IL TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE PER IL LAZIO 
                           (Sezione Terza) 
 
    ha pronunciato  la  presente  ordinanza  sul  ricorso  numero  di
registro generale 2416 del 2016, proposto da: 
        Sindacato  Avvocati   di   Bari   in   persona   del   legale
rappresentante pro tempore, Elia Francesca Antonia, Troysi Francesco,
Ruggiero Anna, Abbattista Angelo  Michele,  Rapio  Vincenzo,  Loverro
Anna Maria,  De  Napoli  Simona,  De  Renzo  Mariavalentina,  Manzari
Maxime, Baldassarre Serena Teresa, Pedone Anna  Annunziata,  Centrone
Romina, Labianca Roberto,  Perna  Angela,  Associazione  Jus  For  As
(aderente Anf) in persona del legale rappresentante pro  tempore,  Di
Marco Giampaolo, Sindacato Avvocati di Pescara in persona del  legale
rappresentante pro tempore,  Francesco  Abbattista,  rappresentati  e
difesi dagli avvocati Emilio Toma c.f.  TMOMLE58A18A662V  e  Loredana
Papa c.f. PPALDN67B50L011N, con domicilio eletto presso Studio Legale
Placidi in Roma, via Cosseria, 2, come da procure in atti; 
    Contro: 
    Consiglio Nazionale Forense in persona del legale  rappresentante
pro tempore, rappresentato e difeso dagli avvocati Giuseppe Colavitti
c.f. CLVGPP70L27B354I, Mario Sanino c.f. SNNMRA38E03H501M e  Giuseppe
Morbidelli c.f. MRBGPP44S16A390N,  con  domicilio  eletto  presso  lo
studio del secondo in Roma, v.le Parioli, 180,  come  da  procura  in
atti; 
    Ministero della giustizia in persona del  Ministro  pro  tempore,
rappresentato e difeso per legge dall'Avvocatura generale dello Stato
presso cui e' domiciliato in Roma, via dei Portoghesi, 12; 
    nei confronti di Fondazione Scuola  Superiore  dell'Avvocatura  -
Sezione Scuola Superiore dell'Avvocatura per Cassazionisti in persona
del legale rappresentante pro tempore, non costituita in giudizio; 
    per l'annullamento: 
    del Regolamento del consiglio nazionale forense 20 novembre  2015
n. 1, relativo ai corsi per l'iscrizione  all'Albo  speciale  per  il
patrocinio davanti alle giurisdizioni superiori; 
    del bando per l'ammissione al relativo corso propedeutico; 
    Visti il ricorso e i relativi allegati; 
    Viste le memorie difensive; 
    Visti tutti gli atti della causa; 
    Visti gli atti di costituzione in giudizio di Consiglio Nazionale
Forense e di Ministero della giustizia; 
    Relatore nell'udienza pubblica  del  giorno  5  ottobre  2016  il
consigliere Achille Sinatra e uditi per le  parti  i  difensori  come
specificato nel verbale; 
    1. - Con ricorso notificato il 16 febbraio 2016 e  depositato  il
successivo giorno 26, le Associazioni sindacali forensi e  i  singoli
Avvocati in epigrafe  (i  quali  affermano  di  non  essere  iscritti
all'Albo speciale per il  patrocinio  di  fronte  alle  Giurisdizioni
superiori)  hanno  impugnato,   chiedendone   l'annullamento   previa
sospensione cautelare, il regolamento del Consiglio Nazionale Forense
(CNF) n. 1 del 20 novembre 2015, emesso in  attuazione  dell'art.  22
della legge n. 247 del 2012, che disciplina i corsi per  l'iscrizione
all'Albo  speciale  per  il  patrocinio  davanti  alle  Giurisdizioni
superiori;  hanno  impugnato,   inoltre,   nonche'   il   bando   per
l'ammissione al corso tenuto dalla Scuola  Superiore  dell'Avvocatura
(SSA) propedeutico all'iscrizione nel detto Albo. 
