IL TRIBUNALE DI SORVEGLIANZA 
                               DI BARI 
 
    Il Tribunale di Sorveglianza di Bari, composto dai sigg.ri 
        dott.ssa Emma Manzionna - Presidente 
        dott. Ugo Bassi - Magistrato di Sorveglianza relatore 
        dott. Michele Demundo - Esperto 
        dott. Enrico Schiralli - Esperto, 
    riunito nella  camera  di  consiglio  del  18  dicembre  2014,  a
scioglimento della riserva  formulata  all'udienza  del  18  dicembre
2014, decidendo sulle istanze di affidamento  in  prova  al  servizio
sociale, detenzione domiciliare ex art. 47-ter, comma uno, lettera c)
e detenzione domiciliare generica ex art. 47-ter, comma uno  bis,  L.
354.1975 presentate il 22 aprile  2013  ed  il  14  maggio  2013,  di
differimento  facoltativo  dell'esecuzione  della  pena   per   grave
infermita' fisica, presentata nel corso dell'udienza del  6  novembre
2014, da I. L. nato a F, il , per l'espiazione della pena di mesi sei
di reclusione inflitta dal Tribunale di Foggia con  sentenza  del  28
novembre 2008, irrevocabile il 22 febbraio 2013, per  il  delitto  di
corruzione di minorenne (a bordo della propria  auto  aveva  mostrato
ripetutamente i propri genitali a due minori, fatto  commesso  il  10
ottobre 2004), esecuzione provvisoriamente sospesa dal P.M. presso il
Tribunale di Foggia il 30 marzo 2013, ai sensi dell'art. 656,  quinto
comma, cpp; n. 129.2013 SIEP; 
    verificata la regolarita' delle notifiche  e  della  costituzione
delle parti, udita la relazione, ascoltati il PG ed il sostituto  del
difensore di fiducia avv. Massimiliano Mari, letti ed  esaminati  gli
atti, 
 
                               Osserva 
 
    Con sentenza emessa dal Tribunale di Foggia il 28 novembre  2008,
irrevocabile il 22 febbraio 2013, I. L. e' stato condannato alla pena
di mesi sei di reclusione per il delitto di corruzione  di  minorenne
(art. 609-quinquies  c.p.),  commesso  il  10  ottobre  .2004.  Nella
disciplina vigente all'epoca della commissione  del  fatto,  la  pena
applicabile in astratto andava da sei mesi a tre anni di  reclusione.
In concreto, il condannato, a bordo della sua auto, aveva mostrato  i
propri genitali a due ragazze d eta' tra gli undici ed i dodici anni. 
    Con istanza presentata  il  22  aprile  2013,  il  condannato  ha
chiesto  di  potere  espiare  la  pena   detentiva   inflittagli   in
affidamento in prova al servizio sociale o in detenzione domiciliare,
ai sensi dell'art. 47-ter, comma uno lettera c) o comma uno  bis,  L.
354.1975. Poi, con istanza formulata nel  corso  dell'udienza  del  6
novembre 2014, ha chiesto di disporsi il differimento dell'esecuzione
della pena per gravi motivi di salute, ai sensi dell'art. 147,  primo
comma, numero due, c.p. 
    Dagli atti del fascicolo, risulta che il condannato  sia  affetto
da disturbo ansioso generalizzato, depressione nevrotica, disturbi di
personalita' non specificati, ritardo mentale moderato. Si tratta  di
infermita' psichiche che non consentono il  differimento  facoltativo
dell'esecuzione della pena, ai  sensi  dell'art.  147,  primo  comma,
numero  due,  c.p.  Questa  disposizione,   infatti,   si   riferisce
espressamente alle gravi  infermita'  fisiche,  mentre,  in  caso  di
infermita' psichiche tali da impedire l'esecuzione della  pena,  deve
trovare applicazione il disposto di cui all'art. 148 c.p. (Cass. sez.
