IL TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE DELLA CAMPANIA (Sezione Prima) Ha pronunciato la presente ordinanza sul ricorso numero di registro generale 5777 del 2011, proposto da: Comune di Napoli in persona del Sindaco p.t., rappresentato e difeso dagli avv. Barbara Accattatis Chalons D'Oranges, Giuseppe Tarallo, Fabio Maria Ferrati, con domicilio eletto presso Giuseppe Tarallo in Napoli, Avvocatura Municipale - p.zza S. Giacomo; Contro Regione Campania, in persona del presidente p.t., rappresentato e difeso dagli avv. Angelo Marzocchella, Rosaria Palma, con domicilio eletto presso Rosaria Palma in Napoli, via S.Lucia 81 /Avv.Ra Reg.; Nei confronti di Provincia di Napoli, in persona del presidente p.t. rappresentato e difeso dall'avv. Luciano Scetta, con domicilio eletto presso Luciano Scetta in Napoli, piazza Matteotti, 1; Ministero per i Beni e le Attivita' Culturali, in persona del Ministro p.t. rappresentato e difeso per legge dall'Avvocatura Distrettuale dello Stato di Napoli, domiciliata in Napoli, via Diaz, 11; Per l'annullamento del «regolamento di attuazione per il governo del territorio» del 4 agosto 2011, pubblicato sul B.U.R.C. n. 53 del 08/08/2011-artt. 1, comma 3 e 9, commi 2 e 3. Visti il ricorso e i relativi allegati; Viste le memorie difensive; Visti tutti gli atti della causa; Visti gli atti di costituzione in giudizio di Regione Campania e di Provincia di Napoli e di Ministero per i Beni e le Attivita' Culturali; Relatore nell'udienza pubblica del giorno 30 aprile 2014 il dott. Antonio Andolfi e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale; In punto di fatto deve essere premesso che la regione Campania, con la legge regionale numero 16 del 22 dicembre 2004, recante norme sul governo del territorio, ha disciplinato la tutela, gli assetti, le trasformazioni e le utilizzazioni del territorio, istituendo un sistema di pianificazione territoriale ed urbanistica articolato a livello regionale, provinciale e comunale. La suddetta legge e' stata modificata con la legge regionale numero 1 del 5 gennaio 2011 mediante la quale, con l'art. 2, comma 2, nel testo della legge regionale numero 16 del 2004 sul governo del territorio, dopo l'articolo 43, e' stato inserito l'articolo 43-bis, rubricato «regolamento di attuazione». Tale articolo 43-bis dispone che, nel rispetto dei principi contenuti nella vigente normativa nazionale e regionale in materia di urbanistica, di edilizia e di procedimento amministrativo e in attuazione dei principi di cui all'articolo 1, comma 2, lettere b) e c) (principi di trasparenza, efficienza ed efficacia dell'azione amministrativa, mediante la semplificazione dei procedimenti di programmazione e pianificazione; concertazione di tutti i livelli istituzionali con le organizzazioni economiche e sociali e con le associazioni ambientaliste legalmente riconosciute) la Regione disciplina con un regolamento di attuazione i procedimenti di formazione degli accordi di programma, del piano territoriale regionale, dei piani settoriali regionali, dei piani territoriali di coordinamento provinciale, dei piani urbanistici comunali, dei piani urbanistici attuativi, dei regolamenti urbanistici edilizi comunali, dei comparti edificatori, nonche' le modalita' di stipula delle convenzioni tra enti pubblici e soggetti privati, la disciplina dello sportello unico dell'edilizia, la disciplina dell'attivita' di vigilanza e la disciplina degli accertamenti di conformita' delle opere edilizie abusive, istituti urbanistici tutti previsti dalla legge regionale 16 del 2004. In applicazione del richiamato articolo 43-bis, la regione Campania ha emanato il regolamento di attuazione per il governo del territorio, numero 5 del 4 agosto 2011, pubblicato nel bollettino ufficiale regionale numero 53 dell'8 agosto 2011. Il regolamento di attuazione disciplina, come previsto dall'articolo 43-bis della legge regionale 16 del 2004, i procedimenti amministrativi di formazione dei piani territoriali, urbanistici e di settore, previsti dalla legge regionale 16 del 2004, rinviando, per quanto riguarda la disciplina dello sportello unico dell'edilizia e degli accertamenti di conformita' delle opere abusive, ad un ulteriore regolamento di attuazione in materia edilizia. Con il ricorso indicato in epigrafe, il comune di Napoli, richiamato il carattere lesivo per gli