Ricorso ex art. 127 della  Costituzione  per  il  Presidente  del
Consiglio   dei   ministri,   rappresentato   e   difeso   ex    lege
dall'Avvocatura generale dello Stato (codice  fiscale  80224030587  -
fax 0696514000, pec: ags.rm@mailcert.avvocaturastato.it) presso i cui
uffici e' domiciliato in Roma alla via dei Portoghesi n. 12; 
    Contro la Regione  Campania,  in  persona  del  presidente  della
giunta regionale pro-tempore per la  declaratoria  di  illegittimita'
costituzionale degli articoli 4, comma 2; 7, 8, comma 2, lettera  n);
9, comma 1 e comma 2, lettera a); 10, comma 1, comma 4, commi 3 e  5;
13, 16, comma 2, lettere a), b), c), d), f) e g); 14,  comma  3;  15,
comma 8; 15, comma 3 della legge regionale Campania  del  20  gennaio
2017, n. 2, recante «Norme per la valorizzazione della  sentieristica
e della  viabilita'  minore»  come  da  delibera  del  Consiglio  dei
ministri in data 10 marzo 2017. 
 
                              Premessa 
 
    Sul Bollettino ufficiale della Regione Campania  del  20  gennaio
2017, n. 7, e' stata pubblicata la legge regionale 20  gennaio  2017,
n. 2, recante «Norme per  la  valorizzazione  della  sentieristica  e
della viabilita' minore». 
    Occorre premettere che la legge in esame  prevede  l'istituzione,
l'individuazione e la definizione delle modalita' di gestione di  una
rete  escursionistica  nel   territorio   regionale   (REC   -   Rete
escursionistica  Campana)  «costituita  da  sentieri   di   interesse
europeo,  inserita  nella  rete  europea  della   European   Ramblers
Assodation ed interregionale, ovvero la rete primaria dei sentieri, e
sentieri di interesse regionale, ed i  sentieri  anche  rurali  cosi'
come individuati dalla consulta regionale» (art. 4, comma 3). 
    Tale rete  interessa  tutto  il  territorio  regionale,  compreso
quello ricadente nei parchi nazionali e nelle  altre  aree  protette,
nazionale e regionali. 
    La legge n. 2 del 2017, inoltre, disciplina le funzioni normative
ed amministrative inerenti la REC. 
    La normativa contenuta nella legge in esame e' gravemente  lesiva
delle funzioni che la legge statale attribuisce agli enti parco e  ai
soggetti gestori delle altre aree protette esistenti  nel  territorio
regionale; inoltre, essa contrasta anche con la legislazione  statale
con la quale si esercita la competenza esclusiva in tema  di  «tutela
dell'ambiente e dell'ecosistema». 
    A questo proposito pare utile ricordare come  in  Campania  siano
presenti, ad oggi, due diversi parchi nazionali (il «Parco  nazionale
del Vesuvio» e il «Parco nazionale del  Cilento,  Vallo  di  Diano  e
Alburni»), sono inoltre presenti  alcune  riserve  naturali  statali,
nonche' alcuni parchi regionali. 
    La giurisprudenza di codesta Corte costituzionale ha chiarito che
la «materia delle aree protette» statali e regionali, di cui la legge
n.  394  del  1991  rappresenta  la   disciplina   fondamentale,   e'
ascrivibile all'«esercizio della competenza esclusiva in  materia  di
tutela dell'ambiente, di cui all'art. 117, secondo comma, lettera s),
della Costituzione» (tra le altre, cfr. le sentenze n. 20  e  n.  315
del 2010; n. 44 del 2011). 
    La  regione,  dunque,  puo'  esercitare   le   proprie   funzioni
legislative anche quando incidano su tale sfera,  ma  «senza  potervi
derogare», potendo viceversa «determinare, sempre  nell'ambito  delle
proprie competenze, livelli maggiori di tutela» (sentenze n. 193  del
2010 e n. 61 del 2009; sentenza n. 44 del 2011). 
    Piu' nello specifico,  la  giurisprudenza  di  codesta  Corte  ha
chiarito che «il  territorio  dei  parchi,  siano  essi  nazionali  o
regionali, ben (possa) essere oggetto di  regolamentazione  da  parte
della regione, in materie  riconducibili  ai  commi  terzo  e  quarto
dell'art. 117 della Costituzione, purche'  in  linea  con  il  nucleo
minimo  di  salvaguardia  del  patrimonio   naturale,   da   ritenere
vincolante per le regioni» (sentenze n. 232 del  2008  e  n.  44  del
2011). 
    Il giudice costituzionale, inoltre, ha avuto  modo  di  precisare
che «la disciplina statale delle aree  protette,  che  inerisce  alle
finalita'  essenziali  della  tutela  della  natura   attraverso   la
sottoposizione  di  porzioni  di  territorio  soggette   a   speciale
protezione», risponde a tali finalita' per mezzo  di  due  differenti
tipi di strumenti: la regolamentazione  sostanziale  delle  attivita'
che possono essere  svolte  in  quelle  aree,  come  le  «limitazioni
all'esercizio della caccia» (sentenza n. 315  del  2010,  n.  44  del
2011), e la «predisposizione di strumenti programmatici e  gestionali
per la valutazione di rispondenza delle attivita' svolte nei  parchi,
alle esigenze di protezione della flora e della fauna»  (sentenza  n.
387 del 2008, n. 44 del 2011). 
