Ricorso del Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall'Avvocatura Generale dello Stato presso i cui Uffici in Roma, via dei Portoghesi 12, e' domiciliato, nei confronti della Regione Sardegna in persona del suo Presidente per la dichiarazione della illegittimita' costituzionale dell'art. 13, comma 3, della legge regionale 15 gennaio 2014, n. 4. recante: «Istituzione dell'Agenzia regionale per la bonifica e l'esercizio delle attivita' residuali delle aree minerarie dismesse o in via di dismissione (ARBAM)» (B.U. Sardegna 17 gennaio 2014. n. 4). Si premette che la Regione Sardegna, in base all'articolo 3, primo comma, lettera a) dello Statuto speciale di autonomia, legge costituzionale 26 febbraio 1948, n. 3, gode di competenza legislativa primaria in materia di «ordinamento degli uffici e degli enti amministrativi della Regione e stato giuridico ed economico del personale». Tale competenza, ai sensi della medesima norma statutaria, trova il proprio limite nella Costituzione e nei principi dell'ordinamento giuridico della Repubblica e deve esplicarsi nel rispetto degli obblighi internazionali e degli interessi nazionali, nonche' delle norme fondamentali delle riforme economico-sociali della Repubblica. Tanto premesso, l'art. 13, comma 3. della l.r. n. 4/2014, che disciplina il personale dell'ARBAM, presenta profili di illegittimita' costituzionale in quanto eccede le competenze regionali in violazione degli artt. 97, comma 3, e 117, secondo comma. lettera l) della Costituzione per i seguenti motivi. Il comma 3 dell'art. 13 della l.r. n. 4/14 prevede che «in sede di prima applicazione il personale a tempo indeterminato dipendente di IGEA S.p.a. e' trasferito all'ARBAM. Ad esso si applica il contratto collettivo del comparto Regione, enti e agenzie: in caso di trattamenti economici supe-riori e' riconosciuto in favore degli interessati un assegno ad personam riassorbibile». E' di tutta evidenza che la norma citata disciplina, in realta', una procedura di mobilita' del personale dipendente a tempo indeterminato dalla predetta societa' in house IGEA S.p.a. della Regione Sardegna verso l'ARBAM (Ente pubblico regionale), determinando un inquadramento riservato dei lavoratori della IGEA S.p.a. Tutto cio' e' in contrasto con il principio di accesso al pubblico impiego mediante concorso di cui all'art. 97, comma 3, della Costituzione e con i principi stabiliti dal d.lgs. n. 165/2001, che trovano applicazione per il personale delle Pubbliche Amministrazioni indicate nell'art. 1, comma 2, di detto decreto, ivi comprese tutte le Regioni. Come e' noto, le disposizioni del citato d.lgs. n. 165/2001 costituiscono principi fondamentali ai quali il legislatore regionale deve fare riferimento (cfr. art. 1, comma 3, d.lgs. n. 165/2001); pertanto la norma regionale in esame confligge con l'art. 117, secondo comma, lettera l), della Costituzione, il quale riserva «l'ordinamento civile», e quindi i rapporti di lavoro di diritto privato regolati dal codice civile (e dai contratti collettivi), alla competenza legislativa esclusiva dello Stato. La norma regionale impugnata, infatti, incide su un istituto, quale e' la mobilita', che certamente afferisce alla disciplina del rapporto di lavoro pubblico (privatizzato). Essa invade, quindi, una sfera di competenza legislativa che l'art. 117, secondo comma, lettera l), Cost. riserva esclusivamente allo Stato. Codesta Ecc.ma Corte ha piu' volte ricondotto alla materia dell'«ordinamento civile» le diverse forme e procedure di mobilita' nel lavoro pubblico (sentenze n. 68 del 2011 e n. 324 del 2010; nonche', da ultimo, sent. n. 17 del 2014). Come pure ha escluso che la normativa statale sulla mobilita' collettiva si ingerisca nelle scelte delle Regioni e degli enti locali circa le loro esigenze di munirsi di nuovo personale, rilevando trattarsi, piuttosto, di «disciplina necessariamente di competenza dello Stato, in quanto solo lo Stato puo' emanarne una con efficacia vincolante per tutte le amministrazioni pubbliche, centrali e locali, e far si' in tal modo che gli elenchi del personale in mobilita' (delle amministrazioni centrali e locali) non restino tra loro incomunicabili» (sentenza n. 388 del 2004). La norma citata contrasta, altresi', con la legge di stabilita' per il 2014 (legge n. 147/2013) che ha espressamente previsto, all'art. 1, comma 563, ultimo periodo, che la mobilita' del personale non puo' comunque avvenire tra le societa' controllate direttamente o indirettamente dalle pubbliche amministrazioni e le stesse pubbliche amministrazioni. Si segnala, infine, la sentenza della Corte Costituzionale n. 227/2013, con la quale si ribadisce «l'indefettibilita' del concorso pubblico come canale di accesso pressoche' esclusivo nei ruoli delle pubbliche amministrazioni, «in linea con il principio di uguaglianza e i canoni di imparzialita' e di buon andamento [...] ex artt. 3 e 97 Cost.» (ex plurimis, sentenza n. 28 del 2013). Gia' in passato questa Corte ha ritenuto ingiustificato il mancato ricorso a detta forma, generale e ordinaria, di reclutamento del personale della pubblica amministrazione in relazione a norme regionali di generale ed automatico reinquadramento del personale di enti di diritto privato nei ruoli di Regioni o enti pubblici regionali (che, come quella in oggetto, non assicuravano il previo espletamento di alcuna procedura selettiva di tipo concorsuale). E cio' si spiega perche' il trasferimento da una societa' partecipata dalla Regione alla Regione o ad altro soggetto pubblico regionale si risolve in un privilegio indebito per i soggetti beneficiari di un siffatto meccanismo, in violazione dell'art. 97 Cost. (sentenza n. 62 del 2012; nello stesso senso, sentenze n. 310 e n. 299 del 2011, nonche' sentenza n. 267 del 2010).