    2. - Il ricorso e' affidato ai seguenti 
 
                               Motivi 
 
        1) Violazione, erronea interpretazione e  falsa  applicazione
di legge (articoli 3, 33, 41 della Costituzione; articoli 56,  101  e
102  del  TFUE),  violazione  dei  principi  generali  di  iniziativa
economica,  violazione  dei  principi  comunitari  di  tutela   della
concorrenza,    illegittimita'    derivata    per    l'illegittimita'
costituzionale  e  violazione  delle  disposizioni  e  dei   principi
comunitari dell'art. 22 della legge n. 247/2012,  eccesso  di  potere
per disparita' di trattamento, ingiustizia manifesta. 
    Il  motivo  ha  il   dichiarato   fine   che   questo   Tribunale
amministrativo  regionale  sollevi  la  questione   di   legittimita'
costituzionale o la questione di compatibilita' comunitaria ai  sensi
dell'art.  267  Trattato  sul   funzionamento   dell'Unione   europea
dell'art. 22 della legge n. 247 del 2012. 
    Per la prima censura, il Regolamento impugnato, sarebbe lesivo di
norme e principi comunitari posti a tutela della concorrenza,  ed  in
particolare dell'art.  101  Trattato  sul  funzionamento  dell'Unione
europea, in quanto attribuisce al CNF (che  sarebbe  da  qualificarsi
come «associazioni di imprese» alla luce del diritto dell'Unione), in
via esclusiva, sia il compito  di  organizzare  i  corsi  di  accesso
all'esame  propedeutico  all'iscrizione  nell'Albo  dei  patrocinanti
davanti alle Giurisdizioni superiori, sia il compito  di  organizzare
detto esame di verifica; e se, forse, potrebbe ammettersi  (in  tesi)
che  il  CNF  organizzi  la  verifica  finale  di  idoneita',  invece
violerebbe il libero gioco concorrenziale la  previsione  del  potere
esclusivo di organizzazione dei corsi propedeutici presso  la  Scuola
superiore dell'avvocatura. 
    Per la seconda censura, l'art. 22 della legge  n.  274  del  2012
contrasterebbe  con  le  norme  costituzionali  in  rubrica   perche'
recherebbe disparita' di trattamento fra gli  Avvocati  formatisi  in
Italia e gli Avvocati stabiliti in Italia, che, ai sensi dell'art.  9
del decreto legislativo n. 96 del 2001,  possono  iscriversi  ad  una
specifica  sezione  dell'Albo  dei  cassazionisti  dopo  il  semplice
decorso di dodici anni di esercizio professionale. 
    Per la terza censura, l'art. 22 della citata legge  professionale
contrasterebbe,  altresi',  con  l'art.   33   quinto   comma   della
Costituzione, che prescrive un esame di Stato per l'abilitazione alla
professione forense. 
        2) Violazione, erronea interpretazione e  falsa  applicazione
di legge (legge n. 247 del 2012, art. 9 decreto legislativo n. 96 del
2001, articoli 3, 33, 41 della Costituzione; articoli 56, 101  e  102
del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea, art. 3  legge  n.
241/90), violazione dei principi generali  di  iniziativa  economica,
violazione dei  principi  comunitari  di  tutela  della  concorrenza,
eccesso di potere per disparita'  di  trattamento,  irragionevolezza,
contraddittorieta', incongruita', difetto  assoluto  di  motivazione,
ingiustizia manifesta, illegittimita' propria e derivata. 
    Con il secondo mezzo,  i  ricorrenti  censurano  il  Regolamento,
invece, per asserito contrasto con il parametro di rango  legislativo
di riferimento, ossia proprio con l'art. 22 della legge  n.  247  del
2012. 
    Cio', sotto diversi profili: 
        sarebbe innanzitutto illogico  e  foriero  di  disparita'  di
trattamento fra Avvocati operanti in  diversi  settori  del  diritto,
richiedere per l'accesso al corso, in via alternativa, una esperienza
minima il patrocinio, negli ultimi quattro  anni,  in  dieci  giudizi
davanti alle Corti di appello civili, in venti giudizi  davanti  alle
Corti di appello penali o in venti giudizi davanti alla giurisdizione
amministrativa, contabile e tributaria (art. 4); 
        altrettanto illogico sarebbe l'avere  previsto,  in  sede  di
prova  di  accesso  ai  corsi,  domande  vertenti  sia  sul   diritto
processuale  civile,  che   su   quello   penale,   che   su   quello
amministrativo, che, ancora, in  tema  di  giustizia  costituzionale,
posto che agli aspiranti e' richiesto di specificare la materia sulla
quale intende sostenere, alla fine del corso, la prova  di  idoneita'
(art. 4); 
        la legge prevedrebbe che il CNF  sia  competente  a  nominare
soltanto la Commissione per la verifica finale di  idoneita',  e  non
anche quella per l'esame di accesso ai corsi, la cui  nomina  sarebbe
di  esclusiva  competenza  ministeriale  (art.  3   comma   III   del
regolamento art. 3 del bando); 
        inoltre, l'attribuzione al CNF di regolamentare il corso  per
l'accesso all'Albo dei cassazionisti attraverso la SSA  non  potrebbe
spingersi (sotto l'aspetto evidenziato nel punto che precede) fino al
potere di controllare,  tramite  propria  Commissione,  l'accesso  al
corso. 
