IL TRIBUNALE REGIONALE DI GIUSTIZIA AMMINISTRATIVA DI TRENTO 
                           (Sezione Unica) 
 
    Ha pronunciato la presente ordinanza nel giudizio introdotto  con
il ricorso 11/14, proposto  da  Hassouni  Belkacem,  rappresentato  e
difeso dall'avv. L. De Guelmi, con domicilio  eletto  presso  il  suo
studio in Trento, via S. Croce 10; 
    Contro la Comunita' della  Vallagarina,  in  persona  del  legale
rappresentante pro tempore, assistita e difesa dall'avv. F. Dalbosco,
con domicilio eletto in Trento, via Paradisi 15/1  presso  lo  studio
dell'avv. E. Valentini; 
    Per l'annullamento  della  determinazione  14  ottobre  2013,  n.
1375/BG-530, nella parte in cui: 
        dispone l'esclusione di Hassouni Belkacem  dalla  graduatoria
vigente per l'assegnazione di alloggio pubblico, 
        la sua decadenza del ricorrente dall'eventuale corresponsione
del contributo integrativo sulla locazione di alloggio privato, 
nonche'  l'impossibilita'  di  ripresentare  una  nuova  domanda  per
l'accesso ai predetti benefici nei successivi cinque anni. 
    Visti il ricorso e relativi allegati; 
    Viste le memorie difensive; 
    Visti tutti gli atti della causa; 
    Visto l'atto di costituzione in giudizio  della  Comunita'  della
Vallagarina; 
    Relatore nell'udienza pubblica del giorno 25  settembre  2014  il
cons. avv. A. Gabbricci  e  uditi  per  le  parti  i  difensori  come
specificato nel verbale; 
    Ritenuto in fatto e considerato in diritto quanto segue. 
    1.1. La Comunita' di Valle della Vallagarina,  come  le  analoghe
Comunita'  istituite  sul  territorio  della  Provincia  autonoma  di
Trento, e' un ente pubblico, il quale ha  competenza  in  materia  di
attivita' socio-assistenziali e di edilizia abitativa, e  di  cui  fa
parte, tra gli altri Comuni,  anche  Rovereto,  dove,  all'epoca  dei
fatti  di  causa,  risiedeva  Hassouni  Belkacem,  insieme  alla  sua
famiglia. 
    1.2. All'inizio del  2013  il  Belkacem  presento'  domanda  alla
Comunita', affinche' gli fosse assegnato  in  locazione  un  alloggio
pubblico. 
    L'Ente, il successivo 9 agosto, gli comunico'  che,  per  la  sua
posizione in graduatoria, era disponibile un appartamento a  Isera  -
un altro Comune incluso nella stessa Comunita' - ma l'interessato  vi
rinuncio' espressamente, ritenendone disagevole l'ubicazione. 
    1.3. Cosi', con determinazione 14 ottobre 2013,  n.  1375/sg-530,
il responsabile del Servizio edilizia dell'Ente dichiaro' il Belkacem
decaduto dal beneficio della locazione per l'alloggio proposto, e  lo
escluse dalle graduatorie vigenti, in applicazione dell'art.  11  del
regolamento di esecuzione della l.p. 7 novembre 2005, n. 15,  secondo
il quale non sarebbe stato consentito al  rinunciante  di  presentare
un'analoga domanda alla stessa Comunita' prima che fossero  trascorsi
cinque anni dall'avvenuta rinuncia. 
    1.4. Ancora,  nella  successiva  comunicazione  del  18  ottobre,
l'Ente rammento' che, ex art. 34, II comma, dello stesso regolamento,
l'interessato era anche decaduto dall'eventuale  corresponsione  «del
contributo integrativo sulla locazione di alloggio privato  dal  mese
successivo la data di presentazione della rinuncia». 