    Ebbene, la legge regionale Campania n. 2/2017 presenta profili di
contrasto con  strumenti  dell'uno  e  dell'altro  tipo,  tra  quelli
predisposti dalla legislazione statale,  e,  dunque,  deve  ritenersi
costituzionalmente illegittime nelle parti e per i seguenti, 
 
                               Motivi 
 
    1. Illegittimita' costituzionale dell'art. 4, comma 2 della legge
regionale Campania n. 2/2017, nella parte in cui non prevede  che  la
funzione  di  pianificazione   degli   interventi   di   recupero   e
valorizzazione del patrimonio escursionistico regionale debba  essere
esercitata - nei casi in cui  interessi  aree  rientranti  in  parchi
nazionali - in conformita' al piano del parco ed al  regolamento  del
parco, nonche' alle misure di salvaguardia eventualmente dettate  dal
provvedimento  istitutivo,  per  violazione  dell'art.  117,  secondo
comma, lettera s), e sesto comma della Costituzione nonche' dell'art.
118, primo e secondo comma della  Costituzione  in  riferimento  agli
articoli 8, 11 e 12 della legge n. 394/1991. 
    Ai sensi dell'art. 4 della legge in esame: «La pianificazione  e'
lo strumento di indirizzo e di  programmazione  per  individuare  gli
interventi   di   recupero   e    valorizzazione    del    patrimonio
escursionistico regionale, come stabilito agli articoli 2, 3 e 4  del
protocollo d'intesa sottoscritto tra il Ministero dei  beni  e  delle
attivita' culturali e del turismo (MiBACT)  e  Club  alpino  italiano
(CAI) in data 30 ottobre 2015» (comma 1). 
    In  base  al  comma  2  del  medesimo   art.   4,   inoltre   «la
pianificazione degli interventi  di  recupero  e  valorizzazione  del
patrimonio escursionistico regionale si sviluppa  con  il  contributo
delle autonomie locali,  nel  rispetto  dei  principi  di  autonomia,
sussidiarieta', differenziazione, adeguatezza e leale collaborazione,
di cui all'art. 3 dello statuto della Regione Campania». 
    Al riguardo occorre ricordare come l'art. 11 della legge  n.  394
del 1991 affidi al regolamento del parco il compito  di  disciplinare
«l'esercizio delle  attivita'  consentite  entro  il  territorio  del
parco» (comma 1), precisando inoltre come il medesimo debba  regolare
«la tipologia e le modalita' di costruzione di  opere  e  manufatti»,
«il soggiorno e la circolazione del pubblico con qualsiasi  mezzo  di
trasporto», «lo svolgimento  di  attivita'  sportive,  ricreative  ed
educative», «i limiti alle emissioni  sonore,  luminose  o  di  altro
genere»,  nonche'  «l'accessibilita'   nel   territorio   del   parco
attraverso percorsi e strutture idonee  per  disabili,  portatori  di
handicap e anziani». 
    Il successivo art. 12, inoltre, prevede che «la tutela dei valori
naturali ed ambientali» del Parco avvenga attraverso lo strumento del
piano per il parco, nel quale dovra' essere pianificata - tra l'altro
- l'«organizzazione generale del territorio e  sua  articolazione  in
aree o parti caratterizzate da forme differenziate di uso,  godimento
e tutela» e i «sistemi di attrezzature e servizi per la gestione e la
funzione  sociale  del  parco,  musei,  centri  di   visite,   uffici
informativi, aree di campeggio, attivita' agroturistiche» (comma 1). 
    A questo fine il piano e' chiamato a suddividere il territorio in
base  al  diverso  grado   di   protezione,   giungendo   fino   alla
identificazione di «riserve integrali nelle quali l'ambiente naturale
e' conservato nella sua integrita'» (comma 2). 
    Ebbene, nella  parte  in  cui  le  disposizioni  regionali  sopra
richiamate  non  prevedono  che  le  attivita'  della  regione  sopra
illustrate  destinate  ad  interessare  il  territorio   dei   parchi
nazionali debbano svolgersi in conformita' al regolamento ed al piano
di ciascun parco, si pongono in contrasto con le norme della legge n.
394 del 1991 sopra richiamate. 
    Cosi' facendo, pertanto, contrastano  innanzi  tutto  con  l'art.
117, secondo comma, lettera s), della Costituzione, poiche', come  si
e' visto piu' sopra, incidono sul nucleo di salvaguardia  predisposto
dalla legge statale, in esercizio della propria competenza  esclusiva
in  materia  di  «tutela  dell'ambiente   e   dell'ecosistema»,   con
riferimento ad una particolare categoria di aree protette. 
    Analoghe conclusioni, ancora, devono raggiungersi per la  mancata
previsione  della   conformita'   alle   «misure   di   salvaguardia»
eventualmente dettate, ai sensi dell'art. 8, comma 5, della  medesima
legge n. 394/1991,  fino  alla  entrata  in  vigore  della  specifica
disciplina dell'area protetta. 
    La mancata previsione della conformita' al regolamento del parco,
d'altra parte, implica  anche  la  violazione  dell'art.  117,  sesto
comma, della Costituzione, poiche' comporta la lesione della potesta'
regolamentare in una  materia  di  competenza  legislativa  esclusiva
statale, nella specie destinata ad  essere  esercitata,  in  base  al
citato art. 11 della legge n. 394 del 1991, dagli enti parco. 