    3. - Il CNF ed il Ministero della giustizia si sono costituiti in
giudizio, chiedendo il rigetto del ricorso con le rispettive memorie. 
    In particolare, il CNF ha eccepito l'inammissibilita' del ricorso
per difetto di legittimazione al gravame in capo alle Associazioni ed
ai singoli ricorrenti e per  mancata  evocazione  in  giudizio  degli
Avvocati iscritti al Corso, nonche' la infondatezza dell'impugnazione
nel merito. 
    I ricorrenti hanno replicato con memoria. 
    In occasione della pubblica udienza del 5 ottobre 2016 il ricorso
e' stato posto in decisione. 
    4. - Il Collegio,  ritenendola  rilevante  e  non  manifestamente
infondata, intende sollevare questione di legittimita' costituzionale
dell'art. 22, comma 2, della legge n. 247 del 2012, che recita: 
        «L'iscrizione puo' essere  richiesta  anche  da  chi,  avendo
maturato  una  anzianita'  di  iscrizione  all'albo  di  otto   anni,
successivamente abbia lodevolmente  e  proficuamente  frequentato  la
Scuola  superiore  dell'avvocatura,  istituita  e  disciplinata   con
regolamento dal CNF. Il regolamento puo' prevedere specifici  criteri
e modalita' di selezione per l'accesso e per la  verifica  finale  di
idoneita'. La  verifica  finale  di  idoneita'  e'  eseguita  da  una
commissione d'esame designata dal CNF  e  composta  da  suoi  membri,
avvocati, professori universitari e magistrati addetti alla Corte  di
cassazione.». 
    La questione sara' sollevata nei termini che  si  chiariranno  di
seguito. 
    5. - A proposito della rilevanza  della  questione  nel  presente
giudizio, il Collegio osserva quanto segue. 
    5.1 - Innanzitutto, il ricorso in esame e' destinato a  pervenire
ad una decisione di merito, in quanto devono ritenersi  infondate  le
eccezioni di inammissibilita' sollevate dalla  difesa  del  CNF,  che
deduce, a  tale  fine:  a)  difetto  di  legittimazione  di  tutti  i
ricorrenti,  in  quanto  non  sarebbe  sufficiente  ad  integrare  il
presupposto la semplice iscrizione all'Albo forense;  b)  difetto  di
interesse all'impugnazione in capo al Sindacato Avvocati di Bari, del
quale non sarebbero noti neppure i  fini  statutari;  c)  difetto  di
contraddittorio con tutta la classe forense,  o,  almeno,  con  tutti
quegli Avvocati che stanno  gia'  svolgendo  il  corso  per  accedere
all'abilitazione al patrocinio davanti alle Giurisdizioni Superiori. 
    5.1.1) Sotto il primo dei profili sollevati  occorre  evidenziare
che ciascuno dei sedici Avvocati ricorrenti,  nominati  nell'epigrafe
del ricorso, ha depositato a corredo dell'impugnazione (doc. n. 6) la
copia fotostatica della propria tessera di riconoscimento  rilasciata
dal Consiglio dell'Ordine di appartenenza, documento di  cui  il  CNF
non ha puntualmente contestato la valenza probatoria dello status  di
Avvocato iscritto all'Albo di ognuno dei detti ricorrenti. 