1, sent. n. 26806.2008, RV 240865). Le infermita' fisiche rilevano ai
fini di cui all'art. 147 c.p. solo nel caso in cui  si  traducano  in
grave infermita' fisica (Cass. sez. 1, sent. n. 32365.2010, RV 248252
e sent. n. 5732.2013). 
    Nel corso dell'udienza del 18  dicembre  2014,  il  difensore  ha
evidenziato  come   la   grave   infermita'   fisica   possa   essere
rappresentata   dall'obesita',   certificata   nel   verbale    della
Commissione  di  Prima  Istanza  per   l'accertamento   degli   stati
d'invalidita' civile del 13 aprile 2005. Tale infermita' non  risulta
essere particolarmente grave, atteso che, nella relazione UEPE del 21
ottobre 2014, non vi e' alcun  riferimento  ad  essa,  ma  solo  alle
infermita' psichiche. Inoltre, essa non risulta incidere  in  maniera
significativa sulla capacita' del condannato  di  compiere  gli  atti
quotidiani della vita e di partecipare alla vita  di  relazione,  per
cui non  puo'  essere  considerata  infermita'  tale  da  tendere  la
detenzione particolarmente gravosa, contraria al senso  di  umanita',
ne'  impedisce  la  partecipazione  del   condannato   all'opera   di
rieducazione. 
    Dunque, l'istanza  di  differimento  facoltativo  dell'esecuzione
pena per grave infermita' fisica non puo' essere accolta. 
    Con riferimento alle residue istanze,  si  rileva  che,  dopo  il
delitto di cui si tratta, il condannato ha commesso solo  un'evasione
il 10  marzo  2007,  sanzionata  con  la  pena  di  mesi  quattro  di
reclusione. 
    Non  pendono  procedimenti  penali  presso   la   Procura   della
Repubblica di Foggia. Inoltre, dalla relazione  UEPE  del  19  maggio
2014, risulta che lo Iammarino non abbia mai frequentato con costanza
il   Centro   di   Salute   Mentale   territorialmente    competente.
Ciononostante, egli e' curato e gestito dai familiari, che  lo  hanno
preso  in  carico,  per  cui  l'assistente  sociale   prospetta   «la
concessione di una misura alternativa che consenta  alla  persona  di
svolgere attivita' quotidiane presso i parenti, mancando lo stesso di
un'autonomia personale». Dunque, posto che il condannato non  risulta
delinquere dal 2007 e che la pena da espiare  e'  di  durata  modesta
(sei mesi), «nulla osterebbe, nel  merito,  all'accoglimento  di  una
misura  alternativa  al  carcere,  semmai  con   la   previsione   di
frequentare con costanza il Centro di Salute Mentale territorialmente
competente  al  fine  di  avviare  un  percorso  di  osservazione   e
terapeutico. 
    Pero', in base all'art. 4-bis, comma  uno  quater,  L.  354.1975,
l'affidamento  in  prova  al  servizio  sociale   e   la   detenzione
domiciliare sanitaria possono essere applicati al condannato  per  il
delitto di cui  all'art.  609-quinquies  c.p.  solo  sulla  base  dei
risultati dell'osservazione scientifica della  personalita'  condotta
collegialmente per almeno un anno anche con la  partecipazione  degli
esperti di cui al quarto  comma  dell'art.  80  della  stessa  legge.
Invece, la  detenzione  domiciliare  generica  non  puo'  essere  mai
applicata e la relativa istanza e', dunque, inammissibile, atteso che
il delitto di corruzione di minorenne rientra nell'elencazione di cui
all'art. 4-bis L. 354.1975 ed e', quindi, ostativo al  riconoscimento
della misura alternativa generica. 
    Va  subito  rilevato  che  l'art.  4-bis   L.   354.1975,   nella
formulazione vigente all'epoca della commissione del fatto di cui  si
tratta,   non   prevedeva   alcun   limite   con   riferimento   alla
concedibilita' delle misure alternative alla detenzione  in  caso  di
pena inflitta per il  delitto  di  cui  all'art.  609-quinquies  c.p.
