IL GIUDICE DELLE INDAGINI PRELIMINARI 
 
    Premesso che procede in udienza  preliminare  nei  confronti  dei
seguenti imputati: 
        Giovanardi Maurizio, nato il 17 maggio 1944  a  Firenze,  ivi
residente in via G. Zanella n. 9, difeso di fiducia da avv.  Federico
Bagattini del Foro di Firenze, presso il cui studio e'  elettivamente
domiciliato in Firenze, via il Prato n. 62; 
        Lastini  Andrea,  nato  il  29  maggio  1963  a  Pontassieve,
residente a Rufina (Firenze), localita' Contea  n.  13/b,  difeso  di
fiducia  dall'avv.  Federico  Bagattini  del  Foro  di   Firenze   ed
elettivamente domiciliato presso il suo studio, in  Firenze,  via  il
Prato n. 62; 
    Piglionica Vito, nato il 25 giugno 1946 a  Bitonto,  residente  a
Sesto Fiorentino (Firenze), via degli Scarpettini n.  47,  difeso  di
fiducia da  avv.  prof.  Giovanni  Flora,  del  Foro  di  Firenze  ed
elettivamente domiciliato  presso  il  suo  studio,  in  Firenze  via
Cherubini n. 13; 
    Pempori Massimiliano, nato il  10  agosto  1976  a  Firenze,  ivi
residente in via Gian Battista Fagiuoli  n.  33,  domiciliato  presso
Italferr S.p.a. in Firenze, via Alamanni n. 2/a  stazione  di  S.  M.
Novella binario 1, difeso di fiducia da avv. Umberto  Schiavotti  del
Foro di Firenze, con studio in Firenze, viale Gramsci n. 22; 
    Ricci Filippo, nato il 29 maggio  1977  a  Firenze,  residente  a
Rufina (Firenze), localita' Contea n. 1, difeso di fiducia  dall'avv.
Federico Bagattini del  Foro  di  Firenze  e  presso  il  suo  studio
elettivamente domiciliato, in Firenze via il Prato n. 62; 
    Lakja Gezim, nato  il  29  aprile  1981  a  Shkoder  (Albania)  e
residente a Scarperia (Firenze), via Senni n. 75, difeso  di  fiducia
dall'avv. Duccio Baglini del Foro  di  Firenze  con  studio  ivi  via
Romagnosi n. 6; 
    Elettrifer S.r.l, con sede in Rignano sull'Arno, rappresentata da
Sauro Baccini, costituita in giudizio a mezzo di procuratore speciale
e difensore avv. Francesco Bellucci del Foro di Firenze,  con  studio
ivi in via il Prato n. 62; 
    Rete Ferroviaria Italia S.p.a, con sede  in  Roma,  piazza  della
Croce Rossa n. 1, in persona del  legale  rappresentante  pro-tempore
Michele Mario Elia, costituita in giudizio  a  mezzo  di  procuratore
speciale e difensore prof. avv.  Bruno  Assumma  del  Foro  di  Roma,
presso il cui  studio  e'  elettivamente  domiciliata  in  Roma,  via
Oslavia n. 14. 
    Imputati le persone fisiche: del reato di cui agli artt. 41 e 589
II e IV comma in relazione all'art. 590 III comma cp. 
    Imputate le persone giuridiche: per gli stessi  fatti  scaturenti
dalle  condotte  di  reato  dei  coimputati   ed   ai   sensi   della
responsabilita' di cui al d.lgs. n. 231/2001. 
    Nel quale sono persone offese, domiciliate presso i difensori  ai
sensi dell'art. 33 disp. att. c.p.p.: 
        Franca Giunti, Laura Marcai, Stefania Marmi, Francesca Marrai
e Giovanni Marrai presso i difensori avv. Simone Grisenti  ed  Andrea
Conti del Foro di Firenze, con studio in Firenze, rispettivamente, in
via degli Artisti n. 14 e via Fra' Bartolomeo n. 5; 
        Alfio Bardelli presso il difensore avv. Luisa  Benedetti  con
studio in Firenze, via Ricasoli n. 32; 
        Andrea Tomberli presso il difensore avv. Massimo Pagnini  del
Foro di Prato, con studio in Prato via Modigliani n. 7. 