    Dai detti documenti  di  riconoscimento  si  evince  che,  tra  i
ricorrenti,   l'iscrizione   all'Albo   dell'Avvocato   di   maggiore
anzianita' risale al 29 settembre 2004, mentre  quella  dell'Avvocato
con la anzianita' minore risale al 2015;  ne  segue  che  -come  essi
affermano- i ricorrenti, al momento della  proposizione  del  gravame
(spedito a notifica il 12 febbraio 2016) non potevano avere  maturato
l'anzianita'  necessaria  a  richiedere  l'iscrizione  all'Albo   dei
patrocinanti davanti alle  Giurisdizioni  superiori  per  anzianita',
pari a dodici anni come prescriveva l'art. 4 comma 1 della  legge  n.
27 del 1997, e come l'art. 22 comma 4 della legge  n.  247  del  2012
ancora consente di fare a coloro che  abbiano  maturato  i  requisiti
entro quattro anni dalla data di entrata in vigore  della  legge  sul
nuovo ordinamento forense. 
    Tale, accertata, qualita' radica la legittimazione  ad  impugnare
il Regolamento del  CNF  che  disciplina  i  corsi  per  l'iscrizione
all'Albo  speciale  per  il  patrocinio  davanti  alle  Giurisdizioni
Superiori (ed il conseguente bando)  emesso  ai  sensi  dell'art.  22
della  legge  n.  247  del  2012,  atteso  che  conferisce  ai  detti
professionisti una posizione differenziata e qualificata sia verso  i
non iscritti ad Albi Forensi, che verso gli iscritti che, al  momento
della  proposizione  del  gravame,   avevano   gia'   maturato   tale
anzianita'. 
    Neppure puo' dubitarsi di  tale  legittimazione,  ne',  comunque,
della ammissibilita' del ricorso, in ragione del fatto che alcuni tra
i ricorrenti matureranno la detta anzianita' di dodici anni entro  il
2 febbraio 2017 (scadenza del quarto anno  dalla  entrata  in  vigore
della legge n. 247 del  2012):  e'  infatti  evidente  che,  se  tale
evenienza potrebbe riguardare quei ricorrenti la cui  iscrizione  sia
piu' risalente nel tempo, cosi'  non  puo'  dirsi  per  alcuni  degli
Avvocati in questione, la cui iscrizione all'Albo  data  oltre  il  2
febbraio 2005 (e si tratta della maggior parte dei ricorrenti). 
    Per quanto appena detto, risalta con evidenza  anche  l'interesse
ad ottenere un annullamento dei detti bando e Regolamento in capo  ai
medesimi Avvocati, la cui unica possibilita' di accesso all'Albo  dei
cassazionisti e' data  non  piu'  dalla  anzianita'  dodicennale  (e,
quindi, dal mero decorso  del  tempo),  bensi'  esclusivamente  dalle
modalita' indicate nell'art. 22 della legge n. 247 del  2012  (ovvero
dall'iscrizione da almeno cinque anni e  dal  superamento  dell'esame
disciplinato dalla legge 28 maggio 1936, n. 1003, e dal regio decreto
9 luglio 1936, n. 1482), oppure, in alternativa, da quelle prescritte
dal secondo comma  della  norma,  ossia  dall'avere  «lodevolmente  e
proficuamente  frequentato  la  Scuola   superiore   dell'avvocatura,
istituita e disciplinata con regolamento dal CNF». 
    Naturalmente, per giungere a tale esito, e' necessario che  venga
rimossa dall'ordinamento giuridico  la  norma  che  questo  Tribunale
amministrativo  regionale  sospetta  di  incostituzionalita',   ossia
l'art. 22, comma 2, della legge n.  247  del  2012,  che  fondano  il
potere del CNF di emanare il Regolamento ed il bando di  cui  qui  si
chiede l'annullamento. 
    5.1.2) Non sussiste difetto alcuno  di  contraddittorio  con  gli
Avvocati che, anch'essi privi della detta anzianita' dodicennale alla
data  del  2  febbraio  2017,  hanno  gia'  intrapreso  il   percorso
disciplinato dall'art. 22 comma 2 della legge n. 247 del 2012  e  dai
provvedimenti impugnati. 
