ha pronunciato la seguente


                              Sentenza

nel  giudizio  di  legittimita'  costituzionale dell'art. 56, secondo
comma,  del  regio  decreto  16 marzo  1942,  n. 267  (Disciplina del
fallimento,    del    concordato   preventivo,   dell'amministrazione
controllata e della liquidazione coatta amministrativa), promosso con
ordinanza  emessa  il  28  giugno  1999  dal  tribunale di Milano nel
procedimento civile vertente tra il fallimento Sales Promotion S.r.l.
e  la  Rusconi  Pubblicita'  S.p.a.  ed altra, iscritta al n. 532 del
registro  ordinanze  1999 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della
Repubblica n. 41, 1a serie speciale, dell'anno 1999.
    Visto  l'atto  di  intervento  del  Presidente  del Consiglio dei
Ministri;
    Udito  nella  camera  di  consiglio  del 5 luglio 2000 il giudice
relatore Cesare Ruperto.

                          Ritenuto in fatto

    1.  - Nel corso di un giudizio promosso dal curatore fallimentare
per  ottenere  la  condanna  di  un debitore al pagamento del credito
vantato  nei  confronti  di quest'ultimo dal fallito, il tribunale di
Milano  in  composizione  monocratica  -  di fronte all'eccezione del
debitore  convenuto  di  compensazione  di  tale  credito  con quello
contrapposto,  gia'  scaduto,  a  lui  ceduto  da  un terzo nell'anno
anteriore  alla  dichiarazione  di  fallimento  -  ha  sollevato,  in
riferimento  all'art. 3 della Costituzione, questione di legittimita'
costituzionale   dell'art. 56,   secondo  comma,  del  regio  decreto
16 marzo  1942,  n. 267  (Disciplina  del  fallimento, del concordato
preventivo,  dell'amministrazione  controllata  e  della liquidazione
coatta  amministrativa),  nella  parte  in  cui  non  prevede  che la
compensazione  non  abbia  luogo  se  il  creditore  ha acquistato il
credito per atto tra vivi nell'anno anteriore al fallimento, anche se
il credito e' scaduto.
    Il  rimettente  -  richiamata  la  giurisprudenza  della Corte di
cassazione  sulla  non  revocabilita' ai sensi dell'art. 67 del regio
decreto  n. 267  del  1942  di una siffatta cessione del credito, non
essendo  quest'ultima un atto del fallito - ritiene che il differente
trattamento normativo previsto nel caso di acquisto per atto tra vivi
di  un  credito  scaduto  (nel  quale  la  compensazione  e' ammessa)
rispetto   a   quello  di  un  credito  non  scaduto  (nel  quale  la
compensazione   e'  vietata)  non  sia  giustificabile  alla  stregua
dell'evocato   parametro   costituzionale,  perche',  secondo  quanto
denunciato  anche  dalla prevalente dottrina, la ratio del divieto di
compensazione  mediante  un credito non scaduto - cioe' l'esigenza di
non  violare  il  principio  del concorso sostanziale dei creditori -
varrebbe   ugualmente   nel   caso   di  credito  scaduto  e  perche'
sussisterebbe  altresi',  anche  in  tale  ipotesi,  il  pericolo  di
favorire  lo sviluppo di un mercato dei crediti vantati nei confronti
dell'imprenditore insolvente.
    Sempre  secondo  il  rimettente,  la diversita' di disciplina non
potrebbe  giustificarsi  in  base  alla  considerazione che l'effetto
estintivo   della   compensazione   si  verifica  nel  momento  della
coesistenza  dei  contrapposti  crediti,  e  dunque  gia'  prima  del
fallimento  per  i  debiti  scaduti;  in contrario, nell'ordinanza di
rimessione,  si  osserva che "questa conclusione non vale ai fini del
concorso,  in  quanto  rispetto alla massa dei creditori l'estinzione
del credito del fallito presuppone che sia avvenuta efficacemente".
    Il   giudice   a   quo   nega,   infine,   la   possibilita'   di
un'interpretazione    secundum    Constitutionem   della   denunciata
disposizione,  perche'  all'esclusione  del  meccanismo  compensativo
rispetto  ai  crediti,  acquistati per atto inter vivos, gia' scaduti
(prevista,   ad  esempio,  negli  ordinamenti  tedesco,  austriaco  e
svizzero),  non  puo' pervenirsi in via di interpretazione analogica,
ostandovi il chiaro dettato della disposizione denunciata.
    2.  -  E'  intervenuto  il Presidente del Consiglio dei Ministri,
rappresentato   e   difeso   dall'Avvocatura  generale  dello  Stato,
chiedendo   la  declaratoria  di  inammissibilita'  o,  comunque,  di
infondatezza  della sollevata questione ed osservando, con successiva
memoria  presentata nell'imminenza dell'udienza, che la compensazione
opera  gia'  prima  della  dichiarazione  di  fallimento,  secondo  i
principi generali dell'estinzione delle obbligazioni, senza che possa
lamentarsi  la  violazione  della  par  condicio creditorum principio
residuale, ed in ogni caso "di per se' inidoneo a fondare diritti non
previsti da norme specifiche".