Pero', per giurisprudenza costante, sia della Corte di cassazione che
della Corte costituzionale, si ritiene che le  norme  in  materia  di
ordinamento penitenziario non siano  norme  penali  sostanziali:  «Le
disposizioni concernenti  l'esecuzione  delle  pene  detentive  e  le
misure alternative alla detenzione,  non  riguardando  l'accertamento
del reato e  l'irrogazione  della  pena,  ma  soltanto  le  modalita'
esecutive  della  stessa,  non  hanno  carattere  di   norme   penali
sostanziali e, pertanto,  in  assenza  di  una  specifica  disciplina
transitoria, soggiacciono al principio «tempus  regit  actum»  e  non
alle regole dettate in materia di successione  di  norme  penali  nel
tempo (principio affermato in relazione alla modifica dell'art. 4-bis
della  legge  n.  354  del  1975,  relativo  alla  previsione   della
concedibilita' dei permessi premio ai  detenuti  per  il  delitto  di
sequestro  di  persona  a  scopo  di  estorsione  solo  in  caso   di
collaborazione con la giustizia da Cass. sez. 1, sent. n. 11580.2013,
RV 255310; si veda, anche, SS.UU. sent  n.  24561.2006,  RV  233976).
Pertanto, nel caso  di  specie,  va  applicato  il  disposto  di  cui
all'art. 4-bis, comma uno quater,  L.  354.1975,  nella  formulazione
oggi vigente, con i relativi limiti e divieti. 
    Secondo la piu' recente giurisprudenza della Corte di  cassazione
(Sez. 1, sent n. 23224.2010 e sent n. 38727.2013),  il  giudice  deve
valutare con attenzione i risultati dell'osservazione compiuta  anche
prima dell'entrata in vigore della legge «ostativa», sul  presupposto
che le disposizioni piu' rigorose sopravvenute non possono, comunque,
incidere sulla situazione del condannato che abbia eventualmente gia'
raggiunto un livello rieducativo  adeguato  al  beneficio  richiesto,
come la Corte costituzionale ha piu' volte avuto  modo  di  affermare
(Corte cost. sent n. 79.2007).  Sia  che  si  debbano  considerare  i
risultati dell'osservazione compiuta in carcere, sia che  si  possano
tenere in  considerazione  i  risultati  trattamentali  raggiunti  in
liberta', anche con il sostegno di strutture  specializzate  e  degli
esperti  di  cui  all'art.  80  L.  354.1975,  dunque  a  prescindere
dall'osservazione e dal trattamento intramurari, nel caso di  cui  si
tratta non risulta che il condannato  sia  mai  stato  sottoposto  ad
osservazione scientifica della personalita', ne' che abbia  raggiunto
significativi progressi rieducativi. Infatti, nella relazione redatta
il 10 giugno 2014 dal dirigente del CSM di Foggia, si  legge  che  il
condannato, affetto da disturbo  ansioso  generalizzato,  depressione
nevrotica  e  ritardo  mentale  moderato  (Q.I.  pari  a  50),  abbia
frequentato il centro occasionalmente, e, nonostante il consiglio  di
frequentarlo in maniera costante,  si  presenta  di  sua  iniziativa,
quando lo ritiene opportuno. 
    Dunque, non vi e' possibilita' concreta di superare la previsione
di cui all'art. 4-bis, comma uno quater. 
    Va rilevato, pero', che, per  le  ipotesi  di  violenza  sessuale
attenuate dalla circostanza di cui  all'art.  609-bis,  terzo  comma,
c.p. (casi di  minore  gravita'),  il  legislatore  non  richieda  la
preventiva osservazione scientifica della personalita' per almeno  un
anno. In sostanza, nel caso di violenza sessuale di minore  gravita',
le esigenze di prevenzione generale e speciale rispetto a determinate
categorie  di  delitti   espressione   di   particolare   allarme   e
pericolosita' sociale non sono cosi'  rilevanti  da  giustificare  la
necessita' di un periodo almeno annuale di  osservazione  collegiale.
Tornando  al  caso  di  cui  si  tratta,  il  delitto  contestato  al
condannato  e'  stato  punito  con  la  pena  minima  (mesi  sei   di
reclusione). Senza soffermarsi su quale tra i due delitti sia, in 
    concreto, piu' offensivo dell'altro, nel caso di specie  la  pena
inflitta al condannato (mesi sei di  reclusione)  e'  di  gran  lunga
inferiore rispetto a quella  applicabile,  nel  minimo,  in  caso  di
violenza sessuale attenuata (anni uno mesi  otto,  partendo  da  anni
cinque e con la riduzione  massima  di  due  terzi).  Cio'  induce  a
ritenere che, sulla base dei limiti edittali fissati dal legislatore,
il fatto di cui  si  tratta  e'  di  gran  lunga  meno  allarmante  e
pericoloso di quello di violenza sessuale di minore gravita'. Dunque,
mentre nel caso della violenza sessuale attenuata non  e'  necessario
procedere ad osservazione collegiale per almeno un anno, nel caso  di
cui si tratta, ritenuto gia' dal legislatore di minore gravita' anche
rispetto all'ipotesi di cui all'art. 609-bis, terzo comma,  c.p.,  e'
necessario procedere a tale forma di osservazione. 
    Inoltre, per giurisprudenza costante della Corte  di  Cassazione:
«Il divieto di sospensione dell'esecuzione della pena non si  applica
all'ipotesi di violenza sessuale attenuata di cui  all'art.  609-bis,
ultimo comma, cod. pen., per effetto  della  mancata  inclusione,  in
forza nel rinvio normativo operato dall'art. 656, comma  nono,  lett.
a) del codice di rito, nel novero dei reati indicati dall'art. 4-bis,
comma primo quater, L.  n.  354  del  1975,  per  i  quali  opera  la
presunzione di pericolosita' superabile solo all'esito del periodo di
osservazione della personalita'» (Cass. sez. 1, sent.  n.  2283.2013,
RV 258293). Dunque, il delitto di  violenza  sessuale  attenuata  non
solo  non  richiede  la  preventiva  osservazione  di  durata  almeno
annuale, ma non e' nemmeno ostativo all'applicazione della detenzione
domiciliare generica, non rientrando nell'elencazione di cui all'art.
4-bis L. 354.1975. 
    Inoltre, va rilevato che, se il contemperamento tra  le  esigenze
rieducative e quelle di prevenzione speciale e  generale  rispetto  a
determinate categorie di delitti puo' avere un senso con  riferimento
a delitti espressione di particolare allarme e pericolosita' sociale,
per cui e' assolutamente necessaria la sottoposizione del  condannato
ad  un  congruo  ed  approfondito  periodo   di   osservazione,   non
altrettanto puo' dirsi quando gli stessi delitti siano stati commessi
con modalita' attenuate, nei casi, appunto, di  minore  gravita'.  In
tali ipotesi, le esigenze  di  rieducazione  vengono  sacrificate  in
funzione  di  un'esigenza  di   prevenzione   generale   e   speciale
insussistente  oppure  non  tanto  allarmante  da   giustificare   la
necessita' di un cosi' lungo periodo di  osservazione.  Nel  caso  di
specie,  tale  sacrificio  assoluto  e'  evidente,  atteso  che,   in
sostanza, il condannato dovra' espiare tutta la pena di mesi  sei  di
reclusione in  carcere,  senza  la  possibilita'  di  ambire  ad  una
qualunque misura alternativa, che,  con  ogni  probabilita',  sarebbe
quella  piu'  adeguata  alle  esigenze  di  prevenzione  speciale   e
generale. In tali ipotesi, allora, non e'  necessario  attendere  gli
esiti dell'osservazione intramuraria ma e' compito del giudice quello
di procedere al bilanciamento concreto degli interessi in gioco e  di
verificare quale sia la migliore prospettiva rieducativa. 