    E' infatti evidente che tali soggetti non rivestono una posizione
sostanziale di controinteresse verso l'annullamento di tali atti,  in
quanto,  innanzitutto,  il  risultato  cui  tutti  gli  Avvocati  non
attualmente  iscritti  all'Albo  per  i  cassazionisti  tendono   e',
ovviamente, il medesimo, ovvero l'iscrizione in detto Albo, senza che
a tale fine possa rilevare  il  percorso  attraverso  il  quale  tale
iscrizione viene ottenuta. 
    Inoltre, l'eventuale  interruzione  del  percorso  intrapreso  da
quegli  Avvocati  che  debbano  ottenere  il  titolo   in   questione
attraverso la frequenza dei corsi di cui  parla  l'art.  22  comma  2
della legge n. 247 del 2012,  lungi  dall'incidere  negativamente  la
sfera giuridica di questi ultimi, rappresenterebbe anzi, per costoro,
un deciso vantaggio, in quanto consentirebbe loro (previa l'eventuale
dichiarazione di illegittimita' costituzionale della norma primari di
riferimento), di ottenere il medesimo titolo con il mero decorso  del
tempo, come chiedono, in ultima analisi, di fare i ricorrenti. 
    In  definitiva,  la  posizione  dei  ricorrenti  e  quella  degli
Avvocati che hanno  intrapreso  i  corsi  in  questione  assumono  la
consistenza del co-interesse. 
    5.1.3) Da ultimo, ritiene  il  Collegio  che  sussista  anche  la
legittimazione ad agire  del  Sindacato  Avvocati  di  Bari,  il  cui
Statuto (doc. 5 della produzione a corredo del ricorso), all'art.  3,
ne prevede l'impegno affinche' «siano tutelati  il  prestigio  e  gli
interessi morali ed economici degli avvocati nonche' dei giovani  che
intendono avviarsi alla professione». 
    E' evidente che il richiamo a tali interessi risulta  sufficiente
a radicare il presupposto in capo a tale  associazione  (cui  possono
accedere Avvocati e Praticanti avvocati che esercitano effettivamente
la professione: art. 5 dello Statuto),  poiche'  la  possibilita'  di
accedere con certezza (ossia mediante lo scorrere del  tempo,  e  non
tramite la frequenza di un corso cui si  accede  mediante  una  prova
d'esame, e che si conclude con  una  verifica  finale)  all'Albo  dei
Cassazionisti rappresenta, per gli aspiranti, la certezza di accedere
al patrocinio davanti alle Giurisdizioni Superiori, con i conseguenti
vantaggi economici (in quanto comporta la possibilita' di patrocinare
in tutte, e non solo in alcune, delle fasi in cui  si  articola  ogni
giudizio); e rappresenta anche un risparmio  di  spesa,  perche'  non
implica gli oneri economici connessi alla frequenza stessa del corso. 
    5.2) Tanto premesso, il Collegio ritiene che la questione cui  si
possa ascrivere la non manifesta  infondatezza  da  parte  di  questo
Tribunale  amministrativo  regionale  sia  quella  che  i  ricorrenti
chiedono di sollevare con la seconda censura, nella quale denunziano,
quanto alla possibilita' di accedere all'Albo dei  Cassazionisti,  la
disparita' di trattamento che la  disciplina  dell'art.  22  comma  2
della legge n. 247 del 2012 recherebbe per gli Avvocati formatisi  in
Italia, rispetto agli Avvocati stabiliti di cui tratta l'art.  9  del
decreto legislativo n. 96 del 2001, per i  quali  l'iscrizione  nella
relativa sezione speciale  dell'albo  e'  (ancora)  subordinata  alla
dimostrazione «di avere esercitato la  professione  di  avvocato  per
almeno dodici anni in uno o piu' degli  Stati  membri,  tenuto  conto
anche dell'attivita' professionale eventualmente svolta in Italia». 
    La rilevanza di tale questione nel presente giudizio e' del tutto
evidente, ed e' palesata dalla stessa costruzione della censura,  con
cui i ricorrenti denunziano «direttamente»  la  norma  sospettata  di
incostituzionalita', la  quale,  per  il  tramite  dei  provvedimenti
impugnabili davanti al Giudice  amministrativo  in  questo  giudizio,
sarebbe, in tesi, foriera di disparita' di trattamento rispetto  agli
Avvocati stabiliti in Italia, per i quali gia' l'art. 9  del  decreto
legislativo  n.  96  del  2001  prevedeva  (ed  ancora  prevede)   la
possibilita' di iscrizione all'Albo  dei  patrocinanti  davanti  alle
Giurisdizioni Superiori dopo  il  mero  decorso  di  dodici  anni  di
professione. 
