CORTE DI APPELLO DI SALERNO SEZIONE CIVILE Il Presidente delegato, a scioglimento della riserva assunta all'udienza del 7 marzo 2017, pronuncia la seguente ordinanza nella causa iscritta al n. 1071/2016 R.G., promossa ex art. 15, comma 5, decreto legislativo n. 150/2011 e art. 702-bis del codice di procedura civile dall'avvocato Apicella Gaetano, rappresentato e difeso da se stesso ed elettivamente domiciliato presso il proprio studio professionale, in Agropoli (SA), alla via Amendola n. 3, ricorrente, e Ministero della giustizia, in persona del Ministro pro tempore, rappresentato e difeso ex lege dall'Avvocatura distrettuale dello Stato di Salerno ed elettivamente domiciliato presso la stessa, in Salerno, corso V. Emanuele n. 58, resistente; Motivi di fatto In data 3 novembre 2009 la Corte d'appello di Salerno emetteva la sentenza di condanna n. 1458/09 nei confronti del signor Marotta Angelo, imputato appellante contro la sentenza resa dal Tribunale di Vallo della Lucania per il reato di cessione di stupefacenti nel procedimento penale n. 309/96 r.g.n.r., ammesso al beneficio del patrocinio a spese dello Stato, confermando la decisione di primo grado e condannando il Marotta alla pena di anni tre e mesi sei di reclusione ed euro 10.000,00 di multa, oltre il pagamento delle spese processuali. La notifica dell'avviso di deposito della sentenza e l'estratto contumaciale risultavano, pero', erronei e contra legem per non aver messo l'imputato in condizione di identificare compiutamente e di conoscere il reale contenuto e le motivazioni della sentenza di condanna. La motivazione della sentenza risultava, infatti, assolutamente illogica ovvero riferibile a fatti del tutto diversi ed inconferenti rispetto ai fatti realmente ad oggetto del procedimento penale n. 309/96 r.g.n.r. Il difensore del signor Marotta, l'avvocato Gaetano Apicella, proponeva ricorso per Cassazione, chiedendo la restituzione nel termine per l'impugnazione ed eccependo la mancata conoscenza della reale motivazione della sentenza e la conseguente impossibilita' di esercitare il diritto all'impugnazione nel merito e depositava tale ricorso il giorno 18 febbraio 2010, entro il termine di legge di trenta giorni dalla notifica dell'estratto contumaciale, previo pregiudizio del diritto di impugnazione nel merito dell'imputato e lesione del diritto di difesa. Dopo la proposizione del ricorso per Cassazione e dopo la scadenza del termine per proporlo, la Corte di appello di Salerno autonomamente adottava, in data 13 aprile 2010, un'ordinanza con cui rilevava l'erronea formazione degli atti notificati all'imputato contumace ed ordinava la rinnovazione di ogni consequenziale adempimento, inclusa la notifica dell'estratto al signor Marotta. La sesta sezione penale della Corte di cassazione, a cui era stato assegnato il ricorso, all'udienza in Camera di Consiglio del giorno 8 luglio 2010, dichiarava inammissibile il ricorso per sopravvenuta mancanza di interesse, preso atto dell'ordinanza medio tempore adottata dalla Corte di appello di Salerno. Con decreto del 18 novembre 2016, notificato il giorno 21 novembre 2016, la Corte di appello di Salerno, sezione penale, rigettava la richiesta di liquidazione dei compensi spettanti all'avvocato Apicella per le attivita' difensive espletate per l'imputato ammesso al beneficio del patrocinio a spese dello Stato, motivando che «l'art. 106 del d.P.R. n. 115/2002 stabilisce che il compenso per le impugnazioni coltivate dalla parte non e' liquidato se le stesse sono dichiarate inammissibili, senza operare alcuna distinzione circa la causa dell'inammissibilita'». L'avvocato Gaetano Apicella proponeva ricorso in opposizione a decreto di pagamento di difensore di parte ammessa al patrocinio a spese dello Stato, il n. 621/15, chiedendo di provvedere alla liquidazione dei compensi professionali in suo favore e, in subordine, di sollevare questione di