    1.5. Il  Belkacem  impugno'  la  deliberazione  del  14  ottobre,
conferendo mandato nelle forme ordinarie all'avv. Lorenzo de  Guelmi;
ma, al  momento  del  deposito  presso  la  Segreteria  del  T.R.G.A.
dell'atto introduttivo notificato, il  ricorrente  chiese,  sia  pure
volendo conservare il precedente  difensore,  di  essere  ammesso  al
patrocinio a spese dello Stato, a' sensi del d.P.R. 30  maggio  2002,
n. 115, recante il  Testo  unico  delle  disposizioni  legislative  e
regolamentari in materia di spese di giustizia. 
    1.6. Tuttavia, la commissione, istituita, a' sensi  dell'art.  14
dell'allegato 2 delle norme di attuazione del d.lgs. n. 104/2010, per
deliberare in via provvisoria e  anticipata  su  tali  richieste,  la
respinse per mancanza del requisito reddituale: Belkacem l'ha  allora
ripresentata a questo giudice, sollevando anche espliciti dubbi sulla
costituzionalita' della disciplina applicata. 
    2.1. Orbene, e' intanto certo che il  Collegio  ha  competenza  a
decidere sull'istanza,  secondo  un'interpretazione  estensiva  -  ma
certo costituzionalmente orientata all'osservanza dell'art.  24,  III
comma, Cost. su cui ultra - dell'art. 126, III comma, del  d.P.R.  n.
115/2002,  per  cui  se  il  consiglio  dell'ordine  degli   avvocati
"respinge  o  dichiara  inammissibile  l'istanza  [di  ammissione  al
patrocinio], questa puo' essere proposta al magistrato competente per
il giudizio": nel processo amministrativo il ripetuto art.  14  delle
disp. att. ha cioe' soltanto sostituito il consiglio dell'ordine  con
la commissione, lasciando per il resto inalterata la disciplina della
materia. 
    2.2.1. E' altresi' incontestabile che la questione vada esaminata
preliminarmente,  essendo  attinente,  sia   pure   latamente,   allo
svolgimento della funzione difensiva, e  non  si  puo'  dubitare  che
l'accoglimento della domanda gioverebbe tuttora al ricorrente. 
    2.2.2. Per effetto dell'ammissione al patrocinio,  infatti,  sono
prenotati a debito il contributo unificato, le spese di notifica e  i
diritti di copia, per cui dovrebbero essere restituite al Belkacem le
somme relative  gia'  corrisposte;  egualmente,  sono  prenotati  gli
onorari e le spese dovuti al  difensore,  che  si  deve  supporre  il
ricorrente abbia solo in parte anticipato. 
    3.1.1. Peraltro, l'ammissione al patrocinio richiede una  duplice
condizione, l'una di  natura  reddituale,  cui  si  e'  accennato,  e
l'altra di plausibilita' della posizione sostanziale, che' l'art. 74,
II comma, del d.P.R. n. 115/2002, prescrive come sia  assicurato  "il
patrocinio nel processo civile, amministrativo, contabile, tributario
e negli  affari  di  volontaria  giurisdizione,  per  la  difesa  del
cittadino  non  abbiente  quando  le  sue   ragioni   risultino   non
manifestamente infondate". 
    3.1.2. Ora, e' evidente che, se le ragioni del  Belkacem  fossero
"manifestamente infondate", sarebbe inutile delibare la questione del
reddito, e a fortiori sollevare una  questione  di  costituzionalita'
con riguardo alla relativa disciplina: e' percio' necessario prendere
anzitutto in esame il contenuto delle censure. 
    3.2.1. Orbene, la l.p. 7 novembre 2005,  n.  15,  disciplina  gli
interventi provinciali in materia  di  edilizia  abitativa;  essa  e'
stata poi integrata dal regolamento di esecuzione, approvato  con  il
decreto del presidente della Provincia (d.p.p.) 12 dicembre 2011,  n.
17-75 Leg.. 
