Ordinanza n. 3 di rimessione degli atti alla Corte costituzionale nel procedimento arbitrale promosso da: Enel Sole Sr.l. con socio unico (c.f. 02322600541 e P. IVA 05999811002), societa' soggetta alla direzione e al coordinamento di Enel S.p.a., con sede legale a Roma, Viale Tor di Quinto 45/47; in persona dell'avv. Sabrina Panfili, nominato procuratore con atto del Notaio dott. Nicola Atlante di Roma Rep. 51707 - Racc. 25670 - 20 gennaio 2016, con l'avv. Claudio Bonora; Contro il comune di Calcinato (c.f. 00524950177 e P.IVA 00569440985), con sede a Calcinato (Brescia), Piazza Aldo Moro, n. 1, in persona del Sindaco e legale rappresentante pro tempore, con Mario Gorlani. A seguito di conferenza tra gli arbitri, il Collegio composto da: avv. prof. Daniele Maffeis (presidente); avv. Francesco Santi (arbitro); avv. Piermario Strapparava (arbitro); sciogliendo la riserva assunta all'udienza in data 22 febbraio 2017; Ritenuto in fatto Che Enel Sole S.r.l. (infra Enel Sole); con atto di citazione notificato in data 12 giugno 2013, ha instaurato davanti al Tribunale di Brescia, sezione S3, dott.ssa Lucia Cannella, il giudizio r.g. 11303/2013 per ivi sentir cosi' giudicare: «sulla base dello "stato di consistenza" degli impianti di illuminazione pubblica di proprieta' di Enel Sole S.r.l. situati sul territorio del Comune di Calcinato, determinare l'ammontare dell'equa indennita' di riscatto degli impianti suddetti spettante ad Enel Sole S.r.l., tenuto conto dei criteri previsti dall'art. 24 del regio decreto n. 2578/1925 e dagli articoli 13 e 14 del decreto del Presidente della Repubblica n. 902/1986, e cioe': (a) il valore industriale dell'impianto (b) eventuali anticipazioni o sussidi dati dal Comune di Calcinato; (c) il profitto che viene a mancare ad Enel Sole S.r.l. a causa del riscatto; per l'effetto condannare il Comune di Calcinato a pagare all'attrice l'equa indennita' nella misura di euro 34.151,08, sulla base della valutazione svolta dal perito nominato dal Tribunale di Brescia nell'ambito del procedimento di consulenza tecnica preventiva (R.G. 5196/2012), ovvero nella misura, maggiore o minore, che sara' ritenuta, anche in via equitativa, di giustizia, oltre rivalutazione monetaria, se dovuta, e interessi legali dalla data di consegna (12 marzo 2010) degli impianti al saldo effettivo» (citaz. Enel Sole, pag. 24); che il Comune di Calcinato (infra il Comune), costituitosi con comparsa di costituzione in- data 17 ottobre 2013, ha proposto eccezione di «difetto di giurisdizione o incompetenza, in quanto ai termini di legge la questione e' rimessa in arbitrato» (comp. cost. Comune, pag.15); che a seguito dell'eccezione di arbitrato sollevata davanti al Tribunale di Brescia dal Comune, Enel Sole, davanti allo stesso Tribunale di Brescia, ha eccepito la «illegittimita' delle norme che prevedono l'arbitrato obbligatorio» cosi' argomentando: «Secondo la giurisprudenza consolidata della Corte costituzionale, le disposizioni di legge che impongono l'arbitrato come strumento di risoluzione delle controversie sono illegittime. Infatti, «costituisce orientamento consolidato di questa Corte (v. le sentenze n. 127 del 1977, n. 488 del 1991, n. 49 del 1994, n. 206 del 1994, n. 232 del 1994, n. 54 del 1996, n. 152 del 1996 e n. 381 del 1997) quello per cui l'arbitrato trova il proprio legittimo fondamento nella concorde volonta' delle parti, sicche' l'obbligatorieta' ex lege del medesimo si traduce in un'illegittima compressione del diritto di difesa ed in una violazione del principio della tutela giurisdizionale. D'altronde l'arbitrato puo' ritenersi effettivamente non obbligatorio solo quando sia consentito a ciascuna delle parti in contesa, con decisione anche unilaterale, di adire il giudice ordinario» (Corte costituzionale 24 luglio 1998, n. 325). Pertanto, il ricorso all'arbitrato e' legittimo