LA COMMISSIONE TRIBUTARIA PROVINCIALE 
 
    Nella controversia RGR1050/2012 tra  la  sig.ra  Cacciotti  Anna,
legale rappresentate della Srl Acanfora Imballaggi  in  liquidazione,
contro Agenzia delle Entrate Direzione Provinciale di Latina, nonche'
societa' Equitalia Sud SpA Agente della riscossione per la  provincia
di Latina, ha pronunciato la seguente ordinanza. 
Premessa. 
    Con ricorso depositato presso la segreteria di questa CTP  il  27
aprile 2012, iscritto al n. 1050/2012 RGR, la sig.ra Cacciotti  Anna,
legale rappresentate della Srl Acanfora Imballaggi  in  liquidazione,
rappresentata e  difesa  dal  commercialista  Gianfranco  Castellano,
giusta procura in atti, proponeva ricorso  avverso  l'intimazione  di
pagamento n. 05720129008582643/000, emessa dalla  societa'  Equitalia
Sud SpA Agente della riscossione per la provincia di Latina,  con  la
quale si intima di versare entro  cinque  giorni  la  somma  di  euro
638.250,65 per importi iscritti a ruolo conseguenti alla cartella  di
pagamento n. 057 2007 0017869402/000, notificata il 10  maggio  2007,
emessa a seguito di imposte Irap,  Iva  e  ritenute  alla  fonte  sui
redditi per l'anno 2002. 
    Gli importi richiesti sono cosi' ripartiti: 
        a) importo non pagato in cartella euro 454.800,15; 
        b) compenso di riscossione euro 22.642,73; 
        c) interessi euro 160.807,77, fino al 10 aprile 2012; 
        d) altri interessi di' mora maturati dal 10  aprile  2012  da
determinare. 
    A sostegno del ricorso deduceva i seguenti motivi: 
        La  notifica  dell'intimazione  e'  priva  della  relata   di
notifica e sulla busta manca il numero del registro cronologico e  la
sottoscrizione. 
        Dopo   una   dettagliata    esposizione    della    normativa
disciplinante  le  notificazioni  tributarie,   concludeva   per   la
violazione  dell'art.  26  D.P.R.  n.  602/73  con   la   conseguente
inesistenza della notifica. 
    2) In merito ai compensi dovuti per la riscossione e delle  altre
spese nonche' agli interessi di mora deduceva: 
        Nell'avviso viene riportato il valore di euro 21.94,23 per le
spese  del  compenso  di  riscossione  nonche'  euro  158.090,59  per
interessi. 
        L'atto e' nullo per  difetto  di  motivazione  in  quanto  il
Concessionario non ha indicato l'articolazione dei servizi resi con i
relativi costi sostenuti. 
        Detta   carenza   motivazionale    pone    il    contribuente
nell'impossibilita' dell'esercizio alla  tutela  giurisdizionale  dei
propri diritti e interessi (art. 113 della Carta Costituzionale). Gli
interessi imputati al contribuente sono indicati nel complesso e  non
analiticamente  come  statuito  dalla  Corte  di  cassazione  con  la
sentenza 4516 del 21 marzo 2012. 
        Deduceva che il compenso non  puo'  essere  proporzionato  al
valore da  riscuotere,  ma  deve  essere  proporzionato  al  tipo  di
prestazione resa o da rendere; il compenso  non  e'  un'imposta,  che
puo'  essere  anche   progressiva   in   funzione   della   capacita'
contributiva (art. 53 della Costituzione), ma e' un valore che  viene
attribuito ad un servizio reso o da rendere. 
        Rileva  che   la   norma   di   riferimento,   citata   dalla
concessionaria della riscossione, non puo'  fissare  una  percentuale
fissa applicabile ad ogni importo perche' cosi' facendo creerebbe una
disparita' di trattamento tra i contribuenti soggetti al servizio  in
quanto, pur effettuando le stesse operazioni, per il  servizio  reso,
il compenso varia in  relazione  agli  importi  dovuti  per  tributi,
interessi e sanzioni. 