    Infine,   la   possibilita'   che   l'attivita'   gestionale    e
organizzatoria regionale si esplichi in  difformita'  dal  piano  del
parco comporta a sua volta la lesione dell'art. 118, primo e  secondo
comma, della Costituzione, dal momento che in tal modo si  pregiudica
una funzione amministrativa di  tipo  programmatorio  affidata  dalla
legge statale in una  materia  di  propria  competenza,  ad  un  ente
pubblico nazionale quale l'ente parco. 
    2.  Illegittimita'  costituzionale  dell'art.   7   della   legge
regionale  Campania  n.  2/2017  nella  parte  in  cui  e'  volto   a
disciplinare  anche  porzioni  della  rete  escursionistica   campana
incluse nel territorio dei parchi nazionali, per violazione dell'art.
117, secondo comma, lettera s),  e  sesto  comma  della  Costituzione
nonche' dell'art. 118, primo e secondo comma  della  Costituzione  in
riferimento agli articoli 1, comma 3, 9,  11  e  12  della  legge  n.
394/1991. 
    L'art. 7 della legge regionale in esame disciplina la  viabilita'
minore di uso privato, prevedendo che «se nella rete  escursionistica
e' inclusa anche la viabilita' minore, esterna ai centri abitati,  di
esclusivo uso privato ovvero non soggetta a servitu' di passaggio  di
uso pubblico,  l'accesso  e  il  transito  sono  consentiti  ai  soli
escursionisti  motorizzati  con  mezzi  di  modeste  dimensioni   per
esclusive esigenze  di  trasporto  di  portatori  di  handicap  o  di
approvvigionamento o conduzione  agricola  e  a  condizione  che  gli
stessi non si trattengono a bivacco,  non  abbandonano  rifiuti,  non
molestano il bestiame e  non  danneggiano  colture  ed  attrezzature»
(comma 1). 
    Al riguardo si dispone inoltre che  «il  transito  e'  consentito
solo nell'ambito della traccia viaria e non puo' essere ostacolato se
ricorrono le condizioni di cui ai comma  1»  (comma  2),  e  che  «la
chiusura al transito, anche escursionistico, e' disposta dalla giunta
regionale, su conforme proposta dell'assessore al ramo, per motivate,
particolari e inderogabili  esigenze,  sentita  la  consulta  di  cui
all'art. 8» (comma 3). 
    Tale previsione presenta  profili  di  incostituzionalita'  nella
parte in cui pretende  di  disciplinare  anche  porzioni  della  rete
escursionistica campana, incluse nel territorio dei parchi nazionali,
per le seguenti ragioni. 
    Innanzi tutto occorre richiamare nuovamente l'art. 11 della legge
n. 394 del 1991, ai sensi del quale il regolamento del  parco  ha  il
compito di disciplinare «l'esercizio delle attivita' consentite entro
il territorio del parco», ed in particolare  «  la  circolazione  del
pubblico con qualsiasi mezzo di trasporto»  e  «l'accessibilita'  nel
territorio del parco  attraverso  percorsi  e  strutture  idonee  per
disabili, portatori di handicap e anziani». 
    Ancora, merita di essere ricordato, anche  con  riferimento  alla
norma in esame l'art. 12 della medesima legge n. 394  e  la  funzione
pianificatoria ivi disciplinata. Ebbene,  la  norma  regionale  sopra
citata e' incostituzionale, nella parte in cui riguarda anche  quella
parte della rete escursionistica presente all'interno  dei  territori
dei parchi nazionali, in quanto pretende di disciplinare  l'esercizio
di attivita' all'interno di parchi  nazionali:  compito  che  invece,
come si e' visto, la legge n. 394 del 1991 affida  specificamente  al
regolamento del  parco,  chiamando  inoltre  a  concorrere  a  questo
obiettivo anche il fondamentale strumento del piano de parco. 
    Si noti peraltro che la  disciplina  posta  dalla  normativa  qui
contestata e' anche di tipo esplicitamente permissivo: cio' determina
la diretta violazione dei beni ambientali a  presidio  dei  quali  e'
posta l'istituzione degli enti parco in tutti  quei  casi  in  cui  i
comportamenti esplicitamente  consentiti  dalla  norma  de  qua  sono
incompatibili con  lo  specifico  tipo  di  protezione  della  natura
predisposto dagli strumenti regolamentari e pianificatori  del  parco
per le singole aree di volta in volta interessate. 
    La mancata previsione della conformita' al regolamento del parco,
d'altra parte, implica  anche  la  violazione  dell'art.  117,  sesto
comma, della Costituzione, poiche' comporta la lesione della potesta'
regolamentare in una  materia  di  competenza  legislativa  esclusiva
statale, nella specie destinata ad essere esercitata dagli enti parco
in base al citato art. 11 della legge n. 394 del 1991. 
    Ancora,   la   possibilita'   che   l'attivita'   gestionale    e
organizzatoria regionale si esplichi in  difformita'  dal  piano  del
parco comporta a sua volta la lesione dell'art. 118, primo e  secondo
comma, della Costituzione, dal momento che in tal modo si  pregiudica
una funzione amministrativa di  tipo  programmatorio  affidata  dalla
legge statale in una materia  di'  propria  competenza,  ad  un  ente
pubblico nazionale quale l'ente parco. 