soltanto quando e' basato sulla concorde ed espressa volonta' delle parti, con la conseguenza che sono incostituzionali tutte le norme che prevedono arbitrati obbligatori, precludendo cosi' alle parti la libera scelta di ricorrere all'autorita' giudiziaria ordinaria: «poiche' la Costituzione garantisce ad ogni soggetto il diritto di agire in giudizio per la tutela dei propri diritti ed interessi legittimi, il fondamento di qualsiasi arbitrato e' da rinvenirsi nella libera scelta delle parti: perche' solo la scelta dei soggetti (intesa come uno dei possibili modi di disporre, anche in senso negativo, del diritto di cui all'art. 24, comma primo, Cost. [...], sicche' la "fonte" dell'arbitrato non puo' piu' ricercarsi e porsi in una legge ordinaria o, piu' generalmente, in una volonta' autoritativa» (Corte cost. 8 giugno 2005, n. 221). In particolare, con la decisione da ultimo richiamata, la Corte costituzionale ha dichiarato la illegittimita' dell'art. 13 del regio decreto-legge 28 agosto 1930, n. 1345 (recante Norme per la costruzione e l'esercizio dell'acquedotto del Monferrato), convertito nella legge 6 gennaio 1931, n. 80, che cosi' recitava: «ogni controversia relativa alla costruzione od esercizio dell'acquedotto e all'applicazione del presente decreto, sara' decisa da un Collegio di tre arbitri, dei quali uno scelto dal Consorzio, altro scelto dalla Societa' ed il terzo nominato dal Ministro per l'interno di concerto con quello delle finanze; gli arbitri giudicheranno secondo le regole di diritto e la sentenza non sara' soggetta ne' ad appello, ne' a ricorso in cassazione. La Corte costituzionale ha quindi dichiarato la illegittimita' della norma sopra richiamata, sul presupposto che «essa preclude alle parti la possibilita' di adire il giudice statuale», ritenendo irrilevante la circostanza che le parti avessero inserito nella convenzione stipulata per disciplinare la gestione dell'acquedotto una clausola che richiamava l'arbitrato previsto dal regio decreto, trattandosi di una mera riproduzione del disposto di legge: «l'obiezione della convenuta Societa' Acquedotto Monferrato S.p.A., secondo cui la disposizione dell'art. 13 del r.d.l. n. 1345 del 1930 sarebbe stata superata da una successiva manifestazione di volonta' delle parti, e' destituita di fondamento, dal momento che la convenzione, stipulata fra il Consorzio del comuni e la societa' concessionaria il 14 ottobre 1935, ha, in punto di arbitrato, semplicemente riprodotto, precisandone i termini, il precetto contenuto nella norma denunciata, cui ha dato concreta esecuzione». (note conclusive Enel Sole davanti al Tribunale di Brescia in data 21 luglio 2014, pagg. 3-5); che il Tribunale di Brescia, sezione S3, dott.ssa Lucia Cannella, nella causa R.G. 11303/2013, con sentenza n. 1639/2016, pubblicata in data 26 maggio 2016, non impugnata ai sensi degli articoli 819-ter, 42 e 43 cod. proc. civ., ha dichiarato la propria incompetenza «essendo la domanda sottoposta ad arbitrato ai sensi dell'art. 24 regio decreto n. 2578/1925» respingendo l'eccezione di legittimita' costituzionale proposta in quella sede da Enel Sole nei termini appena ritrascritti nella presente ordinanza, sul rilievo che «anche una interpretazione costituzionalmente orientata o la rimessione alla Corte costituzionale sarebbe nel caso di specie irrilevante» (sentenza n. 1639/2016 resa dal Tribunale di Brescia, pag.6); che, con «domanda di arbitrato e atto di nomina di arbitro» notificata al Comune in data 4 agosto 2016, Enel Sole ha dichiarato di essere «costretta a presentare la presente domanda arbitrale, per fare accertare dal Collegio arbitrale che sara' costituito ai sensi dell'art. 24 del regio decreto n. 2578/1925 il diritto al pagamento dell'indennita' per il riscatto degli impianti di illuminazione pubblica da parte del Comune di Calcinato» (domanda