        Obietta che cosi' come  applicata  diventa  un'altra  imposta
progressiva, o una ulteriore sanzione applicabile al contribuente  in
proporzione al debito eventualmente dovuto. Deduceva  ancora  che  il
compenso e' il corrispettivo che dovrebbe essere erogato ad una serie
di prestazioni le quali dovrebbero  essere  elencate  e  documentate,
come si pretende nei contratti tra privati e valorizzate ai  fini  di
determinarne il costo totale. Afferma che nel caso di specie  non  si
conoscono le articolazioni della prestazione che  possano  consentire
una  valutazione  ragionevole.  Richiama  il  parere   dell'Autorita'
Garante della Concorrenza e del Mercato sull'aggio previsto dall'art.
17 d.lgs n. 112/1999; parere  del  Consiglio  Nazionale  dei  dottori
commercialisti; sentenza della Corte costituzionale  n.  480  del  30
dicembre 1993; sentenza Consiglio di Stato n.  29  gennaio  2008,  n.
272. 
        Conclude, affinche', previa sospensiva,  in  via  preliminare
dichiarare nulla la cartella per inesistenza della notifica. 
    In via pregiudiziale di  verificare  la  costituzionalita'  della
normativa richiamata dal Concessionario. 
    In via principale di riconoscere  la  mancata  correttezza  e  la
mancata  corrispondenza  del  rapporto  tra  la   consistenza   delle
prestazioni  ed  il  valore  attribuito   alle   stesse.   Dichiarare
illegittima  la  pretesa  indicata  nell'avviso  di  intimazione   di
pagamento e di ordinare l'annullamento e lo sgravio dell'avviso. 
    L'Agenzia   delle   Entrate,   costituitasi   in   giudizio   con
controdeduzioni  in  data  26  giugno  2012,  ha  chiesto  di  essere
estromessa dal giudizio atteso che l'oggetto del  giudizio  e'  tutto
imperniato sui presunti difetti dell'intimazione di pagamento. 
    Il Concessionario,  con  articolate  controdeduzioni,  contestava
tutti i motivi di ricorso, sostenendo la regolarita' della  notifica.
Eccepiva  il  difetto  di  legittimazione  passiva  in  ordine   alla
illegittimita' della pretesa indicata nell'avviso di  intimazione  di
pagamento. Concludeva, pertanto, con l'istanza di rigetto del ricorso
stesso. 
    Il Concessionario sulla mancata  indicazione  del  servizio  reso
relativamente alla misura del compenso evidenziava  che  il  compenso
per il concessionario e' determinato ai sensi dell'art. 17, comma  3,
del d.lgs n. 112/1999 nella misura del  9%  delle  somme  iscritte  a
ruolo oltre gli interessi di mora. Lo stesso, quindi,  non  necessita
di motivazione. Si opponeva  alla  sospensiva  e  concludeva  per  il
rigetto del ricorso. 
    Con ordinanza  interlocutoria  in  data  22  agosto  2012  veniva
concessa la sospensiva  dell'atto  impugnato.  Il  ricorso  e'  stato
discusso  nella  pubblica  udienza  del  29  ottobre  2012.  Dopo  la
relazione introduttiva svolta dal relatore, le parti costituite  sono
state ammesse alla discussione. A seguito di puntuale esposizione dei
fatti di causa, i  rappresentanti  delle  parti  si  richiamavano  ai
motivi dedotti e concludevano, rispettivamente,  il  ricorrente,  per
l'accoglimento del ricorso  e  il  concessionario  per  il,  rigetto.
L'Ufficio  finanziario   per   la   dichiarazione   di   carenza   di
legittimazione passiva. 
    Il Collegio riservava la decisione; detta riserva veniva  sciolta
nella Camera di Consiglio del 5 dicembre 2012 dove veniva  dichiarata
la  sospensione  del  processo  e  la  rimessione  degli  atti   alla
segreteria della Corte costituzionale. 
 
                                Fatto 
 
    Per la  parte  ricorrente  l'intimazione  di  pagamento  dovrebbe
essere annullata oltre che per i  vizi  di  notifica  per  l'evidente
sproporzione rispetto  alla  modestissima  attivita'  effettuata  dal
Concessionario consistita unicamente nella notifica  dell'intimazione
di pagamento. 