    Infine, la citata disposizione secondo la quale «la  chiusura  al
transito, anche escursionistico, e' disposta dalla giunta  regionale,
su  conforme  proposta  dell'assessore   al   ramo,   per   motivate,
particolari e inderogabili  esigenze,  sentita  la  Consulta  di  cui
all'art. 8» (comma 3), nella parte in cui  riguarda  aree  rientranti
nel  territorio  di  parchi  nazionali,  e'   incostituzionale,   per
violazione degli  articoli  117,  secondo  comma,  lettera  s)  -  in
riferimento agli articoli 1, comma 4, e 9 della legge n. 394 del 1991
- e 118, primo e secondo comma, della Costituzione, in quanto  affida
all'amministrazione  regionale  una   funzione   gestoria   dell'area
protetta che risulta chiaramente affidata, con norme poste a presidio
di standard di tutela ambientale, all'ente parco. 
    In particolare il secondo comma dell'art. 118 della Costituzione,
anche se esplicitamente riferito  alle  sole  competenze  degli  enti
territoriali minori, porrebbe chiaramente  il  principio  secondo  il
quale la competenza legislativa circa  l'allocazione  delle  funzioni
amministrative dipende dalla competenza legislativa  nel  settore  di
volta in volta considerato. 
    3. Illegittimita' costituzionale dell'art. 8,  comma  2,  lettera
n), nella parte in cui  prevede  che  la  designazione  da  parte  di
Federparchi  della  componente  della  consulta  regionale   per   il
patrimonio escursionistico in rappresentanza degli  enti  parco,  per
violazione dell'art. 117, secondo comma, lettera s), e  sesto  comma,
nonche' dell'art. 118, primo e secondo  comma,  in  riferimento  agli
articoli 1, comma 3, e 9, della legge n. 394/1991. 
    L'art. 8, al comma  1,  dispone  l'istituzione,  «quale  sede  di
concertazione e  organismo  consultivo  e  propositivo  della  giunta
regionale»   della   consulta    regionale    per    il    patrimonio
escursionistico. 
    Il successivo comma 2 prevede inoltre che della  consulta  faccia
parte un membro, in rappresentanza dei parchi nazionali, designato da
Federparchi. 
    Ora, la consulta regionale e' chiamata, dalle disposizioni  della
legge in oggetto, a collaborare all'esercizio di funzioni lato  sensu
gestorie della rete dei sentieri rientranti  nella  REC,  che  -  con
riferimento alla frazione di quest'ultima presente nel territorio dei
parchi nazionali - e' assegnata agli enti gestori dei medesimi,  come
risulta chiaramente dagli articoli 1, comma 3, e 9 della legge n. 394
del 1991. Pare dunque corretto che  la  legge  regionale  predisponga
forme di collaborazione organica con gli  enti  parco  nell'esercizio
delle funzioni legate alla REC. 
    Si deve tuttavia rilevare che la designazione del  rappresentante
di quest'ultimi da parte di Federparchi non rappresenta una soluzione
in grado di tener adeguatamente conto delle funzioni in questione. 
    Esse, infatti, spettano ovviamente ai  singoli  soggetti  gestori
delle aree protette in questione, di talche' i medesimi  non  possono
venir  surrogati  da  Federparchi  nella  individuazione   del   loro
rappresentante. 
    Anche in questo caso  la  norma  appare  dunque  incostituzionale
perche' interviene in una materia riservata alla  legge  statale  che
individua  negli  enti  parco  singolarmente   intesi   i   portatori
dell'interessi tutelati. 
    Inoltre la norma appare incostituzionale anche laddove conferisce
all'amministrazione  regionale  una   funzione   gestoria   dell'area
protetta che risulta chiaramente affidata, con norme poste a presidio
di standard di tutela ambientale, all'ente parco. 
    4. Illegittimita' costituzionale dell'art. 9, comma 1, e comma 2,
lettera a), della legge Regione Campania n.  2/2017  nella  parte  in
cui: 
    a) non prevedono che la  gestione  tecnica  dei  siti  ricompresi
nella REC ed  inclusi  nei  territori  delle  aree  protette  sia  di
competenza esclusiva dei relativi enti gestori (art. 9, comma 1); 
    b) prevedono che gli enti di gestione delle aree protette debbano
individuare le  modalita'  di  fruizione  della  rete  regionale  «in
accordo con i comuni territorialmente  interessati»,  per  violazione
dell'art. 117,  secondo  comma,  lettera  s),  e  sesto  comma  della
Costituzione nonche' dell'art.  118,  primo  e  secondo  comma  della
Costituzione in riferimento agli articoli 1, comma  3,  9,  11  e  12
della legge n. 394/1991. 
    In base all'art. 9, comma 1, della legge in  esame  «la  gestione
tecnica dei siti ricompresi nella REC e' di competenza della  Regione
Campania, degli enti locali territorialmente competenti e degli  enti
di gestione delle aree protette». 
    Il successivo comma 2 prevede inoltre che «i soggetti di  cui  al
comma 1 (...) individuano, in accordo con i  comuni  territorialmente
interessati (...)  le  diverse  modalita'  di  fruizione  della  rete
regionale che rispondono all'esigenza di valorizzare e  riequilibrare
i bacini escursionistici locali». 
    Come si' e' gia' avuto modo di evidenziare, tuttavia, la legge n.