di arbitrato Enel Sole, pag. 4) ed ha, contestualmente, nominato quale proprio arbitro l'avv. Francesco Santi (domanda di arbitrato Enel Sole, pag. 36); che il Comune, con «atto di nomina di arbitro per il Comune di Calcinato» notificato ad Enel Sole in data 31 agosto 2016, ha nominato quale proprio arbitro l'avv. Piermario Strapparava; che, all'esito del ricorso per la nomina di arbitro in data 7 settembre 2016, con il quale Enel Sole ha chiesto al Tribunale di Brescia, «ai sensi dell'art. 24 del regio decreto n. 2578/1925, di designare il terzo arbitro» (ricorso Enel Sole 7 settembre 2016, pag. 3), il Presidente del Tribunale di Brescia, dott. Vittorio Masia, ha nominato quale terzo arbitro il prof. avv. Daniele Maffeis; che in data 25 ottobre 2016, alle ore 16, presso la sede dell'arbitrato, in occasione della prima riunione di inizio del giudizio arbitrale, le parti personalmente e i difensori delle parti hanno dato «concordemente atto che il presente arbitrato si fonda sulla disposizione di cui all'art. 24 del regio decreto 15 ottobre 1925 n. 2578» (cfr. verbale n. 1 del 25 ottobre 2016, pag.3) sicche' non vi e' stata e non vi e' tra Enel Sole ed il Comune di Calcinato alcuna clausola compromissoria o compromesso ma il solo richiamo testuale all'arbitrato previsto dalla legge all'art. 24 del regio decreto 15 ottobre 1925 n. 2578; che, dietro sollecitazione del Collegio arbitrale alle parti con ordinanza n. 2 in data 7 febbraio 2017 ad esprimersi in merito alla questione della legittimita' costituzionale dell'arbitrato, il Comune, con comunicazione in data 17 febbraio 2017, si e' rimesso alla decisione del Collegio arbitrale, mentre Enel Sole, con memoria autorizzata in data 17 febbraio 2017, ha chiesto «che il Collegio arbitrale prosegua nello svolgimento delle presente procedura, fino ad assumere la relativa decisione», sicche', neppure dopo l'espressa sollecitazione del Collegio arbitrale e' stata conclusa tra Enel Sole ed il Comune di Calcinato alcuna clausola compromissoria o alcun compromesso; che all'udienza in data 22 febbraio 2017 i difensori delle parti hanno esposto oralmente le ragioni esposte nella memoria (Enel Sole) e nella comunicazione (Comune di Calcinato) in data 17 febbraio 2017 ed hanno concordemente dato atto che sulla questione di legittimita' costituzionale di cui all'ordinanza del Collegio in data 7 febbraio 2017 e' stato osservato il principio del contraddittorio e che, all'esito, il Collegio arbitrale si e' riservato. Considerato in diritto 1. Quanto alla questione di costituzionalita' sottoposta all'ecc.ma Corte costituzionale: che l'arbitrato, che ha ad oggetto la determinazione dell'equa indennita' di riscatto di impianti di illuminazione, incerta sia nell'an che nel quantum, si fonda sulla disposizione di cui all'art. 24 del regio decreto 15 ottobre 1925, n. 2578 che cosi' testualmente dispone: «L'ammontare dell'indennita' puo' essere determinato d'accordo tra le parti. In mancanza dell'accordo decide in primo grado, con decisione motivata, un collegio arbitrale composto di tre arbitri, di cui uno e' nominato dal Consiglio comunale, uno dal concessionario ed uno dal Presidente del tribunale nella cui giurisdizione e' posto il Comune. Avverso la decisione di tale collegio, cosi' il comune come il concessionario possono appellarsi ad un altro collegio di tre arbitri, i quali saranno nominati dal primo presidente della Corte d'appello e decideranno come amichevoli compositori»; che la disposizione citata prevede un arbitrato che non consente alle parti il ricorso all'autorita' giudiziaria ordinaria (c.d. arbitrato obbligatorio) e sotto tale profilo appare incostituzionale, perche' in contrasto con gli articoli 24, primo comma e 102, primo comma, della Costituzione, in virtu' dei quali il fondamento di qualsiasi arbitrato e' da rinvenirsi nella libera scelta