LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE 
 
    Ha pronunciato la seguente ordinanza interlocutoria  sul  ricorso
165-2012 proposto da Sama  Srl  01777260983  in  persona  del  legale
rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata  in  Roma,  Via
della Scrofa, 64, presso lo studio dell'avvocato  Vincenzo  Cellamare
(Studio Legale Zunarelli e Associati), rappresentata e  difesa  dagli
avvocati Zunarelli Stefano, Del Federico Lorenzo, giusta procura alle
liti in calce al ricorso, ricorrente; 
    Contro Agenzia delle entrate 06363391001 in persona del Direttore
Centrale pro tempore, elettivamente  domiciliata  in  Roma,  Via  dei
Portoghesi, 12, presso l'Avvocatura  Generale  dello  Stato,  che  la
rappresenta e difende, ope legis, controricorrente; 
    Avverso la sentenza n. 262/10/2011 della  Commissione  Tributaria
Regionale di L'Aquila - Sezione Staccata  di  Pescara  del  25  marzo
2011, depositata il 31 maggio 2011; 
    Udita la relazione della causa svolta nella camera  di  consiglio
del 14 marzo 2013 dal Consigliere Relatore dott. Antonello Cosentino. 
    E' presente il Procuratore Generale in persona del dott. Federico
Sorrentino. 
    La societa' Sama spa ricorre contro l'Agenzia delle  entrate  per
la cassazione  della  sentenza  con  cui  la  Commissione  Tributaria
Regionale dell'Abruzzo ha  respinto  il  ricorso  della  contribuente
avverso il provvedimento con cui il Centro Operativo di  Pescara,  ai
sensi dell'articolo 29 del decreto-legge 29 novembre  2008,  n.  185,
convertito con la legge n. 2/2009, ha negato per  «esaurimento  delle
risorse  finanziarie»  il  nulla-osta  alla  fruizione  del   credito
d'imposta ex art. 1, commi 280 e segg., legge n. 296/2006,  richiesto
dalla contribuente in relazione ai costi sostenuti per  attivita'  di
ricerca e sviluppo avviate prima del 29 novembre 2008. 
    L'Agenzia delle  entrate  si  e'  costituita  con  controricorso,
resistendo al ricorso e chiedendone il rigetto. 
    All'esito del deposito della relazione ex art. 380-bis  c.p.c.  -
regolarmente comunicata al Pubblico Ministero e notificata alle parti
- la causa e' stata discussa nell'adunanza del 14 marzo 2013, per  la
quale la difesa erariale ha anche depositato memoria difensiva. 
    Per  l'intelligenza  del  ricorso,  fondato  su  sei  motivi,  e'
opportuno svolgere una breve premessa normativa. 
    I commi da 280 a 283  dell'articolo  1  della  legge  finanziaria
2007, n. 296/2006 (abrogati per il disposto dell'articolo 23, settimo
comma, del decreto-legge n.  83/2012,  convertito  con  la  legge  n.
134/2012, e del numero 42 del relativo  Allegato  1,  ma  applicabili
ratione temporis alla fattispecie in esame) avevano  attribuito  alle
imprese - a decorrere dal periodo d'imposta successivo  a  quello  in
corso al 31 dicembre 2006 e fino alla chiusura del periodo  d'imposta
in corso alla data del 31  dicembre  2009  -  un  credito  d'imposta,
fruibile in compensazione nel modello F24,  pari  al  10%  dei  costi
sostenuti per attivita' di ricerca e sviluppo; se i costi di  ricerca
e sviluppo si riferivano a contratti  stipulati  con  universita'  ed
enti pubblici il credito di imposta era riconsciuto nella percentuale
del 15%, poi aumentato al 40% dal  comma  66  dell'articolo  1  della
legge finanziaria 2008, n. 244/07. I costi a  cui  si  rapportava  il
diritto al credito di imposta non  potevano  superare,  a  mente  del
comma 281, l'importo di  15  milioni  di  euro  per  ciascun  periodo
d'imposta  (poi  elevato  a  50  milioni  di  euro   dal   comma   66
dell'articolo 1 della legge finanziaria 2008, n. 244/07). 
    La legge non fissava alcun  tetto  globale  alla  erogazione  dei
crediti di imposta, ne'  prevedeva  limiti  di  copertura  del  minor
gettito fiscale derivante  dalla  relativa  fruizione  da  parte  dei
contribuenti;  conseguentemente,  il  singolo  contribuente  non  era
tenuto alla presentazione di alcuna istanza preventiva di  ammissione
al beneficio e poteva fruire del  credito  (nella  misura  risultante
dall'applicazione della percentuale prevista dal comma 280 sul  costo
per ricerca e sviluppo effettivamente sostenuto, entro  il  tetto  di
cui al comma 281) con la mera indicazione del  credito  stesso  nella
dichiarazione dei redditi. 
    Successivamente, con l'articolo 29 del decreto-legge 29  novembre
2008, n. 185, convertito in  legge  con  la  legge  n.  2/2009  (c.d.
decreto anticrisi, adottato nell'intento, enunciato nell'epigrafe, di
«fronteggiare  l'eccezionale  situazione  di  crisi  internazionale»,
provvedendo,  tra  l'altro,  a  «potenziare  le  misure   fiscali   e
finanziarie occorrenti per  garantire  il  rispetto  degli  obiettivi
fissati dal programma di stabilita'  e  crescita  approvato  in  sede
europea»), il legislatore,  nel  primo  comma,  ha  esteso  anche  al
credito di imposta di cui si tratta la  disciplina  sul  monitoraggio
dei crediti di imposta dettata dai commi 1 e 2  dell'articolo  5  del
decreto-legge 8 luglio 2002, n. 138, convertito in legge con la legge
n. 178/2008, e conseguentemente, nel secondo comma,  ha  previsto  un
tetto massimo al credito di imposta fruibile da parte delle  imprese,
definendo i relativi i stanziamenti nel bilancio dello  Stato  (375,2
milioni di euro per l'anno 2008, 533,6 milioni  di  euro  per  l'anno
2009, 654 milioni di curo per l'anno 2010 e 65,4 milioni di euro  per
l'anno 2011). 
    La suddetta predeterminazione del  tetto  massimo  dell'ammontare
del credito  d'imposta  riconoscibile  al  sistema  delle  imprese  -
innovativa rispetto alla  disciplina  originariamente  dettata  dalla
legge n. 296/2006 - presupponeva  evidentemente  l'individuazione  di
una  procedura  di  selezione  delle  imprese  destinate   a   fruire
concretamente del credito di imposta rispetto a quelle  destinate  ad
essere escluse da tale fruizione  per  il  superamento  del  suddetto
tetto, ossia per l'incapienza dello stanziamento fissato dalla  legge
nel bilancio statale.  Tale  procedura  di  selezione  -  dettata  al
dichiarato  «fine  di  garantire  congiuntamente  la  certezza  delle
strategie di investimento, i  diritti  quesiti,  nonche'  l'effettiva
copertura finanziaria» - si rinviene nella seconda parte del  secondo
comma, nonche' nel terzo comma, dell'articolo 29 d.l. n. 185/2008. 
    Con tali disposizioni si stabiliva che, a decorre dall'anno 2009: 
        per la fruizione del credito d'imposta le  imprese  dovessero
inoltrare per via telematica all'Agenzia delle  entrate  un  apposito
formulario, valevole come «prenotazione dell'accesso  alla  fruizione
del credito d'imposta»; 
        la prenotazione del credito di imposta per  le  attivita'  di
ricerca avviate a  partire  dalla  data  di  entrata  in  vigore  del
decreto-legge  n.  185/2008  (emanato,  pubblicato   nella   Gazzetta
Ufficiale  ed  entrato  in  vigore  il  29   novembre   2008)   fosse
«successiva» rispetto a quella relativa  alle  attivita'  di  ricerca
avviate prima della anzidetta data; 
        i formulari venissero acquisiti ed evasi  dall'Agenzia  delle
entrate rispettandone rigorosamente l'ordine cronologico di arrivo; 
        l'Agenzia delle entrate provvedesse, in via telematica e  con
procedura  automatizzata,  a  rispondere  alle  imprese  che  avevano
presentato il formulario, comunicando alle stesse, ove  si  trattasse
di attivita' gia' avviate prima del 29 novembre 2008, «esclusivamente
un nulla-osta, ai soli fini  della  copertura,  finanziaria»  e,  ove
invece si trattasse di attivita' avviate a partire  dal  29  novembre
2008, la certificazione dell'avvenuta presentazione  del  formulario,
l'accoglimento della relativa prenotazione, nonche', «nei  successivi
novanta giorni l'eventuale diniego, in ragione della capienza». 
