,  nel  ruolo  degli  ispettori rispettivamente con il
 grado di maresciallo aiutante S.U.P.S. e  maresciallo  capo,  secondo
 l'ordine  del  ruolo  di  provenienza,  previo  giudizio di idoneita'
 espresso dalla Commissione di avanzamento di cui  all'art.  31  della
 legge 10 maggio 1983, n.  212".
   Orbene,  una  lettura  comparata  delle  norme  appena riportate fa
 risaltare evidenti differenze, derivanti dalla sola appartenenza alle
 Forze   Armate    piuttosto    che    all'Arma    dei    Carabinieri,
 nell'inquadramento  previsto per personale di pari grado (in forza di
 corrispondenza  dichiarata  ex  lege),   a   tutto   detrimento   dei
 sottufficiali  delle  Forze  armate:  mentre  i  marescialli ordinari
 dell'esercito (per restare all'arma ed al caso  che  qui  ne  occupa)
 sono inquadrati nel grado di maresciallo ordinario (art. 34, comma 1,
 lett.  c)  del  d.lgs.  n.   196/1995), i loro omologhi dell'Arma dei
 carabinieri sono inquadrati nel grado di maresciallo capo  (art.  46,
 comma  1,  lett.  b)  del  d.lgs.    n.  198/1995); mentre, ancora, i
 sergenti maggiori dell'esercito, iscritti ai  quadri  di  avanzamento
 ordinari  e  straordinari  relativi  agli  anni  1994  e  1995 ma non
 promossi, sono inquadrati nel grado di  maresciallo  ordinario  (art.
 34,  comma 3, del d.lgs. n. 196/1995), i loro corrispondenti colleghi
 dell'Arma dei carabinieri sono inquadrati nel  grado  di  maresciallo
 capo (art 49, comma 2 del d.lgs. n. 198/1995).
   Tutto  cio'  premesso,  la  dedotta  questione di costituzionalita'
 riguarda, appunto, le norme da ultimo citate del d.lgs. n.  196/1995:
 l'art.  34.  comma  1,  lettera  c)  e  l'art. 34, comma 3, dei quali
 l'Amministrazione ha fatto applicazione  a  fini  dell'inquadramento,
 rispettivamente,  dei  ricorrenti  gia'  maresciali  ordinari  e  dei
 ricorrenti   gia'   sergenti   maggiori   in   servizio    permanente
 dell'Esercito, iscritti nei quadri di avanzamento.
   La  questione  appare di decisiva rilevanza ai fini della decisione
 giurisdizionale richiesta dalle parti a questo  giudice,  atteso  che
 solo  l'eventuale,  invocata  declaratoria di incostituzionalita' del
 norme predette  (sulla  cui  corretta  applicazione  da  parte  della
 amministrazione  intimata  non  si  controverte),  con sentenza ad un
 tempo cassatoria ed additiva della Corte (cfr. Corte cost., sent.  n.
 248     del     1989),     che    dichiari    l'applicabilita',    ai
 sottufficialidell'Esercito e delle altre Forze  Armate,  delle  norme
 transitorie  di  inquadramento dettate per i pari grado dell'Arma dei
 Carabinieri, determinerebbe, una  volta  eliminato  l'ostacolo  delle
 censurate norme del d.lgs. n. 196 (sulla base delle quali, si ripete,
 sono  stati  effettuati  gli  impugnati  inquadramenti), un esito del
 giudizio pienamente favorevole ai ricorrenti, con  il  riconoscimento
 del   loro   (preteso)   diritto   a   vedersi   inquadrati  (con  il
 corrispondente  trattamento  economico)  sulla  base  delle  suddette
 disposizioni riguardanti l'Arma dei Carabinieri.
   Superato  positivamente  l'esame  preliminare  di  ammissibilita' e
 rilevanza della proposta eccezione di  illegittimita'  costituzionale
 (quanto,  si precisa, all'art. 34, comma 1, lettera c), e commi 2, 3,
 4, 5, 6 e 7, del d.lgs. n. 196 del 1995), occorre, ora, accertarne il
 carattere di non manifesta infondatezza.
