Ricorso ex art.  127  Cost.  del  Presidente  del  Consiglio  dei
ministri pro tempore, rappresentato e difeso ex lege  dall'Avvocatura
generale dello Stato presso i cui uffici in Roma, via dei  Portoghesi
n. 12, e' domiciliato per legge; 
    Contro  la  Regione  autonoma  della  Sardegna,  in  persona  del
presidente in carica, con sede a Cagliari, viale Trento n. 69; 
    Per la declaratoria della  illegittimita'  costituzionale  giusta
deliberazione del Consiglio dei ministri  assunta  nella  seduta  del
giorno 2 febbraio 2017, degli articoli 1, commi 24 e 40, e 3, commi 1
e 2, della legge della Regione  Sardegna  5  dicembre  2016,  n.  32,
pubblicata nel Bollettino  ufficiale  della  Regione  autonoma  della
Sardegna n. 55 del 6 dicembre 2016; 
 
                              Premessa 
 
    In data 6 dicembre 2016, sul n. 55 del Bollettino ufficiale della
Regione  autonoma  della  Sardegna,  e'  stata  pubblicata  la  legge
regionale 5 dicembre 2016, n. 32, intitolata «Variazioni del bilancio
per l'esercizio finanziario 2016 e del bilancio pluriennale 2016-2018
ai sensi dell'art. 51 del decreto legislativo  n.  118  del  2011,  e
successive modifiche ed integrazioni, e disposizioni varie». 
    Come risulta dal titolo, la legge non soltanto apporta variazioni
al bilancio previsionale della Regione Sardegna approvato  con  legge
regionale 11 aprile 2016, n. 6 -  recante  appunto  il  «Bilancio  di
previsione per l'anno  2016  e  bilancio  pluriennale  per  gli  anni
2016-2018» -, ma contiene altresi' ulteriori disposizioni. 
    Tale  legge  e,  in  particolare,  le  disposizioni  indicate  in
epigrafe, a  seconda  dei  casi,  eccedono  le  competenze  regionali
invadendo quelle statali - l'art. 1, comma 24  -  ovvero  contrastano
con l'obbligo di copertura finanziaria delle spese - l'art. 1,  comma
40, e l'art. 3, commi 1 e  2  -:  esse  sono  pertanto  violative  di
previsioni costituzionali e vengono percio' impugnate con il presente
ricorso ex art. 127 della Costituzione affinche'  ne  sia  dichiarata
l'illegittimita' costituzionale e ne sia pronunciato  il  conseguente
annullamento per i seguenti; 
 
                          Motivi di diritto 
 
A) L'art. 1, comma 24, della legge regionale Sardegna n. 32/2016. 
    L'art. 1, comma 24, della legge regionale n.  32/2016  stabilisce
che per le finalita' di cui  all'art.  71  della  legge  regionale  4
febbraio 2016, n. 2 - vale a dire al fine, da un lato, di  assicurare
la continuita' dei compiti e  delle  funzioni  a  essi  attribuiti  a
seguito  del  riordino  del  sistema  delle  autonomie  locali  della
Sardegna e,  dall'altro,  di  favorire  una  maggiore  e  piu'  ampia
valorizzazione della professionalita'  acquisita  dal  personale  con
contratto a termine -, gli amministratori straordinari delle province
sono autorizzati, ai sensi dell'art. 1, comma  426,  della  legge  23
dicembre 2014, n. 190 (legge di stabilita' 2015),  a  prorogare,  nei
limiti delle risorse finanziarie disponibili, i contratti  di  lavoro
dei lavoratori a tempo determinato in possesso dei requisiti  di  cui
all'art. 71, comma 1, lettera c) della  legge  regionale  n.  2/2016,
fino alla conclusione delle procedure di stabilizzazione  e  comunque
non oltre il 31 dicembre 2018, alle condizioni previste dall'art.  4,
comma 9-bis, del decreto-legge 31 agosto 2013, n. 101  -  convertito,
con modificazione, dalla legge 30 ottobre 2013, n. 125 - e  dall'art.
1, comma 215,  della  legge  28  dicembre  2015,  n.  208  (legge  di
stabilita' 2016). 
    I  contratti  di  lavoro  prorogabili,  in  forza  della   citata
disposizione, sino al 31 dicembre 2018 sono, in generale, i contratti
di lavoro subordinato a tempo determinato della durata  di  trentasei
mesi che sono stati oggetto negli ultimi cinque  anni  di  una  serie
continua e costante di rinnovi e  proroghe  anche  con  soluzione  di
continuita' nei limiti e con le modalita' previste dall'art. 1, comma
529, della legge 27 dicembre 2013, n. 147 (legge di stabilita'  2014)
(cosi' l'art. 71, comma 1, lettera c) della legge regionale n. 2/2016
richiamata dall'art. 1, comma 24, della legge regionale in esame). 