    Rilevato: che nella  fasi  preliminari  dell'udienza  le  persone
offese chiedevano di costituirsi parti  civili  nei  confronti  delle
societa' Rete Ferroviaria Italiana ed Elettrifer, rappresentante come
in  atti,  societa'  chiamate  in  giudizio  quale  imputate  per  la
responsabilita' da reato, ai sensi del d.lgs. n. 231/2001; 
    Rilevato: altresi' che questo Giudice  rimetteva,  con  ordinanza
agli atti in data  9  febbraio  2011,  alla  Corte  di  Giustizia  UE
questione pregiudiziale sulla compatibilita'  della  normativa  sulla
responsabilita' delle  persone  giuridiche  nel  processo  penale  in
relazione alla Direttiva europea sulla tutela sulle vittime da  reato
- art. 9 della Decisione Quadro n. 2001/220/GAI del 15 marzo  2001  -
in ordine alla questione se  le  stesse  possano  essere  chiamate  a
rispondere in via risarcitoria  nel  processo  penale  nei  confronti
delle persone offese; 
    Rilevato: che la Corte di Giustizia  dell'UE,  con  decisione  in
data 12 luglio 2012  causa  pregiudiziale  n.  79/2011,  riteneva  la
compatibilita' della disciplina italiana di cui al citato d.lgs.  con
il Diritto Europeo  nel  senso  che:  «l'art.  9  paragrafo  1  della
Decisione Quadro  2001/220/GAI  del  Consiglio  del  15  marzo  2001,
relativa alla posizione  della  vittima  nel  processo  penale,  deve
essere interpretato nel senso che non osta a che, nel contesto di  un
regime di responsabilita' delle persone  giuridiche  come  quello  in
discussione nel procedimento principale, la  vittima  del  reato  non
possa chiedere il risarcimento dei danni direttamente  causati  dallo
stesso, nell'ambito  del  processo  penale,  alla  persona  giuridica
autrice di un illecito amministrativo da reato»; 
    Considerato che all'odierna udienza le persone offese  chiedevano
la citazione come responsabili civili delle stesse societa' ai  sensi
dell'art. 83 c.p.p. 
    Le istanze di citazione sono motivate sulla sentenza della  Corte
di Cassazione - Sesta sezione penale del 22 gennaio  2011,  n.  2251,
secondo la quale: «nel processo ex d.lgs. n.  231/2001  la  posizione
del danneggiato e' comunque garantita in quanto  puo'  citare  l'ente
come responsabile civile ai sensi dell'art. 83  c.p.p.  nel  processo
che ha ad oggetto la responsabilita'  penale  dell'autore  del  reato
commesso nell'interesse della persona giuridica  e  lo  puo'  fare  -
normalmente  -  nello  stesso  processo  in   cui   si   accerti   la
responsabilita' dell'ente». 
    Cio' premesso si osserva e rileva quanto segue: a sommesso parere
di questo Giudice, la decisione della Corte Europea non  sembra  aver
affrontato nella sua integralita' la  questione  che  questo  Giudice
aveva sottoposto, in particolare  sulla  possibilita'  «complessiva»,
secondo l'Ordinamento processuale-penale  italiano,  che  le  persone
giuridiche e gli enti, citati quali «imputati»  nel  processo  penale
per rispondere della responsabilita' amministrativa da reato, possano
essere, parimenti, incluse nel processo per la  refusione  dei  danni
causati dagli autori, persone fisiche e dipendenti delle societa' e/o
degli enti, alle persone offese. 
    La  Corte  di  Giustizia  Europea  ha  definito  tale   tipo   di
responsabilita'  quale  «sussidiaria»  e  di  genere  diverso   dalla
responsabilita' diretta degli autori del reato che  direttamente  con
la loro condotta cagionano danni alle persone offese ai  sensi  degli
artt. 185 cp. 74 c.p.p. 