   Osserva, al riguardo, il Collegio di non poter  considerare,  prima
 facie,   infondata   la   dedotta   questione  di  costituzionalita',
 sussistendo un ragionevole dubbio sulla conformita' di tali norme con
 l'art.  3 della Costituzione e coi principi di ragionevolezza e buona
 amministrazione, nella misura in cui esse  non  stabiliscono,  per  i
 sottufficali   delle   Forze   armate,   precetti   di  inquadramento
 transitorio (del personale in servizio  alla  data  del  1  settembre
 1995)  analoghi a quelli applicabili, ai sensi del d.lgs. n. 198/1995
 ai sottufficiali dell'Arma dei Carabinieri.
   Appare, in proposito, evidente che, pur nell'innegabile ampiezza di
 interventi sugli ordinamenti previsti dalla legge di delega (art.   3
 della  legge  n.  216  del 1992: si noti, non investita da censure di
 incostituzionalita' dai ricorrenti, ne' d'ufficio, da questo giudice)
 - allo scopo di conseguire una disciplina "omogenea" e di raggiungere
 una "equiordinazione" di compiti e connessi trattamenti  economici  -
 per  il riordino delle carriere, delle attribuzioni e dei trattamenti
 economici, con previsione espressa della revisione di ruoli, gradi  e
 qualifiche  (v.  Corte  cost., ord. n. 189 del 13-25 maggio 1999), il
 decreto delegato in esame n. 196  del  1995)  disegna,  tuttavia,  un
 sistema  transitorio  di  primo inquadramento dei sottufficiali delle
 forze armate del tutto disomogeneo  e  deteriore  rispetto  a  quello
 stabilito  per  il personale corrispondente dell'Arma dei Carabinieri
 (agli artt. 46 e 49 del d.lgs. n. 198/1995), che non pare sorretto da
 valide  ed  univoche   ragioni   sostanziali,   giungendo   anzi   ad
 ingiustificate  distorsioni rispetto alla normativa prevista a regime
 per l'inquadramento e  le  forme  di  avanzamento  dei  sottufficiali
 stessi; normativa che, nella disciplina recata dalle tabelle allegate
 ai due decreti delegati in considerazione, appare del tutto similare,
 quanto  alle  forme di avanzamento ed ai periodi minimi di permanenza
 nel grado.
   Ne'  la  differenza  di  inquadramento di cui si tratta (cosi' come
 quella di trattamento economico, alla prima conseguente)  pare  poter
 trovare  una  sua  giustificazione  logica  e  razionale  nella tesi,
 secondo la quale, in relazione alle mansioni in concreto svolte dalle
 due categorie di dipendenti poste a raffronto - ed,  in  particolare,
 alla  gravosita'  ed  al  pericolo,  propri  dei  compiti  d'istituto
 dell'Arma dei Carabinieri; insiti nella lotta a  terrorismo  ed  alla
 delinquenza  organizzata - non sarebbe configurabile quella identita'
 di situazioni oggettive  e  soggettive,  che,    in  presenza  di  un
 trattamento  viceversa  differenziato,  comporterebbe  violazione del
 principio di uguaglianza
  (v. Corte cost., 12 aprile 1990, n. 191).
   Il Collegio non puo', infatti, nascondersi che la ragionevolezza  e
 la  conformita'  al  principio  di  uguaglianza  del  sistema  di cui
 trattasi  entrano  in  crisi  proprio  perche'  il  (pur   legittimo)
 raffronto   di  cui  trattasi  resterebbe  limitato  alla  sola  fase
 dell'inquadramento transitorio in discussione.
   L'intero  sistema  disegnato  dal  legislatore  delegato  (con   la
 fissazione  di  una  corrispondenza dei gradi delle diverse Armi, con
 l'inserimento dei  gradi  dichiarati  corrispondenti  in  uno  stesso
 livello  retributivo, con l'indicazione di un percorso di carriera in
 tutto simile per i  gradi  corrispondenti  delle  diverse  Armi,  ivi
 compresa l'Arma dei Carabinieri) appare, invero, chiaramente volto ad
 escludere,  piuttosto che ad esaltare le differenze tra sottufficiali
 di pari grado ed anzianita' dell'esercito (non  facenti  parte  delle
 "forze di polizia") e sottufficiali dei carabinieri (ricompresi dalla
 legge tra le forze di polizia, che, come e' noto, svolgono prevalenti
 compiti di tutela dell'ordine e della sicurezza pubblica).