delle parti e non puo' ricercarsi e porsi in una legge ordinaria o, piu' generalmente, in una volonta' autoritativa (Corte cost. 16 luglio 1977, n. 127, in www.giurcost.org: l'arbitrato non puo' che essere volontario o facoltativo, «questa conclusione, suggerita dai lavori preparatori, trova saldo fondamento nel testo stesso della Carta costituzionale ed e' avvalorata dall'art. 6, primo comma, della Convenzione per la salvaguardia diritti dell'uomo e delle liberta' fondamentali»). Si tratta, come si approfondira', di un consolidato principio espresso dalla Corte costituzionale e recepito anche in dottrina; che il contratto inter partes 1° dicembre 1993 (doc. C di parte Enel Sole nel fascicolo davanti al Tribunale di Brescia) non contiene alcun richiamo convenzionale al collegio arbitrale previsto all'art. 24 del regio decreto 15 ottobre 1925 n. 2578, sicche' nel caso di specie ritiene il Collegio arbitrale che si verta in ipotesi di arbitrato obbligatorio, a differenza del caso deciso da Cassazione, 1° marzo 2002, n. 3026 che ha deciso un caso in cui l'arbitrato, previsto dall'art. 24 del regio decreto 15 ottobre 1925, n. 2578 era invece «richiamato nel contratto stipulato inter partes (...) e nei vari atti successivi», sicche' non di arbitrato obbligatorio si trattava ma di arbitrato volontario. 2. Quanto alla legittimazione del Collegio arbitrale a proporre l'incidente di costituzionalita': che gli arbitri sono tenuti a verificare la propria legittimazione a pronunziarsi sulla controversia ad essi deferita e che pertanto la verifica non e' preclusa al Collegio arbitrale dalla sentenza citata del Tribunale di Brescia ancorche' essa abbia statuito sulla competenza (cfr. i principi espressi da Cassazione 8 luglio 1996, n. 6205, in www.plurisdata.it), sicche' il Collegio arbitrale rimettente, quanto ai poteri, non e' vincolato dalla statuizione della sentenza del Tribunale di Brescia di cui alla sentenza n. 1639 del 2016 in data 26 maggio 2016, che peraltro non ha motivato sulla questione della legittimita' costituzionale dell'arbitrato; che ai sensi dell'art. 819-ter, secondo comma, cod. proc. civ., «nei rapporti tra arbitrato e processo non si applicano regole corrispondenti agli articoli 44, 45, 48, 50 e 295» e cosi', in particolare, non si applica la regola di cui all'art. 44, a norma del quale «l'ordinanza che, anche a norma degli articoli 39 e 40, dichiara l'incompetenza del giudice che l'ha pronunciata, se non e' impugnata con l'istanza di regolamento, rende incontestabile l'incompetenza dichiarata e la competenza del giudice in essa indicato se la causa e' riassunta nei termini di cui all'art. 50 [...]». che gli arbitri sono legittimati a sollevare questione di legittimita' costituzionale, in virtu' della pronuncia della Corte costituzionale in data 28 novembre 2001, n. 376 e della successiva modifica dell'art. 819-bis cod. proc. civ., a norma del quale «Ferma l'applicazione dell'art. 816-sexies, gli arbitri sospendono il procedimento arbitrale con ordinanza motivata nei seguenti casi: [...] 3) quando rimettono alla Corte costituzionale una questione di legittimita' costituzionale ai sensi dell'art. 23 della legge 11 marzo 1953, n. 87»; che, secondo l'insegnamento della giurisprudenza costituzionale, «in un assetto costituzionale nel quale e' precluso ad ogni organo giudicante tanto il potere di disapplicare le leggi, quanto quello di definire il giudizio applicando leggi di dubbia costituzionalita', anche gli arbitri - il cui giudizio e' potenzialmente fungibile con quello degli organi della giurisdizione - debbono utilizzare il sistema di sindacato incidentale sulle leggi [...]