    Nel quinto comma del citato articolo 29, infine, si prevedeva che
la procedura per la trasmissione telematica del menzionato formulario
fosse  attivata  entro  30  giorni  dalla  data   di   adozione   del
provvedimento   del   Direttore   dell'Agenzia   delle   entrate   di
approvazione del formulario medesimo. 
    In effetti, con prevedimento del 21  aprile  2009,  il  Direttore
dell'Agenzia delle  entrate  ha  stabilito  che  i  formulari  per  i
progetti d'investimento in  attivita'  di  ricerca  e  sviluppo  gia'
avviati alla data del 28 novembre 2008 dovessero essere presentati, a
pena di decadenza dal contributo, dalle ore 10:00 del 6  maggio  2009
(c.d. click day) alle ore 24:00 del 5 giugno 2009. 
    Giova ancor aggiungere che  la  capienza  degli  stanziamenti  fu
esaurita con  i  formulari  pervenuti  nei  primi  minuti  successivi
all'apertura della procedura di trasmissione  telematica  e  numerose
imprese furono escluse,  al  pari  della  odierna  ricorrente,  dalla
fruizione del credito di imposta per costi sostenuti  (e  sostenendi)
in relazione ad attivita' di ricerca avviate  prima  dell'entrata  in
vigore  del  decreto-legge  n.  185/2008  (si  veda   pag.   21   del
controricorso, ove la difesa dell'Agenzia delle entrate riferisce che
furono emessi «in pochi  secondi  dall'apertura  della  procedura  n.
29.394 atti, di cui 8.100 di accoglimento delle istanze»). 
    In concreto si vennero quindi a determinare, con  riferimento  ai
crediti d'imposta per  i  costi  relativi  ad  attivita'  di  ricerca
avviate prima dell'entrata in vigore del decreto-legge  n.  185/2008,
le seguenti situazioni: 
        a) i crediti d'imposta maturati negli  anni  2007  e  2008  e
utilizzati in compensazione (mediante il modello  F24)  entro  il  31
dicembre 2008 non furono toccati  dal  decreto-legge  n.  185/1998  e
rimasero validamente fruiti; 
        b) i crediti d'imposta maturati negli anni 2007, 2008 e  2009
che non erano stati utilizzati entro la data del 31 dicembre 2008  ma
di cui era stata autorizzata la fruizione da parte dell'Agenzia delle
Entrate sono pur essi rimasti validamente fruibili; 
        c) i credito d'imposta maturato negli anni 2007, 2008 e  2009
non utilizzati entro la data del 31 dicembre 2008 e di  cui  non  era
stata autorizzata la fruizione da parte  dell'Agenzia  delle  Entrate
per esaurimento dei fondi disponibili sono rimasti non fruibili.  Per
queste ultime situazioni l'articolo 2,  comma  236,  della  legge  n.
191/2009  (finanziaria  2010)  ha  successivamente   autorizzato   un
ulteriore stanziamento (poi ridotto dall'articolo  4,  comma  1,  del
decreto-legge n. 40/2010, convertito, con modificazioni, dalla  legge
n. 73/2010) le cui modalita' di  utilizzo  sono  state  definite  con
decreto ministeriale del 4 marzo 2011; tale decreto ha autorizzato la
fruizione del 47,53% dei crediti d'imposta relativi ad  attivita'  di
ricerca avviate prima del 29  novembre  2008,  quali  risultanti  dai
formulari presentati telematicamente che fossero stati  denegati  per
esaurimento delle risorse disponibili. 
    Alla luce di tale ricostruzione della disciplina che  ci  occupa,
si puo' passare all'esame dei motivi di ricorso  della  contribuente,
non senza aver puntualizzato che: 
        in linea di fatto, e' pacifico  che  l'impugnato  diniego  di
nulla-osta concerne un formulario nel  quale  la  contribuente  aveva
richiesto di fruire del credito di imposta maturato in  relazione  ad
attivita' di ricerca  che  dichiarava  avviate  anteriormente  ai  29
novembre 2008 (si vedi il controricorso dell'Agenzia  delle  entrate,
paragrafo 2 del «FATTO», primo cpv); 
        la Commissione  Tributaria  Regionale  ha  sostenuto  che  il
decreto-legge n. 185/2008 non avrebbe eliso il diritto al credito  di
imposta attribuito dalla legge n. 296/2006 e gia' sorto in capo  alla
contribuente, ma si sarebbe limitato a porre un  limite  quantitativo
alla fruizione di tale diritto, la quale risulterebbe «solo  rinviata
nel tempo,  agli  esercizi  successivi  al  2011,  nell'ambito  della
capienza  delle  ulteriori  somme  che  il  Legislatore  riterra'  di
stanziare in futuro» (pag. 9, par. 6.13, della sentenza gravata). 
    Col primo motivo, riferito all'articolo  360,  n.  3  c.p.c.,  la
ricorrente ripropone l'eccezione, ritenuta  manifestamente  infondata
dalla   Commissione   Tributaria   Regionale,    di    illegittimita'
costituzionale dell'articolo 29 d.l.  n.  185/1929,  con  riferimento
agli articoli 3, 41, 97 e 117 della Costituzione. 
    Col secondo motivo, riferito all'articolo 360, n.  5  c.p.c.,  si
denuncia la contraddittorieta' ed illogicita'  della  motivazione  in
cui la Commissione Tributaria Regionale sarebbe incorsa  riconoscendo
contemporaneamente la sussistenza del diritto della  contribuente  al
credito d'imposta e la legittimita'  del  provvedimento  dell'Ufficio
che di tale diritto impedisce l'esercizio. 
    Col terzo motivo, riferito all'articolo  360,  n.  3  c.p.c.,  si
censura la violazione dell'articolo 3, legge n. 212/2000  in  cui  la
Commissione   Tributaria   Regionale   sarebbe   incorsa    ritenendo
applicabile retroattivamente la disciplina dettata  dall'articolo  29
d.l. n. 185/2008. 
    Col quarto motivo, riferito all'articolo 360,  n.  3  c.p.c.,  si
censura la violazione dell'articolo  10,  legge  n.  212/2000  e  dei
principi comunitari in tema di  affidamento  in  cui  la  Commissione
Tributaria  Regionale  sarebbe  incorsa  ritenendo  il  principio  di
affidamento applicabile solo nei  confronti  degli  atti  costituenti
esercizio di potesta' amministrativa della pubblica amministrazione e
non anche nei confronti del legislatore. 
    Col quinto motivo, riferito all'articolo 360,  n.  3  c.p.c.,  si
censura la  violazione  degli  articoli  7,  primo  comma,  legge  n.
212/2000 e 3 legge n.  241/1990  in  cui  la  Commissione  Tributaria
Regionale  sarebbe  incorsa   ritenendo   sufficientemente   motivato
l'impugnato provvedimento di diniego del nulla-osta. 
    Col sesto motivo, riferito all'articolo  360,  n.  3  c.p.c.,  si
censura la violazione degli  articoli  7,  secondo  comma,  legge  n.
212/2000  e  21-octies  legge  n.  241/1990  in  cui  la  Commissione
Tributaria  Regionale  sarebbe   incorsa   ritenendo   legittimo   il
provvedimento di diniego del nulla-osta nonostante che  nel  medesimo
non fosse indicato il nominativo del responsabile del procedimento. 
    Con il primo mezzo la ricorrente ripropone in questa sede i dubbi
di costituzionalita' gia' sollevati davanti al giudice  di  merito  e
relativi alla  conformita'  dell'articolo  29  del  decreto-legge  n.
185/2008 ai parametri di cui agli articoli 3,  41,  97  e  117  della
Costituzione. 
    La questione appare manifestamente infondata, con riferimento  ai
parametri fissati dagli articoli 41, 97 e 117 della Costituzione. 