    3.2.2. Tale regolamento, all'art. 11, I  comma,  dispone  che  il
rifiuto dell'alloggio proposto in locazione  comporta  "la  decadenza
dal beneficio, l'esclusione dalla  graduatoria  e  l'inammissibilita'
della domanda, di alloggio a canone sostenibile presentata presso  lo
stesso  ente  locale  per  cinque  anni  decorrenti  dalla  data  del
rifiuto"; il successivo art. 34, a sua volta,  prevede  la  decadenza
del contributo integrativo in favore di nuclei familiari in locazione
sul libero  mercato,  sempre  in  caso  di  rifiuto  di  un  alloggio
pubblico. 
    3.2.3. Tuttavia, lo stesso art. 11, al II comma,  stabilisce  una
serie di casi, da ritenere tassativi, in cui il rifiuto non determina
gli effetti pregiudizievoli appena ricordati:  in  particolare,  "Non
comporta le conseguenze di cui al comma 1  il  rifiuto  dell'alloggio
proposto in locazione nei seguenti casi: ... c) nel nucleo  familiare
sono presenti soggetti con invalidita' certificata pari  o  superiore
al 75 per cento o di [sic] soggetti minori  o  ultrasessantacinquenni
con accertata difficolta' a svolgere gli atti quotidiani della vita o
i compiti e le funzioni della loro eta'". 
    3.3.1.  Ebbene,  secondo  il  ricorrente,  il  provvedimento   di
decadenza qui impugnato sarebbe viziato da carenza di  motivazione  e
violerebbe il ripetuto art. 11, lett. c), il quale escluderebbe dalla
decadenza tutti i nuclei familiari in  cui  siano  comunque  presenti
soggetti minori, anche  non  affetti  da  invalidita':  la  locuzione
relativa  alla  difficolta'  di  svolgere  atti  e  compiti  ordinari
andrebbe cioe' riferita solo  ai  soggetti  ultra  sessantacinquenni,
«essendo evidente» secondo lo Hassouni «che la  "o"  apposta  tra  le
parole "minori" e "ultra sessantacinquenni" porta ad una  alternativa
e non certo ad una  valutazione  aggiuntiva»,  cio'  che  si  sarebbe
potuto affermare «se ed in quanto al posto della "o" vi  fosse  stata
una "e"». 
    3.3.2. Inoltre, soggiunge Belkacem, la locuzione  impiegata  "non
avrebbe ragione di esistere se non per le persone maggiorenni  e  non
potrebbe  essere  applicata  ai  minori  dal  momento  che  la   loro
situazione di dipendenza vuoi giuridica  vuoi  economica  dai  propri
genitori,  impedisce  loro  di  svolgere  funzioni   e   compiti   in
autonomia». 
    3.3.3. Cosi', nel caso di specie, la decadenza, disposta, con  il
provvedimento  impugnato,  si  fonderebbe  su   di   un'"applicazione
analogica" della disposizione, per  cui  la  deliberazione  impugnata
"avrebbe comunque dovuto rendere note le motivazioni  per  le  quali,
nel  caso  concreto,  propendeva  per  una   applicazione   analogica
piuttosto che restrittiva della norma", mentre "la tutela dei  minori
e' invece un argomento molto forte e decisamente preferibile  laddove
vi siano dubbi interpretativi". 
    3.4. Orbene, il Collegio  e'  consapevole  che  l'interpretazione
proposta dal ricorrente e' d'incerta sostenibilita', ma  ritiene  non
di meno che le  censure  proposte,  nel  loro  complesso;  non  siano
"manifestamente infondate": non siano, cioe', inconciliabili, gia'  a
un primo sommario esame, con fondamentali  principi  dell'ordinamento
giuridico, regole esegetiche e di esperienza comunemente acquisite, o
con la documentazione depositata in giudizio. 
    3.5. Ne segue che  il  patrocinio  potrebbe  essere  concesso  al
Belkacem,  per  quanto  concerne  la  sostenibilita'  delle   censure
proposte, e con vantaggio per il ricorrente, anche in questa fase del
giudizio. 