    Con un dettagliato esame della normativa sul punto evidenzia  che
gli importi non possono ritenersi a carattere  retributivo;  risulta,
pertanto, sproporzionata l'imposizione ex lege di  percentuale  fissa
di remunerazione. 
    Il Concessionario sulla mancata  indicazione  del  servizio  reso
relativamente alla misura del compenso si e' limitato a sostenere che
il suo compenso e' determinato ai sensi dell'art. 17,  comma  3,  del
d.lgs n. 112/1999 nella misura del 9% delle somme  iscritte  a  ruolo
oltre gli interessi di mora. Lo  stesso,  quindi,  non  necessita  di
motivazione. 
    Per la  risoluzione  della  presente  controversia  si  impongono
alcune riflessioni per cui  la  Commissione,  esaminati  gli  atti  e
sentite le parti  in  pubblica  udienza,  ritiene  di  sospendere  la
decisione sul ricorso e rimettere gli atti alla Corte  costituzionale
affinche'  si'  pronunci  sulle  questioni   che   saranno   appresso
specificate. 
    Equitalia e' una societa' a totale capitale pubblico: 51% Agenzia
delle Entrate  e  49%  I.N.P.S.  E'  nata  il  1°  ottobre  del  2006
incaricata dell'esercizio dell'attivita' di riscossione dei  tributi,
contributi e sanzioni. 
    Il  gruppo  Equitalia  e'  composto  da  Holding  Equitalia  SpA,
Equitalia Giustizia e Equitalia servizi. 
    Equitalia Sud e' la societa' che  riscuote  in  Campania,  Lazio,
Molise, Puglia, Basilicata e Calabria. 
    Ad Equitalia per l'esercizio della propria  attivita',  la  legge
stabilisce dei compensi (Aggio ed altri). 
    Tutto cio' che il cittadino paga a  Equitalia  viene  interamente
restituito agli enti creditori, ad eccezione dell'aggio e delle spese
di riscossione stabilite dal legislatore.  La  percezione  dell'aggio
nella misura del 9% viene criticata aspramente dagli operatori. 
    Infatti  basta  considerare  i  nuovi  avvisi   di   accertamento
esecutivi emessi dall'Agenzia delle Entrate dal 1° ottobre 2011. 
    Nel sistema degli accertamenti  esecutivi  il  contribuente  deve
versare le somme entro il termine per il ricorso e, in tal  caso  non
sono previsti gli aggi da corrispondere; per contro  attraverso  tali
atti esecutivi se il contribuente  non  adempie  al  pagamento  delle
somme dovute entro il termine di presentazione del  ricorso,  l'aggio
deve essere pagato interamente nella misura del 9% esclusivamente  in
capo al contribuente anche se fino  a  quel  momento  l'agente  della
riscossione non ha svolto nessuna funzione al servizio in  quanto  il
ruolo e la cartella di pagamento sono state assorbite dall'avviso  di
accertamento esecutivo. Si assiste, pertanto,  ad  una  remunerazione
tutta in capo al  contribuente  senza  una  controprestazione  di  un
servizio da parte di Equitalia. 
    Di recente il legislatore e' intervenuto rivisitando radicalmente
il sistema della remunerazione dei costi necessari per la riscossione
dei tributi, sostituendo integralmente il primo  comma  dell'art.  17
del d.lgs 13 aprile 1999 n. 112, rinunciando all'utilizzo del termine
"aggio" e preferendo il piu' appropriato termine "rimborso". 
    Attraverso il d.l. n. 201/2011  vi  e'  una  revisione  normativa
sull'aggio anche se limitatamente  alle  cartelle  di  pagamento,  la
norma di revisione non riguarda, infatti, gli atti esecutivi, infatti
il d.l. n. 201/2011 non ha modificato l'art. 29 del d.l.  n.  78/2010
in tema di accertamenti esecutivi. 
    Un completo  riassetto  del  sistema  delle  remunerazione  degli
agenti della riscossione e' data dalle novita' introdotte  dai  commi
da 13-quater a 13-sexies art. 10 d.l. n.  201/2011  secondo  cui  gli
agenti della riscossione hanno diritto al rimborso dei costi fissi in
proiezione. 