interessi dell'Amministrazione comunale del regolamento regionale numero 5 del 2011, ne chiede l'annullamento. Con il primo motivo di impugnazione, il comune di Napoli deduce l'illegittimita' del regolamento regionale per violazione dello statuto regionale e dell'articolo 123 della Costituzione, sollevando la questione di illegittimita' costituzionale dell'articolo 2, comma 2 della legge regionale numero 1 del 2011. L'articolo 56 dello statuto della regione Campania, infatti, nel disciplinare la potesta' regolamentare, al comma 4 cosi' dispone: «nelle materie di competenza esclusiva della Regione, la legge regionale puo' autorizzare la giunta ad emanare regolamenti in materia gia' disciplinata con legge. In tal caso la legge regionale di autorizzazione determina le norme generali regolatrici della materia e dispone l'abrogazione delle norme legislative vigenti, con effetto dalla data di entrata in vigore delle norme regolamentari». Il regolamento in delegificazione impugnato, intervenendo in una materia di legislazione concorrente tra Stato e Regione, quella del governo del territorio, violerebbe quanto previsto dallo statuto regionale all'articolo 56 comma 4. L'emanazione del suddetto regolamento, in effetti, e' stata autorizzata dalla legge regionale numero 1 del 2011, mediante l'inserimento dell'articolo 43-bis nella legge regionale 16 del 2004. La norma della legge regionale che ha consentito la delegificazione in materia di governo del territorio (si tratta della norma recata dall'articolo 2 comma 2 della legge regionale 1 del 2011, che ha inserito nel testo della legge regionale numero 16 del 2004 il piu' volte richiamato articolo 43-bis) andrebbe, dunque, dichiarata incostituzionale, per violazione dello statuto regionale e, di conseguenza, dell'articolo 123 della Costituzione. In via subordinata, il Comune chiede l'annullamento del regolamento impugnato per ulteriori motivi. Con il 2° motivo deduce l'illegittimita' dell'articolo 1, comma 3 del regolamento, che prevede la perdita di efficacia, dopo 18 mesi dall'entrata in vigore dei piani territoriali di coordinamento provinciale, di tutti i piani regolatori generali e programmi di fabbricazione vigenti. Tale disposizione sarebbe illegittima per violazione dell'articolo 44 comma 2 della legge regionale 16 del 2004, fissando un termine troppo breve per l'adeguamento degli strumenti urbanistici comunali ai piani territoriali di coordinamento provinciale; inoltre, l'articolo 1 comma 3 del regolamento sarebbe illegittimo nella parte in cui prevede, in caso di mancata approvazione del piano urbanistico comunale entro 18 mesi dall'entrata in vigore del piano territoriale di coordinamento provinciale, l'intervento sostitutivo della provincia; il potere sostitutivo, nella fattispecie, sarebbe disciplinato in violazione del principio di leale collaborazione, non essendo previste sufficienti garanzie minime per l'ente sostituito, in violazione degli articoli 118 e 120, comma 2, della Costituzione. Con il 3° motivo il Comune deduce l'illegittimita' dello stesso articolo 1 comma 3 del regolamento, nella parte in cui prevede che, alla scadenza dei 18 mesi di cui sopra, nei comuni privi di piano urbanistico comunale, si applica la disciplina di cui all'articolo 9 del decreto del presidente della Repubblica numero 380 del 2001, con conseguente blocco dell'attivita' edilizia, sia per i privati che per il Comune e compressione del diritto di proprieta', in violazione degli articoli 3, 42 e 97 della Costituzione. Con il 4° motivo il Comune deduce un ulteriore profilo di illegittimita' dell'articolo 1 comma 3 del regolamento, per violazione dell'articolo 11 della legge urbanistica numero 1150 del 1942, ai sensi della quale il piano regolatore generale del Comune ha vigore a tempo indeterminato. Il 5° motivo di impugnazione e' rivolto avverso la norma recata dall'articolo 9, comma 2 del regolamento che prevede che il piano strutturale del programma territoriale di coordinamento provinciale abbia valenza di piano di valorizzazione paesaggistica; la norma sarebbe in contrasto con l'articolo 135 del decreto legislativo 42 del 2004 che assegna la valorizzazione paesaggistica alla competenza concorrente dello Stato e delle Regioni. Con il 6° motivo si deduce la illegittimita' dello stesso articolo 9 comma 2 anche per violazione dell'articolo 20 del testo