TRIBUNALE DI PADOVA Sezione penale ORDINANZA DI RIMESSIONE DEGLI ATTI PER QUESTIONE DI COSTITUZIONALITA' Il Tribunale di Padova - in composizione collegiale - riunito in camera di consiglio in persona di: dott.ssa Nicoletta De Nardus, Presidente; dott.ssa Tecla Cesaro, Giudice; dott.ssa Beatrice Bergamasco, Giudice. Ha pronunciato la seguente ordinanza: L'imputato S. A. e' stato rinviato a giudizio, avanti al Tribunale monocratico di Padova, per rispondere del reato di cui all'art. 81, comma 2, 99 comma 3 c.p. e 73, comma 1, D.P.R. 309/90, perche', con piu' azioni del medesimo disegno criminoso, illecitamente cedeva quantitativi di stupefacente del tipo eroina a D. N. A. con cadenza settimanale, con quantitativi da cinque ad otto grammi alla volta per circa venti occasioni, in Padova fino al 9 ottobre 2010, con recidiva specifica infraquinquennale. All'udienza dibattimentale del 27 febbraio 2014, il Pubblico ministero ha proceduto a modificare l'imputazione mediante la contestazione della circostanza aggravante di cui all'art. 80, comma 1, lett. a), DPR 309/90, chiedendo al Tribunale di disporre notifica del verbale all'imputato contumace. Il Tribunale monocratico, preso atto della modifica dell'imputazione, in conformita' alla richiesta del Pubblico ministero, ha rilevato il sopravvenuto difetto di attribuzione di cognizione, rinviando gli atti ex art. 33 septies c.p.p. al Tribunale in composizione collegiale per il prosieguo. Avvenuta la notifica del verbale portante la modifica, l'imputato, tramite il proprio difensore e procuratore speciale, ha depositato presso la cancelleria del Tribunale istanza scritta a mezzo della quale ha chiesto di essere giudicato con rito abbreviato condizionato nei sensi ivi meglio specificati, ovvero, in subordine, con rito abbreviato semplice. Nel medesimo contesto, ha depositato altresi' memoria ex art. 121 c.p.p. sollecitando il Tribunale a sollevare questione di legittimita' costituzionale dell'art. 517 c.p.p., giusta l'assenza di una esplicita previsione di legge in grado di consentire al Tribunale la delibazione sulla richiesta di rito abbreviato (sia pure nella sua forma non condizionata). Il Tribunale non puo' che convenire sulla rilevata assenza di una specifica previsione normativa in seno all'art. 517 c.p.p. che consenta all'imputato, destinatario della contestazione nella fase del giudizio di una circostanza aggravante, di optare, oltre che per l'applicazione della pena, anche per il giudizio abbreviato, allo stato irrilevante quale delle due forme richiesta. La questione proposta dalla difesa entra, dunque, sentito sul punto anche il P.M., in considerazione, ritenendo il Collegio che la stessa non sia manifestamente infondata. Non manifesta infondatezza 1 - Art. 24 Cost. L'attuale assetto dell'art. 517 c.p.p. si pone in contrasto, ad avviso del giudice rimettente, con l'art. 24, comma 2 della Costituzione, per i motivi che si vengono a specificare. La richiesta di giudizio abbreviato e' stata determinata dall'avvenuta contestazione nella fase del giudizio della circostanza aggravante ad effetto speciale di cui all'art. 80, comma l, lett. a), DPR 309/1990; essa e' stata formalizzata dopo che il Pubblico ministero, sentita in udienza un'imputata di reato connesso, che si diceva acquirente di sostanze illecite in minore eta', ha immediatamente interrotto l'esame della stessa, procedendo ex art. 517 c.p.p. nei modi di cui s'e' detto. Si tratta di una c.d. contestazione suppletiva tardiva, avente ad oggetto una circostanza di notevole impatto sul piano processuale, poiche' espone l'imputato al concreto rischio di un trattamento retributivo assai elevato, di piu' difficile contenimento mediante il giudizio di bilanciamento, e che ha gia' sortito l'effetto di modificare la composizione del Tribunale, ex art. 33 septies c.p.p. Si tratta, inoltre, di elemento di fatto che era gia' noto al Pubblico ministero nella fase delle indagini preliminari - come e' dato ricavare dalla lettura del verbale d'interrogatorio prodotto dalla difesa a sostegno della propria memoria - e che, per mera omissione, non e' stato contestato dal P.M. nell'originaria imputazione. L'ambito e' dunque quello di una contestazione c.d. "patologica" (secondo il distinguo operato dalla giurisprudenza della Corte Costituzionale), ovvero pertinente a elemento di fatto conoscibile nella fase delle indagini, e non riconducibile a fortuita sopravvenienza di origine dibattimentale (c.d. contestazione "fisiologica"). Peraltro, tale distinguo appare a questo Tribunale avere perso di rilevanza ai fini delle valutazioni che qui occupano, avuto riguardo a quanto affermato dalla Corte costituzionale nella sentenza n. 237/2012, che ha definitivamente aperto alla restituzione in integrum per il giudizio abbreviato, anche in ipotesi di modifica necessitata da fatto emergente per la prima volta dibattimento, cosi' temperando il discrimine tra contestazioni "fisiologiche" e "patologiche". Preme richiamare quanto si legge nell'ordinanza del Tribunale di Roma, (iscritta al n. 4 del registro ordinanze 2014 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 5, prima Serie Speciale, dell'anno 2014), mediante la quale e' stata disposta la remissione degli atti alla Corte costituzionale del 21 febbraio 2013, nella sovrapponibile ipotesi ivi descritta: "(...) Detta condotta della pubblica accusa puo', quindi, qualificarsi anomala, atteso che la variazione sostanziale del fatto, in termini di maggior gravita' di esso, autorizzata dall'interpretazione costante del Giudice di Legittimita' anche laddove il mutamento del tema d'accusa sia indotto non gia' dall'ordinario meccanismo di formazione della prova in dibattimento ma dai (soli) atti acquisiti nel corso delle indagini preliminari (Cass. S U. 28.10.1998/11.3.1999, n. 4) ha comportato l'incolpevole perdita per l'imputato della facolta' di accesso ai riti alternativi, in specie dell'applicazione della pena su richiesta, il cui termine e' oramai formalmente ed irrimediabilmente decorso". Medesime osservazioni possono e debbono essere svolte nel caso in esame, riguardante la medesima precondizione (contestazione "patologica" di circostanza aggravante), ma una diversa opzione esercitata dall'imputato, nella manifestazione del proprio diritto di difesa. Va, sul punto, richiamata la recentissima pubblicazione della sentenza n. 184/2014 resa dalla Corte Costituzionale, che ha accolto la questione di legittimita' costituzionale sollevata dal Tribunale di Roma con riferimento all'art. 517 c.p.p., nella parte in cui non prevede la facolta' dell'imputato di richiedere al giudice del dibattimento l'applicazione di pena, a norma dell'art. 444 del Codice di procedura penale, in seguito alla contestazione nel dibattimento di una circostanza aggravante che gia' risultava dagli atti di indagine al momento dell'esercizio dell'azione penale. Gli argomenti esposti valgono, ad avviso del Collegio, ad avvalorare la valutazione di non manifesta infondatezza della questione proposta dal Difensore. Nella citata sentenza, pur attinente alla fattispecie di cui all'art. 444 c.p.p., in effetti, la Consulta ricorda come, in esito alla riforma del 1999 e alla profonda modifica della natura del giudizio abbreviato, siano caduti gli originari elementi distintivi che avevano sino ad allora impedito di accedere a quel giudizio facendo leva sui principi affermati con la sentenza n. 265 del 1994, relativa alla restituzione nel termine per richiedere l'applicazione della pena. Osserva la Corte che "(...) la sentenza n. 333 del 2009, venuti meno i precedenti ostacoli, ha dichiarato l'illegittimita' costituzionale degli artt. 516 e 517 Cod. Proc. Pen. anche nella parte in cui non prevedevano la facolta' dell'imputato di richiedere al giudice del dibattimento il giudizio abbreviato relativamente al fatto diverso o al reato concorrente «contestato in dibattimento, quando la nuova contestazione concerne un fatto che gia' risultava dagli atti di indagine al momento di esercizio dell'azione penale». Questa ulteriore pronuncia additiva era risultata necessaria, oltre che per rimuovere i profili di contrasto con gli artt. 3 e 24, secondo comma, Cost., gia' rilevati dalla sentenza n. 265 del 1994, «anche per eliminare la differenza di regime, in punto di recupero della facolta' di accesso ai riti alternativi di fronte ad una contestazione suppletiva "tardiva", a seconda che si discuta di "patteggiamento" o di giudizio abbreviato» (sentenza n. 333 del 2009), differenza che, nel mutato panorama normativo, «si rivela[va] essa stessa fonte d'una discrasia rilevante sul piano del rispetto dell'art. 3 Cost.» (sentenza n. 237 del 2012)". (Sentenza n. 184/2014 cit.). Ritiene questo Tribunale che, come la questione fondatamente posta dal Tribunale di Roma ha trovato "ideale collegamento" alla sentenza n. 265 del 1994" (ibidem, cit.), cosi' la questione che qui viene in evidenza possa essere ricollegata alla sentenza n. 