    Osserva il Collegio che il motivo di ricorso con cui i ricorrenti
denunziano la disparita' di  trattamento  tra  Avvocati  ed  Avvocati
stabiliti rispetto all'iscrizione all'Albo dei  Patrocinanti  davanti
alle Giurisdizioni Superiori, alla luce di quanto dispone l'art.  22,
comma 2, che  prevede  proprio  il  percorso  conformato  dagli  atti
gravati, dovrebbe essere respinto, dal momento  che  tale  differenza
risulta positivamente esistente nell'ordinamento. 
    Invece, senza  la  norma  sospettata  di  incostituzionalita',  i
provvedimenti impugnati risulterebbero privi di base legislativa,  e,
soprattutto, l'oggettiva differenza fra le due strade  che  conducono
Avvocati ed Avvocati stabiliti all'iscrizione all'Albo  in  questione
non sarebbe giustificata dal diritto positivo; e dunque il motivo  in
questione sarebbe suscettibile di accoglimento. 
    6. - Quanto, poi, alla non manifesta infondatezza della questione
di costituzionalita' qui sollevata, il Collegio  ritiene  che  l'art.
22, comma 2, della legge n. 247 del  2012  contrasti  con  l'art.  3,
comma 2, della  Costituzione  per  avere  introdotto,  a  parita'  di
condizioni, un difforme (e deteriore) trattamento  per  gli  Avvocati
abilitatisi in Italia, che non possono piu' accedere all'Albo per  il
mero decorso di dodici anni  di  esercizio  professionale  (come  era
sotto la vigenza dell'art. 33 del regio decreto  n.  1578  del  1933,
modificato dall'art. 4 della legge n.  27  del  1997)  rispetto  agli
Avvocati stabiliti, per i quali l'art. 9 del decreto  legislativo  n.
96 del 2001 conserva tale possibilita'. 
    6.1. - La comparazione delle due norme  evidenzia,  di  per  se',
tale disparita'. 
    Ed invero, mentre l'art. 22, comma  2,  prevede  che  l'esercizio
della professione per otto anni sia soltanto il titolo abilitante per
accedere alla prova selettiva che, se superata, da' ingresso ai Corsi
organizzati dal  CNF  tramite  la  Scuola  Superiore  dell'Avvocatura
(oggetto del Regolamento e del bando impugnati),  che  si  concludono
con  una  verifica   finale   (il   cui   esito   negativo   preclude
l'iscrizione), invece l'art. 9, comma 2, del decreto  legislativo  n.
96 del 2001 prevede: 
        «Per l'iscrizione nella sezione speciale  dell'albo  indicato
al comma 1, l'avvocato stabilito  deve  farne  domanda  al  Consiglio
nazionale forense e dimostrare di avere esercitato la professione  di
avvocato per almeno dodici anni in uno o  piu'  degli  Stati  membri,
tenuto conto anche dell'attivita' professionale eventualmente  svolta
in Italia. Alle deliberazioni  del  Consiglio  nazionale  forense  in
materia  di  iscrizione  e  cancellazione  dalla   sezione   speciale
dell'albo si applica la disposizione di cui  all'art.  35  del  regio
decreto-legge n. 1578 del 1933, convertito, con modificazioni,  dalla
legge n. 36 del 1934, e successive modificazioni». 
    Al riguardo occorre innanzitutto osservare che  (diversamente  da
quanto sostiene il CNF) la norma da sospettare di incostituzionalita'
(ma nei giudizi in cui essa ha rilevanza, e dunque non nel  presente)
non puo' essere  tale  art.  9,  in  quanto  esso  e'  stata  dettata
nell'ambito  della  «Attuazione  della  direttiva  98/5/CE  volta   a
facilitare l'esercizio permanente della professione  di  avvocato  in
uno Stato membro diverso da quello  in  cui  e'  stata  acquisita  la
qualifica professionale», ed  e'  quindi  ispirato  alla  tutela  dei
principi  comunitari  di  liberta'  di  stabilimento  e   di   libera
prestazione dei servizi (articoli 49 e 56 TFUE), alla cui  osservanza
la repubblica e' tenuta (anche) dall'art.  117,  primo  comma,  della
Costituzione. 