    Quanto agli articoli 41 e 97 della Costituzione,  e'  sufficiente
osservare che la disposizione in esame non impinge in alcun modo  ne'
sulla liberta' di iniziativa economica, ne' sull'imparzialita' e buon
andamento della pubblica amministrazione. 
    L'articolo 117 della Costituzione e' poi evocato dalla ricorrente
nella  parte  in  cui,  nel  primo  comma,  assoggetta  la   potesta'
legislativa   statale   ai   «vicoli    derivanti    dall'ordinamento
comunitario», tra i quali il vincolo di tutela della concorrenza;  al
riguardo la ricorrente sottolinea l'argomento letterale che lo stesso
articolo 117 Cost. riserva allo Stato, nella lettera e)  del  secondo
comma, la legislazione esclusiva in  materia  non  di  «concorrenza»,
bensi'  di  «tutela  della  concorrenza».  L'argomento   non   appare
concludente, in quanto la disposizione in  esame  non  pregiudica  in
alcun modo la liberta'  di  concorrenza.  Anche  con  riferimento  al
parametro  dell'articolo  117   Cost.,   quindi,   il   sospetto   di
illegittimita'  costituzionale  sollevato  dalla  ricorrente   appare
manifestamente infondato. 
    Non manifestamente  infondato  appare,  invece,  il  sospetto  di
illegittimita' costituzionale sollevato con riferimento  all'articolo
3 Cost. 
    Dal tenore letterale del comma 280 dell'articolo 1 della legge n.
296/2006 («A decorrere dal periodo d'imposta successivo a  quello  in
corso al 31 dicembre 2006 e fino alla chiusura del periodo  d'imposta
in corso alla data del 31 dicembre 2009, alle imprese  e'  attribuito
un credito  d'imposta  nella  misura  del  10  per  cento  dei  costi
sostenuti  per  attivita'  di  ricerca  industriale  e  di   sviluppo
precompetitivo») emerge infatti che il credito d'imposta per  cui  e'
causa  entrava  ope  legis  nel  patrimonio  dei   contribuenti   che
sostenessero, entro l'arco temporale indicato dalla legge, costi  per
attivita'  di  ricerca  industriale  e  di  sviluppo  precompetitivo,
all'atto stesso del sostenimento di tali costi. Si trattava,  dunque,
di un diritto  soggettivo  perfetto,  il  cui  fatto  costitutivo  e'
indicato dalla legge nel  sostenimento  di  costi  per  attivita'  di
ricerca industriale e  di  sviluppo  precompetitivo  nei  periodi  di
imposta in corso al 31 dicembre degli anni 2007, 2008 e 2009. 
    Al  riguardo,  non  appare  persuasivo  l'assunto  della   difesa
erariale  secondo  il  quale  -  nel  tempo  intercorrente   tra   la
maturazione del credito di imposta (cioe' il sostenimento  dei  costi
da  cui  tale  credito  deriva)  e   l'utilizzo   del   medesimo   in
compensazione di debiti  tributari,  tramite  il  modello  F24  -  il
credito stesso non sarebbe qualificabile come un  diritto  soggettivo
pieno, bensi'  come  un  diritto  condizionato  alla  sussistenza  di
copertura  finanziaria.  Tale   assunto   si   fonda   sul   disposto
dell'articolo 5 del decreto-legge  n.  138/2002,  convertito  con  la
legge n. 178/2002, rubricato «monitoraggio dei crediti di imposta» ed
il cui primo comma,  come  modificato  dalla  legge  di  conversione,
recita: «I crediti di imposta previsti dalle vigenti disposizioni  di
legge  sono  integralmente  confermati  e,  fermo   restando   quanto
stabilito dagli articoli 10 e  11,  possono  essere  fruiti  entro  i
limiti degli oneri finanziari previsti in relazione alle disposizioni
medesime. I soggetti interessati hanno diritto al credito di  imposta
fino all'esaurimento delle risorse finanziarie». Questa disposizione,
tuttavia, non operava (fino all'entrata in vigore  del  decreto-legge
n. 185/2008) per i crediti di imposta oggetto del presente  giudizio,
in quanto essa, emanata nel 2002, concerne i crediti «previsti  dalle
vigenti  disposizioni»,  ossia  quelli  previsti  dalle  disposizioni
vigenti nel 2002; mentre i crediti di imposta  oggetto  del  presente
giudizio sono stati introdotti solo nel 2006, con la  legge  n.  269.
Cio' e' del resto reso palese dal rilievo che solo nel 2008,  con  il
piu' volte citato articolo  29  del  decreto-legge  n.  185/2008,  il
legislatore ha esteso il principio del monitoraggio anche ai  crediti
di imposta oggetto del presente giudizio, fissando il relativo limite
di copertura finanziaria (vedi il primo comma del citato articolo 29:
«Le disposizioni di  cui  ai  commi  1  e  2,  dell'articolo  5,  del
decreto-legge 8 luglio 2002, n. 138, convertito,  con  modificazioni,
dalla legge 8 agosto 2002, n. 178, sul monitoraggio  dei  crediti  di
imposta si applicano anche con  riferimento  a  tutti  i  crediti  di
imposta vigenti alla data di entrata in vigore del  presente  decreto
tenendo conto degli  oneri  finanziari  previsti  in  relazione  alle
disposizioni medesime.  In  applicazione  del  principio  di  cui  al
presente comma, al credito di imposta  per  spese  per  attivita'  di
ricerca di cui all'articolo 1, commi da 280 a  283,  della  legge  27
dicembre 2006, n. 296, si applicano le disposizioni di cui ai  camini
seguenti»).  Ne',  sotto  altro  profilo,   appare   concludente   la
considerazione dell'Avvocatura Generale dello Stato  secondo  cui  al
principio  del  monitoraggio   dei   crediti   di   imposta   fissato
dall'articolo 5, d.l. n.  138/2002  dovrebbe  attribuirsi  natura  di
principio generale, attuativo dell'articolo  81  della  Costituzione.
Indipendentemente dalla fondatezza di tale tesi, e' infatti  evidente
che un principio generale di limitazione del diritto  al  credito  di
imposta «fino all'esaurimento delle risorse finanziarie» non potrebbe
comunque operare quando, come e' avvenuto con la legge  n.  296/2006,
la legge istitutiva del credito di imposta ometta  la  fissazione  di
limiti di copertura. 
    Deve quindi ribadirsi che alla data del 29 novembre 2008,  giorno
di entrata in vigore del decreto-legge n.  185/2008,  i  contribuenti
che avevano gia' sostenuto, a partire dal periodo d'imposta in  corso
al 31 dicembre 2007, costi per attivita' di  ricerca  industriale  di
sviluppo  precompetitivo  avevano  maturato  il  diritto   soggettivo
perfetto al  credito  d'imposta  nella  percentuale  di  detti  costi
prevista dalla legge. L'articolo 29 del  decreto-legge  n.  185/2008,
fissando un limite, prima inesistente, alle risorse  disponibili  per
la copertura finanziaria del beneficio de quo, ha  inciso  sotto  due
profili sulla posizione dei contribuenti  che,  avendo  gia'  avviato
attivita' di ricerca  industriale  e  sviluppo  precompetitivo,  sono
stati esclusi dalla fruizione del  credito  d'imposta;  per  costoro,
infatti, la norma del 2008 ha, in primo luogo, abolito il diritto  al
credito di imposta gia' maturato in relazione ai costi gia' sostenuti
e, in secondo luogo, abolito  l'aspettativa  al  credito  di  imposta
maturando in relazione ai  costi  da  sostenere  per  attivita'  gia'
avviate. 
    A questo proposito giova aggiungere che la tesi della Commissione
Tributaria Regionale secondo cui l'articolo 29 del  decreto-legge  n.
