IL TRIBUNALE


                            O s s e r v a

    L'art.  2  della  legge  16 luglio  1997, n. 234, modificando gli
  artt. 416  e  555  c.p.p.,  ha  sancito  l'obbligo  del p.m. di far
  precedere  l'esercizio  dell'azione penale (attraverso la richiesta
  di  rinvio  a  giudizio  o  l'emissione  del decreto di citazione a
  giudizio)   da   un   invito   rivolto   all'indagato   a   rendere
  interrogatorio.
    Una  previsione  analoga  e'  contenuta  nell'art. 453 c.p.p. che
  subordina  l'istaurazione  del  giudizio  immediato  ad  un  previo
  interrogatorio dell'indagato.
    Nessuna  statuzione,  invece, e' prevista dagli artt. 459 e segg.
  c.p.p. che regolano il procedimento per decreto penale di condanna.
    Palese  e',  quindi,  la  disparita' di trattamento che l'attuale
  disciplina  dell'art. 459  c.p.p.  in rapporto agli artt. 453 e 555
  c.p.p.,  determina  tra quell'imputato nei cui confronti il p.m. ha
  richiesto  il  rinvio  a  giudizio  o  giudizio  immediato, e altro
  imputato  nei  cui  confronti  e' stata proposta istanza di decreto
  penale  di  condanna;  infatti,  mentre nei primi due casi la legge
  impone  a  pena  di nullita' l'obbligo per il p.m. di instaurare un
  contraddittorio  con  l'indagato onde consentirgli di rappresentare
  circostanze e fatti che potrebbero influenzare le scelte successive
  dell'accusa,  lo  stesso  obbligo  non  e'  invece  imposto al p.m.
  nell'ipotesi in cui questi opti per il procedimento per decreto.
    Una  tale  omissione  e'  tanto piu' grave se si considera che la
  scelta  del  rito  per  decreto  penale  e'  rimessa alla esclusiva
  discrezione  del  p.m., non avendo il legislatore previsto per tale
  procedimento speciale il consenso dell'indagato.
    Non  ritiene,  inoltre,  questo  giudice,  che  la  diversita' di
  disciplina  appena  prospettata sia giustificabile dal fatto che e'
  riconosciuto  all'imputato  il  potere  di  proporre opposizione al
  decreto  di  condanna;  cio' in quanto in tal modo l'imputato viene
  privato  del diritto ad essere ascoltato e ad esercitare la propria
  difesa  prima  dell'esercizio  dell'azione penale da parte del p.m.
  (diritto  sancito  e  posto  a  fondamento  dell'invito  a  rendere
  interrogatorio imposto dalla legge n. 234/1997).
    L'omissione  si pone in contrasto, quindi, con i principi dettati
  dagli artt. 3 e 24 della Costituzione.
    Per  le motivazioni appena enunciate, a parere di questo giudice,
  la  questione  proposta dalla difesa non e' manifetamente infondata
  ed e' altresi', rilevante per la decisione del presente giudizio in
  quanto inserisce un presupposto processuale la cui mancanza inficia
  di  nullita'  il  decreto  penale  di  condanna  e  tutti  gli atti
  successivi.