legittimita' costituzionale dell'art. 106 del decreto del Presidente della Repubblica n. 115/2002 per contrasto con gli articoli 3 e 24 della Costituzione. Motivi di diritto Secondo quanto disposto dall'art. 106 del decreto del Presidente della Repubblica n. 115/2002, rubricato «Esclusione dalla liquidazione dei compensi al difensore e al consulente tecnico di parte, «il compenso per le impugnazioni coltivate dalla parte non e' liquidato se le stesse sono dichiarate inammissibili. Non possono essere liquidate le spese sostenute per le consulenze tecniche di parte che, all'atto del conferimento dell'incarico, apparivano irrilevanti o superflue ai fini della prova». Dalla lettera della legge si evince, dunque, che il compenso al difensore di parte ammessa al beneficio del patrocinio a spese dello Stato non viene liquidato qualora l'impugnazione venga dichiarata inammissibile, senza distinzione alcuna in merito alla causa d'inammissibilita'. La ratio di tale norma risiede nel divieto di condurre, a spese dello Stato e dunque dei contribuenti, un'attivita' difensiva irrilevante, superflua e meramente dilatoria. Il precetto normativo non e' suscettibile di interpretazione e non lascia spazio a casi nei quali non sia ravvisabile la ratio che sostiene la norma. Nel caso in esame, pero', nel momento in cui il ricorso per Cassazione e' stato proposto, l'interesse a ricorrere sussisteva ed e' venuto successivamente meno, prima della decisione della Suprema Corte, per cause non addebitabili al ricorrente. Si legge nella stessa sentenza della Corte di cassazione che «le deduzioni del ricorrente sono fondate ma il provvedimento adottato medio tempore dalla Corte di appello di Salerno ha determinato il venir meno dell'interesse al ricorso». L'inammissibilita' dell'impugnazione non e' ricollegabile alla responsabilita' del ricorrente e l'attivita' difensiva svolta in favore della parte ammessa al patrocinio a spese dello Stato e' da considerarsi legittima, opportuna e necessaria. L'art. 106 del decreto del Presidente della Repubblica n. 115/2002 si pone in contrasto, in primo luogo, con l'art. 3 della Carta costituzionale, in particolare del comma 2, che sancisce il principio fondamentale di uguaglianza sostanziale, in quanto l'art. 106 del decreto del Presidente della Repubblica n. 115/2002 non prevede un trattamento differenziato di situazioni diverse, ma considera inammissibile un ricorso senza tener conto del motivo dell'inammissibilita', che, nel caso di specie, deriva dall'emanazione di un provvedimento medio tempore che ha reso inammissibile il ricorso per sopravvenuta mancanza di interesse. Strettamente connesso al principio di uguaglianza vi e' il diritto di difesa, sancito dall'art. 24 della Costituzione, anch'esso violato dall'art. 106 del decreto del Presidente della Repubblica n. 115/2002 nella misura in cui e' un diritto inviolabile agire in giudizio per la tutela dei propri diritti ed interessi legittimi ed esso risulterebbe precluso laddove non venisse liquidato un compenso per un ricorso che, quando proposto, risultava ammissibile, con evidente sperequazione tra la situazione dei cittadini che non si valgono del gratuito patrocinio rispetto a quelli che si trovano nelle condizioni per fruirne, perche' questi ultimi, diversamente dai primi, risulterebbero danneggiati dalla possibilita' del mancato compenso. In particolare risulterebbero violati i commi 2 e 3 dell' art. 24 della Costituzione, nella parte in cui esso fa riferimento ad ogni giurisdizione e ad ogni grado del procedimento. Infine, l'art. 106 del decreto del Presidente della Repubblica n. 115/2002 si pone in contrasto anche con l'art. 36 della Costituzione che sancisce il diritto ad un'equa retribuzione, violato qualora non fosse liquidato il compenso a chi ha effettivamente svolto il proprio lavoro proponendo un'impugnazione di fatto ammissibile ma che, per motivi sopravvenuti, non veniva accolta.