    Tuttavia, nell'ambito di  tale  categoria  di  contratti  occorre
distinguere quelli stipulati ai  sensi  dell'art.  4,  comma  9,  del
decreto-legge n. 101/2013 da quelli conclusi ai sensi del  successivo
comma  9-bis  della   stessa   disposizione,   comma   esplicitamente
richiamato dallo stesso art. 1, comma 24, della  legge  regionale  n.
32/2016. 
    I  contratti  stipulati  ai  sensi  dell'art.  4,  comma  9,  del
decreto-legge n. 101/2013 sono quelli conclusi dalle  amministrazioni
pubbliche e, tra queste, e per quel che qui specificamente interessa,
dalle regioni a statuto ordinario e dalle province. 
    I contratti conclusi ai sensi del successivo  comma  9-bis  della
stessa disposizione sono invece  quelli  stipulati  dalle  regioni  a
statuto speciale nonche' dagli enti territoriali - e,  quindi,  anche
dalle province - compresi nel territorio delle stesse. 
    Senonche', la proroga sino  al  31  dicembre  2018  e'  possibile
unicamente per i contratti stipulati ai sensi dell'art. 4,  comma  9,
del decreto-legge n. 101/2013 e non  anche  per  quelli  conclusi  ai
sensi dell'art. 4, comma 9-bis,  dello  stesso  decreto  legge,  come
risulta evidente da quanto al  riguardo  disposto,  relativamente  ai
primi, dal richiamato art. 1, comma 426, della legge n.  190/2014  e,
relativamente ai secondi, dall'art. 1, comma 13, del decreto-legge 30
dicembre 2016, n. 244, i quali sono invece prorogabili solo  fino  al
31 dicembre 2017. 
    L'art. 1, comma  24,  della  legge  n.  32/2016,  consentendo  la
proroga sino al 31 dicembre 2018 (anche) dei contratti  stipulati  ai
sensi dell'art. 4, comma 9-bis, del  decreto-legge  n.  101/2013,  e'
dunque costituzionalmente illegittimo sia perche' la Regione autonoma
della Sardegna non dispone di  competenza  legislativa,  esclusiva  o
concorrente, in materia - vedi gli articoli 3, 4 e  5  dello  statuto
speciale approvato con legge Costituzionale 26 febbraio 1948, n. 3 -,
sia  perche',  intervenendo  sulla  durata  di  rapporti  di  diritto
privato, viola l'art. 117, comma 2, lettera l) della Costituzione  il
quale riserva alla competenza legislativa esclusiva  dello  Stato  la
materia dell'ordinamento civile, sia, infine,  perche',  dettando  di
tali rapporti una disciplina quoad  tempus  autonoma  e  difforme  da
quella stabilita dalle leggi  dello  Stato,  viola  altresi',  e  nel
contempo, l'art. 117, comma 3, della  Carta,  che  parimenti  riserva
allo Stato la determinazione dei principi fondamentali in materia  di
coordinamento della finanza pubblica, principi che neppure le regioni
ad autonomia speciale possono derogare. 
B) L'art. 1, comma 40, della legge regionale Sardegna n. 32/2016. 
    L'art. 1, comma 40, della legge regionale n. 32/2016 prevede poi,
con decorrenza 1° gennaio 2016, il ripristino, per tutto il personale
in servizio e operante presso l'Agenzia ARGEA Sardegna - vale a  dire
l'Agenzia regionale sarda per la gestione e Ferogazione  degli  aiuti
in  agricoltura  -,  della  diaria  di  missione  relativamente  allo
svolgimento delle attivita' ispettive (fondi regionali,  nazionali  e
comunitari, controlli e verifiche). 
    Benche' non sia dato individuare, in assenza di una relazione  di
accompagnamento al provvedimento in esame, ne' la fonte normativa che
aveva disposto la soppressione  della  diaria  in  questione  ne'  la
ragione  che  adesso  ne  giustifica,  tanto   piu'   con   efficacia
retroattivamente fissata  al  1°  gennaio  2016,  il  ripristino,  e'
comunque certo che manca una disposizione che assicuri  la  copertura
finanziaria della relativa spesa. 
    Sotto questo profilo, la  norma  si  pone  in  contrasto  con  il
precetto e l'obbligo di cui all'art. 81, comma 3, della  Costituzione
e per tale motivo risulta costituzionalmente illegittima. 
C) L'art. 3, commi 1 e 2, della legge regionale Sardegna n. 32/2016. 