185/2008 non avrebbe eliso il diritto  del  contribuente  al  credito
d'imposta maturato alla data del 29 novembre 2008, ma ne avrebbe solo
rinviata la fruizione nel tempo agli esercizi successivi al 2011, non
puo' essere condivisa. Tale tesi riecheggia anche  nella  risoluzione
dell'Agenzia delle entrate n. 100/E del 19 ottobre 2011,  laddove  si
afferma che «Dall'esame della normativa istitutiva  dell'agevolazione
e del delineato quadro interpretativo si evince che per le  attivita'
di ricerca avviate prima del 29 novembre 2008 il diniego del predetto
nulla-osta non impedisce la maturazione del  credito  di  imposta  ma
inibisce l'utilizzo del credito di imposta maturate, nei  termini  in
precedenza specificati, nei relativi  periodi  di  imposta,  a  causa
dell'esaurimento delle risorse disponibili, senza tuttavia  escludere
la  possibilita'  di   un   futuro   utilizzo   in   funzione   delle
disponibilita' finanziarie  eventualmente  stanziate  negli  esercizi
successivi». 
    In proposito, osserva la Corte che l'assunto dell'Amministrazione
finanziaria secondo cui il diniego di nulla osta non escluderebbe  la
possibilita' che il credito di imposta (maturato  e)  denegato  possa
formare  oggetto  «di  un   futuro   utilizzo   in   funzione   delle
disponibilita' finanziarie  eventualmente  stanziate  negli  esercizi
successivi» ha una portata esclusivamente metagiuridica.  In  termini
giuridici, per contro, e' ovvio che il  diniego  di  nulla  osta  non
esclude (e non si vede come potrebbe escludere) la  possibilita'  che
il legislatore, reintervenendo sulla materia, disponga, stanziando  i
necessari finanziamenti, la soddisfazione di quei crediti per i quali
il nulla osta sia stato negato;  ma  e'  altrettando  ovvio  che,  in
assenza di ulteriori e  futuribili  interventi  del  legislatore,  il
diniego  del  nulla  osta  preclude,  alla   stregua   del   disposto
dell'articolo 29, d.l. n.  185/2008,  la  possibilita'  giuridica  di
sosddifare  il  credito  d'imposta  gia'  maturato  ed  ha,   quindi,
efficacia estintiva di tale credito. 
    Quanto all'affermazione della  Commissione  Tributaria  Regionale
secondo cui l'articolo 29 del decreto-legge n. 185/2008  non  avrebbe
estinto il diritto del contribuente  al  credito  d'imposta  maturato
alla data del 29 novembre  2008,  ma  ne  avrebbe  solo  rinviato  la
fruizione agli esercizi successivi al 2011, essa  risulta  del  tutto
sfornita di fondamento normativo. Nella disciplina del 2008, infatti,
non e' contenuta alcuna disposizione  che  differisca  agli  esercizi
successivi  al  2011  la  fruizione  del  credito  di   imposta   dei
contribuenti ai quali il nulla-osta a tale fruizione venga negato per
esaurimento delle risorse finanziarie. E' appena il caso  di  notare,
in proposito, che la disposizione secondo la quale «la fruizione  del
credito di imposta e' possibile nell'esercizio in  corso  ovvero,  in
caso di esaurimento  delle  risorse  disponibili  in  funzione  delle
disponibilita' finanziarie, negli esercizi  successivi»  -  contenuta
nella seconda parte della lettera a) del comma 3 dell'articolo 29  in
esame - si riferisce  alla  fruizione  del  credito  d'imposta  negli
esercizi 2008, 2009, 2010 e 2011 (per ciascuno dei quali  il  secondo
comma dello stesso articolo 29 prevede un  apposito  stanziamento  di
bilancio) e non agli esercizi successivi al  2011  (per  i  quali  il
decreto-legge n. 185/2008 non prevede alcuno stanziamento). 
    Il decreto-legge n. 185/2008, in altri termini, non  ha  dettato,
come erroneamente ritiene la Commissione  Tributaria  Regionale,  una
disciplina tendente a differire nel tempo il  godimento  dei  diritti
gia' sorti - o, altrimenti detto, una disciplina  dell'esercizio  del
diritto   che,   ferma   la   relativa   sussitenza,   ne   subordini
all'avveramento di eventi future  ma  certi  -  ma  ha  abolito  tali
diritti per tutti coloro che, in base  alla  procedura  di  selezione
normativamente fissata, non rientrassero  nella  capienza  finanziata
del medesimo  decreto-legge.  Di  cio'  offre  decisiva  conferma  il
rilievo che solo con la ulteriore  e  successiva  legge  n.  191/2009
(finanziaria 2010) si  e'  disposta,  con  apposito  stanziamento  di
bilancio, una parziale soddisfazione - nella percentuale, come  sopra
accennato, del 47,53% - di tali crediti. I quali quindi hanno  subito
una falcidia del 52,47%, della quale nessuna norma di legge, ad oggi,
prevede forme di futura reintegrazione; potendosi anzi  sottolineare,
sul piano storico-fattuale, che le  disposizioni  che  dopo  il  2010
hanno istituito ulteriori crediti di imposta per ricerca  e  sviluppo
(articolo 1 del decreto-legge n. 70/2011, convertito con la legge  n.
106/2011, e articolo 1, commi 95-97, della legge di  stabilita'  2013
n. 228/2012) non hanno piu' rifinanziato la fruizione dei crediti  di
imposta previsti dalla legge finanziaria 2006  per  le  attivita'  di
ricerca avviate prima del 29 novembre 2008. 
    La disciplina dell'articolo  29  del  decreto-legge  n.  185/2008
appare allora  sospettabile  di  illegittimita'  costituzionale,  con
riferimento all'articolo 3 Cost. nella parte in cui non salvaguarda i
diritti e le aspettative al credito di imposta di cui all'articolo 1,
commi da 280 a 283, della legge n. 296/2006, sorti  in  relazione  ad
attivita' di ricerca avviate prima del 29 novembre 2008. 
    Il contrasto tra la disciplina in esame ed il  parametro  di  cui
all'articolo 3 Cost. appare ravvisabile sotto due distinti profili. 
    Sotto un primo profilo, per la violazione del principio di tutela
dell'affidamento  del  cittadino  nella  certezza  delle   situazioni
giuridiche. 
    La Corte costituzionale ha  infatti  varie  volte  affermato  che
l'affidamento  del  cittadino   sulla   certezza   delle   situazioni
giuridiche, quale essenziale elemento dello  Stato  di  diritto,  non
puo' essere leso da disposizioni retroattive, le quali trasmodino  in
un regolamento irrazionale di situazioni sostanziali fondate su leggi
precedenti (si vedano le  pronunce  della  Corte  costituzionale  nn.
349/1985, 155/1990, 390/1995, 111/1998, 211/1997, 416/1999, 525/2000,
446/2002, 364/2007). Al riguardo si osserva  che  -  se  non  possono
ipotizzarsi  limiti  costituzionali  alla  potesta'  legislativa   di
eliminare o limitare un beneficio fiscale previsto  dalla  legge  per
determinate  iniziative   imprenditoriali,   con   riferimento   alle
attivita' successive all'entrata in vigore della  norma  abolitiva  o
limitativa - sembra potersi  dubitare  della  conformita'  al  canone
della ragionevolezza di  una  disposizione  ablativa  di  crediti  di
imposta gia' entrati  nel  patrimonio  del  contribuente,  in  quanto
maturati in relazione a costi gia' sostenuti,  e  di  aspettative  di
crediti di imposta maturandi in relazione a costi ancora da sostenere
per il completamento di  attivita'  gia'  avviate.  Si  deve  infatti
considerare,  al   riguardo,   che   nel   calcolo   di   convenienza
imprenditoriale posto alla base della decisione  di  sostenere  detti
costi il contribuente ha fatto legittimo  affidamento  sul  risparmio
fiscale agli stessi normativamente connesso e non appare  ragionevole
salvaguardare le esigenze di  bilancio  dello  Stato  scardinando  la
programmazione  di  bilancio  delle  imprese  e,  in  generale,   dei
cittadini (sul punto vedi, in particolare, Corte cost.  n.  211/1997,
citata, laddove chiarisce che «se il legislatore, nell'esercizio  del
suo potere discrezionale, puo',  a  salvaguardia  dell'equilibrio  di
bilancio, modificare la disciplina pensionistica  fino  al  punto  di
ridurre il "quantum" del trattamento previsto, deve invece escludersi
che, come e' avvenuto nella fattispecie, possa addirittura  eliminare
retroattivamente una prestazione gia' conseguita»; si veda anche, sul
tema delle modificazioni retroattive del quadro giuridico  nel  quale
si sono formate scelte  imprenditoriali,  Corte  cost.  n.  156/2007,
dichiarativa dell'illegittimita' costituzionale di una norma di legge
regionale che sacrificava «all'esito di una arbitraria  ponderazione,
la posizione di  altri  soggetti  (nella  specie  Azienda  Napoletana
Mobilita'  s.p.a.),  che,  a  distanza  di  un   periodo   di   tempo
considerevolmente  ampio,  avevano  fatto  giustificato   affidamento
nell'avvenuto  consolidamento  della   situazione   sostanziale   nel
frattempo creatasi.». 