   Una  posizione  di  sostanziale  uguaglianza tra le varie armi (non
 fosse per le dissonanti disposizioni qui denunciate), il legislatore,
 col quadro normativo  sopra  precisato,  pare  indubitabilmente  aver
 perseguito, dando cosi' minor rilevanza che in un recente passato (ma
 cio'  rientra  nella  discrezionalita'  legislativa,  fermo il limite
 generale, per ogni intervento normativo, della  ragionevolezza,  come
 svolgimento   dell'art.  3  della  Costituzione),  ai  fini  che  qui
 interessano, alla specificita' delle attivita' che siano richieste ai
 dipendenti  pubblici  per  la  difesa  della  nazione  e  dell'ordine
 pubblico,  a  quelle  specificita'  cioe', che avevano consentito, in
 virtu' del quinto comma dell'art. 2 della legge n. 34  del  1984,  la
 estensione  del trattamento economico previsto per il personale della
 polizia  di  Stato  agli  ufficiali  e  sottufficiali  facenti  parte
 dell'Arma  dei  Carabinieri (ma non a quelli dell'Esercito, ne' delle
 altre armi).
   A questo punto viene meno ogni  possibile  presupposto,  sul  quale
 possa  poggiare la tesi della conformita' ai princi'pi costituzionali
 della normativa in questione, poiche' se tali  specificita'  appaiono
 venute  meno  nell'intero,  coordinato, corpus legislativo costituito
 dai decreti legislativi  in  argomento  (se  si  esclude,  come  gia'
 rilevato,    la   valorizzazione   dell'istituto   della   indennita'
 pensionabile attribuita alle forze di polizia,  del  resto  in  piena
 coerenza  con il quadro complessivo tracciato), non si comprende come
 e perche' le stesse possano o  debbano  sorreggere  le  differenziate
 scelte  effettuate dal legislatore delegato in tema di inquadramento,
 nel regime transitorio, dei sottufficiali in servizio.
   Pare,  in  definitiva,  molto  arduo  riconoscere la ratio del piu'
 favorevole regime di inquadramento  riservato  ai  sottufficiali  dei
 Carabinieri  nella  loro  attivita'  di  lotta  ai terrorismo ed alla
 criminalita' organizzata e, piu' in generaie, di  difesa  dell'ordine
 pubblico.
   Oltretutto,    l'anzidetta,    diversificata,    disciplina   degli
 inquadramenti dei sottufficiali delle Forze Armate in  servizio  alla
 data  del  1  settembre  1995  (rispetto  a  quella  introdotta per i
 sottufficiali dei  carabinieri)  non  trova  giustificazioni  nemmeno
 (come  pur  si  potrebbe  legittimamente  ipotizzare,  trattandosi di
 inquadramento di personale in  servizio)  in  differenze  sostanziali
 rinvenibili  nell'ordinamento  precedente, tali da provocare riflessi
 sostanziali   (derivanti   dalle   diverse,   pregresse,   forme   di
 progressione nelle qualifiche e nei gradi) in sede di adeguamento dei
 moduli ordinamentali stessi.
   Anteriormente  alla  entrata  in  vigore  del d.lgs. n. 196/1995 in
 argomento, infatti, la corrispondenza  dei  gradi  dei  sottufficiali
 delle varie armi si rinveniva all'art. 25 della legge 10 maggio 1983,
 n.  212 (ed alla tabella "A" allegata alla legge), cosi' come la c.d.
 inclusione nelle aliquote di  valutazione,  per  la  progressione  in
 carriera,  era recata dagli artt. 27 e 29 della stessa legge n. 212 e
 dalle tabelle "B/1", "B/2", "B/3", "B/4" e "C", pure allegate.
   Orbene, nessuna apprezzabile differenza in tali superati meccanismi
 (per effetto della abrogazione di norme di cui all'art. 40 del d.lgs.
 n. 196/1995) e' rinvenibile fra le varie armi delle Forze  Armate  da
 un lato e quella dei carabinieri dall'altro.
   Soltanto,  i  vice  brigadieri  dei  CC. (corrispondenti, tanto nel
 vecchio che nel nuovo ordinamento, ai sergenti dell'esercito e  delle
 altre  armi) conseguivano la promozione a brigadieri (corrispondenti,
 nel vecchio e nel nuovo ordinamento al grado  di  sergente  maggiore)
 per  anzianita'  (invece  che per concorso, come era prescritto per i
 sergenti) e dopo un anno e sei mesi di permanenza nel  grado  (invece
 che dopo 2 anni e 6 mesi).
