ha pronunciato la seguente
                               Ordinanza
 nel  giudizio  di legittimita' costituzionale dell'art. 34 del codice
 di procedura penale, promosso con ordinanza  emessa  il  17  febbraio
 1998  dal pretore di Milano, sezione distaccata di Abbiategrasso, nel
 procedimento penale a carico  di  P.  G.,  iscritta  al  n.  215  del
 registro  ordinanze  1999 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della
 Repubblica n. 16, prima serie speciale, dell'anno 1999.
   Visto   l'atto di  intervento  del  Presidente  del  consiglio  dei
 ministri;
   Udito  nella  camera  di  consiglio  del 27 ottobre 1999 il giudice
 relatore Guido Neppi Modona.
   Ritenuto  che  il  pretore  di  Milano,   sezione   distaccata   di
 Abbiategrasso, ha sollevato, in riferimento agli artt. 3, 24, 76 e 77
 (in  relazione  all'art.  2, comma 1, numeri 67 e 103, della legge 16
 febbraio 1987, n. 81) della  Costituzione, questione di  legittimita'
 costituzionale  dell'art.  34  del  codice di procedura penale, nella
 parte in cui non prevede l'incompatibilita' alla funzione di giudizio
 del giudice che abbia, all'esito di un precedente giudizio civile  di
 responsabilita'  "riguardante  il  medesimo  fatto storico attribuito
 all'imputato, gia' riconosciuto la sussistenza del reato";
     che il rimettente espone  di  avere  in  precedenza  celebrato  e
 definito  il  processo civile per il risarcimento dei danni intentato
 dagli eredi del lavoratore rimasto vittima dell'infortunio contro  il
 datore  di lavoro e di essere ora chiamato a giudicare in sede penale
 il  responsabile  del  cantiere  edile  in  cui  si  era   verificato
 l'infortunio  mortale,  imputato  per  il  reato di omicidio colposo,
 cioe' per il medesimo fatto storico oggetto del giudizio civile;
     che, al riguardo, il rimettente rileva che, essendo  venuta  meno
 la pregiudiziale penale nei confronti del processo civile, il giudice
 civile,  al  fine di liquidare il danno non patrimoniale o morale, e'
 tenuto ad operare un autonomo accertamento dei fatti, ivi compresi  i
 profili penali;
     che,  in  particolare,  il rimettente precisa di avere escusso in
 sede civile il testimone indicato dal pubblico ministero nell'attuale
 processo penale e di avere gia' preso  visione  in  quella  sede  dei
 "rapporti   giudiziari   dei  Carabinieri  e  della  USL  riguardanti
 l'infortunio mortale";
     che in tale situazione le valutazioni di merito espresse in  sede
 civile    pregiudicherebbero   l'"autonomia"   del   giudizio   sulla
 responsabilita' penale, che potrebbe essere o  apparire  condizionata
 dalla  propensione  del  giudice  a  confermare la propria precedente
 decisione;
     che ad avviso del rimettente  risulterebbe  pertanto  violato  il
 principio   dell'imparzialita'   del   giudice,   compromesso   dalla
 precedente valutazione sulla configurabilita' del reato gia' espressa
 dal  medesimo  giudice  in  sede  civile,  sia  pure   riferita   non
 all'attuale imputato, ma al datore di lavoro;
     che  nel  giudizio e' intervenuto il Presidente del Consiglio dei
 Ministri,  rappresentato  e  difeso  dall'Avvocatura  generale  dello
 Stato,  che  ha  concluso  per  l'inammissibilita'  e,  comunque, per
 l'infondatezza della questione.
   Considerato che, come questa Corte ha avuto ripetute  occasioni  di
 affermare  (v.,  tra  le  tante, sentenze nn. 351, 308, 307 e 306 del
 1997; ordinanza n. 178 del 1999), nell'ambito dei  rapporti  tra  gli
 istituti  apprestati dal codice di rito a garanzia dell'imparzialita'
 del  giudice l'art. 34 cod. proc. pen. fa riferimento alle situazioni
 in cui i termini della  relazione  di  incompatibilita'  intercorrono
 all'interno  del medesimo procedimento, o comunque nell'ambito di una
 vicenda processuale sostanzialmente unitaria riguardante la  medesima
 regiudicanda  (v. sentenze n. 241 del 1999 e n. 371 del 1996), mentre
 i casi in  cui  la  funzione  pregiudicante  e'  espressa  fuori  del
 procedimento rientrano nella sfera di applicazione della astensione e
 della ricusazione;
     che, infatti, le situazioni pregiudicanti descritte dall'art.  34
 cod.  proc.  pen.  sono tipicamente e preventivamente individuate dal
 legislatore   in    base    alla    presunzione    che    determinino
 l'incompatibilita'  ad  esercitare ulteriori funzioni giurisdizionali
 nel medesimo procedimento, mentre sarebbe  impossibile  prevedere  in
 astratto  e a priori tutte le situazioni in cui il giudice, avendo in
 precedenza   esercitato   funzioni   giudiziarie   in   un    diverso
 procedimento,  potrebbe  poi  venire  a trovarsi in una situazione di
 incompatibilita' nel successivo procedimento penale;
     che  le  valutazioni  sul  merito  della  responsabilita'  penale
 espresse  in  un  diverso  procedimento,  che  possono  eventualmente
 determinare un effetto pregiudicante, debbono quindi  essere  oggetto
 di  una  ricognizione  caso per caso, che tenga conto dello specifico
 contenuto dell'atto ai fini di  verificarne  la  possibile  incidenza
 sull'imparzialita' del giudice, rimuovendo il pregiudizio mediante il
 ricorso agli istituti dell'astensione e della ricusazione;
     che  nel caso in esame la supposta funzione pregiudicante risulta
 espressa in un diverso procedimento, di natura civile, avente  quindi
 oggetto  non  assimilabile  a quello penale (sul punto v. sentenza n.
 351  del  1997),  per  di  piu'  riguardante   l'accertamento   della
 responsabilita'  di  un  soggetto  diverso  da quello che figura come
 imputato nel procedimento a quo (v. al riguardo sentenze n.  186  del
 1992 e 439 del 1993);
     che,  anche con riferimento alla specifica funzione pregiudicante
 prospettata  dal  giudice  rimettente,  non  vi   sono   motivi   per
 discostarsi dalla sopra menzionata impostazione generale dei rapporti
 tra     gli     istituti     della     incompatibilita'    e    della
 astensione-ricusazione;
     che  pertanto   la   questione   va   dichiarata   manifestamente
 inammissibile.
   Visti  gli  artt.  26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n.
 87, e 9, secondo comma, delle norme integrative per i giudizi davanti
 alla Corte costituzionale.