    Ne', per  concludere  sul  punto,  il  dubbio  di  illegittimita'
costituzionale dell'articolo 29 del decreto-legge n. 185/2008  appare
dissipato dal richiamo  dell'Avvocatura  Generale  dello  Stato  alla
giurisprudenza  della  Corte  costituzionale  sull'evoluzione   della
disciplina del credito d'imposta sui nuovi  investimenti  nelle  aree
svantaggiate  individuate  dalla  Commissione   CE   (ordinanze   nn.
124/2006, 180/2007, 185/2009), attesa la sostanziale  diversita'  tra
l'intervento effettuato dagli articoli 10, d.l. 138/2002 e 62,  legge
n. 289/2002 sulla disciplina originariamente dettata dall'articolo  8
della legge n. 388/2000 per il credito  d'imposta  connesso  a  nuovi
investimenti nelle aree svantaggiate (ben riepilogato nella  sentenza
di questa Corte n. 5324/2012) e l'intervento effettuato dall'articolo
29 d.l. n. 185/0802 sulla disciplina dettata dall'articolo  1,  commi
da 280 a 283, della  legge  n.  296/2006  per  il  credito  d'imposta
connesso ad investimenti in ricerca e sviluppo. 
    Nel caso, infatti, del credito d'imposta per  nuovi  investimenti
nelle aree svantaggiate, le modifiche normative recate  dall'articolo
10 del decreto-legge n. 138/2002  -  relative  tanto  ai  presupposti
sostanziali del diritto (la cui attribuzione  e'  stata  ristretta  a
determinati settori produttivi e nei limiti  di  tetti  di  copertura
prefissati),  quanto  alle  modalita'  procedimentali  del   relativo
esercizio (che ha cessato di essere automatico,  tramite  esposizione
del credito nella dichiarazione dei redditi, ed e' stato  subordinato
al previo assenso dell'amministrazione, all'esito di apposita istanza
del   contribuente)   -   sono   state   introdotte   nel    rispetto
dell'affidamento dei contribuenti  nella  certezza  delle  situazioni
giuridiche pregresse (si veda il terzo comma dell'articolo 10 d.l. n.
138/2002, come modificato in sede di conversione: Le disposizioni  di
cui alle lettere a) e b)  del  comma  1,  nonche'  del  comma  2,  si
applicano agli investimenti per cui,  successivamente  alla  data  di
entrata in vigore della legge di conversione  del  presente  decreto,
risulta presentata l'istanza di cui al comma  1-bis  dell'articolo  8
della legge 23 dicembre 2000, n. 388, e per i quali si verificano gli
eventi di cui all'articolo 75, comma 2, del testo unico delle imposte
sui redditi, di cui al decreto del  Presidente  della  Repubblica  22
dicembre 1986, n. 917, ovvero, per le prestazioni di servizi  per  le
quali vengono previsti  contrattualmente  stati  di  avanzamento  dei
lavori, viene accettato il primo stato di avanzamento dei lavori. Per
gli investimenti per i quali il contratto risulta concluso  entro  la
data di entrata in vigore della legge  di  conversione  del  presente
decreto si applicano le  disposizioni  vigenti  precedentemente  alle
modifiche apportate con la medesima legge, anche se gli eventi di cui
al citato articolo 75, comma 2, ovvero l'accettazione del primo stato
di avanzamento dei lavori si verificano successivamente alla data  di
entrata in vigore della legge di conversione del presente  decreto.).
Nessuna portata  retroattiva  puo'  poi  ascriversi  alla  successiva
imposizione, recata dall'articolo 62 della legge n. 289/2002,  di  un
obbligo informativo a carico  sia  delle  imprese  che  avevano  gia'
conseguito in via automatica il diritto al contributo, sia di  quelle
che   avevano   conseguito   tale   diritto   col   previo    assenso
dell'amministrazione;  come  infatti  precisato   nell'ordinanza   n.
124/2006 della Corte costituzionale, l'articolo  62  della  legge  n.
289/2002 «non dispone per il passato, ma, fissa  per  il,  futuro  un
obbligo di comunicazione di dati a pena di decadenza dal  contributo,
a nulla rilevando che tale decadenza abbia ad oggetto  un  contributo
gia' conseguito». 
    Viceversa, come sopra dimostrato, nel caso del credito di imposta
sui  costi  sostenuti  per  attivita'  di  ricerca,   la   disciplina
introdotta dall'articolo 29 del decreto-legge n. 185/2008 ha abolito,
per i contribuenti esclusi dalla fruizione del credito d'imposta  per
esaurimento delle risorse finanziarie,  diritti  e  aspettative  gia'
maturati prima dell'entrata in vigore decreto-legge. 
    Il  secondo  profilo   in   relazione   al   quale   appare   non
manifestamente infondato il dubbio di illegittimita'  costituzionale,
sempre  con  riferimento  al   parametro   dell'articolo   3   Cost.,
dell'articolo 29 del decreto-legge n. 185/2008 - nella parte  in  cui
non  salvaguarda  i  diritti  e  le  aspettative   sorti   ai   sensi
dell'articolo 1, commi 280 e segg., legge n. 296/2006,  in  relazione
ad attivita' di ricerca avviate prima del 29 novembre 2008  -  lo  si
prospetta in linea subordinata rispetto al primo profilo  (il  quale,
ove  accolto,  risulterebbe   assorbente)   e   si   incentra   sulle
caratteristiche della procedura fissata dalla legge per  selezionare,
nell'ambito della platea  dei  contribuenti  che  alla  data  del  29
novembre 2008 avevano gia' avviato attivita' di  ricerca  e  sviluppo
precompetitivo, quelli destinati a fruire del credito. 
    Tale procedura, dettata nella seconda parte  del  secondo  comma,
nonche' nel terzo  comma,  dell'articolo  29  d.l.  n.  185/2008,  si
compendia nell'inoltro per via telematica all'Agenzia  delle  entrate
di un formulario valevole come prenotazione  e  nell'acquisizione  ed
evasione, da parte della predetta Agenzia, dei formulari alla  stessa
pervenuti, secondo l'ordine cronologico di arrivo.  In  proposito  si
osserva che - se in linea generale non puo' ritenersi irrazionale  il
ricorso al criterio  selettivo,  di  antichissima  tradizione,  prior
tempore potior jure - nel caso, quale quello  in  esame,  in  cui  la
selezione debba svolgersi tra una platea vastissima di concorrenti  e
si fondi sul momento di arrivo al destinatario di atti trasmessi  per
via telematica,  tale  criterio  conduce  a  risultati  completamente
scollegati non solo dal merito delle ragioni  di  credito,  ma  anche
dalla solerzia nell'esercizio delle stesse. La risultante di  fattori
quali la sproporzione tra risorse disponibili e  domande,  l'ampiezza
del  numero  dei  concorrenti,  la  velocita'   dei   meccanismi   di
trasmissione  informatica  determina  una  selezione  sostanzialmente
casuale, che si esaurisce in un tempo brevissimo e produce  risultati
dipendenti  prevalentemente  dalla  potenza  e  sofisticatezza  delle
apparecchiature informatiche di cui dispongono i singoli contribuenti
o i professionisti che li assistono. Cio' determina una disparita' di
trattamento (in ordine alla fruizione  del  credito  di  imposta,  ad
alcuni  concessa  e  ad  altri  negata)  di  situazioni  eguali   (di
contribuenti  tutti  egualmente  titolari  di  crediti   di   imposta
derivanti da attivita' gia' avviate alla data del 29  novembre  2008)
in base ad un criterio di  priorita'  cronologica  che,  per  le  sue
concrete modalita' di attuazione, non appare ragionevole (ed e' stato
abbandonato in sede di definizione delle modalita'  di  utilizzo  del
rifinanziamento disposto dalla legge n. 191/2009,  per  le  quali  il
d.m. 4 marzo 2011 ha fatto ragionevolmente  ricorso  ad  un  criterio
tipicamente  concorsuale,  assegnando  a  ciascun  contribuente   una
percentuale del proprio credito corrispondente  al  rapporto  tra  il
totale delle risorse disponibili ed il totale delle  prenotazioni  da
soddisfare). 