    In conclusione, si ritiene che la disposizione  di  cui  all'art.
4-bis,  comma  uno  quater,  L.  354.1975,   sia   costituzionalmente
illegittimo per contrasto con  l'art.  3  della  Costituzione,  nella
parte in cui non equipara il delitto di violenza sessuale attenuata a
quello di corruzione di minorenne, nell'ipotesi in cui il delitto  di
cui all'art. 609-quinquies c.p., questo  possa  essere  ritenuto  dal
giudice (magistrato di  sorveglianza)  di  minore  gravita',  tenendo
conto della pena inflitta dal giudice della cognizione.  Inoltre,  si
ritiene che la detta disposizione  contrasti  con  l'art.  27,  terzo
comma, Cost. perche' presuppone in ogni caso che  il  condannato  sia
sottoposto ad osservazione collegiale per almeno un anno  e,  dunque,
sacrifica irragionevolmente  le  finalita'  rieducative  della  pena,
perseguibili nel caso concreto  attraverso  il  riconoscimento  delle
misure alternative alla detenzione, anche in ipotesi di corruzione di
minorenne sostanzialmente ritenuta dal giudice di minore gravita'  e,
dunque, di un delitto di non elevato allarme e pericolosita' sociale. 
    La questione di legittimita' costituzionale evidenziata, oltre  a
non essere manifestamente infondata, per le suesposte considerazioni,
ha rilevanza ai fini della decisione sull'istanza  presentata.  Sotto
tale ultimo aspetto, il divieto posto e  derivante  dall'art.  4-bis,
comma 1-quater, L. 354.1975 non e' superabile in via  interpretativa,
perche' fa espresso ed inequivoco riferimento all'art.  609-quinquies
c.p., senza alcuna eccezione.  Inoltre,  non  e'  nemmeno  superabile
attraverso  l'interpretazione  costituzionalmente  orientata  fornita
dalla Corte di  cassazione  e  dalla  Corte  costituzionale,  per  la
ragioni gia' esposte. Infine,  la  rimozione  del  divieto  censurato
permetterebbe di valutare nel merito  le  domande  presentate,  anche
quella di detenzione domiciliare generica, altrimenti inammissibili e
di verificare quale sia, in concreto, il miglior percorso rieducativo
possibile, tenendo conto che, dagli atti del procedimento, emerge  la
concreta  possibilita'  di  disporre  una  misura  alternativa   alla
detenzione. 
    Non incide sulla rilevanza della questione  il  disposto  di  cui
all'art. 4 bis, comma uno quinquies, L. 354.1975. Infatti, tale comma
non  pone  un  limite  invalicabile   alla   decisione   nel   merito
dell'istanza ma si limita ad invitare il Giudice  di  Sorveglianza  a
«valutare», tra l'altro, anche la partecipazione  del  condannato  al
programma di riabilitazione specifica di cui  all'art.  13-bis  della
stessa legge, ai fini  della  concessione  dei  benefici  di  cui  al
precedente art. 4, comma uno. Dunque, la  questione  di  legittimita'
costituzionale che si solleva ha il chiaro ed unico fine di  superare
l'ostacolo, non  altrimenti  superabile,  che  l'art.  4,  comma  uno
quater, L. 354.1975 pone alla valutazione nel merito della situazione
di fatto posta all'attenzione del Tribunale di Sorveglianza. 
    Sussistono, allora, i presupposti richiesti  dall'art  23  L.  n.
87.1953  per  sollevare  questione  di  legittimita'   costituzionale
dell'art. 4 bis, comma uno quater, L. 354.1975.