    «E' un reato distinto (si tratta di  un  errore  di  attribuzione
concettuale o di un dictus, se  cosi'  si  puo'  dire  "pavlovliano''
sulla  consapevolezza  che  la  societa'  o  l'ente   e',   comunque,
un'imputato nel processo penale, nd.s.) - sostiene la Corte - che non
presenta nesso causale diretto con i pregiudizi cagionati  dal  reato
commesso da una persona fisica e di cui si chiede il  risarcimento  e
da questa si distingue». 
    Tale forma di responsabilita' non si porrebbe  quindi,  in  linea
causalmente ed altrettanto  direttamente  efficiente,  rispetto  alle
condotte degli autori di reato e  non  potrebbe  essere  identificata
direttamente con questa. 
    Per dirla in linguaggio matematico,  si  tratta  di  «insiemi  di
responsabilita'»  di  carattere  disgiunto  e  nemmeno   parzialmente
coincidente in sottoinsiemi con propri elementi. 
    Purtuttavia la Corte non sembra aver  risposto  integralmente  al
quesito  sollevato  da  questo  Giudice  e   che   riguardava,   piu'
complessivamente, la strutturazione  del  processo  penale  italiano,
rispetto alla questione, sotto il profilo generale della possibilita'
che le persone giuridiche chiamate quali responsabili da reato  siano
anche e nello stesso  processo  penale,  citate  quali  soggetti  nei
confronti dei quali nello stesso processo si possono, da parte  delle
persone offese, avanzare richieste risarcitorie. 
    A questo riguardo il Giudice  rimettente  aveva  sottolineato  la
discrasia derivante da precisi dati di diritto positivo:  nel  mentre
il d.lgs. n. 231/2001 dispone che  nei  confronti  delle  societa'  e
degli  enti  si  applicano  le  disposizioni  relative  all'imputato,
qualora compatibili (art. 35), l'art. 83, comma 1 c.p.p  dispone  che
l'imputato non puo' essere chiamato a rispondere in  via  civile  nel
processo penale per il fatto dei coimputati, qualora  prima  non  sia
stato prosciolto o non  sia  stata  pronunziata  nei  suoi  confronti
sentenza di non luogo a procedere. 
    Nell'attuale processo non par di dubitare che le  societa'  R.F.I
S.p.a ed Elettrifer siano «imputate» assieme  a  «coimputati»  propri
dipendenti. 
    La norma in questione a parere di questo Giudice e' assolutamente
«tranchant» circa la possibilita' di citare quale responsabile civile
nel processo penale la societa' o l'ente che e' formalmente  imputato
nello stesso processo. 
    Sebbene tale possibilita' sia ammessa dalla su menzionata  ed  in
verita' isolata sentenza della Corte di Cassazione,  il  Giudice  non
ritiene, contrariamente a quanto dedotto dalle persone  offese  nelle
loro istanze, dare una lettura «costituzionalmente orientata» in  tal
senso, ammettendo la citazione del responsabile civile nelle societa'
«imputate» nel processo penale  sia  pure  ai  sensi  del  d.lgs.  n.
231/2001. Nelle istanze delle persone offese si  ritiene  che  l'art.
83, comma 1 c.p.p. sia norma storicamente antecedente  al  d.lgs.  n.
231/2001 e che la ratio di questa successiva disciplina sia quella di
maggior e massimo «enforcement» delle  condizioni  di  sicurezza  sui
luoghi di lavoro per cui sarebbe irragionevole e fonte di  disparita'
di trattamento costituzionalmente rilevante che  le  societa'  e  gli
enti  che  con  le  loro  disfunzioni  organizzative  hanno  comunque
agevolato eventi lesivi ai danni di lavoratori ed utenti non  possano
essere chiamate a rispondere di questi nello stesso  processo  penale
quali responsabili civili. 
    Il divieto di cui all'art.  83  c.p.p.  andrebbe  quindi  riletto
sulla base di una lettura della norma «costituzionalmente  orientata»
che ammette  che  la  sia  pur  peculiare  forma  di  responsabilita'
amministrativa da reato delle persone giuridiche nel processo  penale
non si esaurisca nelle sanzioni pecuniarie previste  dalla  normativa
speciale ma si estenda,  sulla  base  delle  «ricadute  negative»  si
questa responsabilita' al risarcimento del danno nei confronti  delle
persone offese. 