. Gli arbitri rituali possono e debbono sollevare incidentalmente questione di legittimita' costituzionale delle norme di legge che sono chiamati ad applicare, quando risulti impossibile superare il dubbio attraverso l'opera interpretativa» (Corte cost. 28 novembre 2001; n. 376, in www.giurcost.org conf., Corte costituzionale 9 maggio 2014, n. 123, in www.giurcost.org - In dottrina, C. Mandrioli, Dir. proc. civ., Torino, 2014, III, pag. 455, nota 157; L. Salvaneschi, Arbitrato, in Comm. cod. proc. civ. a cura di S. Chiarloni, Bologna, 2014, pag. 664); che il Collegio arbitrale ha il potere di rimettere d'ufficio alla Corte costituzionale la questione di legittimita' costituzionale del citato art. 24 regio decreto 15 ottobre 1925, n. 2578, e cio' in forza del rinvio operato dall'art. 819-bis codice di procedura civile all'art. 23, comma 2 della legge 11 marzo 1953, n. 87, a norma del quale «la questione di legittimita' costituzionale puo' essere sollevata, di ufficio, dall'autorita' giurisdizionale davanti alla quale verte il giudizio con ordinanza contenente le indicazioni previste alle lettera a) e b) del primo comma e le disposizioni di cui al comma precedente»; che la questione di legittimita' costituzionale «puo' essere proposta in ogni stato e grado del processo, a nulla rilevando ai fini che ne occupano che la stessa sia stata proposta e ritenuta manifestamente infondata in un precedente grado dello stesso giudizio» (App. Roma, ordinanza 18 dicembre 1996, nella Gazzetta Ufficiale n. 21 del 21 maggio 1997). 3. Quanto alla rilevanza della questione di legittimita' costituzionale: che la controversia non puo' essere risolta senza l'applicazione della norma denunciata atteso che, come anticipato, essa fonda il potere degli arbitri di decidere la controversia portata alla loro attenzione; che, come ha rilevato la dottrina, non soltanto un lodo reso da un Collegio arbitrale privo di poteri e' nullo e suscettibile di impugnazione, ma, se e' dichiarata incostituzionale la norma su cui si fonda il potere degli arbitri, «la cessazione di efficacia discendente dalla pronuncia di accertamento della Corte impedisce alla stessa di continuare a fornire la regola di valutazione alla stregua della quale al loda e' attribuita efficacia di atto decisorio» (G. Ruffini, Arbitri, diritto e costituzione (riflessioni a margine della sentenza della Corte costituzionale, 28 novembre 2001, n. 376), in Riv. trim. dir. proc. civ., 2002, pag. 278); che la dichiarazione di incostituzionalita' dell'art. 24 del regio decreto 15 ottobre 1925, n. 2578, ha l'effetto non gia' di innovare la disciplina giuridica del rapporto controverso, bensi' di dichiarare quale essa, per quel rapporto, fosse, ancora prima della pronuncia di incostituzionalita', cio' che, specie per le norme processuali, puo' implicare una efficacia retroattiva (C. Mandrioli, Dir. proc. civ., Torino, 2014, II, pag. 369); che, infatti, a seguito della dichiarazione di incostituzionalita' della norma che aveva determinato la competenza, la Corte di cassazione ha risolto il regolamento di competenza dichiarando la competenza di un Tribunale che si era in precedenza dichiarato incompetente in favore di altro Tribunale, davanti al quale le parti avevano riassunto la causa, atteso che «agli effetti della pronuncia di illegittimita' costituzionale va ravvisata l'inapplicabilita', nel caso in esame, del dettato del novellato art. 5 codice di procedura civile, che, ai fini della determinazione della competenza, dispone che si abbia riguardo solo allo stato di fatto e diritto esistente al momento della proposizione della domanda, occorrendo distinguere tra abrogazione della norma che opera ex nunc e pronuncia d'incostituzionalita' che opera ex tunc [...]» (Cass. 23 marzo 2006, n. 6529, in www.plurisdata.it); che, pertanto, la norma della cui costituzionalita' si dubita costituisce il presupposto per la valida prosecuzione del procedimento arbitrale, nonche' per la validita' della decisione nel merito del procedimento arbitrale da parte del Collegio rimettente; che