    Come s'e' detto in premessa, la legge apporta (anche)  variazioni
al bilancio previsionale della Regione Sardegna approvato  con  legge
regionale 11 aprile 2016, n.  6,  recante  appunto  il  «Bilancio  di
previsione per l'anno  2016  e  bilancio  pluriennale  per  gli  anni
2016-2018». 
    Com'e' noto, la legge di bilancio sarda, la quale  aveva  formato
oggetto di impugnazione da parte del  Governo,  e'  stata  dichiarata
costituzionalmente illegittima, per  violazione  dell'art.  81  della
Costituzione, con sentenza 11 gennaio 2017, n. 6. 
    Piu'   precisamente,   e'   stata   dichiarata   l'illegittimita'
costituzionale dell'art. 3 della legge regionale n. 6/2016 - il quale
approvava la spesa totale della regione, in termini di  competenza  e
di cassa, per l'anno 2016 stabilendo che la differenza tra il  totale
dell'entrata e il totale della spesa costituiva «disavanzo tecnico da
coprirsi, nei bilanci degli esercizi successivi con i residui  attivi
reimputati a tali esercizi eccedenti rispetto alla somma dei  residui
passivi reimputati e del fondo pluriennale vincolato  di  entrata»  -
nonche', ai sensi dell'art. 27 della legge  11  marzo  1953,  n.  87,
l'intera  legge  «nelle  parti  in  cui  applica  al  bilancio   2016
l'istituto  del  disavanzo  tecnico;  consente  di  impegnare   somme
eccedenti per euro 31.553.438,75 rispetto alle risorse effettivamente
disponibili; non prevede l'individuazione specifica ed analitica  dei
crediti e delle relative  scadenze  che  dovrebbero  compensare  tali
operazioni» (cosi' la sentenza citata). 
    Ora,  a  prescindere  dai  riflessi  che   la   declaratoria   di
illegittimita' costituzionale della legge di bilancio e' suscettibile
di riverberare sulla connessa legge di assestamento  del  bilancio  -
potendosi non senza fondamento  dubitare  della  perdurante,  attuale
validita' (ma, ancor prima, utilita') di una disposizione  che,  come
l'art. 3 della legge regionale n. 32/2016, non solo e' intervenuta su
una norma (l'art. 3 della legge regionale n. 6/2016) ormai inefficace
perche'  successivamente  ritenuta  e  dichiarata  costituzionalmente
illegittima, ma  ha  ripianato  (fittiziamente,  come  si  dira')  un
disavanzo tecnico (quello di cui all'art. 3 della legge regionale  n.
6/2016) la cui applicazione  al  bilancio  2016  e'  stata  anch'essa
giudicata incostituzionale -, ebbene, a prescindere da tutto  questo,
la presente impugnazione, in continuita' con  quella  precedentemente
proposta, denuncia comunque, ancora  una  volta,  la  violazione,  da
parte della legge regionale n. 32/2016, del principio  di  equilibrio
del bilancio stabilito dall'art. 51 del decreto legislativo 23 giugno
2011, n. 118,  e,  quindi,  dell'obbligo  di  copertura  della  spesa
sancito dall'art. 81, comma 3, della Costituzione. 
    Si premette che la  legge  regionale  n.  32/2016  disciplina  le
variazioni  di  bilancio  in  modo  distonico  da  quanto  prescritto
dall'art. 51 del decreto legislativo n. 118/2011 sia con  riferimento
alla data di approvazione delle stesse - successiva al 30 novembre  -
sia in relazione alla titolarita' delle variazioni. 
    Il richiamo al decreto legislativo n. 118/2011 non e'  eccentrico
perche', come chiarito da codesta ecc.ma Corte nella sentenza  teste'
citata, «esistono alcuni complessi normativi i quali  "non  integrano
una vera e propria materia, ma si qualificano a seconda  dell'oggetto
al quale afferiscono" (sentenza  n.  303  del  2003).  Per  quel  che
riguarda il  particolare  allibito  dell'armonizzazione  dei  bilanci
pubblici, i principi contabili di cui al decreto legislativo  n.  118
del 2011 sono  al  centro  di  un  "intreccio  polidirezionale  delle
competenze statali e regionali in una sequenza  dinamica  e  mutevole
della legislazione" (sentenza n. 184 del 2016) afferente ai parametri
costituzionali posti a presidio degli interessi finanziari, cosicche'
il decreto legislativo n. 118  del  2011  non  contiene  disposizioni
ispirate soltanto all'armonizzazione dei bilanci. Dette  disposizioni
riguardano anche altri  parametri  quali,  nel  caso  di  specie,  il
principio dell'equilibrio  di  bilancio  di  cui  all'art.  81  della
Costituzione». 