    I  decreti  con  cui  verra'  sostituito  l'aggio  devono  essere
approvati entro il 31 dicembre 2013  (art.  comma  10-quinquies,  del
d.l. n. 201/2011 e quindi la riforma dell'aggio dovrebbe  entrare  in
vigore nel 2014. 
    Ne consegue che prima di detto momento si continuera' ad  attuare
l'art. 17 del d.lgs. n. 112/1999 ante d.l.  n.  201/2011  poiche'  la
riforma sara' attuata nel 2014. 
    Infatti e' stabilito che fino alla data di entrata in vigore  dei
decreti sopra citati (per la determinazione della remunerazione degli
agenti della riscossione, e per  tipologie,  misura  e  modalita'  di
rimborso, resta ferma la disciplina vigente alla data di  entrata  in
vigore della legge di conversione del decreto n. 201/2011. 
    Alla controversia in esame  si  applica,  quindi,  la  disciplina
prevista dall'art. 17 d.lgs. n. 112/1999. 
 
                               Diritto 
 
    La  Commissione,  preso  atto  della  richiesta   di   remissione
sollevata dalla ricorrente secondo cui l'art. l'art. 17, comma 1, del
d.lgs n. 112/1999, cosi' come modificato dall'art. 32,  comma  1  del
decreto-legge n. 185/2008  presenta  profili  di  incostituzionalita'
essendo in contrasto con la Carta costituzionale  relativamente  agli
articoli 3 e 97 della Costituzione osserva: l'eccezione sollevata dal
ricorrente del controllo di costituzionalita' dell'art. 17 d.lgs.  n.
112/1999 appare rilevante e pertinente ai  fini  della  decisione  da
parte di questa Commissione e non manifestamente  infondata  per  cui
non  puo'  essere  respinta  l'istanza  di  remissione   alla   Corte
costituzionale   della   sollevata    questione    di    legittimita'
costituzionale per l'aperto e radicale contrasto con  i  principi  di
ragionevolezza e di buon andamento della pubblica amministrazione  di
cui agli articoli 3 e 97 della Costituzione. 
    Il contrasto del citato art. 17, comma 10, con  il  principio  di
eguaglianza ex art. 3 Cost. emergerebbe per differenza di trattamento
che  vi  sarebbe  fra  il  cittadino  che  sia  in  grado  di  pagare
immediatamente la pretesa (al quale sarebbe  consentito,  proprio  in
ragione delle sue condizioni economiche, di versare le somme entro il
termine per il ricorso e, in tal caso l'aggio dovuto dal contribuente
e' pari al 4,65% delle somme iscritte a  ruolo,  mentre  il  restante
4,35% e' dovuto dall'ente creditore; per contro, quello che non abbia
i mezzi  sufficienti  per  fare  tale  pagamento  e  non  adempie  al
pagamento delle somme dovute entro il termine  di  presentazione  del
ricorso, deve versare l'aggio interamente nella  misura  del  9%,  in
forza  di  un  presupposto  stabilito  dalla,  legge  e   consistente
nell'onere di versare una somma,  come  nel  caso  di  specie,  assai
ingente. 
    Alla parita' della quantita' di servizi offerti e' inimmaginabile
l'applicazione della  diversita'  del  compenso,  perche'  legato  al
valore di lite, contravvenendo all'art. 3 della Carta costituzionale.
Non e' possibile versare  importi  diversi  per  la  stessa  identica
prestazione,  atteso  che  la  misura  della  remunerazione  non   e'
vincolata all'esercizio di specifiche attivita' da parte  dell'agente
della riscossione, ma unicamente all'importo delle somme  iscritte  a
ruolo. 
    Il  comportamento  adottato  contrasta   con   quanto   affermato
nell'art.  3  della  Costituzione  il  quale  afferma  che  «tutti  i
cittadini hanno pari dignita' sociale  e  sono  eguali  davanti  alla
legge, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione,
di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali. E'  compito
della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale
che limitando di fatto la liberta'  e  l'eguaglianza  dei  cittadini,
impediscono il pieno  sviluppo  della  persona  umana  e  l'effettiva
partecipazione di tutti  i  lavoratori  all'organizzazione  politica,
economica e sociale del Paese». 