    4.1. Passando ora alla questione reddituale,  va  intanto  tenuto
presente che il Belkacem, nella sua istanza alla  commissione  presso
il T.R.G.A., si era dichiarato "capo famiglia  e  padre  di  ben  sei
figli con i quali convive assieme alla moglie", tre dei quali  ancora
minorenni; aveva aggiunto che il suo reddito complessivo, per  l'anno
2012, ammontava complessivamente ad € 13.325,92 ne' egli disponeva di
beni immobili, in Italia o altrove;  aveva  precisato  che  moglie  e
figli" erano tutti a suo carico, per cui "ai sensi dell'art. 92  [del
d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115] il tetto massimo del reddito  di  euro
10.766,33 si eleva di euro 7.230,37". 
    4.2. Orbene,  per  chiarire  il  senso  dell'ultima  parte  della
dichiarazione bisogna ricordare che il  citato  d.P.R.  n.  115/2002,
stabilisce all'art.  76,  I  comma,  il  limite  massimo  di  reddito
imponibile, di cui deve disporre un soggetto per  essere  ammesso  al
patrocinio. 
    Piu' volte aggiornato, esso e' attualmente  pari  a  €  11.369,24
mentre, nel gennaio 2013, ammontava effettivamente a € 10.766,33:  si
tratta di una disposizione avente forza e valore di legge, poiche' e'
contenuta, oltre che nel d.P.R. n. 115/2002, anche nel  coevo  d.lgs.
n.  113/2002,  il  quale  appunto  contiene  il  "testo  unico  delle
disposizioni legislative in materia di spese di giustizia"  che,  con
il d.P.R. n. 114/2002 ("testo unico delle disposizioni  regolamentari
in materia di spese di giustizia") confluisce nel d.P.R. n. 115/2002. 
    4.3. A sua volta, il II comma dello stesso art. 76,  precisa  che
"[s]alvo quanto previsto dall'articolo 92, se  l'interessato  convive
con il coniuge o con altri familiari, il reddito e' costituito  dalla
somma dei redditi conseguiti nel medesimo periodo da ogni  componente
della famiglia, compreso l'istante"; l'art. 92 -  anche  esso  avente
forza di legge, secondo quanto appena detto per l'art 76 - stabilisce
poi che "Se l'interessato all'ammissione al patrocinio convive con il
coniuge o con altri familiari, si applicano le  disposizioni  di  cui
all'articolo  76,  comma  2,  ma  i  limiti   di   reddito   indicati
dall'articolo 76, comma 1, sono elevati di euro 1.032,91  per  ognuno
dei familiari conviventi". 
    4.4. Per vero, l'apparente contraddittorieta' dei due articoli e'
facilmente spiegabile: mentre  il  primo  e'  incluso  nel  Titolo  I
(Disposizioni  generali  sul  patrocinio  a  spese  dello  Stato  nel
processo penale,  civile,  amministrativo,  contabile  e  tributario)
della Parte III (Patrocinio a spese dello Stato), l'art. 92 fa  parte
del successivo Titolo II (Disposizioni particolari sul  patrocinio  a
spese dello Stato nel processo penale) della stessa Parte III, ed  e'
dunque norma speciale, la quale si applica, nei  limiti  segnati  dal
titolo, e cioe' appunto solo per il processo penale. 
    4.5. Solo cosi', del resto, si  giustifica  la  presenza  di  due
disposizioni distinte: che', se l'incremento della soglia  reddituale
si applicasse a tutti i processi, sarebbe stato sufficiente prevedere
la  relativa  disposizione  una  volta  soltanto,  nell'ambito  delle
disposizioni generali. 
    4.6. Ne segue che, secondo le disposizioni vigenti, la domanda di
ammissione  andrebbe  respinta,  poiche'  appunto  il   reddito   del
Belkacem, l'unico di una  famiglia  pur  cosi'  numerosa,  supera  la
soglia di cui all'art. 76, I comma, la quale non puo' essere  elevata
per i familiari conviventi; viceversa, se di questi si potesse  tener
conto, la domanda di ammissione andrebbe accolta. 