   Ma   una   tale   differenza   di  carriera  (annullata  nel  nuovo
 ordinamento),  nel  passaggio  dal  grado  iniziale  del  ruolo   dei
 sottufficiali  a  quello  immediatamente  superiore, non pare affatto
 poter giustificare di per  se'  l'intero,  massiccio,  meccanismo  di
 promozioni  messo  in  piedi  dalle  norme  che  ne  occupano  per  i
 sottufficiali dei carabinieri  in  sede  di  primo  inquadramento  ex
 d.lgs.  n.  198/1995  e  non, invece, per i sottufficiali delle altre
 armi, ad opera dei decreti attuativi della legge  n.  216  del  1992;
 potendo,  anzi,  costituire;  un  ipotetico, ma pur sempre necessario
 raffronto tra la carriera dei sottuffica1i dell'esercito e quella dei
 pari  grado  dell'Arma  dei   Carabinieri,   elemento   di   "favore"
 (nell'ambito    dell'effettivo,    perseguito,   riequilibrio   della
 disciplina,  che   presuppone   la   eliminazione   di   preesistenti
 differenze)  per il personale dell'esercito il fatto che il pregresso
 meccanismo di progressione (che,  per  il  passaggio  da  sergente  a
 sergente  maggiore,  prevedeva  l'avanzamento per concorso, piuttosto
 che per  mera  anzianita')  fosse  caratterizzato  da  meccanismi  di
 selezione   e   valutazione   assenti,   almeno  in  tale  fase,  nel
 corrispondente ordinamento dei carabinieri.
   Se,  dunque,  il  principio  di  uguaglianza esprime un giudizio di
 relazione, che impone il trattamento identico di situazioni uguali e,
 viceversa, il trattamento differenziato di situazioni  fra  loro  non
 del tutto corrispondenti (v. Corte cost., n. 183 del 1997 e nn.  89 e
 386 del 1996), appare chiara, nella disciplina dell'inquadramento dei
 sottufficiali  di  cui  alle  norme  transito'rie  in discussione, la
 operata disparita' di trattamento tra soggetti (gli uni dell'esercito
 o delle altre armi  e  gli  altri  dell'Arma  dei  Carabinieri)  gia'
 iscritti  nello  stesso  ruolo,  in  possesso dello stesso grado (per
 "corrispondenza" stabilita dal legislatore stesso) ed  incaricati  di
 espletare  funzioni,  che, se non identiche, sono state (e gia' erano
 precedentemente) comunque dal legislatore stesso ritenute equivalenti
 nel dettare la disciplina a regime delle carriere di cui  si  tratta;
 disparita',  che  crea  discrasie  e differenze gravi, nel momento in
 cui, all'esito della operazione di inquadramento, i detti soggetti si
 vedono attribuiti gradi e vengono a collocarsi in livelli retributivi
 irragionevolmente differenziati (a parita' di posizione di  partenza)
 a tutto ed esclusivo vantaggio dei sottufficiali dei carabinieri.
   Questa  operazione  meramente  meccanica  di rapida progressione di
 carriera, riservata al solo personale dell'Arma  dei  Carabinieri  in
 sede   dell'inquadramento   del   personale  in  servizio  alla  data
 dell'inquadramento di cui alle norme transito'rie in  esame,  appare,
 poi, poco ragionevole, in quanto effettuata nel momento stesso in cui
 con  il  complesso  dei  decreti legislativi attuativi della legge n.
 216, si crea senza dubbio una disciplina omogenea di  riordino  delle
 carriere,  caratterizzata  dall'identico,  ordinato,  dispiegarsi, in
 tutte le armi, di posizioni dal legislatore stesso identificate  come
 corrispondenti.
   Le   denunciate  norme,  cosi',  appaiono  anche  porsi  in  palese
 violazione  del  principio   di   buon   andamento   della   pubblica
 amministrazione,   di   cui  all'art.  97  della  Costituzione,  come
 costantemente interpretato dalla Corte costituzionale e, cioe',  come
 un  criterio  di  congruenza e di non arbitrarieta', della disciplina
 posta in essere in relazione al  fine  che  si  vuol  perseguire  (v.
 sentt. n. 10 del 1980 e n. 331 del 1988).
