ha pronunciato la seguente Ordinanza nel giudizio di legittimita' costituzionale dell'art. 5 del d.P.R. 29 dicembre 1973, n. 1032 (Approvazione del testo unico delle norme sulle prestazioni previdenziali a favore dei dipendenti civili e militari dello Stato), promosso con ordinanza emessa il 15 gennaio 1998 dal Tribunale amministrativo regionale per la Lombardia sul ricorso proposto da Dotti Lucia contro l'INPDAP ed altri, iscritta al n. 330 del registro ordinanze 1998 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 20, prima serie speciale, dell'anno 1998. Visto l'atto di costituzione di Dotti Lucia; Udito nella camera di consiglio del 27 ottobre 1999 il giudice relatore Cesare Ruperto. Ritenuto che nel corso di un giudizio - promosso dalla erede testamentaria di un dipendente pubblico, deceduto in attivita' di servizio, onde ottenere il pagamento dell'indennita' di buonuscita spettante a quest'ultimo, liquidata invece dal convenuto INPDAP a favore dei fratelli del de cuius non viventi a carico di lui -, il Tribunale amministrativo regionale per la Lombardia - Milano, con ordinanza emessa il 15 gennaio 1998, ha sollevato questione di legittimita' costituzionale dell'art. 5 del d.P.R. 29 dicembre 1973, n. 1032 (Approvazione del testo unico delle norme sulle prestazioni previdenziali a favore dei dipendenti civili e militari dello Stato), "nella parte in cui non prevede che il dipendente dello Stato possa disporre per testamento dell'indennita' di buonuscita, nel caso in cui il medesimo deceda in servizio lasciando i parenti che la legge indica come astratti beneficiari dell'indennita' stessa, ma nei cui confronti non aveva al momento del decesso alcun obbligo alimentare"; che, secondo il rimettente, alla stregua delle affermazioni contenute nella sentenza n. 106 del 1996 - con la quale questa Corte ha dichiarato costituzionalmente illegittima la succitata disposizione, nella parte in cui esclude che, nell'assenza delle persone ivi indicate, l'indennita' di buonuscita formi oggetto di successione per testamento o, in mancanza, per legge -, il "peculiare carattere dimidiato fra il profilo retributivo e quello previdenziale" dell'indennita' di buonuscita consente di giustificare la deroga al principio della libera disponibilita' mortis causa del beneficio soltanto in presenza di persone nei cui confronti il de cuius aveva obblighi alimentari e non anche in presenza di soggetti (quali, nella specie, il fratello e la sorella) che non dipendevano economicamente da lui; che, pertanto, la denunciata norma si pone in contrasto - sempre secondo il rimettente - con gli artt. 3 e 36 Cost., data l'irragionevole disparita' di trattamento rispetto a quanto disposto per il settore privato dall'art. 2122 cod. civ., che - nello stabilire una riserva legale di destinazione a favore dei parenti entro il terzo grado e agli affini entro il secondo solo se viventi a carico del prestatore di lavoro - prevede un diverso regime di trasmissibilita' dell'indennita' di buonuscita nel caso di premorienza del lavoratore ancora in servizio, cui viene attribuita una piu' ampia facolta' di disporne per testamento; che si e' costituita la parte privata, ricorrente nel giudizio a quo la quale ha concluso per la declaratoria d'illegittimita' costituzionale. Considerato che, con sentenza n. 243 del 1997 (ignorata dal rimettente) - ribadito che ogni forma di devoluzione anomala dell'indennita' di buonuscita, in deroga ai princi'pi della successione mortis causa esclusivamente a favore di determinati soggetti, puo' trovare razionale fondamento e giustificazione nella funzione previdenziale del trattamento, concorrente alla natura retributiva dello stesso, solo in considerazione del fatto che come destinatarie di questo siano indicate persone integrate nel nucleo familiare del defunto, dalla cui retribuzione esse ricevevano un sostentamento venuto a cessare, in tutto o in parte, dopo la sua morte (cfr. in tal senso, sentenza n. 106 del 1996 ed ordinanza n. 153 del 1998) -, questa Corte ha dichiarato l'illegittimita' costituzionale dell'art. 3, secondo comma, della legge 8 marzo 1968, n. 152 "nella parte in cui prevede che, nell'assenza delle persone ivi indicate, i collaterali non viventi a carico del de cuius siano preferiti agli eredi testamentari e, in mancanza di questi, agli eredi legittimi"; che, in quella sede, la Corte - in ragione della generale portata delle considerazioni svolte in ordine all'ingiustificata previsione di vocazioni anomale prive di un razionale fondamento legato alla prioritaria tutela di esigenze di solidarieta' familiare - ha anche dichiarato, in via conseguenziale, l'illegittimita' costituzionale dell'art. 5 del d.P.R. n. 1032 del 1973, proprio "nella parte in cui non prevede che, nel caso di morte del dipendente statale in attivita' di servizio, l'indennita' di buonuscita competa, nell'assenza degli altri soggetti ivi indicati, ai fratelli ed alle sorelle del de cuius solo a condizione che gli stessi vivessero a carico di lui"; che pertanto la disposizione, cosi' come denunciata, non vive piu' nell'ordinamento giuridico e, dunque, la sollevata questione dev'essere dichiarata manifestamente inammissibile. Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87, e 9, secondo comma, delle norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale.