TRIBUNALE DI VERONA 
                             Sezione II 
 
    Il Tribunale di Verona, sezione II, in composizione collegiale in
persona di: 
    Dr Fernando Platania - Presidente; 
    Dr Federico Bressan - Giudice; 
    Dr Pier Paolo Lanni - Giudice rel. 
    A  scioglimento  della  riserva  assunta  nel  procedimento   per
concordato  preventivo  n.  41/15,  cui  sono  riuniti   procedimenti
prefallimentari nn. 363/15 e 291/15 
 
                               Osserva 
 
    Con istanze di fallimento depositate il 1° luglio 2015 e 3 giugno
2015, Massimiliano  Bertoldi  e  la  SVAI  s.p.a.  hanno  chiesto  la
dichiarazione di fallimento della Termosanitaria Righetti  s.a.s.  di
Vittorio Righetti  &  C.,  societa'  cancellata  dal  Registro  delle
Imprese il 28 luglio 2014. 
    Con ricorso depositato  il  7  luglio  2015,  Vittorio,  Mauro  e
Stefano Righetti, quali soci della  Termosanitaria  Righetti  s.a.s.,
hanno chiesto l'ammissione della societa' al concordato preventivo ex
art. 161, 6° comma, L.F. 
    Con provvedimento del 17  luglio  2015  e'  stato  concesso  agli
istanti il termine di 60 giorni per il deposito della  proposta,  del
piano  e  della  documentazione  necessaria  per  l'ammissione   alla
procedura concordataria. 
    Al fascicolo del  procedimento  per  concordato  preventivo  sono
stati riuniti ex  art  273  c.p.c.  i  fascicoli  relativi  alle  due
procedure prefallimentari precedentemente instaurate. 
    La parte istante  non  ha  adempiuto  agli  obblighi  informativi
prescritti e quindi con decreto del 9 settembre 2015 e' stata fissata
udienza l'udienza del 9 ottobre 2015 per l'adozione dei provvedimenti
di cui all'art. 162, comma 2, L.F. 
    A  tale  udienza  e'  comparso  uno  dei  creditori  che  avevano
instaurato  le  procedure  prefallimentari,  la  Svai  S.p.a.,  e  ha
insistito per la dichiarazione di fallimento. 
    Con  provvedimento  pronunciato  contestualmente  alla   presente
ordinanza  viene  dichiarata   l'inammissibilita'   dell'istanza   di
concordato e si  rende  quindi  necessario  l'esame  dell'istanza  di
fallimento, riproposta all'udienza ex art. 162. 
    Nell'istanza di concordato sono  riconosciuti  il  credito  della
Svai S.p.a. (ben superiore alla soglia quantitativa di  cui  all'art.
15 L.F.), i requisiti dimensionali di cui all'art. 1 L.F. e lo  stato
di insolvenza, ma la dichiarazione  di  fallimento  e'  preclusa  dal
decorso del termine annuale previsto dall'art. 10 L.F. 
    Tale soluzione, tuttavia, appare irragionevole e  pregiudizievole
per il diritto di difesa della parte che ha chiesto la  dichiarazione
di fallimento. 
    Si solleva quindi una questione di costituzionalita' in relazione
agli artt. 3 e 24 della Costituzione dell'art. 10 nella parte in  cui
non consente la dichiarazione di fallimento anche oltre il termine di
un anno dalla cancellazione del registro delle  imprese,  qualora  il
rispetto di tale termine  sia  impedito  dalla  proposizione  di  una
domanda di concordato preventivo ed il  conseguente  procedimento  si
sia  concluso  dopo  la  scadenza  del  termine   annuale,   con   la
dichiarazione di inammissibilita' della domanda  (come  nel  caso  di
specie) o comunque con la dichiarazione di revoca  dell'ammissione  o
la mancata approvazione della proposta o la reiezione  all'esito  del
giudizio di omologa. 
Rilevanza della questione. 
    La rilevanza della  questione  di  illegittimita'  costituzionale
sollevata nel  procedimento  in  esame  appare  di  tutta  evidenzia,
poiche'  come  gia'  rilevato,  a  seguito  della  dichiarazione   di
inammissibilita'   dell'istanza   di   concordato   preventivo,    la
possibilita' dichiarare il fallimento e' preclusa esclusivamente  dal
decorso del termine previsto dall'art. 10 e puo' essere  riconosciuta
solo  in  caso  di  dichiarazione  di  incostituzionalita'  di   tale
disposizione (con pronuncia additiva nei termini in seguito esposti). 
Non manifesta infondatezza della questione. 
    Il primo presupposto  della  questione  e'  la  condivisione  del
rapporto di continenza qualitativa tra  la  procedura  di  concordato
preventivo e quella prefallimentare, secondo la ricostruzione operata
dalla  sentenza  n.  9936/15  delle  Sezioni  Unite  della  Corte  di
Cassazione, riassunta  nel  principio  di  diritto  secondo  cui  «in
pendenza di  un  procedimento  di  concordato  preventivo,  sia  esso
ordinario o con riserva, il fallimento dell'imprenditore, su  istanza
del creditore  o  del  pubblico  ministero,  puo'  essere  dichiarato
soltanto quando ricorrono gli eventi previsti dagli artt.  162,  173,
179 e 180 L.F.» e nell'ulteriore principio  di  diritto  secondo  cui
«tra la domanda di concordato preventivo e l'istanza o  la  richiesta
di fallimento ricorre, in quanto iniziative tra loro incompatibili  e
dirette a regolare la stessa situazione  di  crisi,  un  rapporto  di
continenza. Ne consegue la  riunione  dei  relativi  procedimenti  ai
sensi dell'art. 273 c.p.c., se pendenti innanzi allo stesso  giudice,
ovvero l'applicazione delle disposizioni dettate dall'art. 39 comma 2
c.p.c. in tema di continenza e  competenza,  se  pendenti  innanzi  a
giudici diversi». 
    Il secondo presupposto della questione e' l'ammissibilita'  della
domanda di concordato preventivo anche dopo  la  cancellazione  della
societa' dal registro  delle  imprese  e  prima  della  scadenza  del
termine annuale previsto dall'art. 10 L.F. 
    Al riguardo va ribadita la soluzione affermativa, gia'  sostenuta
nel decreto del 17 luglio 2015 che  ha  concesso  alla  debitrice  il
termine previsto dall'art. 161  comma  6  L.F.,  atteso  che:  a)  il
concordato preventivo e' stato concepito  dal  legislatore  come  una
procedura concorsuale alternativa e prevalente al  fallimento  ed  e'
quindi ammissibile ogniqualvolta sia possibile  la  dichiarazione  di
fallimento;  b)  l'art.   10   prevede   un'eccezione   alla   regola
dell'estinzione della societa' in caso di cancellazione del  registro
delle imprese, sulla base di una fictio iuris operante  solo  per  la
procedura  concorsuale  (in  questi  termini  si   e'   espressa   la
motivazione della sentenza n. 6070/13 delle Sezioni Unite della Corte
di Cassazione); c) questa  sopravvivenza  della  capacita'  giuridica
della societa' ai fini dell'instaurazione e della prosecuzione  della
procedura concorsuale deve intendersi riferita  anche  al  concordato
preventivo, proprio in virtu'  della  sua  alternativita'  prevalente
rispetto al fallimento (in mancanza  di  un'espressa  deroga  a  tale
principio); d) d'altra  parte,  anche  la  documentazione  prescritta
dall'art. 161 comma 2 L.F. puo' essere riferita anche ad una societa'
cancellata dal registro delle imprese, con  la  precisazione  che  la
relazione  prevista  dalla  lettera  a)  di  tale  disposizione  deve
riguardare la situazione patrimoniale,  economica  e  finanziaria  al
momento della cancellazione e deve dar  conto  delle  sue  successive
modificazioni; e) ne' la proposizione dell'istanza  di  concordato  a
ridosso della scadenza del  termine  annuale  previsto  dall'art.  10
L.F., puo' essere qualificata automaticamente come una fattispecie di
abuso  dello  strumento  concordatario,  in  mancanza  di   ulteriori
elementi (nel caso di specie assenti) che consentano di  attribuzione
il  carattere  della  gravita'  e  dell'univocita'  alla  presunzione
ricavabile dalla considerazione del contesto temporale. 
    Nella specie va anche aggiunto che la societa'  debitrice  ha  la
struttura di societa' di  persone  e  quindi  poteva  sussistere  uno
specifico  interesse  dei  soci  alla  presentazione  del  concordato
estendendosi nei confronti dei soci gli effetti  della  procedura  ai
sensi dell'art. 184 II comma l.f. 
    L'ammissibilita' dell'instaurazione della procedura di concordato
preventivo durante la pendenza  del  termine  previsto  dall'art.  10
comporta che la stessa possa essere definita ed eseguita  anche  dopo
la scadenza di tale termine. 