    Questo Giudice non condivide questa impostazione e lettura  delle
norme, ne' ritiene possibile, allo stato vigente della  legislazione,
sia processual-penale  che  speciale,  ordinare  la  citazione  delle
persone giuridiche  e/o  degli  enti,  imputati,  quali  responsabili
civili per il fatto dei coimputati nel processo. 
    In buona sostanza  nel  cio'  ritenere  ed  in  primo  luogo,  si
userebbe nel Diritto Penale «analogia in mal partem», vietata secondo
proprio   una   lettura   costituzionale   delle   norme   penali   e
processualpenali,  (art.  25  Cost.  principio  di   tassativita'   e
legalita'), nei confronti di parti che nel processo sono  formalmente
«imputate», sia pure di una responsabilita' peculiare. 
    Se la  legge  ha  inteso  attribuire  a  parti  del  processo  la
qualifica formale di persona imputate nello  stesso  e  passibili  di
sanzioni non si puo', al contempo, far  assumere  loro  la  veste  di
responsabili civili secondo  quanto,  chiaramente  ed  espressamente,
prevede l'art. 83 primo comma c.p.p. 
    Si tratta di una forma di «garanzia» applicabile agli imputati  e
le persone giuridiche/enti sono tali nel processo penale. 
    Se si ravvisa una «lacuna», non sembra  possibile  che  essa  sia
colmata con interpretazioni che  «peggiorano»  la  posizione  di  una
parte  nel  processo  penale,  perche'  questo,   appunto   significa
null'altro che fare uso dell'analogia in malam partem  nei  confronti
di quel soggetto e questo e' il limite differenziale ed  incrementale
di ogni forma di interpretazione giuridica nell'ordinamento. 
    Lo stesso d.lgs. n. 231/2001 non puo' non richiamare al proposito
lo stretto principio costituzionale di legalita', per quanto riguarda
le ipotesi di responsabilita' dell'ente (vedi art. 2). 
    Inoltre ed in autorevole via interpretativa non si puo' oggi  non
tener conto della sentenza della Corte  di  Giustizia  Europea,  alla
quale va dato ossequio, che ha fornito la sua lettura  del  genus  di
responsabilita'  previsto  dal  d.lgs.   n.   231/2001   e   la   sua
compatibilita' con il Diritto Europeo. 
    La Corte Europea, come gia' visto, ha difatti statuito che non e'
incompatibile con la tutela della vittime dei reati una  legislazione
sulla responsabilita' delle persone giuridiche e degli enti citati in
forma proprio nel processo penale con la «limitazione» delle  pretese
risarcitorie delle persone offese nei loro confronti. 
    Ammettere in buona sostanza che con semplice mutamento  di  nomen
(parte civile-responsabile civile) si possa mutare una situazione che
e' sostanziale, se si consente l'espressione «non  alata»,  significa
far rientrare dalla finestra cio' che e' uscito dalla porta. 
    Inoltre la stessa Corte costituzionale, quando ha dichiarato  con
sentenza n. 112/1998  l'illegittimita'  costituzionale  del  comma  1
dell'art. 83 c.p.p, nella parte in cui non prevede che, nel  caso  di
responsabilita'  civile  derivante  da   assicurazione   obbligatoria
prevista dalla legge n. 990/1969 l'assicuratore possa  essere  citato
come responsabile civile a richiesta dell'imputato, ha  espressamente
motivato sul carattere eccezionale di questa deroga, basato sul patto
di garanzia interno di cui  all'art.  1917  c.c.  e  sul  diritto  di
regresso immediato, non ravvisabile in altre forme di  azione  civile
(vedi anche sentenza Corte costituzionale n. 75/2001). 
    Cio' premesso ed in base a quanto dedotto  dalle  persone  offese
nella loro istanza sembra pero' sorge una disparita'  di  trattamento
che appare proporre profili di costituzionalita' delle norme ai sensi
dell'art. 3 Costituzione e che  chiaramente  rilevante  nel  presente
giudizio, riguardando  richieste  dedotte  in  via  principale  dalle
persone offese. 