    In definitiva, deve giudicarsi non manifestamente infondata,  con
riferimento  all'articolo  3  Cost.,  la  questione  di  legittimita'
costituzionale, sollevata dal ricorrente nel primo motivo di ricorso,
dell'articolo 29 del decreto-legge n. 185/2008, convertito in  legge,
con modificazioni, con la legge  n.  2/2009,  sotto  i  due  seguenti
profili; 
        sotto il primo profilo, nella parte in cui la norma emergente
dal disposto del comma 1 di detto articolo («Le disposizioni  di  cui
ai commi 1 e 2, dell'articolo 5, del decreto-legge 8 luglio 2002,  n.
138, convertito, con modificazioni, dalla legge  8  agosto  2002,  n.
178, sul monitoraggio dei crediti di imposta si applicano  anche  con
riferimento a tutti i crediti di imposta vigenti alla data di entrata
in vigore del presente decreto tenendo conto degli  oneri  finanziari
previsti in relazione alle disposizioni medesime. In applicazione del
principio di cui al presente comma, al credito di imposta  per  spese
per attivita' di ricerca di cui all'articolo 1, commi da 280  a  283,
della legge 27 dicembre 2006, n. 296, si applicano le disposizioni di
cui ai commi seguenti») non fa salvi i diritti e le aspettative sorti
- ai sensi dell'articolo 1, commi 280 e segg., legge n. 296/2006 - in
relazione ad attivita' di ricerca avviate prima del 29 novembre 2008; 
        sotto il secondo profilo, subordinato al primo,  nella  parte
in cui la norma emergente dal combinato disposto del comma 2, lettera
«a» («per le attivita' di ricerca che, sulla base di atti o documenti
aventi data certa, risultano gia' avviate prima della data di entrata
in vigore del presente decreto, i soggetti interessati inoltrano  per
via telematica alla Agenzia delle entrate, entro trenta giorni  dalla
data di attivazione della procedura di cui al  comma  4,  a  pena  di
decadenza  dal  contributo,  un  apposito  formulario  approvato  dal
Direttore della predetta Agenzia; l'inoltro del formulario vale  come
prenotazione dell'accesso alla fruizione del  credito  d'imposta»)  e
del  comma  3,  primo  periodo  e  prima  parte  della  lettera   «a»
(«L'Agenzia delle entrate, sulla base dei dati rilevati dai formulari
pervenuti, esaminati rispettandone rigorosamente l'ordine cronologico
di arrivo, comunica telematicamente e con procedura automatizzata  ai
soggetti interessati: a) relativamente alle prenotazioni  di  cui  al
comma 2, lettera a), esclusivamente un nulla-osta ai soli fini  della
copertura finanziaria») stabilisce un  meccanismo  di  selezione  dei
soggetti autorizzati alla fruizione del credito i cui esiti risultano
sostanzialmente casuali. 
    Tanto premesso in punto di non  manifesta  infondatezza,  e'  ora
necessario, ai fini del giudizio  di  rilevanza  della  questione  di
legittimita' costituzionale sopra prospettata,  esaminare  gli  altri
motivi di ricorso. 
    Il secondo motivo di ricorso  -  con  il  quale  si  denuncia  la
contraddittorieta'  ed  illogicita'  della  motivazione  in  cui   la
Commissione  Tributaria  Regionale   sarebbe   incorsa   riconoscendo
contemporaneamente la sussistenza del diritto della  contribuente  al
credito d'imposta e la legittimita'  del  provvedimento  dell'Ufficio
che di tale  diritto  impedisce  la  fruizione  -  e'  inammissibile,
perche'  la  denunciata  contraddittorieta'  ed   illogicita'   della
motivazione non riguarda alcun accertamento in  fatto  operato  nella
sentenza gravata, bensi' un  giudizio  di  diritto  (sussistenza  del
diritto al credito  d'imposta  e,  al  contempo,  legittimita'  della
compressione del relativo esercizio), non censurabile con il mezzo di
cui all'articolo 360, n. 5 c.p.c. 
    Il terzo  motivo  di  ricorso  -  con  il  quale  si  censura  la
violazione dell'articolo 3, legge n. 212/2000 in cui  la  Commissione
Tributaria   Regionale   sarebbe   incorsa   ritenendo    applicabile
retroattivamente la  disciplina  dettata  dall'articolo  29  d.l.  n.
185/2008 - e' pur esso infondato, perche' questa Corte ha piu'  volte
avuto modo di chiarire che le norme di cui alla legge n. 212 del 2000
(c.d. Statuto del contribuente) - emanate in attuazione  degli  artt.
3, 23, 53 e 97  Cost.,  e  qualificate  espressamente  come  principi
generali dell'ordinamento tributario - pur  essendo  in  taluni  casi
idonee a prescrivere specifici obblighi a carico dell'amministrazione
finanziaria, e potendo costituire, in quanto espressione di  principi
gia'  immanenti  nell'ordinamento,  criteri  guida  per  il   giudice
nell'interpretazione delle  norme  tributari;  non  hanno,  tuttavia,
rango superiore alla legge ordinaria. Con  la  conseguenza  che  tali
disposizioni non possono in alcun caso fungere da norme parametro  di
costituzionalita', ne'  consentire  la  disapplicazione  della  norma
tributaria in asserito  contrasto  con  le  norme  stesse  (cfr.,  ex
plurimis, Cass. nn. 8254/2009, 8145/2011). Ne discende che  la  legge
ordinaria ben puo' derogare al principio di irretroattivita'  sancito
dall'art.  3  dello  Statuto  del  contribuente   -   sempre   salvo,
naturalmente,  il  vaglio  di  legittimita'  costituzionale  di  tale
deroga, alla stregua dell'articolo 3 o delle altre disposizioni della
Costituzione - purche' la retroattivita' sia  espressamente  prevista
dalla  norma  derogatoria  (Cass.  n.  25722/2009);   dovendosi   poi
ulteriormente   sottolineare    che    l'espressa    previsione    di
retroattivita' - necessaria per poter derogare al principio stabilito
dalla legge n. 212 del 2000, art.  3  -  sussiste  anche  quando  sia
espressamente  disposta  una   decorrenza   anteriore   della   norma
tributaria, che il legislatore intenda far operare  retroattivamente,
sebbene manchi un'espressa qualificazione della disposizione medesima
come regola eccezionalmente retroattiva (cfr.  Cass.  n.  11141/2011,
Cass. n. 5853/2012). 