    La combinazione dei due presupposti evidenziati comporta che:  1)
qualora, durante la pendenza del termine previsto dall'art.  10,  sia
instaurata una  procedura  di  concordato  preventivo,  le  procedure
prefallimentari instaurate durante la pendenza dello  stesso  termine
devono essere riunite alla prima e la decisione (di accoglimento)  di
tali istanze non puo' essere pronunciata fino a che non si  verifichi
uno degli eventi previsti dagli artt. 162, 173, 179 e  180  L.F.;  2)
tuttavia,  qualora  la  definizione  della  procedura  di  concordato
preventivo per uno di tali eventi si verifichi dopo la  scadenza  del
termine annuale previsto dall'art. 10, la decisione (di accoglimento)
delle istanze di fallimento non puo' piu' essere pronunciata  proprio
per l'inequivoco disposto dell'art. 10. 
    Tale soluzione normativa, pero', sembra contrastare innanzi tutto
con il principio di  ragionevolezza,  ricavabile  dall'art.  3  della
Costituzione. 
    In particolare, appare intrinsecamente  irragionevole  la  scelta
normativa di riconoscere al debitore, durante la pendenza del termine
previsto dall'art. 10, la possibilita' di  presentare  un'istanza  di
concordato preventivo, e di frapporre quindi  un  ostacolo  giuridico
alla dichiarazione di fallimento,  senza  prevedere  la  possibilita'
della dichiarazione di fallimento nell'ipotesi in  cui  quell'istanza
si riveli inammissibile o  comunque  infruttuosa,  ma  solo  dopo  la
scadenza del suddetto termine. 
    L'irragionevolezza appare  evidente  ove  si  consideri,  che  al
debitore viene attribuita di fatto  la  possibilita'  di  evitare  la
dichiarazione di  fallimento,  attraverso  un'iniziativa  concorsuale
alternativa e prevalente, a prescindere dal suo esito. 
    Il giudizio  di  irragionevolezza  sembra  poi  confermato  dalla
considerazione della finalita' perseguita dall'art. 10, ovvero quella
di  contemperare  l'interesse  dei  creditori  con  l'interesse  alla
certezza dei rapporti giuridici dell'imprenditore  e  dei  terzi  che
vengano in contatto con lui (in questi termini  Cass.  n.  8932/13  e
Cass. n. 8099/00). 
    Nell'ipotesi esaminata, infatti, non e'  ravvisabile  un'esigenza
di tutela dell'interesse  dell'imprenditore,  poiche'  la  soggezione
alla protrazione dei tempi della procedura concorsuale, con  tutti  i
suoi possibili esiti, e' la conseguenza di una sua iniziativa; ne' e'
ravvisabile  un'esigenza  di  tutela  dell'interesse  dei  terzi  che
vengano in contatto con l'imprenditore, poiche' gli stessi sono posti
in grado di conoscere la pendenza della  procedura  concorsuale,  con
tutti i suoi possibili  esiti,  attraverso  la  pubblicita'  prevista
dall'art. 161 comma 5 L.F. 
    Per converso appare pienamente congruente  con  la  ricostruzione
del  rapporto  tra  le  procedure  di  concordato  preventivo  e   di
fallimento  nei  termini  su  esposti,  ed  in  particolare  con   la
consequenzialita'  che  le  caratterizza,  il  riconoscimento   della
possibilita' di dichiarare il fallimento in esito ad una procedura di
concordato preventivo, instaurata prima della  scadenza  del  termine
previsto dall'art. 10 e  conclusasi  successivamente  con  uno  degli
eventi previsti dagli artt. 162, 173, 179 e 180 L.F. 
    La soluzione normativa censurata appare poi contrastare anche con
l'art. 24 della Costituzione, in quanto finisce per frustrare,  senza
adeguata giustificazione, il diritto di azione del creditore istante,
che si vede preclusa la possibilita' di ottenere la dichiarazione  di
fallimento, pur in  presenza  di  un'iniziativa  tempestiva,  per  un
ostacolo giuridico rimesso all'iniziativa della controparte. 
    Ne', d'altra parte, e' possibile una diversa interpretazione  del
quadro normativo esaminato, tale da consentire nel caso di specie  la
dichiarazione  di  fallimento,  a  fronte  del  decorso  del  termine
previsto dall'art. 10. Ed infatti, la possibilita' di interpretazioni
costituzionalmente orientate di tale disposizione (pur ipotizzate nel
decreto del 17 luglio 2015 che ha concesso alla debitrice il  termine
previsto dall'art. 161  comma  6  L.F.)  sembra  preclusa  dalla  sua
formulazione inequivoca e  dall'interpretazione  univoca  sostenutane
dalla giurisprudenza, che costituisce diritto vivente, secondo cui il
termine in questione non opera come  un  termine  di  prescrizione  o
decadenza, ma  costituisce  un  limite  oggettivo  inderogabile  alla
dichiarazione di fallimento (Cass. 8392/13, Cass. 24199/13).