394 del 1991 e' chiara  nell'affidare  l'attivita'  di  gestione  dei
parchi   nazionali   all'ente   parco.   In   tal    senso    depone,
inequivocabilmente, l'art. 1, comma 3, di tale  atto  normativo,  che
esplicitamente individua nella disciplina  dal  medesimo  dettata  lo
«speciale regime (...)  di  gestione»  cui  i  territori  delle  aree
protette sono  sottoposti.  Tale  speciale  regime  di  gestione,  in
particolare per i parchi nazionali, e'  imperniato  -  dal  punto  di
vista  del  soggetto  titolato  allo  svolgimento  dell'attivita'  di
gestione - sull'ente parco, individuato e disciplinato dall'art. 9, e
- dal punto di vista funzionale - sul piano del parco, di cui al gia'
citato art. 12. 
    Alla luce delle menzionate disposizioni legislative  statali,  le
sopra richiamate norme regionali vanno ritenute incostituzionali. 
    L'art. 9, comma 1, infatti, attribuisce cumulativamente agli enti
di gestione delle aree protette e agli enti  locali  territorialmente
competenti la gestione tecnica dei siti, quando e' evidente che -  in
base alle sopra richiamate norme  della  legge  n.  394  del  1991  -
nell'ambito dei territori ricompresi all'interno delle aree  protette
tale funzione non puo' che spettare esclusivamente ai  relativi  enti
di gestione. 
    Il  successivo  comma   2,   nel   prevedere   la   necessarieta'
dell'accordo con i comuni territorialmente interessati ai fini  della
individuazione delle  «diverse  modalita'  di  fruizione  della  rete
regionale»,  pregiudica  analogamente  le  funzioni   attribuite   ai
soggetti gestori delle aree protette, poiche'  impedisce  che  questi
ultimi si autodetermino nelle scelte inerenti tali funzioni,  dovendo
necessariamente concordarle con i comuni. 
    La disposizione  regionale  in  parola,  inoltre,  contrasta  con
l'art. 11 della legge n. 394 del 1991, che attribuisce al regolamento
del parco il compito di  disciplinare  «l'esercizio  delle  attivita'
consentite  entro  il  territorio  del  parco»,  e  quindi  anche  le
«modalita' di fruizione» della rete regionale dei sentieri. 
    Da qui il contrasto con l'art. 117, secondo comma, lettera s),  e
sesto comma, della Costituzione. 
    5. Illegittimita' costituzionale dell'art. 10, commi 1, 4, 3 e  5
della legge Regione Campania n. 2/2017 per violazione degli  articoli
117, secondo comma, lettera s), sesto comma della Costituzione e 118,
primo e secondo comma, della Costituzione, anche in riferimento  agli
articoli 1, comma 3, 9, 11 e 12 della legge n. 394 del 1991. 
    L'art. 10 disciplina  nel  dettaglio  la  pianificazione  annuale
degli interventi sulla rete regionale. 
    In particolare, il comma 1 prevede che «il piano triennale  degli
interventi  sulla  rete  regionale  definisce   gli   interventi   da
realizzare sulla rete regionale ed  individua  le  opere  oggetto  di
finanziamento con i relativi importi di contributo sulla  base  delle
priorita'  indicate   nei   piani   degli   interventi   sulla   rete
provinciale». 
    Tale  norma,  nella  parte  in  cui  non  prevede  che  il  piano
triennale, per la parte in cui si rivolge alle porzioni di territorio
regionale  ricomprese  nel  perimetro  dei  parchi  nazionali,  debba
necessariamente rispettare il regolamento ed il piano del  parco,  e'
da considerare costituzionalmente illegittima. 
    Come si e' gia' evidenziato piu' sopra, infatti, l'art. 11  della
legge n. 394 del 1991 affida al regolamento del parco il  compito  di
disciplinare  «l'esercizio  delle  attivita'  consentite   entro   il
territorio del parco» (comma 1), mentre il successivo art. 12 prevede
che «la tutela dei valori naturali ed ambientali» del  parco  avvenga
attraverso lo strumento del piano per il parco. 
    Nella parte in cui le disposizioni regionali sopra richiamate non
prevedono che le attivita' della regione sopra  illustrate  destinate
ad interessare il territorio dei parchi nazionali  debbano  svolgersi
in conformita' al regolamento  ed  al  piano  di  ciascun  parco,  si
pongono in contrasto con le citate norme della legge n. 394 del 1991,
violando dunque, per conseguenza, l'art. 117, secondo comma,  lettera
s),  della  Costituzione,  poiche'  esse  incidono  sul   nucleo   di
salvaguardia predisposto dalla  legge  statale,  in  esercizio  della
propria competenza esclusiva in materia di  «tutela  dell'ambiente  e
dell'ecosistema», con riferimento ai parchi nazionali. 
    La mancata previsione della conformita' al regolamento del parco,
d'altra parte, implica  anche  la  violazione  dell'art.  117,  sesto
comma, della Costituzione, poiche' comporta la lesione della potesta'
regolamentare in una  materia  di  competenza  legislativa  esclusiva
statale, nella specie destinata ad essere esercitata dagli enti parco
in base al citato art. 11 della legge n. 394 del 1991. 
    Infine,   la   possibilita'   che   l'attivita'   gestionale    e
organizzatoria regionale si esplichi in  difformita'  dal  piano  del
parco comporta a sua volta la lesione dell'art. 118, primo e  secondo
comma, della Costituzione, dal momento che in tal modo si  pregiudica
una funzione amministrativa di  tipo  programmatorio  affidata  dalla
legge statale in una  materia  di  propria  competenza,  ad  un  ente
pubblico nazionale quale l'ente parco. 