    5.1. E' in questo contesto, e proprio per verificare quest'ultima
possibilita', che e' doveroso per il Collegio  esaminare  l'eccezione
d'incostituzionalita' della disciplina sin qui considerata,  proposta
dallo stesso ricorrente, e che non appare manifestamente infondata. 
    5.2.1. Invero, l'art. 24 della Costituzione fissa,  al  I  comma,
principio per cui tutti possono agire in giudizio per la  tutela  dei
propri diritti e interessi legittimi: disposizione che va  integrata,
per quanto qui d'interesse, con  il  successivo  art.  113,  per  cui
contro gli atti della pubblica amministrazione e' sempre  ammessa  la
tutela giurisdizionale. 
    5.2.2.  Il  III  comma  dello  stesso  art.  24,  affinche'  tale
principio possa trovare  concreta  attuazione,  stabilisce  che  sono
assicurati non abbienti, con appositi istituiti, i mezzi per agire  e
difendersi "davanti ad ogni giurisdizione": essa,  dunque,  non  pone
alcuna distinzione tra i diversi tipi di processo, fissando  soltanto
il comune parametro della condizione di "non abbiente". 
    5.3.1. Tale previsione ha poi  trovato  organica  attuazione  nel
testo unico in materia di spese di  giustizia,  di  cui  al  ripetuto
d.P.R. n. 115/2002, il cui art.  74  dispone,  al  I  comma,  che  e'
"assicurato  patrocinio  nel  processo  penale  per  la  difesa   del
cittadino  non  abbiente,  indagato,  imputato,  condannato,  persona
offesa da reato, danneggiato che intenda  costituirsi  parte  civile,
responsabile  civile  ovvero  civilmente  obbligato   per   la   pena
pecuniaria"; di seguito, il II comma, gia'  ricordato,  aggiunge  che
e',  altresi',  "assicurato  il  patrocinio  nel   processo   civile,
amministrativo, contabile, tributario e negli  affari  di  volontaria
giurisdizione, per la difesa del cittadino non abbiente quando le sue
ragioni risultino non manifestamente infondate". 
    5.3.2. L'art. 74, in effetti,  diversamente  dalla  Costituzione,
tiene distinto il processo penale dagli altri giudizi,  ma  solo  per
introdurre  per  questi  ultimi  il  requisito  della  non  manifesta
infondatezza, ribadendo che la normativa vuole comunque assicurare il
patrocinio ai  "non  abbienti":  e  nulla  fa  supporre  che  a  tale
espressione corrisponda un significato diverso in  ciascuno  dei  due
commi successivi. 
    5.3.3. Il combinato disposto degli  artt.  76  e  92  contraddice
pero'  l'equilibrio  tra  i  diversi  processi  che   la   disciplina
costituzionale  e  quella  di  principio,  ex  art.  74  cit.,  hanno
definito. 
    5.3.4.  Infatti,  per  effetto  di  tali  due  disposizioni,  nel
processo penale e' ammesso al  patrocinio  a  spese  dello  Stato  il
cittadino, anche se disponga di  un  reddito  superiore  alla  soglia
prefissata (oggi € 11.369,24, all'epoca € 10.766,33),  purche'  abbia
familiari, conviventi ma  non  produttori  di  reddito  (il  caso  in
esame), ciascuno dei quali incrementa la soglia di € 1.032,91. 
    5.3.5. A tali condizioni, egli e' dunque considerato ancora  "non
abbiente", ma lo e' soltanto riguardo a quel tipo di processo; non e'
invece ammesso  al  gratuito  patrocinio  -  e  non  e'  dunque  "non
abbiente" - chi si  trovi  nelle  medesime  condizioni  reddituali  e
familiari, se la sua domanda si riferisse ad un processo  diverso  da
quello penale. 
    5.4.1. Le previsioni normative in  esame  introducono  cosi'  due
diverse soglie reddituali, in relazione al tipo di processo, ma  cio'
non ha alcuna ragionevole giustificazione. 