unico degli enti locali che non assegna ai piani territoriali di coordinamento, adottati dalla provincia, alcuna valenza di valorizzazione paesaggistica; sarebbe stata violata anche la legge regionale numero 13 del 2008, di approvazione del piano territoriale regionale, che, nello stesso senso, non attribuisce valenza di valorizzazione paesaggistica ai piani territoriali di coordinamento provinciale; se cosi' non fosse, anche quest'ultima legge andrebbe dichiarata incostituzionale, secondo il Comune ricorrente, per violazione dell'articolo 117 della Costituzione che attribuisce la tutela dell'ambiente alla competenza esclusiva dello Stato e la valorizzazione dei beni culturali e ambientali alla competenza concorrente di Stato e Regione. Con il 7° motivo il Comune riconosce che la Regione aveva assegnato valenza di piano paesaggistico al piano territoriale di coordinamento provinciale gia' con la legge regionale numero 16 del 2004, all'articolo 18 comma 7. Tale norma, peraltro, equiparando uno strumento di pianificazione territoriale ad un piano paesaggistico, contrasterebbe con il principio della prevalenza della pianificazione paesaggistica fissato dal decreto legislativo 42 del 2004. Di conseguenza, il Comune ricorrente solleva la questione di legittimita' costituzionale anche dell'articolo 18, comma 7 della legge regionale numero 16 del 2004, per violazione dell'articolo 117 della costituzione. Con l'8° motivo il Comune chiede l'annullamento dell'articolo 9 comma 3 del regolamento nella parte in cui si stabilisce il contenuto del piano territoriale di coordinamento provinciale, in quanto tale norma abiliterebbe la Provincia a compiere una vera e propria zonizzazione urbanistica, in lesione delle prerogative comunali e in conseguente violazione, non solo della normativa statale, con riferimento agli articoli 13 comma 1 e 19 del testo unico enti locali che stabiliscono le funzioni amministrative comunali, ma anche degli articoli 5 e 118 della Costituzione posti a tutela dell'autonomia comunale. La provincia di Napoli si costituisce in giudizio per resistere al ricorso. Anche la regione Campania si costituisce in giudizio, eccependo, in via preliminare, la irricevibilita' del ricorso per tardivita' della notifica (il ricorso e' stato pubblicato nel bollettino ufficiale regionale in data 8 agosto 2011, ma sarebbe stato notificato alla regione solo in data 18 novembre 2011); il ricorso sarebbe inammissibile, inoltre, per non essere state tempestivamente impugnate le delibere di giunta regionale numero 241 e numero 364, rispettivamente del 24 maggio 2011 e del 19 luglio 2011, atti prodromici al regolamento impugnato. Nel merito, il regolamento sarebbe legittimo, essendo state rispettate le norme sulla competenza e le norme generali regolatrici della materia. Anche l'esercizio del potere sostitutivo sarebbe conforme al principio di sussidiarieta' e non sussisterebbe il lamentato blocco dell'attivita' edilizia, in caso di mancato adeguamento agli strumenti urbanistici provinciali, essendo applicabile l'articolo 9 del d.p.r. 380 del 2001 che non esclude tutte le possibilita' di edificazione. Le funzioni attribuite alla Provincia sarebbero conformi all'articolo 19 del testo unico enti locali e all'articolo 114 della Costituzione. Il Comune replica alle eccezioni di irricevibilita' e inammissibilita' del ricorso rilevando che lo stesso e' stato notificato l'11 novembre 2011, dovendo tenersi conto della data di spedizione dell'atto da notificare e non di quella in cui il destinatario ha ricevuto la notifica; le delibere di giunta regionale numero 241 e 364 del 2011, in quanto atti endoprocedimentali, preparatori alla emanazione del regolamento, non dovevano essere impugnate, a differenza del provvedimento lesivo, il regolamento stesso. Il Collegio ritiene di poter superare agevolmente le eccezioni preliminari. Innanzitutto il ricorso non puo' essere ritenuto tardivo, essendo stato notificato entro il termine di 60 giorni dalla pubblicazione del regolamento impugnato nel bollettino ufficiale regionale, intervenuta in data 8 agosto 2011. Tenuto conto della sospensione feriale dei termini processuali, il termine di decadenza per la proposizione del ricorso, pari a 60 giorni, ha iniziato a decorrere dal 16 settembre 2011, venendo a scadere il successivo 15 novembre. Al fine di valutare la