    Di   talche',   si   conclude,   «l'armonizzazione   si   colloca
contemporaneamente in posizione autonoma e  strumentale  rispetto  al
principio dell'equilibrio del bilancio ex art. 81 della Costituzione.
Cio' comporta che le censure mosse dal Presidente del  Consiglio  dei
ministri debbano essere prese in considerazione sia  con  riferimento
diretto  all'art.  81,  terzo  comma,  della  Costituzione,  sia   in
relazione alle norme contenute nel decreto  legislativo  n.  118  del
2011». 
    Tanto premesso, si osserva che l'art. 3 della legge regionale  n.
32/2016, dopo aver stabilito, al comma 1, che «Con la presente  legge
sono assunte le variazioni di bilancio di competenza  a  salvaguardia
degli equilibri del bilancio previsionale 2016-2018  come  modificati
per effetto della gestione, a idonea  copertura  degli  esercizi  che
presentano un saldo negativo, anche attraverso la rimodulazione della
spesa tra  le  varie  annualita'»,  afferma,  al  comma  2,  che  «il
disavanzo tecnico di cui all'art. 3, comma 1, della  legge  regionale
11 aprile  2016,  n.  6  (Bilancio  di  previsione  2016  e  bilancio
pluriennale per gli anni 2016-2018) - disavanzo tecnico generato  dal
riaccertamento  straordinario  dei  residui   e   alla   base   della
declaratoria di illegittimita' costituzionale della legge di bilancio
che lo accertava: n.d.r. - e'  interamente  ripianato  nell'esercizio
2016» per effetto delle  variazioni  di  bilancio  poi  rappresentate
nelle tabelle allegate alla legge stessa. 
    In realta', contrariamente a quanto  attestato  dalla  trascritta
disposizione, dai dati riportati nei prospetti di  cui  alle  ridette
tabelle non e' possibile riscontrare l'effettivo,  integrale  ripiano
del disavanzo ovvero  il  relativo  assorbimento  per  effetto  delle
variazioni al cronoprogramma che avrebbe originato - come evidenziato
dalla giunta regionale nella relazione al relativo disegno  di  legge
-, in luogo del disavanzo, un saldo positivo di gestione 2016. 
    Anzi, le variazioni compensative di cui al punto 5 della  tabella
allegato C -Variazioni all'entrata e alla spesa  della  competenza  e
cassa, evidenziano complessivamente  un  incremento  della  spesa  in
termini di cassa eccedente rispetto  alle  corrispondenti  variazioni
all'entrata. 
    Dunque, benche' la legge  regionale  dichiari  che  il  disavanzo
tecnico - la cui applicazione al bilancio 2016  e'  stata  dichiarata
costituzionalmente  illegittima  da  codesta   Corte   -   e'   stato
«interamente ripianato nell'esercizio 2016» perche', si  suppone,  le
entrate sono (rectius: sarebbero) superiori alle spese, in realta'  i
documenti  contabili  allegati  alla  stessa  legge  non   solo   non
forniscono evidenza di cio', ma, a ben  vedere,  dimostrano  l'esatto
contrario. 
    In definitiva, per effetto del perdurante squilibrio tra  entrate
e spese, la legge di  assestamento  del  bilancio  regionale  sconta,
almeno in parte, gli stessi vizi di carattere contabile  della  legge
di bilancio sulla base della quale e' stata formulata,  vizi  che  ne
comportano,  al  pari  della  legge   presupposta,   l'illegittimita'
costituzionale:     ragion     per     cui,      nel      sanzionarne
l'incostituzionalita',  anche  per  essa  dovra'   ripetersi   quanto
affermato da codesta Corte con riferimento  alla  caducata  legge  di
bilancio e,  cioe',  che  la  Regione  Sardegna,  per  ricondurre  ad
equilibrio  il  bilancio  regionale,  «dovra'  assumere   appropriati
provvedimenti di carattere finanziario, in ordine alla  cui  concreta
configurazione  la  perdurante   discrezionalita'   del   legislatore
regionale sara' limitata dalla priorita' dell'impiego  delle  risorse
disponibili per il riequilibrio del bilancio 2016  e  del  successivo
biennio». 
    Le  disposizioni  che  qui  si  impugnano  non  possono   infatti
considerarsi esaustive dell'indicazione della Corte perche' non  solo
non  garantiscono,  ancora  una  volta,  il  rispetto  del  principio
dell'equilibrio del bilancio stabilito  dal  decreto  legislativo  n.
118/2011, ma non  risultano  neppure  conformi  alla  regola  di  cui
all'art. 81, comma 3, della  Costituzione,  permanendo  tuttora,  per
effetto e nonostante esse, un evidente sbilanciamento tra  entrate  e
spese.