    Nell'attuale processo e' ben possibile citare  come  responsabili
civili ex art. 83 c.p.p. le persone giuridiche e gli enti che debbano
rispondere dei comportamenti dei loro dipendenti  e  che  «non  sono»
parimenti incluse nel processo per la forma di responsabilita' di cui
al d.lgs. n. 231/2001. 
    Come correttamente notano le  persone  offese  una  compagnia  di
assicurazione  puo'  essere  citata  come  responsabile  civile   per
l'automobilista assicurato che ha causato danni ad un pedone. 
    Non solo, il corpus normativo generale sul diritto  sanzionatorio
e la responsabilita' di tipo amministrativo, la  legge  n.  689/1981,
prevede (art. 6) il principio di solidarieta', nel senso  che  se  la
violazione e' commessa dal rappresentante o  dal  dipendente  di  una
persona giuridica o da  un  ente  privo  di  personalita'  giuridica,
l'ente e' obbligato  in  solido  con  l'autore  della  violazione  al
pagamento della somma dovuta. 
    Quanto ai profili concreti della odierna fattispecie, sostanziale
e processuale, si fa presente che l'art. 2050  del  c.c.  prevede  la
responsabilita' per esercizio di attivita' pericolose e  tali  erano,
sicuramente, i lavori sulla  linea  ferroviaria  nei  quali  si  sono
verificati gli eventi mortali e lesivi di due operai,  fatti  dannosi
che  sono  imputabili  a  piu'  persone,  ivi  comprese  le   persone
giuridiche  incluse  nel  processo   penale   attuale,   quindi   con
responsabilita' solidale e diritto  di  regresso  fra  coobligati  ai
sensi dell'art. 2055 c.c. 
    Una situazione che non appare  ontologicamente  e  giuridicamente
diversa da quella della responsabilita' per R.c. 
    Secondo la normativa processuale e quella di  cui  al  d.lgs.  n.
231/2001, allo stato della legislazione e  secondo  quanto  stabilito
dalla  Corte  Europea  di  Giustizia,  questa  possibilita'   sarebbe
preclusa per societa' e persone giuridiche e/o enti che sono  incluse
nel processo penale come «imputate» per la responsabilita' di cui  al
d.lgs. n. 231/2001 perche' cio' e'  espressamente  vietato  ai  sensi
dell'art. 83 c.p.p. 
    Si  viene  cosi'  a  determinare  una  ingiusta   disparita'   di
trattamento per persone offese nel processo penale  che  si  trovano,
ontologicamente e strutturalmente nella stessa posizione. 
    Sembra  sussistere,  altresi',   una   illogica   disparita'   di
situazioni esistenziali giuridiche  in  fasi  diverse  delle  vicende
processuali  che  riguardano   la   responsabilita'   delle   persone
giuridiche e degli enti. 
    Ai sensi degli artt. 17, lettera a) e 50 del d.lgs.  n.  231/2001
gli stessi enti, nei confronti dei quali sono state applicate  misure
di tipo interdittivo, anche molto consistenti, nella  fase  cautelare
del procedimento ex d.lgs. n. 231/2001, per ottenere la revoca  delle
misure devono prima provare di aver «risarcito integralmente i danni»
anche nei confronti delle persone offese dai reati. 
    Tuttavia questa possibilita' per  le  stesse  vittime  dei  reati
sarebbe preclusa nel processo penale avviato, se in precedenza non vi
sia stata applicazione di misure cautelali e/o di  tipo  interdittivo
nei confronti delle societa' e degli enti. 
    In definitiva, come giustamente ebbe gia' ad osservare l'Avvocato
Generale presso la Corte di Giustizia UE,  Eleanor  Sharpston,  nelle
conclusioni che sono agli atti: «deve essere data  un'interpretazione
teleologica, che  privilegi  la  sostanza  rispetto  alla  forma  ...
Ritengo che uno Stato Membro che effettivamente accolga tale  nozione
come  parte  del  sul  Ordinamento,  non   possa   essere   sollevato
dall'obbligo, ad esso incombente, di  offrire  una  tutela  ai  sensi
dell'art. 9, paragrafo 1, accampando motivi sostanzialmente formali».