                       Considerato in diritto

    1.  - Il tribunale di Milano, in composizione monocratica, dubita
-  con riferimento all'art. 3 della Costituzione - della legittimita'
costituzionale   dell'art. 56,   secondo  comma,  del  regio  decreto
16 marzo  1942,  n. 267  (Disciplina  del  fallimento, del concordato
preventivo,  dell'amministrazione  controllata  e  della liquidazione
coatta  amministrativa),  nella  parte  in  cui  non  prevede  che la
compensazione  non  abbia  luogo  se  il  creditore  ha acquistato il
credito per atto tra vivi nell'anno anteriore al fallimento, anche se
il  credito  e'  scaduto.  Secondo il rimettente, la denunciata norma
riserva  un'ingiustificata  disparita'  di trattamento all'ipotesi di
acquisto  per  atto  tra  vivi,  da  parte  del debitore del fallito,
nell'anno  anteriore  alla dichiarazione di fallimento, di un credito
scaduto (o che scada prima del fallimento) verso il fallito, rispetto
all'ipotesi  di  acquisto,  ferme  le altre condizioni, di un credito
ancora  non scaduto: mentre in quest'ultimo caso la compensazione tra
i  contrapposti crediti e' esclusa dal legislatore, nel primo caso e'
invece ammessa, nonostante che ricorrano le identiche esigenze di non
violare  il  principio  del  concorso  sostanziale dei creditori e di
evitare  la  creazione di un mercato dei crediti verso l'imprenditore
insolvente.
    2. - La questione non e' fondata.
    2.1.  -  L'art. 56  della  legge  fallimentare e' composto da due
commi. Nel primo si dispone, in deroga al tendenziale principio della
par  condicio  creditorum che i creditori hanno diritto di compensare
con  i  loro  debiti verso il fallito i crediti vantati verso di lui,
ancorche'  non  scaduti  prima  della dichiarazione di fallimento. Il
secondo  comma  stabilisce  -  quale  eccezione  a tale regola - che,
"tuttavia",  "per i crediti non scaduti la compensazione (...) non ha
luogo se il creditore ha acquistato il credito per atto tra vivi dopo
la dichiarazione di fallimento o nell'anno anteriore".
    La  ratio differentiae dell'eccezione posta dal censurato secondo
comma  risiede  (come risulta dai lavori preparatori: v. la Relazione
del  Ministro Guardasigilli al punto n. 13) nell'esigenza di "evitare
possibili  abusi". L'artificiosa compensazione, effettuata attraverso
l'acquisto  per  atto  tra  vivi  di  un credito verso il fallito nel
cosiddetto   periodo   sospetto,   viene   impedita  dal  legislatore
attraverso  una  presunzione  assoluta  di frode ai danni della massa
fallimentare  (come  evidenziato  anche  dall'inapplicabilita'  della
disposizione  in  esame  all'ipotesi  di  acquisto del credito mortis
causa,  nella  quale manca necessariamente ogni intento fraudolento);
con  conseguente  esclusione  della vis compensativa dei contrapposti
crediti,   cosi'  da  ripristinare  la  vigenza,  nella  specie,  del
principio della par condicio creditorum.
    2.2.  -  Individuata  come sopra la ratio della denunciata norma,
puo' certo apparire discutibile la distinzione fatta dal legislatore,
con  riguardo  ai  crediti  acquistati per atto tra vivi nel medesimo
periodo  di  tempo,  tra  quelli  non  scaduti  (i soli espressamente