    Invero, la condizione  di  non  abbienza  e'  un  dato  economico
oggettivo, che e' stato stabilito in via  generale  dal  legislatore,
nella sua discrezionalita', e viene poi adeguato "in  relazione  alla
variazione, accertata dall'ISTAT, dell'indice dei prezzi  al  consumo
per le famiglie di  operai  e  impiegati,  verificatasi  nel  biennio
precedente" (art. 77 d.lgs. n. 115/02). 
    5.4.2.  E',  dunque,  un  parametro  che  non  ha  alcuna  logica
relazione con un determinato tipo di processo, o con una  determinata
categoria di situazioni giuridiche soggettive: e', semplicemente,  il
concreto limite reddituale sotto il quale si ritiene che un cittadino
non possa permettersi di sopportare - anche contraendo un prestito  -
le spese di un processo, e il criterio per determinarlo non puo'  che
essere lo stesso, quale il processo sia. 
    5.4.3. Cosi',  la  disciplina  piu'  volte  richiamata,  nel  suo
combinato disposto, viola anzitutto l'art. 24, III comma,  Cost.  che
si riferisce  a  una  generica  condizione  di  non  abbiente,  senza
distinguere i diversi tipi di giudizio, e viola altresi' il principio
di eguaglianza, di cui all'art. 3 Cost., poiche' il rito  processuale
diverso non giustifica un  diverso  trattamento,  essendo  lo  stesso
affatto irrilevante,  rispetto  alla  generale  finalita'  di  tutela
giudiziale, ex  art.  24,  I  comma,  Cost.  che  la  disciplina  sul
patrocinio a spese dello Stato e' destinata a realizzare, e che viene
cosi' frustrata, con violazione anche dello stesso art. 24, I comma. 
    5.4.4. D'altro  canto,  le  norme  qui  censurate  si  presentano
altresi'  irragionevoli,  nella  differenziazione   introdotta,   con
ulteriore violazione dell'art. 3 Cost.. 
    E' certamente equo che, nel valutare se un soggetto sia in  grado
di sostenere l'onere economico di un giudizio, venga  data  rilevanza
alla presenza di conviventi, e cio'  tanto  per  l'ipotesi  che  essi
siano titolari di reddito, quanto per il caso che non ne  dispongano,
e gravino dunque su quel soggetto, essendo ovvio che  cio'  accresce,
di fatto, i suoi impegni. economici, anche rispetto  a  chi  disponga
dello stesso reddito, ma non lo debba ripartire con altri conviventi. 
    5.4.5. Al contrario, la normativa vigente non  da'  rilevanza  ai
conviventi privi di reddito nel caso di processi  diversi  da  quello
penale, creando, tra, l'altro, un'ulteriore  peculiare  incongruenza,
di cui si da' conto anche se non rilevante  in  causa:  invero,  tale
disciplina trovera' o meno  applicazione  per  la  stessa  situazione
soggettiva risarcitoria,  a  seconda  che  questa  sia  fatta  valere
mediante costituzione di parte civile, o  con  un  separato  giudizio
civile (o amministrativo). 
    5.5. In conclusione, e' rilevante nel presente giudizio -  stante
la domanda, in questo presentata, d'ammissione al patrocinio a  spese
dello Stato - e non manifestamente infondata, per contrasto  con  gli
artt, 3, I comma, 24, I e  III  comma,  e  113,  I  comma,  Cost.  la
questione  di  legittimita'  costituzionale  del  combinato  disposto
dell'art. 76, II comma, e 92 del d.lgs. n. 113/2002 e del  d.P.R.  n.
115/2002, nella parte in cui stabilisce che l'incremento  del  limite
di reddito, per l'ammissione al patrocinio a spese dello  Stato,  per
ognuno dei  familiari  conviventi  con  il  richiedente,  si  applica
soltanto al processo penale. 
    5.6. Il giudizio va pertanto sospeso sino  alla  pronuncia  della
Corte costituzionale sulle questioni di costituzionalita' sollevate. 
    Spese al definitivo.