la decisione in merito alla costituzionalita' della norma condiziona, inoltre, il regime di impugnazione dell'emanando lodo arbitrale atteso che l'art. 24 del regio decreto 15 ottobre 1925, n. 2578 prevede un arbitrato che non consente alle parti il ricorso all'autorita' giudiziaria ordinaria anche per l'eventuale impugnazione del lodo. 4. Quanto alla non manifesta infondatezza della questione di legittimita' costituzionale: che la norma che costituisce l'oggetto della presente ordinanza prevede una ipotesi di arbitrato obbligatorio, giacche' «preclude alle parti la possibilita' di adire il giudice statuale» (Corte cost. 8 giugno 2005, n. 221 in www.giurcost.org), mentre, come ha precisato la Corte costituzionale, «l'arbitrato puo' invece ritenersi non obbligatorio quando [...] fino alla nomina degli arbitri per la decisione sull'insorta controversia, sia consentita la facolta', all'una o all'altra parte del rapporto, di scegliere ancora la competenza ordinaria» (Corte cost. 9 maggio 1996, n. 152, in www.giurcost.org). Come afferma la dottrina, «la facoltativita' della via arbitrale ricorre solo allorche' ciascuna parte sia libera i rinunciarvi semplicemente non stipulando l'accordo compromissorio, senza dipendere dalla scelta altrui» (A. Briguglio, Gli arbitrati obbligatori e gli arbitrati di legge, in Riv. trim. dir. proc. civ., 2003, pag. 85; conf. C. Mandrioli, Dir. proc. civ., Torino, 2014; III, pag. 422). Nella vicenda oggetto del procedimento arbitrale non sussiste alcuna di queste ipotesi e, anzi, quando urta delle parti ha adito l'autorita' giudiziaria per la risoluzione della controversia, l'autorita' giudiziaria ha ritenuto di dichiarare la propria incompetenza proprio in quanto la causa doveva essere decisa dagli arbitri a norma dell'art. 24 regio decreto 15 ottobre 1925, n. 2578; che non puo' dirsi neppure che le parti abbiano in concreto manifestato di volere un arbitrato, cosi' modificando il regime di obbligatorieta' dell'arbitrato de quo. La Corte costituzionale ha riconosciuto che non muta il fondamento - legislativo anziche' negoziale - dell'arbitrato una clausola compromissoria «meramente ricognitiva del vincolo imposto alle parti dalla legge» (Corte cost. 8 giugno 2005, n. 221, in www.giurcost.org - conf. Cassazione 25 luglio 2006, n. 16977, in www.plurisdata.it). A maggior ragione, dunque, non puo' mutare i termini della questione l'asserzione di Enel Sole in sede di memoria in data 17 febbraio 2017 con la quale la parte ha chiesto al Collegio arbitrale di proseguire nello svolgimento della procedura arbitrale sino ad assumere la relativa decisione, atteso che trattasi di una dichiarazione unilaterale, e che da parte del comune non e' stata avanzata alcuna analoga manifestazione, di volonta'; che, come anticipato, la questione di legittimita' di una norma che prevede un arbitrato obbligatorio, come tale illegittimo, e' gia' stata accolta dall'ecc.ma Corte costituzionale adita con riferimento ad altre norme del medesimo tenore di quella che costituisce l'oggetto della presente ordinanza (Corte cost. 8 giugno 2005, n. 221, in www.giurcost.org - Corte costituzionale 9 maggio 1996, n. 152, in www.giurcost.org - Corte costituzionale 16 luglio 1977, n. 127, in www.giurcost.org). che l'illegittimita' costituzionale dell'arbitrato obbligatorio e' riconosciuta anche dalla dottrina: «un problema di costituzionalita' dell'arbitrato si pone senz'altro laddove si tradisce il suo fondamento volontario. Quando, infatti, con l'istituzione di un arbitrato obbligatorio e' preclusa alla parte la facolta' di agire in giudizio innanzi al giudice naturale precostituito per legge, per la tutela dei propri diritti, e' indubbio che sussiste una violazione dei principi affermati negli articoli 24 e 25 Cost.» (C. Punzi, Disegno sistematico dell'arbitrato, I, Padova 2012, pagg. 100-101).