tempestivita' della notificazione del ricorso, come e' pacifico nella giurisprudenza, non deve essere preso in considerazione il giorno in cui la notificazione si e' perfezionata per il destinatario, bensi' la data in cui l'atto da notificare e' stato spedito in plico raccomandato con avviso di ricevimento, ai sensi dell'articolo 1 della legge numero 53 del 1994. Nella fattispecie, la data del timbro postale dimostra che la spedizione della raccomandata e' stata eseguita in data 11 novembre 2011, quindi prima della scadenza del termine. Anche l'eccezione di inammissibilita' non merita di essere apprezzata favorevolmente, atteso che nessuna norma processuale impone al ricorrente di impugnare, congiuntamente all'atto lesivo, gli atti preparatori dello stesso; deve ritenersi, dunque, ammissibile il ricorso avverso il regolamento regionale contestato anche in mancanza della impugnazione delle delibere regionali numero 214 del 24 maggio 2011 e numero 364 del 19 luglio 2011 con le quali la giunta regionale ha deliberato il regolamento prima clic venisse approvato dal consiglio regionale e definitivamente emanato dal presidente della giunta regionale. Nel merito, la questione di legittimita' costituzionale sollevata dal Comune ricorrente con il primo motivo di ricorso e' rilevante e non manifestamente infondata. La rilevanza discende dal fatto che il regolamento contestato, reputato dal Comune lesivo della propria autonomia, trova il proprio fondamento nell'articolo 43-bis della legge regionale numero 16 del 2004, disposizione introdotta dall'articolo 2, comma 2 della legge regionale numero 1 del 2011. Come gia' esposto in punto di fatto, il suddetto articolo 43-bis ha delegificato i procedimenti di formazione di tutti gli strumenti urbanistici previsti nell'ordinamento regionale. Prima della novella introdotta dall'articolo 2, comma 2 della legge regionale numero del 2011, infatti, tali procedimenti erano disciplinati con legge regionale. La norma della cui costituzionalita' si dubita, invece, ha autorizzato la Regione a disciplinare quei procedimenti con regolamento di attuazione. Se fosse accertata, pertanto, l'illegittimita' costituzionale della norma autorizzatrice, il regolamento impugnato dovrebbe essere annullato per illegittimita' derivata, per cui la pretesa di parte ricorrente sarebbe pienamente soddisfatta. Tanto premesso in ordine alla rilevanza della questione di costituzionalita', il Collegio reputa, inoltre, che la questione non sia manifestamente infondata. Ai sensi dell'articolo 117 della Costituzione, infatti, la materia del governo del territorio e' compresa tra quelle di legislazione concorrente tra Stato e regioni; lo statuto regionale campano, d'altra parte, all'articolo 56, comma 4, consente la delegificazione nelle sole materie di competenza esclusiva della Regione; l'articolo 43-bis della. legge regionale numero 16 del 2004, introdotto dall'articolo 2, comma 2 della legge regionale numero 1 del 2011, prevedendo che la Regione disciplini con regolamento di attuazione i procedimenti di formazione dei piani e dei programmi urbanistici di tutti i livelli, consente all'Amministrazione regionale di disciplinare con regolamento i procedimenti di adozione e approvazione degli strumenti urbanistici, in aperto contrasto con la norma statutaria che non consentirebbe la disciplina regolamentare delle materie di legislazione concorrente. L'emanazione di un regolamento di disciplina dei procedimenti in materia urbanistica, materia, come gia' rilevato, di legislazione concorrente, in palese violazione dello statuto regionale, sembra porsi, dunque, in indiretta violazione dell'articolo 123 della Costituzione, laddove e' previsto che ciascuna Regione abbia uno statuto che determina i principi fondamentali di organizzazione e funzionamento della stessa. Considerato che lo statuto regionale campano, tra i principi di organizzazione, pone il principio per cui la delegificazione puo' essere autorizzata nelle sole materie di competenza legislativa esclusiva regionale, deve concludersi per la non manifesta infondatezza della questione di legittimita' costituzionale sollevata, per sospetto contrasto con l'art. 123 della Costituzione. Il regolamento in questione appare porsi in diretto contrasto anche con l'articolo 117 della Costituzione, nella parte in cui comprende tra le materie di legislazione