    In punto  di  non  manifesta  infondatezza  della  questione,  il
Collegio ricorda che codesta ecc.ma Corte con la sentenza n. 480  del
30 dicembre 1993 ha stabilito che la misura dell'aggio deve ritenersi
ragionevole  (e  quindi  costituzionalmente  legittima)  se  essa  e'
contenuta in un importo minimo e massimo che non superi di  molto  la
soglia di copertura del costo della  procedura.  Nello  stesso  senso
Consiglio di Stato 29 gennaio 2008, n. 272. 
    La Commissione ritiene  che  la  norma  debba  essere  nuovamente
valutata sotto un altro profilo. 
    Come ha sostenuto la parte appare assolutamente ingiustificato la
fissazione della misura dei compensi  di  riscossione  a  carico  del
contribuente nella percentuale fissa del nove per cento  delle  somme
riscosse nel caso in cui il pagamento sia effettuato  oltre  sessanta
giorni dalla notifica della cartella di pagamento, anziche' in misura
corrispondente ai costi del servizio di riscossione. 
    I  dubbi  in  ordine  alla  ragionevolezza  dell'attuale   misura
dell'aggio sono alimentati, oltre che  dalla  considerazione  che  la
legge non fissa un importo massimo prestabilito dello  stesso,  anche
dalla constatazione che l'agente, nell'ambito della  nuova  procedura
di riscossione delle somme risultanti dagli atti di cui  alla  letta)
dell'art. 29, comma 1 d.l. n. 78 del 2010,  non  avra'  piu'  neppure
l'onere  di  notificare  la  cartella   di   pagamento   risparmiando
conseguentemente i relativi costi, per cui dovra'  attivasi  solo  al
momento  di  avviare  l'azione  esecutiva,  per  la  quale  la  legge
riconosce il rimborso delle spese sostenute. Se a cio'  si  aggiunge,
che a seguito dell'abrogazione  a  decorrere  dal  26  febbraio  1999
dell'obbligo del non riscosso come riscosso (art. 2, comma 1,  d.lgs.
22 febbraio 1999, n. 37, l'agente della riscossione non subisce  piu'
alcun danno patrimoniale da riparare per  effetto  dell'inadempimenti
del contribuente e che il servizio di  riscossione  coattiva  non  e'
piu' gestito  da  concessionari  privati,  ma  da  un  ente  pubblico
economico, emergono con chiarezza i profili  di  dubbia  legittimita'
costituzionale dell'attuale disciplina sul punto. 
    Le  considerazioni  contenute  nella  giurisprudenza  di  codesta
Corte, al costo del servizio pubblico  di  riscossione,  incoraggiano
questo   giudice   a   sollevare   la   questione   di   legittimita'
costituzionale dell'art. 17 del d.lgs.  n.  112/1999  richiamato  dal
concessionario nelle sue controdeduzioni. 
    Nella sentenza n. 59/1987 codesta ecc.ma  Corte  ritenne  che  la
scelta del legislatore "seppure discrezionale, non puo' sottrarsi  al
sindacato sotto il profilo del buona andamento secondo i canoni della
non arbitrarieta' e della ragionevolezza della disciplina rispetto al
fine indicato nell'ari 97, primo comma della Costituzione di  talche'
in "sede di  un  giudizio  sulla  legittimita'  costituzionale  delle
leggi,   la   violazione   del   principio    di    buon    andamento
dell'amministrazione  puo'  essere  invocata  allorche'   si   assuma
l'arbitrarieta' o  la  manifesta  irragionevolezza  della  disciplina
impugnata rispetto  al  fine  indicato  nell'art.  97,  primo  comma,
Costituzione   (C.   cost.   n.   10/1980).   Irragionevole    sembra
l'applicazione dell'aggio di riscossione  anche  sugli  interessi  di
mora, sol  che  si  consideri  che  l'agente  della  riscossione,  in
relazione agli importi non pagati tempestivamente  dal  contribuente,
non ha anticipato alcuna somma all'erario. La Commissione rileva  che
la prospettata questione di legittimita' costituzionale dell'art. 17,
comma 1, del d.lgs. n. 112/1999 e'  rilevante  e  non  manifestamente
infondata atteso che nel caso in esame  il  pagamento  dell'aggio  e'
stabilito in misura fissa anziche' in misura corrispondente ai  costi
del  servizio   di   riscossione,   l'irrazionalita'   deriva   dalla
circostanza che  detta  misura  non  assicura  che  la  gestione  del
servizio sia volta soltanto alla copertura dei costi. 