    Dunque, la previsione, per gli Avvocati stabiliti, di un  accesso
alla professione di Avvocato cassazionista per il  mero  decorso  del
tempo nell'esercizio professionale, ovvero senza (altri) ostacoli che
il  decorso  di  dodici  anni,  e'  stata  ritenuta  dal  legislatore
nazionale  necessaria  e  ragionevole   misura   di   attuazione   di
inderogabili principi comunitari. 
    Risalta evidente che tale scelta normativa e'  stata  indirizzata
dalla circostanza per cui, all'atto di entrata in vigore del  decreto
legislativo n. 96 del 2001,  anche  per  gli  Avvocati  abilitati  in
Italia (oltre che a seguito di esame di Stato) il combinato  disposto
tra gli articoli 33 del regio decreto n. 1578 del  1933  e  l'art.  4
della legge n.  27  del  1997  prevedevano  la  possibile  iscrizione
all'Albo in questione dopo il semplice  decorso  di  dodici  anni  di
professione. 
    L'art. 9 in questione, allora, palesandosi a contenuto, per cosi'
dire, necessitato (dal divieto di porre  ostacoli  alla  liberta'  di
stabilimento in Italia verso professionisti abilitati in altri  Stati
membri dell'UE), non puo'  che  costituire  il  necessario  metro  di
comparazione rispetto al trattamento che la norma qui  sospettata  di
incostituzionalita'  riserva,  invece,  agli  Avvocati  formatisi  ed
abilitatisi in Italia. 
    E' allora facile osservare (ad avviso  del  Collegio  remittente)
che  non  risponde  a   ragionevolezza   la   differenza   con   tale
(necessitata) disciplina, quella, invero piu' onerosa,  prevista  per
gli Avvocati non stabiliti, ma formatisi in Italia, per  i  quali  il
mero decorso di dodici  anni  nell'esercizio  della  professione  non
costituisce (piu') requisito sufficiente  all'iscrizione  nel  citato
Albo. 
    Dopo l'entrata in vigore dell'art. 22, secondo comma della  nuova
legge professionale forense, infatti,  l'ingresso  tra  gli  Avvocati
Cassazionisti,   adesso   sottratto   al   semplice   fatto   storico
dell'esercizio professionale per dodici anni (come lo era per  l'art.
33 del passato Ordinamento forense), risulta una mera eventualita'. 
    Questa disparita' di trattamento risalta  con  maggiore  evidenza
ove si pensi  che  gli  appartenenti  ad  entrambe  le  categorie  di
professionisti (Avvocati ed Avvocati stabiliti) possono  svolgere  la
rispettiva attivita' professionale nel medesimo ambito  territoriale,
e, dunque, verso la medesima clientela potenziale. 
    Tuttavia,  come  ha   insegnato   a   piu'   riprese   la   Corte
costituzionale (cfr. ad esempio sentenze n. 209/2010 e 397/1994),  il
principio  generale  di  ragionevolezza  comporta   il   divieto   di
introdurre ingiustificate disparita' di  trattamento  e  la  coerenza
dell'ordinamento giuridico. 
    6.2 - Il Collegio ritiene inoltre che, proprio perche'  l'art.  9
del decreto legislativo n. 96  del  2001  deriva  dall'attuazione  di
obblighi comunitari  postulata  dall'art.  117,  primo  comma,  della
Costituzione,  non  sia  possibile  una  lettura   costituzionalmente
orientata dell'art. 22, comma 2 della  nuova  legge  sull'ordinamento
forense, che, rispetto al primo, istituisce una  notevole  e  gravosa
serie di condizioni per gli Avvocati abilitati in Italia. 
    In altri termini, se,  per  alcuni  professionisti,  l'iscrizione
all'Albo dopo dodici anni di professione (e non  altro)  deve  essere
ritenuta, per le anzidette ragioni, conforme a  Costituzione,  allora
non e' possibile scorgere tale compatibilita' nei  confronti  di  una
disciplina che comporti, per altri  professionisti  che  operano  nel
medesimo campo e nel medesimo mercato dei  primi,  l'incertezza  e  -
comunque - il notevole aggravio legati ad un esame di  ammissione  al
corso di cui all'art. 22; alla frequenza del medesimo; ed infine alla
positiva valutazione finale a seguito di esame. 