concorrente il governo del territorio e stabilisce che nelle materie di legislazione concorrente spetta alle Regioni la potesta' legislativa, salvo che per la determinazione dei principi fondamentali, riservata alla legislazione dello Stato. Seppure lo statuto regionale campano non riservasse alla legge la disciplina delle materie di legislazione concorrente, infatti, una riserva di legge in tal senso sembra potersi desumere da quanto disposto dal suddetto articolo 117 della Costituzione. Infatti, nelle materie di competenza concorrente, laddove, cioe', gia' in radice e' previsto il concorso di due leggi su altrettanti livelli (legislazione statale di principio e legislazione regionale di integrazione e attuazione) appare veramente difficile ipotizzare fenomeni delegificanti. In questi casi, infatti, il ricorso all'istituto in esame, seppure fosse ammissibile, dovrebbe essere qualitativamente marginale, potendo operare solo in un ambito assolutamente residuale. Eppure, in materia urbanistica, il procedimento di formazione di uno strumento di pianificazione territoriale costituisce un momento di estrema importanza, disciplinando la partecipazione dei cittadini e mettendo in evidenza i diversi interesse da contemperare, per cui l'aspetto procedimentale, in tale materia, non puo' essere relegato ad elemento di dettaglio, atteso che le modalita' di formazione di uno strumento urbanistico assumono grande rilevanza per la tutela dei diritti e degli interessi coinvolti. Inoltre, nel caso di specie, il regolamento non si limita certamente a recare norme di mero dettaglio, ma contiene disposizioni concretamente significative, tra le quali, a titolo di esempio, puo' essere citata quella di cui all'articolo 1, comma 3, che prevede la decadenza automatica dei piani. regolatori generali e dei programmi di fabbricazione vigenti, appena 18 mesi dopo l'entrata in vigore dei piani territoriali di coordinamento provinciale. In applicazione del regolamento contestato, pertanto, tutti gli strumenti urbanistici comunali vigenti perderebbero efficacia se non adeguati, in un termine di dubbia congruita', ai nuovi piani di coordinamento provinciale. Appare evidente la portata innovativa della norma controversa che, dunque, a maggior ragione, avrebbe richiesto di essere supportata da una fonte giuridica di rango primario. Inoltre, considerato che il principio di autonomia statutaria, legislativa e regolamentare, trova fondamento nell'articolo 5 della Costituzione, che riconosce la promozione delle autonomie locali tra i propri principi fondamentali e che la riserva al consiglio regionale della funzione legislativa nelle materie di competenza concorrente e' prevista dall'articolo 121 comma 2, della Costituzione, deve ritenersi che la sostituzione, in materia di governo del territorio, della fonte legislativa con la fonte regolamentare possa essere in contrasto con i suddetti articoli 5 e 121, comma 2 della Costituzione. Poiche', infine, il sistema delle fonti primarie e' strettamente collegato al principio di rappresentanza, i parametri costituzionali da ultimo richiamati devono essere letti in combinato disposto anche con l'articolo 1, comma 2 della Costituzione in quanto la forma di esercizio del potere normativo prevista nella norma contestata, non essendo ancorata ad alcuna previsione costituzionale, appare finanche censurabile in relazione alla corretta espressione della sovranita' popolare. Ne discende, in conclusione, che deve essere sollevata, in quanto rilevante e non manifestamente infondata, la questione di legittimita' costituzionale dell'articolo 43-bis della legge regionale 16 del 2004, introdotto dall'articolo 2, comma 2 della legge regionale numero 1 del 2011, nella parte in cui, autorizzando la Regione a disciplinare con regolamento i procedimenti di formazione degli strumenti urbanistici regionali, prevede la delegificazione di una materia di competenza legislativa concorrente, in violazione dell'articolo 56 comma 4 dello statuto regionale, ponendosi in contrasto con gli articoli 123, 117, comma 3, 121, comma 2, 5 e 1, comma 2 della Costituzione. La decisione sui motivi del ricorso proposti in via subordinata deve essere rinviata alla soluzione della questione di legittimita' costituzionale prospettata, dipendendo l'interesse a tale decisione dall'esito del giudizio di costituzionalita'.