esclusi dalla compensazione) e quelli scaduti. Infatti essa ha sempre
formato  oggetto di serie critiche in dottrina, una parte minoritaria
della  quale  -  segui'ta  da  alcuni  giudici  di  merito - ha anche
cercato, basandosi sulla non felice formulazione del testo letterale,
di  dare  alla  norma un senso opposto rispetto a quello fatto palese
dalla connessione delle parole e accolto dal rimettente. Nella stessa
giurisprudenza  della  Corte di cassazione si ritrova il rilievo che,
per risolvere i problemi pratici posti dal secondo comma dell'art. 56
in  esame, l'unica alternativa alla repulsa di un'interpretazione che
porti appunto ad estendere, analogicamente, la non operativita' della
compensazione   anche   ai  crediti  scaduti  sarebbe  un  intervento
legislativo innovatore.
    2.3.  -  Tanto  osservato,  ritiene  questa  Corte che, comunque,
neppure  se  interpretata nel senso restrittivo generalmente accolto,
la denunciata norma meriti le censure formulate dal giudice a quo.
    Rientra infatti nella discrezionalita' del legislatore - col solo
limite  della manifesta illogicita' o arbitrarieta' - la scelta degli
strumenti  normativi  idonei ad evitare una artificiosa compensazione
operata  in danno della massa fallimentare attraverso l'acquisto, nel
cosiddetto  periodo  sospetto,  di  crediti  verso il fallito. E tale
limite  non  appare  travalicato  nella specie, atteso che l'asserita
incongruita'   della   disposizione  in  esame  sarebbe  comunque  da
intendersi,  non  gia'  come incoerenza logico-giuridica, bensi' come
semplice   insufficienza   a   raggiungere  il  risultato  finale  di
preservare  in modo completo la par condicio creditorum dalle manovre
fraudolente  che  sarebbero possibili in tutti i casi di reciprocita'
delle  posizioni  attive e passive, derivata dall'acquisto di crediti
verso il fallito. Risultato che, evidentemente, il legislatore non ha
inteso  perseguire  -  come  invece  auspicato  da  piu'  parti - per
rispetto del generale principio sancito nell'art. 1242 cod. civ.
    La  differenza  di  trattamento  fra  crediti  scaduti  prima del
fallimento  e crediti non ancora scaduti trova plausibile spiegazione
nel  fatto che solo con riguardo ai primi l'effetto estintivo proprio
della  compensazione  (la  quale  si  produce,  ai  sensi  del citato
art. 1242, sin dal giorno della coesistenza dei crediti contrapposti)
deve  intendersi  realizzato  anteriormente  alla  dichiarazione  del
fallimento.
    Ne'  rileva  che pure i crediti come sopra esclusi si considerano
scaduti  in  quest'ultima data, ai sensi dell'art. 55, secondo comma,
della  legge  fallimentare.  Infatti,  poiche'  la  loro  scadenza e'
stabilita dal legislatore solo "agli effetti del concorso", mentre il
meccanismo  della  compensazione  vale  ad  escludere  in  radice  il
concorso,  anche  sotto  tale aspetto non e' possibile equiparare gli
uni agli altri.
    Si  deve  dunque  concludere  che  le  prospettate  censure  alla
normativa dettata dal legislatore si muovono tutte nell'a'mbito delle
mere  valutazioni  di  opportunita'  e di efficacia pratica, restando
percio' estranee allo scrutinio di legittimita' costituzionale.