    Tanto piu', che il mero  decorso  di  dodici  anni  di  esercizio
professionale ai  fini  dell'iscrizione  era  il  medesimo  requisito
richiesto, sino al 2012, agli avvocati (non stabiliti). 
    Inoltre, quanto al diritto vivente nella materia che  ci  occupa,
non puo' in questa sede essere dato rilievo  al  fatto  che,  con  la
sentenza in forma semplificata  n.  12268/14  del  4  dicembre  2014,
questa Sezione abbia ritenuto costituzionalmente compatibile la norma
oggetto della presente ordinanza, in quanto il quel giudizio  non  si
faceva la questione di disparita' di trattamento che,  nel  presente,
e' oggetto della censura da cui deriva la rilevanza  della  questione
di costituzionalita'. 
    Ed infatti,  la  declaratoria  di  manifesta  infondatezza  della
questione che si chiedeva di  sollevare,  ha  riguardato,  in  quella
occasione, la seconda parte del secondo comma dell'art.  22,  per  la
quale «il regolamento puo' prevedere specifici criteri e modalita' di
selezione per l'accesso e per la verifica  finale  di  idoneita'»,  e
dunque le concrete modalita' con cui il CNF aveva regolato il test di
accesso ai corsi; ma non aveva dovuto prendere in  considerazione  la
previsione della prima parte del comma, che riguarda la -presupposta-
necessita'  che  i  corsi  siano   istituiti   e   disciplinati   dal
Regolamento. 
    Tale prima parte (che recita: «L'iscrizione puo' essere richiesta
anche da chi, avendo maturato una anzianita' di  iscrizione  all'albo
di otto anni,  successivamente  abbia  lodevolmente  e  proficuamente
frequentato  la  Scuola  superiore   dell'avvocatura,   istituita   e
disciplinata  con  regolamento  dal  CNF»),   peraltro,   costituisce
presupposto logico necessario della seconda;  sicche'  la  rimessione
della questione che riguarda la prima  parte  deve,  necessariamente,
riguardare anche la seconda parte del comma. 
    6.3 - Ne' puo' affermarsi fondatamente che una differenza tra  le
due categorie (avvocati ed avvocati stabiliti), tale da escludere  la
disparita'  di  trattamento,  possa  essere   rinvenuta   in   quanto
dispongono l'art. 8  ed  il  primo  comma  dell'art.  9  del  decreto
legislativo n. 96 del 2001, per cui l'avvocato stabilito  deve  agire
di  intesa  con  un  professionista  abilitato   ad   esercitare   la
professione con il titolo di avvocato, il quale assicura  i  rapporti
con l'autorita' adita o procedente e nei confronti della medesima  e'
responsabile dell'osservanza dei doveri imposti dalle  norme  vigenti
ai difensori. 
    E' invero del tutto evidente che, ove non la si  voglia  ritenere
un  requisito  solo   di   carattere   formale,   l'intesa   con   un
professionista abilitato ad esercitare  la  professione  di  avvocato
davanti alle  Giurisdizioni  Superiori  si  risolve  in  un  rapporto
lasciato alla autonomia negoziale ed alla libera  contrattazione  tra
due professionisti, di cui la norma di riferimento non prevede ne' il
contenuto tipico (che, quindi, bene potrebbe  tendere  all'equilibrio
sinallagmatico mediante la previsione di pattuizioni, che  compensino
l'avvocato italiano della responsabilita' che egli assume), e neppure
il naturale carattere oneroso; e  che,  quindi,  non  puo'  di  certo
essere  comparabile  con  l'aleatorieta'  insita  nel  regime   posto
dall'art. 22 comma 2, piu' volte ricordato. 
    7. - In conclusione, la norma indicata contrasta, per le  ragioni
di  cui  in  motivazione,  con  l'art.  3,   comma   secondo,   della
Costituzione. 
    Posta la sua rilevanza nel presente giudizio,  quest'ultimo  deve
essere sospeso, e deve essere ordinata la trasmissione  dei  relativi
atti alla Corte costituzionale.