   La   contraddittorieta'  tra  le  scelte  operate  dal  legislatore
 all'interno dello stesso corpus  normativo  ed  in  attuazione  della
 medesima  norma  di delega (laddove, dopo aver dettato una disciplina
 ordinamentale del personale delle Forze armate e di quello  dell'Arma
 dei   Carabinieri   sostanzialmente,   a  regi'me,  omogenea,  cotale
 omogeneita' il legislatore stesso poi contrasta  e  snatura),  lungi,
 poi,  dal  tendere  alla  ottimizzazione  organizzativa  della stessa
 pubblica amministrazione (in  modo  tale  da  poter  soddisfare  agli
 interessi  pubblici  nel migliore dei modi), finisce con lo svilire e
 disconoscere situazioni sostanzialmente  espressione  della  medesima
 capacita'  professionale in capo ai singoli funzionari (capacita' che
 pure i decreti medesimi mostrano di valutare, in sede di  definizione
 dell'ordinamento   di  regi'me,  ai  fini  della  attribuzione  delle
 qualifiche  dell'ordinamento  del  personale   delle   Forze   armate
 complessivamente  intese,  in  misura  eguale) e che, tanto a fini di
 eguaglianza sostanziale (rispetto della parita' delle  posizioni  dei
 dipendenti  da  inquadrare),  quanto a fini di massima valorizzazione
 delle professionalita' possedute dai militari in  servizio  (che  non
 puo'     non    considerarsi    incidente    sul    buon    andamento
 dell'amministrazione), possono concretamente emergere  ed  affermarsi
 solo   con   l'apprestamento  di  strumenti  congrui,  adeguati,  non
 distorsivi, in una parola uniformi, di inquadramento (perche'  se  e'
 vero  che,  come  ha  ritenuto  il  giudice delle leggi con l'ord. n.
 151/1999 cit., non si  puo'  ravvisare  lesione  dell'art.  97  della
 Costituzione   per   il   fatto   che  siano  intervenute  variazioni
 dell'assetto organizzatorio della pubblica amministrazione,  che  non
 sono  di per se' indice di peggioramento allorche' siano accompagnate
 da minori accrescimenti di posizioni economiche o di  svolgimento  di
 carriera  di  singoli  o  di gruppi di dipendenti, e' pur vero che le
 variazioni devono pur sempre inserirsi  in  un  disegno  coerente  di
 politica   normativa  ed  in  scelte  non  palesemente  arbitrarie  e
 manifestamente irragionevoli; il che, per le ragioni sopra ampiamente
 illustrate, non pare di poter affermare  con  riguardo  alle  patenti
 alterazioni dell'equilibrio ordinamentale, qui rilevate).
   La  prospettata  diversita' di trattamento non appare, soprattutto,
 sorretta da una ragionevole  giustificazione,  si'  che  le  relative
 norme   paiono   piuttosto   riconducibili  ad  una  ipotesi  di  uso
 manifestamente irrazionale del potere legislativo: in buona sostanza,
 sembra con cio' inciso il limite della ragionevolezza, che  rende  la
 relativa     questione     prospettabile     quale    incidente    di
 incostituzionalita'.   Le  differenze  retributive,  infine,  che  le
 impugnate  norme  causano  quale effetto distorsivo del diversificato
 reinquadramento  di  soggetti  appartenenti   allo   stesso   livello
 retributivo,  rendono  anche  apprezzabile la violazione dell'art. 36
 della Costituzione, in quanto gli inquadramenti  stessi,  comportando
 alterazioni   alla   omogeneita'  della  disciplina  e  dei  connessi
 trattamenti economici, si appalesano in contrasto con il principio di
 proporzionalita' e di adeguatezza retributiva,  ivi  statuito.    Per
 quanto  sopra  esposto,  il  collegio  considera  non  manifestamente
 infondata la eccezione di incostituzionalita' delle  disposizioni  di
 legge   suindicate  e,  conseguentemente,  ritiene  che  la  indicata
 questione, nei termini e nei limiti  sopra  delineati,  debba  essere
 rimessa all'esame della stessa Corte, in relazione agli artt. 3, 36 e
 97 della Costituzione.