    Il  comma  4  prevede  inoltre  che  il  piano  triennale   degli
interventi  sia  approvato  dalla  giunta   regionale,   sentita   la
commissione consiliare  competente,  e  che  le  sue  integrazioni  e
modifiche siano effettuate con  una  ulteriore  delibera  di  giunta.
Anche  in  questo  caso  la  norma  della  Regione  Campania   affida
all'amministrazione regionale una importante funzione  programmatoria
e gestoria che, nella parte in cui interessa porzioni del  territorio
regionale ricadenti all'interno del perimetro di parchi nazionali, e'
di spettanza degli  enti  parco.  Risulta  infatti  evidente  che  la
disposizione regionale ammette  anche  forme  di  intervento  su  cui
l'ente parco non abbia prestato il proprio consenso. 
    E cio' risulta  precisamente  lesivo  dello  standard  di  tutela
ambientale predisposto dalla legge n. 394 del 1991, che a posto  tale
ente a presidio dei  «valori  naturalistici,  scientifici,  estetici,
culturali educativi e ricreativi» presenti nel parco nazionale  (art.
2, comma 1, della legge n. 394 del 1991). 
    Parimenti incostituzionali vanno ritenute le disposizioni di  cui
ai commi 3 e 5 dell'art. 10. 
    Il comma 3 prevede che «il piano annuale degli  interventi  sulla
rete regionale individu(i) (...) gli interventi di  competenza  della
regione nei settori che coincidono in tutto o in parte con proprieta'
regionali nonche' sui percorsi escursionistici di valenza regionale e
locale individuati nel piano», mentre il successivo comma 5 affida al
detto piano, «per ciascun percorso compreso nella REC», il compito di
individuare «il soggetto obbligato alla  manutenzione,  il  contenuto
dell'obbligo e  la  periodicita'  minima  del  controllo,  secondo  i
criteri stabiliti dal regolamento attuativo di cui all'art. 16». 
    Anche  in   questo   caso   le   disposizioni   citate   affidano
all'amministrazione regionale importanti funzioni gestorie che -  con
riferimento alla parte di REC  presente  nel  territorio  dei  parchi
nazionali - spettano, in base alla legge n. 394 del 1991, ai  singoli
enti parco, rappresentando un aspetto del nucleo di tutela ambientale
predisposto dalla legge statale per le aree protette del tipo di  cui
trattasi. 
    6. Illegittimita' costituzionale dell'art. 13 della legge Regione
Campania n. 2/2017 per violazione degli articoli 117, secondo  comma,
lettera  s),  sesto  comma  e  118,  primo  e  secondo  comma,  della
Costituzione, anche in riferimento agli articoli 1, comma 3, 9, 11  e
12 della legge n. 394 del 1991. 
    L'art. 13 disciplina la segnaletica  della  rete  regionale,  sia
tramite la individuazione  di  disposizioni  sostanziali  di  diretta
applicazione (comma  1),  sia  tramite  l'affidamento  alla  consulta
regionale e ai comuni di specifiche funzioni  (come  la  adozione  di
linee guida e lo svolgimento di interventi per l'installazione  delle
strutture). 
    La disposizione viola l'art. 117, secondo comma,  lettera  s),  e
sesto comma, e l'art. 118, primo e secondo comma, della Costituzione,
nella parte  in  cui  si  applica  anche  alla  frazione  della  rete
regionale presente nel territorio dei parchi nazionali. 
    L'art. 11 della legge n. 394 del 1991 attribuisce al  regolamento
del parco il compito di  disciplinare  «l'esercizio  delle  attivita'
consentite entro il territorio del parco». 
    L'art. 12, d'altronde, prevede il piano per il parco disciplini i
«sistemi di accessibilita' (...) pedonale». 
    La disciplina della sentieristica e  della  relativa  segnaletica
rientra  dunque  senz'altro  tra  i  compiti  che  la  legge  statale
attribuisce al regolamento e al piano del parco. 
    Da qui il contrasto con gli articoli 11 e 12 della legge  n.  394
del 1991, e - quindi - con l'art. 117, secondo comma, lettera  s),  e
sesto comma, della Costituzione. 
    L'attribuzione di funzioni sostanzialmente  gestorie  ai  comuni,
quali la posa, l'installazione, l'adeguamento e la manutenzione della
segnaletica, a sua volta, contrasta con le funzioni che  al  riguardo
sono chiamati a svolgere gli enti parco  in  base  agli  articoli  1,
comma 3, e 9 della legge n. 394 del 1991. 
    Da qui la violazione dell'art. 117, secondo  comma,  lettera  s),
della Costituzione. 
    7. Illegittimita' costituzionale dell'art. 16, comma  2,  lettere
a), b), c), d), f) e g) della legge Regione Campania n.  2/2017,  per
violazione dell'art. 117, secondo comma,  lettera  s),  sesto  comma,
della Costituzione, anche in riferimento agli articoli 11 e 12  della
legge n. 394 del 1991. 
    L'art. 16 disciplina il regolamento attuativo della medesima. 