184 del 2014, avente a tema la contestazione "tardiva" di una o piu' circostanze aggravanti: cio' "in quanto anche la trasformazione dell'originaria imputazione in un'ipotesi circostanziata (o pluricircostanziata) determina un significativo mutamento del quadro processuale. Le circostanze in questione possono incidere sull'entita' della sanzione, anche in modo rilevante" (ibidem, cit.); il caso di specie non si sottrae alle osservazioni qui riprese, non potendosi revocare in dubbio l'intervenuto mutamento deteriore per la posizione sostanziale dell'imputato. Ancora, rimarca, la Corte, nella sentenza richiamata, quanto alla contestazione supplettiva di circostanza aggravante: "va poi sottolineato che l'imputato cui sia stata contestata, nel corso del dibattimento, una circostanza aggravante sulla base di elementi gia' acquisiti al momento dell'esercizio dell'azione penale, non si trova in una situazione diversa da chi analogamente si e' sentito modificare l'imputazione con la contestazione di un fatto diverso, evenienza che in realta' potrebbe costituire per l'imputato anche un pregiudizio minore" (ibidem, cit.) Sotto questo aspetto, quindi, - ed anticipando quanto si esporra' in relazione all'art. 3 cost. - essendo divenuta ammissibile la richiesta di giudizio abbreviato nel caso di modificazione dell'imputazione, a norma dell'art. 516 Cod. Proc. Pen. (sentenze n. 333/2009 e n. 237/2012), costituisce una irragionevole disparita' di trattamento la sua esclusione nel caso della contestazione di una nuova circostanza aggravante, a norma dell'art. 517 Cod. Proc. Pen. In altri termini, poiche' "le valutazioni dell'imputato circa la convenienza del rito speciale vengono a dipendere anzitutto dalla concreta impostazione data al processo dal pubblico ministero", si deve ritenere che, in seguito al ritardo nella contestazione dell'aggravante, l'imputazione subisce una variazione sostanziale, si' che "risulta lesivo del diritto di difesa precludere all'imputato l'accesso ai riti speciali" (Corte Cost., sentenza n. 265 del 1994), con lesione dell'art. 24, comma 2 Cost. 2 - Art. 3 Cost. Sotto altro aspetto, viene in rilievo anche il disposto di cui all'art. 3 Cost. In primis, infatti, si osserva che, nell'ipotesi in esame, l'imputato potrebbe infatti essere irragionevolmente discriminato, ai fini dell'accesso al procedimento speciale richiesto, in dipendenza della maggiore o minore esattezza o completezza della valutazione delle risultanze delle indagini preliminari da parte del Pubblico ministero alla chiusura delle indagini stesse (ancora sentenza Corte cost. n. 265 del 1994). Sotto un secondo profilo, si ritiene che la parificazione tra chi subisce la contestazione di un fatto diverso o concorrente, gia' noto in indagini (sentenza n. 333/2009) ovvero emerso in dibattimento (sentenza n. 237/2012) e puo' chiedere di essere giudicato con rito abbreviato, e chi vede aggravarsi la propria imputazione in ordine a circostanze gia' note in indagini, ma non puo' accedere al medesimo rito sia imposta dall'art. 3 Cost. E cio' ancor di piu', ove si consideri come l'assetto originario dell'art. 517 c.p.p.(e le sue successive addizioni per iniziativa della Consulta) muoveva da una perfetta equiparazione delle evenienze, parificando i diritti tra chi subiva la contestazione di un fatto diverso o connesso e chi subiva quella di una circostanza aggravante. La disparita' di trattamento appare, ancora, dall'assetto dell'attuale normativa, come modificata dalla Corte Costituzionale, posto che risulta maggiormente garantito l'imputato destinatario della contestazione suppletiva "patologica" che abbia intenzione di ricorrere all'applicazione della pena, rispetto al soggetto che, nelle medesime condizioni, aspiri al rito abbreviato. Su situazione analoga, quanto alla contestazione di reato concorrente, si e' gia' espressa con esito favorevole la Corte con le sentenze nn. 333/2009 e 237/2012). Rilevanza La questione sollevata dalla Difesa nel presente procedimento e' di rilievo, tenuto conto che solo una pronuncia di illegittimita' costituzionale dell'art. 517 c.p.p.in parte qua e nel senso precisato in dispositivo potrebbe consentire al Tribunale di deliberare sull'accoglibilita' o meno della richiesta di giudizio abbreviato condizionato, ovvero di ammettere il rito abbreviato semplice, richiesto in via subordinata dall'imputato. Gli atti vanno dunque trasmessi alla Corte Costituzionale, previa ordinanza di sospensione del processo.