    Il  quarto  motivo  di  ricorso  -  con  il  quale   si   critica
l'affermazione della sentenza gravata secondo la quale  il  principio
di salvaguardia dell'affidamento del cittadino  opererebbe  solo  nei
confronti degli atti costituenti esercizio di potesta' amministrativa
della  pubblica  amministrazione  e  non  anche  nei  confronti   del
legislatore  -  si  articola  su  due  censure,  una  relativa   alla
denunciata violazione dell'articolo 10 della legge n. 212/2000 ed una
relativa alla denunciata violazione dei principi comunitari  in  tema
di affidamento. Anche tale motivo va disatteso. Per  quanto  concerne
la censura riferita all'articolo  10  della  legge  n.  212/2000,  si
osserva  che  la  critica  della  ricorrente  all'affermazione  della
Commissione Tributaria Regionale secondo la quale l'articolo 10 della
legge  n.  212/2000  porrebbe  un  vincolo   «alla   discrezionalita'
dell'amministrazione  finanziaria  ma   non   anche   alla   potesta'
legislativa» merita condivisione, giacche' -  come  questa  Corte  ha
chiarito nella sentenza n. 7080/2004 - dall'esame delle  disposizioni
dettate dalla legge n. 212/2000 emerge che «la correttezza e la buona
fede nel confronti del contribuente debbono essere osservate non solo
dall'amministrazione finanziaria in fase applicativa, ma anche  dallo
stesso legislatore tributario all'atto  dell'emanazione  delle  fonti
normative, come emerge in particolare dall'art. 2 che detta i criteri
di  chiarezza  e  trasparenza  che  debbono  essere  osservati  nelle
disposizioni tributarie,  e  dallo  stesso  art.  3  sul  divieto  di
attribuire ad  esse  efficacia  retroattiva.».  Cio',  tuttavia,  non
implica che il giudice possa  disapplicare  le  norme  di  legge  che
ritenga contrastanti con i suddetti  principi  di  correttezza  e  di
buona fede nei confronti del contribuente e, pertanto,  la  decisione
impugnata risulta conforme a diritto e l'erronea  affermazione  sopra
trascritta e' correggibile ai sensi dell'ultimo  comma  dell'articolo
384 c.p.c. Al riguardo si osserva che  questa  Corte  ha  piu'  volte
precisato che il principio della tutela del legittimo affidamento del
cittadino nella sicurezza giuridica trova la sua base  costituzionale
nel principio di eguaglianza dei cittadini dinanzi alla legge (art. 3
Cost.); che tale principio costituisce un elemento  essenziale  dello
Stato   di   diritto,   limitandone   l'attivita'    legislativa    e
amministrativa, ed e'  immanente  in  tutti  i  rapporti  di  diritto
pubblico; che nell'ambito della materia tributaria detto principio e'
stato reso esplicito dalla legge n. 212 del 2000, art.  10,  comma  1
(cd. Statuto del contribuente); che questa disposizione, a differenza
di  altre  di  contenuto  innovativo   rispetto   alla   legislazione
preesistente, e' espressiva, ai sensi della stessa legge n. 212, art.
1,  di  principi  generali,  anche  di  rango  costituzionale,   gia'
immanenti nel diritto e nell'ordinamento tributario; che quindi detta
disposizione vincola l'interprete in  forza  del  canone  ermeneutico
dell'interpretazione  adeguatrice  a  Costituzione,  ed  e'  pertanto
applicabile anche ai rapporti tributari sorti in epoca anteriore alla
sua entrata in vigore (sentt. nn. 17576/2002,  21513/2006,  4388/08).
Il  vincolo   dell'interpretazione   conforme,   o   adeguatrice,   a
Costituzione opera pero' pur sempre  nell'ambito  ermeneutico,  ossia
presuppone che  un  testo  normativo  si  presti  a  diverse  opzioni
interpretative, delle quali  una  soltanto  sia  compatibile  con  la
Costituzione, e, in tal caso, impone all'interprete la preferenza per
tale opzione. Quando, invece, il significato di una disposizione  sia
univoco,  il  giudice  non  puo'  disapplicarla  per  contrasto   con
l'articolo 10 della  legge  n.  212/2000,  restando  aperta  solo  la
possibilita' di provocarne il vaglio di  legittimita'  costituzionale
da parte della Corte costituzionale;  vaglio  in  cui,  peraltro,  il
parametro  di  costituzionalita'  non   puo'   essere   rappresentato
dall'articolo 10 della legge  n.  212/2000  (cfr.,  ancora,  le  gia'
citate sentenze nn. 8254/2009 e 8145/2011). 
    Per quanto poi concerne la censura avente ad oggetto  la  dedotta
violazione  dei  principi  comunitari   in   materia   di   legittimo
affidamento  nella   certezza   delle   situazioni   giuridiche,   va
preliminarmente evidenziato che, non versandosi in  tema  di  tributi
armonizzati (IVA, accise,  dazi  doganali),  la  fattispecie  non  e'
direttamente regolata da fonti comunitarie. Cio' premesso, la censura
va giudicata inammissibile per difetto di specificita' ex art. 366 n.
4 c.p.c. (mancata indicazione delle norme di diritto su cui il motivo
si fonda), non avendo il ricorrente dedotto la violazione  di  alcuna
specifica disposizione di  fonte  comunitaria  provvista  di  effetto
diretto nell'ordinamento interno. E' noto, infatti, che solo le norme
della Unione europea provviste di effetto diretto  sono  suscettibili
di applicazione immediata nell'ordinamento nazionale  (sul  tema,  da
ultimo, Cass. n. 12367/2012: «in base all'art. 11  Cost.  e  all'art.
117  Cost.,  comma  1,  il  giudice  nazionale   e,   prima   ancora,
l'amministrazione,  hanno  il   potere-dovere   di   dare   immediata
applicazione alle norme della Unione  europea  provviste  di  effetto
diretto, con  i  soli  limiti  derivanti  dai  principi  fondamentali
dell'assetto  costituzionale   dello   Stato   ovvero   dei   diritti
inalienabili  della  persona,  nel  cui   ambito   resta   firma   la
possibilita' del controllo di  costituzionalita'  (cfr.,  per  tutte,
Corte cost. sentenze n. 183 del 1973 e n. 170 del 1984; ordinanza  n.
536 del 1995 nonche', da ultimo, sentenze n. 284 del 2007, n. 227 del
2010,  n.  288  del  2010,  n.  80  del  2011).»);  per  contro,   le
disposizioni comunitarie non provviste di effetto  diretto  non  sono
immediatamente applicabili ma possono fungere  da  parametro  per  un
giudizio di costituzionalita' ex art. 117 primo comma, quali «vincoli
derivati  dall'ordinamento  comunitario»  al  legislatore  nazionale;
sempre che, comunque, la fattispecie presenti un collegamento con  il
diritto  dell'Unione  e  non  risulti  regolata  dalle   sole   norme
nazionali; si veda, su quest'ultimo  punto,  punto,  Corte  cost.  n.
349/2007, ove si legge «la giurisprudenza e'  si'  nel  senso  che  i
diritti fondamentali fanno parte integrante dei principi generali dei
diritto  comunitario  di  cui  il  giudice  comunitario  assicura  il
rispetto, ispirandosi alle  tradizioni  costituzionali  comuni  degli
Stati membri ed in particolare alla Convenzione di Roma  (da  ultimo,
su rinvio pregiudiziale della Corte costituzionale belga, sentenza 26
giugno 2007, causa C-305/05, Ordini avvocati c. Consiglio, punto 29).
Tuttavia,  tali   principi   rilevano   esclusivamente   rispetto   a
fattispecie alle quali tale diritto sia applicabile:  in  primis  gli
atti comunitari, poi gli atti nazionali di  attuazione  di  normative
comunitarie,  infine  le  deroghe  nazionali  a   norme   comunitarie
asseritamente giustificate  dal  rispetto  dei  diritti  fondamentali
(sentenza 18 giugno 1991, C-260/89, ERT). La Corte  di  giustizia  ha
infatti precisato  che  non  ha  tale  competenza  nei  confronti  di
normative che non entrano  nel  campo  di  applicazione  del  diritto
comunitario (sentenza 4  ottobre  1991,  C-159/90,  Society  for  the
Protection of Unborn  Children  Ireland;  sentenza  29  maggio  1998,
C-299/95, Kremzow): ipotesi che si verifica precisamente nel caso  di
specie.»; nello stesso senso, dopo l'entrata in vigore  del  trattato
di Lisbona, Corte Cost. n. 80/2011, dove, con riferimento al richiamo
alla CEDU contenuto nell'articolo  6  del  trattato  sull'Unione  («I
diritti fondamentali, garantiti  dalla  Convenzione  europea  per  la
salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle  liberta'  fondamentali  e
risultanti dalle tradizioni costituzionali comuni agli Stati  membri,
fanno parte del diritto dell'Unione in quanto principi generali»), si
sottolinea che «si tratta di una disposizione che riprende lo  schema
del previgente paragrafo  2  dell'art.  6  del  Trattato  sull'Unione
europea: evocando, con cio', una firma di protezione preesistente  al
Trattato di Lisbona; dal che discende l'impossibilita', nelle materie
cui non sia applicabile il diritto dell'Unione, di  far  derivare  la
rifiribilita' alla CEDU dell'art. 11 Cost. dalla  qualificazione  dei
diritti fondamentali in essa riconosciuti  come  «principi  generali»
del diritto comunitario (oggi, del diritto  dell'Unione).  Va  infine
escluso che la Carta costituisca uno strumento di tutela dei  diritti
fondamentali  oltre  le  competenze  dell'Unione   europea;   infatti
presupposto  di  applicabilita'  della  Carta  di  Nizza  e'  che  la
fattispecie sottoposta all'esame del  giudice  sia  disciplinata  dal
diritto europeo e non gia' da sole  norme  nazionali  prive  di  ogni
legame con tale diritto». 