    In particolare, il comma  2  affida  a  tale  atto  normativo  il
compito di disciplinare: 
    «a) le caratteristiche tecniche a cui deve essere  uniformata  la
segnaletica della REC con la previsione di un termine perentorio  per
l'adeguamento della segnaletica esistente; 
    b) le caratteristiche delle tabelle segnaletiche  da  apporre  in
presenza di particolari attrazioni naturalistiche, storico-culturali,
architettoniche e religiose allo scopo di segnalare  la  specificita'
dell'itinerario e descrivere habitat, paesaggi e singole emergenze; 
    c) i  criteri  e  le  prescrizioni  per  la  progettazione  e  la
realizzazione degli itinerari escursionistici rientranti nella REC; 
    d) le caratteristiche di sicurezza necessarie per  consentire  le
diverse tipologie di fruizione; (...) 
    f) (...) i criteri generali di manutenzione  dei  percorsi  della
REC; 
    g) per ciascun percorso l'individuazione del  soggetto  obbligato
alla manutenzione, il contenuto dell'obbligo e la periodicita' minima
delle attivita' di controllo sullo stato di manutenzione». 
    Nella  parte  in  cui  tale  disposizione  prevede  che  sia   il
regolamento attuativo a disciplinare i sopra richiamati oggetti anche
con riferimento  al  territorio  degli  enti  parco,  deve  ritenersi
incostituzionale per violazione dell'art. 117, secondo comma, lettera
s), sesto comma, in riferimento agli articoli 11 e 12 della legge  n.
394/1991,  che  attribuiscono  la  disciplina  di  tali  settori   al
regolamento e al piano del parco. 
    8. Illegittimita' costituzionale degli articoli 4, comma 2; 7; 8,
comma 2, lettera n); 9, comma 1 e comma 2, lettera a); 10,  comma  1,
comma 4, commi 3 e 5; 13; 16, comma 2, lettere a), b), c), d),  f)  e
g) della legge  Regione  Campania  n.  2/2017  nel  caso  in  cui  si
applichino a porzioni del territorio regionale incluse nel  perimetro
di riserve naturali  statali  e  di  aree  protette  regionali  -  in
relazione all'art. 117, comma 2,  lettera  s)  e  comma  sesto  della
Costituzione - anche in riferimento agli articoli 1, 17  e  29  della
legge n. 394 del 1991. 
    Le    disposizioni    sopra    richiamate    devono     ritenersi
incostituzionali anche  con  riguardo  alla  parte  in  cui  la  loro
applicazione e'  destinata  a  coinvolgere  porzioni  del  territorio
incluse nel perimetro di riserve naturali  statali  e  aree  protette
regionali. 
    Quanto alle prime, risulta innanzi tutto chiaramente dall'art.  1
della  legge  n.  394  del  1991  come  anch'esse  debbano  risultare
sottoposte ad  uno  «speciale  regime»  che  coinvolge  sia  la  loro
«tutela» che la loro «gestione». 
    Il successivo art. 17, inoltre, precisa come sia compito del loro
decreto  istitutivo  determinare  «i  confini  della  riserva  ed  il
relativo  organismo  di  gestione»  nonche'  «indicazioni  e  criteri
specifici cui devono conformarsi il piano di gestione  della  riserva
ed il relativo regolamento  attuativo,  emanato  secondo  i  principi
contenuti nell'art. 11 della presente legge». 
    Anche se disciplinate in modo certamente meno dettagliato,  anche
per le riserve naturali statali la legge n.  394  del  1991  pone,  a
tutela  della  loro  missione  ambientale,  vincoli  organizzativi  e
funzionali analoghi a quelli che caratterizzano i  parchi  nazionali,
prevedendo in particolare: 
    a) l'affidamento della loro gestione ad uno specifico  organismo,
individuato ad hoc dal decreto istitutivo; 
    b)  lo   svolgimento   di   una   attivita'   di   pianificazione
dell'attivita' di gestione; 
    c)  l'esistenza  di  un  momento  regolatorio   delle   attivita'
consentite nell'area protetta. 
    Quanto  alle  aree  protette  regionali,  occorre  innanzi  tutto
ricordare  come  sia  del  tutto  consolidato  l'orientamento   della
giurisprudenza costituzionale secondo il quale  la  disciplina  delle
aree protette, rientrando nella competenza esclusiva dello  Stato  in
materia di «tutela dell'ambiente»  prevista  dall'art.  117,  secondo
comma, lettera s), della Costituzione, detta norme  fondamentali  del
settore cui la legislazione  regionale  deve  uniformarsi  anche  con
riferimento alle aree protette regionali (cfr., ad esempio,  sentenze
n. 212 del 2014; n. 171 del 2012; n. 325 del 2011; n. 41 del 2011). 
    In particolare, per quel che qui e' di piu'  prossimo  interesse,
le norme statali  cui  la  legislazione  regionale  deve  uniformarsi
prevedono  resistenza  di  un  soggetto  gestore  dell'area  protetta
regionale, che non  puo'  essere  spogliato  delle  competenze  sugli
interventi nella medesima (articoli 1, comma 4 e 23  della  legge  n.
394 del  1991),  nonche'  l'esistenza  di  un  regolamento  dell'area
protetta (art. 22, comma 1, lettera d): in  tema  si  vedano  tra  le
altre, le sentenze n. 171 del 2012, n. 41 del 2011 e n. 325 del 2011)
e di un piano del  parco  regionale  (art.  23),  cui  sono  affidati
compiti  analoghi  agli  omologhi  strumenti  di  regolamentazione  e
pianificazione degli enti parco dello Stato. 