    Il dubbio sorge nella parte  in  cui  sottopone  all'obbligo  del
pagamento pur in assenza di specifici criteri di  determinazione  del
costo di tale servizio. 
    Dunque,  l'obbligo  dell'aggio  puo'  ritenersi   ragionevole   e
coerente allorche' la misura corrisponda al costo della  prestazione,
mentre deve ritenersi ingiusto e  penalizzante  e  costituzionalmente
illegittimo per l'assenza di un tetto minimo e  massimo  alla  misura
dei compensi. 
    L'ingiustizia di un  siffatto  sistema  e'  poi  risaltata  nella
fattispecie dalla previsione di una qualche forma di riequilibrio nel
2014. 
    La disciplina vigente appare quanto mai irragionevole poiche'  il
compenso di riscossione costituisce il corrispettivo di una specifica
prestazione di  servizi,  deve  ritenersi  del  tutto  arbitraria  la
determinazione  della  misura  di  tale   compenso   a   carico   del
contribuente nella percentuale fissa del nove per cento  delle  somme
iscritte a ruolo, non essendo quest'ultima in alcun modo ancorata  ai
costi di gestione sostenuti dall'agente della riscossione. 
    Cio' contrasta ad avviso di questo giudice tributario con  l'art.
97 per la manifesta irrazionalita'. 
    La questione  di  legittimita'  costituzionale  involge,  dunque,
l'art. 17, comma 1 del d.lgs. n. 112/199 per contrasto con  l'art.  3
per la violazione del  principio  di  eguaglianza  del  cittadino  di
fronte alla legge laddove il compenso viene legato  al  valore  della
lite e 97  relativo  al  principio  di  buon  andamento  della  P.A.,
difettando  di  quei  criteri  di  trasparenza  e  correlazione   con
l'attivita' richiesta e congruita' con i costi medi di  gestione  del
servizio che rappresentano i corollari  necessari  del  principio  di
buon andamento sancito dall'art. 97, primo comma,  Costituzione,  per
manifesta illogicita'. 
    Il Collegio e' consapevole  che  il  giudice  deve  sollevare  la
questione di legittimita' costituzionale soltanto dopo aver accertato
l'impossibilita'  di  un  iter  interpretativo   della   disposizione
conforme alla Costituzione. 
    Se, infatti tra i poteri del giudice  tributario  vi  e'  quello,
riconosciuto  dall'art.  7,  comma  5,  del  d.lgs.  n.   546/92   di
disapplicare un regolamento o un  atto  generale  rilevante  ai  fini
della decisione, cionondimeno, detto potere  non  puo'  estendersi  a
norme di rango ordinario per cui il doveroso tentativo di individuare
una interpretazione della norma costituzionalmente corretta non offre
altra soluzione se non quella di  un  intervento  del  giudice  delle
leggi  per  l'impossibilita'  di  individuare   una   interpretazione
adeguatrice  che  possa  correggere   in   sede   interpretativa   ed
applicativa l'art.17 del d.lgs. n. 112/1999. 
    Per cui, condividendo i  dubbi  della  parte  ricorrente,  questo
Collegio  ritiene  pertanto  che   la   questione   di   legittimita'
costituzionale dell'art. 17, comma 1, del d.lgs. 13 aprile  1999,  n.
112,  come  modificato  dall'art.  32,  comma   1,   lett.   a)   del
decreto-legge 29 novembre 2008, n. 185,  convertito  dalla  legge  28
gennaio 2009 n. 2, in vigore dal 29 novembre 2008, per contrasto  con
gli artt. 3 e 97  della  Costituzione,  sia  rilevante  nel  presente
giudizio in quanto esso non puo' essere definito in  assenza  di  una
risoluzione della questione di legittimita' costituzionale e che tale
questione  non  sia  manifestamente   infondata   alla   luce   delle
considerazioni suesposte.