    Il quinto motivo di ricorso - con cui si  censura  la  violazione
degli articoli 7, primo  comma,  legge  n.  212/2000  e  3  legge  n.
241/1990 in cui la Commissione Tributaria Regionale  sarebbe  incorsa
ritenendo sufficiente la motivazione dell'impugnato provvedimento  di
diniego del nulla-osta - e' inammissibile,  giacche'  l'apprezzamento
della sufficienza della motivazione del provvedimento  impugnato,  ai
fini  dell'assolvimento  dell'obbligo  di  motivazione   degli   atti
dell'amministrazione   finanziaria   fissato    dal    primo    comma
dell'articolo 7 legge n. 212/2000, costituisce giudizio di fatto  del
giudice di merito, censurabile in questa sede solo con  il  mezzo  di
cui ai numero 5 dell'articolo 360 c.p.c. 
    Il sesto motivo di ricorso attinge  la  statuizione  con  cui  la
sentenza gravata ha rigettato la doglianza del contribuente  relativa
alla mancata indicazione del nome del responsabile  del  procedimento
nell'impugnato provvedimento di diniego di nulla-osta. 
    Tale statuizione si fonda su una duplice ratio decidendi. 
    In primo luogo la Commissione Tributaria  Regionale  ha  ritenuto
che  l'indicazione  del  responsabile  del  procedimento  non   fosse
necessaria, giacche', essendo  la  procedura  di  accertamento  degli
aventi diritto al nulla-osta gestita da un  elaboratore  elettronico,
difetterebbe, nella specie, «alcun procedimento nell'ambito del quale
il  contribuente  avrebbe  potuto  interloquire  con  un   dipendente
dell'amministrazione». 
    In secondo luogo la Commissione Tributaria Regionale ha  ritenuto
che, in ogni caso, il provvedimento di  diniego  del  nulla-osta  non
potrebbe essere annullato per vizi formali,  ai  sensi  dell'articolo
21-octies  legge  n.  241/1990,  trattandosi  di  atto  a   contenuto
vincolato. 
    La ricorrente censura  entrambe  le  argomentazioni  del  giudice
territoriale, assumendo che la prima si porrebbe in contrasto con  il
disposto dell'articolo 7, secondo  comma,  legge  n.  212/2000  e  la
seconda si  porrebbe  in  contrasto  con  il  disposto  dell'articolo
21-octies legge  n.  241/1990.  Quest'ultima  censura  e'  infondata,
poiche',  come  esattamente  rilevato  dalla  Commissione  Tributaria
Regionale, per il disposto del secondo comma dell'articolo  21-octies
legge n. 241/1990 l'impugnato diniego di nulla-osta non  puo'  essere
annullato, in quanto si tratta di  atto  a  contenuto  normativamente
vincolato, il cui contenuto dispositivo  non  avrebbe  potuto  essere
diverso da quello in concreto adottato. Tale atto,  infatti,  non  si
fonda sull'esercizio di  alcun  potere  discrezionale,  bensi'  sulla
rilevazione, operata dal  sistema  informatico  dell'amministrazione,
del fatto che, nel momento in cui il formulario del  contribuente  e'
pervenuto  telematicamente  all'Agenzia  delle  entrate,  le  risorse
finanziarie stanziate dalla legge a copertura del  beneficio  fiscale
erano gia' esaurite per effetto delle prenotazioni effettuate  con  i
formulari prevenuti precedentemente. 
    Poiche' la ratio decidendi legata  alla  non  annullabilita'  del
provvedimento impugnato ai sensi  dell'articolo  21-octies  legge  n.
241/1990 e' autonomamente sufficiente  per  sorreggere  la  decisione
della Commissione Tributaria Regionale sul punto,  il  rigetto  della
censura di violazione e falsa  applicazione  dell'articolo  21-octies
legge n. 241/1990 elimina l'interesse della ricorrente allo scrutinio
della censura di violazione e  falsa  applicazione  dell'articolo  7,
secondo comma, legge n.  212/2000;  la  quale  ultima,  pertanto,  va
giudicata inammissibile per sopravvenuta carenza di interesse. 
    In definitiva, tutti  i  motivi  di  ricorso  diversi  dal  primo
appaiono da rigettare,  in  quanto  la  decisione  della  Commissione
Tributaria  Regionale  di  respingere  le  doglianze  proposte  dalla
contribuente in ordine alla legittimita'  dell'impugnato  diniego  di
nulla-osta va giudicata conforme alla legge. 
    La questione di legittimita' costituzionale sopra prospettata  si
palesa dunque rilevante,  in  entrambi  i  profili  in  cui  essa  si
articola, in quanto ai fini della decisione della causa e' necessario
fare applicazione  delle  norme  dettate  dall'articolo  29  d.l.  n.
185/2008 nei commi 1, 2, lettera «a» e 3, primo periodo e prima parte
della  lettera  «a»,  e  alla  stregua  di  tali  norme  si  dovrebbe
respingere il ricorso della contribuente avverso l'impugnato  diniego
nulla-osta, ancorche' tale diniego si  riferisca  ad  un  credito  di
imposta sorto in relazione ad attivita' di ricerca avviate prima  del
29 novembre 2008. 
    Pertanto,  ritenutane   la   rilevanza   e   la   non   manifesta
infondatezza,   va   sollevata   la   questione    di    legittimita'
costituzionale, con riferimento all'articolo 3  Cost.,  dell'articolo
29  del  decreto-legge  n.  185/2008,  convertito   in   legge,   con
modificazioni, con la legge n. 2/2009, sotto i due seguenti profili: 
        sotto il primo profilo, nella parte in cui la norma emergente
dal disposto del comma 1 di detto articolo («Le disposizioni  di  cui
ai commi 1 e 2, dell'articolo 5, del decreto-legge 8 luglio 2002,  n.
138, convertito, con modificazioni, dalla legge  8  agosto  2002,  n.
178, sul monitoraggio dei crediti di imposta si applicano  anche  con
riferimento a tutti i crediti di imposta vigenti alla data di entrata
in vigore del presente decreto tenendo conto degli  oneri  finanziari
previsti in relazione alle disposizioni medesime. In applicazione del
principio di cui al presente comma, al credito di imposta  per  spese
per attivita' di ricerca di cui all'articolo 1, commi da 280  a  283,
della legge 27 dicembre 2006, n. 296, si applicano le disposizioni di
cui ai commi seguenti») non fa salvi i diritti e le aspettative sorti
- ai sensi dell'articolo 1, commi 280 e segg., legge n. 296/2006 - in
relazione ad attivita' di ricerca avviate prima del 29 novembre 2008; 
        sotto il secondo profilo, subordinato al primo,  nella  parte
in cui la norma emergente dal combinato disposto del comma 2, lettera
«a» («per le attivita' di ricerca che, sulla base di atti o documenti
aventi data certa, risultano gia' avviate prima della data di entrata
in vigore del presente decreto, i soggetti interessati inoltrano  per
via telematica alla Agenzia delle entrate, entro trenta giorni  dalla
data di attivazione della procedura di cui al  comma  4,  a  pena  di
decadenza  dal  contributo,  un  apposito  formulario  approvato  dal
Direttore della predetta Agenzia; l'inoltro del formulario vale  come
prenotazione dell'accesso alla fruizione del  credito  d'imposta»)  e
del  comma  3,  primo  periodo,  e  prima  parte  della  lettera  «a»
(«L'Agenzia delle entrate, sulla base dei dati rilevati dai formulari
pervenuti, esaminati rispettandone rigorosamente l'ordine cronologico
di arrivo, comunica telematicamente e con procedura automatizzata  ai
soggetti interessati: a) relativamente alle prenotazioni  di  cui  al
comma 2, lettera a), esclusivamente un nulla-osta ai soli fini  della
copertura finanziaria») stabilisce un  meccanismo  di  selezione  dei
soggetti autorizzati alla fruizione del credito i cui esiti risultano
sostanzialmente casuali.