    Sia  alle  riserve  naturali  statali  che  alle  aree   protette
regionali, infine, si applica l'art. 29 della legge n. 394 del  1991,
che - ad ulteriore conferma di quanto rilevato piu'  sopra  -  affida
all'«organismo di gestione dell'area  naturale  protetta»  importanti
poteri di controllo circa la conformita' delle  attivita'  realizzate
nell'area rispetto al regolamento, al piano e al nulla osta. 
    In sintesi,  sussistono  dunque  ragioni  di  incostituzionalita'
delle disposizioni regionali sopra richiamate, per ragioni analoghe a
quelle piu' sopra illustrate, anche con riferimento a quelle porzioni
del territorio regionale rientranti nel perimetro di riserve naturali
statali e di aree protette regionali. 
    9. Illegittimita' dell'art. 14, comma 3, e dell'art. 15, comma 8,
per violazione del principio di legalita' di cui all'art.  25,  comma
2, della Costituzione, e dei principi fondamentali di tassativita'  e
determinatezza  in  materia  di  sanzioni  amministrative   enunciati
all'art. 1, legge n. 689/1981. 
    L'art. 14, comma 1, prevede che  «E'  fatto  divieto  a  chiunque
alterare o modificare lo stato di fatto dei percorsi  escursionistici
inseriti nella  rete  regionale  e,  in  particolare,  di  mutare  la
destinazione  d'uso  degli  spazi,  impedire  il  libero  accesso  ai
percorsi ed ai siti, sovrapporre altre  infrastrutture  o  esercitare
qualsiasi altra azione tesa in ogni caso a violare il divieto di  cui
al presente comma». 
    Il comma 2 stabilisce «Se le esigenze di modifica di destinazione
d'uso intervengono a seguito di  interventi  progettati  dai  comuni,
ogni variazione deve essere preventivamente comunicata alla  consulta
regionale,  ed   autorizzata   dalla   giunta   regionale   ai   fini
dell'aggiornamento della REC», mentre il successivo comma  3  prevede
che «La violazione del comma 2 comporta l'applicazione delle sanzioni
e delle misure previste dal decreto legislativo  n.  285/1992,  nelle
misure dallo stesso determinate». 
    Tale    ultima    disposizione,    limitandosi    a    richiamare
indistintamente le sanzioni e le misure di cui al decreto legislativo
n. 285/1992, presenta una  formulazione  estremamente  generica,  con
riferimento  sia  alla  natura  sia  all'entita'  delle  sanzioni  da
applicare alle violazioni in esse previste. 
    Al riguardo, come ben noto, nel  nostro  ordinamento  i  principi
costituzionali  in  materia  sanzionatoria  ed  in  particolare   del
principio di legalita'  previsto  dall'art.  25  della  Costituzione,
trovano applicazione in  relazione  a  tutte  le  misure  di'  natura
sanzionatoria. 
    Ed infatti, secondo l'ormai consolidato orientamento  di  codesta
Corte  costituzionale  (sentenza  n.   196/2010),   formatosi   anche
recependo gli indirizzi della  giurisprudenza  europea,  tali  canoni
debbono essere estesi  a  tutte  le  misure  di  carattere  punitivo,
comprese quelle amministrative,  alle  quali  si  applica  quindi  la
medesima disciplina per la pena in senso stretto. Relativamente  alla
norma  censurata,  si  osserva  che  i  principi  di  tassativita'  e
determinatezza, che costituiscono naturale  corollario  del  predetto
principio di cui all'art. 25, comma 2, della Costituzione,  impongono
che  la  formulazione  della  fattispecie  di  natura  punitiva   sia
sufficientemente chiara e dettagliata, in modo  che  risulti  agevole
per chiunque distinguere la sfera del lecito da quella  dell'illecito
e  conoscere  quale  sia  la  risposta  sanzionatoria  agli  illeciti
commessi. 
    Detti  canoni  costituzionali  sono   per   altro   espressamente
richiamati dall'art. 1 della legge n. 689/1981, in tema  di  principi
generali in materia  di  sanzioni  amministrative,  che  testualmente
dispone: «le leggi che prevedono sanzioni amministrative si applicano
soltanto nei casi e per i tempi in essa considerati». 
    I medesimi profili  di  incostituzionalita'  si  riscontrano  con
riferimento all'art. 15, comma 8, che risulta formulato in  modo  non
chiaro nel riferimento a  disposizioni  sanzionatorie  contenute  nei
commi precedenti («Oltre alle sanzioni previste dai commi 2 e 3»). 
    10. Illegittimita' costituzionale dell'art.  15,  comma  3  della
legge Regione Campania n. 2/2017 in relazione all'art. 117, comma  2,
lettera l) della Costituzione. 
    L'art. 15 della legge n. 2/2017 al comma 3  che  punisce  con  la
sanzione amministrativa pecuniaria «Chiunque danneggia la segnaletica
o le opere realizzate per la  percorribilita'  e  la  sosta  lungo  i
percorsi escursionistici della rete regionale». 
    La disposizione in esame descrive la condotta del reato penale di
danneggiamento; in particolare la  fattispecie  ricalca  il  disposto
dell'art. 635, comma 2, n. 1, del codice penale. 
    La  determinazione  delle  fattispecie  che  costituiscono  reato
costituisce, pero', materia  riservata  alla  legislazione  esclusiva
dello Stato ex art. 117,  comma  2,  lettera  l)  della  Costituzione
(ordinamento civile e  penale)  con  conseguente  incostituzionalita'
anche della disposizione in esame.