TRIBUNALE ORDINARIO DI TRIESTE 
                           Sezione Civile 
 
    Nella persona  del  giudice  dell'esecuzione  ha  pronunziato  la
seguente ordinanza nel procedimento iscritto sub R.g.e n.  59/2017  e
promosso  da  Genagricola  S.p.a.,  esecutato  -   opponente   contro
Equitalia Servizi di Riscossione S.p.a., esecutante - opposta  e  nei
confronti  di  Gestore  dei  Servizi  Energetici  Gse  S.p.a.,  terzo
pignorato, non costituito; 
    Premesso ch'e'  affidato  a  questo  Giudicante  il  compito  di'
decidere sull'opposizione promossa,  in  data  23  gennaio  2017,  da
Genagricola S.p.a. (esecutato opponente), ex art. 615 c.p.c., avverso
il pignoramento presso terzi avviato,  ex  art.  72-bis  decreto  del
Presidente della Repubblica n.  602/1973,  da  Equitalia  servizi  di
riscossione S.p.a. (opposta), per il credito di € 264.348,77 per  ICI
per l'anno 2009 non corrisposta, avente ad oggetto il  credito  dalla
prima vantato nei confronti del Gestore dei  servizi  energetici  Gse
S.p.a. (terzo-pignorato); 
    1.  che   l'antefatto   da   cui   scaturiva   l'opposizione   e'
compendiabile nei seguenti punti: 
      a) in data 4 dicembre 2014 il  Comune  di  Cassano  allo  Ionio
notificava  alla  Genagricola  l'avviso  di  accertamento  pari  a  €
246.141.55 per ICI non versata relativamente all'anno 2009; 
      b) cotale atto era impugnato in data 2 febbraio  2015,  innanzi
alla Commissione tributaria provinciale di Cosenza, con richiesta  di
misura cautelare, dalla societa', cui nelle more era notificata anche
la cartella di pagamento, emessa da Equitalia nord S.p.a., incaricata
della riscossione, per  l'importo  complessivo  dovuto  in  relazione
all'ICI per l'anno 2009; 
      c) la societa' Genagricola S.p.a. impugnava anche  tale  ultimo
atto, avanti alla Commissione tributaria provinciale di Trieste,  con
richiesta di misura cautelare; 
      d) in data 2 agosto 2016, Equitalia notiziava  Genagricola  del
pignoramento presso terzi promosso contro la  stessa,  ed  avente  ad
oggetto un credito pari a € 350.232,96 vantato  dalla  seconda  verso
Gestore dei Servizi Eneregetici Gse S.p.a. terzo pignorato; 
      e) in data 5 agosto 2016 veniva sospesa giudizialmente anche la
cartella di pagamento  di  Equitalia  con  decreto  presidenziale  n.
198/2016 della Commissione Tributaria Provinciale di  Trieste  ed  in
conseguenza di cio' con nota di data 8 agosto 2016 Equitalia  Servizi
di Riscossione  S.p.a.  sospendeva  in  autotutela -  «sino  a  nuova
comunicazione» - il pignoramento; 
      f)   Genagricola,   a   dispetto   dell'autotutela,   proponeva
opposizione  al  pignoramento   ex   art   615   c.p.c.,   assumendo,
principalmente, l'avvenuta violazione dell'art.  7  decreto  sviluppo
2011, che ha introdotto in via generale la sospensione ex lege  degli
atti esecutivi esattoriali, in ragione del fatto che Equitalia  aveva
avviato l'esecuzione prima  che  fossero  decorsi  centoventi  giorni
dalla proposizione  del  ricorso,  e  pedissequa  istanza  cautelare,
contro la cartella di pagamento, o comunque, prima  che  intervenisse
la decisione su tale istanza cautelare in evidente  violazione  della
disposizione teste' richiamata;  eccependo  in  conseguenza  di  cio'
l'improcedibilita' del pignoramento avviato da Equitalia, e rilevando
il contrasto  tra  i  limiti  introdotti  dall'art.  57  decreto  del
Presidente  della  Repubblica n.   602/1973   e   il   principio   di
effettivita' della tutela di matrice comunitaria; 
      g)   nell'ambito   dell'opposizione    proposta,    Genagricola
sollevava, inoltre, questione di incostituzionalita' dell'art. 57 del
decreto del Presidente della Repubblica  n.  602/1973  rispetto  agli
articoli 3, 24, 54, 97, 111 e 113 Cost. sotto i seguenti profili:  1)
in quanto tale ultima disposizione  limiterebbe  la  proposizione  di
opposizione contro  l'esecuzione,  avviata  per  la  riscossione  dei
tributi,  al  solo  fine  di  opporre  l'impignorabilita'  dei  beni,
sostanzialmente  ledendo  il  diritto  di  difesa  del   contribuente
impedendo  ad  essa  di  potersi   difendere   contro   un'esecuzione
illegittima e/o ingiusta;  2)  perche'  l'art.  57  danzi  richiamato
integrerebbe  applicazione  del  principio  solve  et   repete   gia'
dichiarato incostituzionale con la pronuncia n. 21/1961; 3) creerebbe
disparita' di trattamento tra contribuenti, in particolare tra coloro
a cui l'ordinamento consente tutela verso gli atti dell'esecuzione in
materia esattoriale e  coloro  che  invece  ne  restano  privati  per
effetto della disposizione poc'anzi richiamata, con cio' violando  il
principio di uguaglianza sancito dall'art. 3 Cost.; 4) da  ultimo  ne
risulterebbero violati  sia  il  principio  del  giusto  processo  in
particolare il principio di  parita'  processuale  delle  parti,  sia
l'obbligo  per  il  funzionario,  sancito  dall'art.  54  Cost.,   di
adempiere alle proprie funzioni  con  disciplina  ed  onore,  al  cui
rispetto sarebbero  tenuti  anche  i  concessionari  di  un  pubblico
servizio;  e  dunque  anche  l'art.  97  cost.  giacche'  l'art.   57
summenzionato rappresenterebbe l'allontanamento del  procedimento  di
recupero dei tributi dai  canoni  di  buon  andamento  sanciti  dalla
predetta disposizione della Carta Costituzionale. Chiedendo a  questo
giudice remittente di volere sollevare la summentovata  questione  di
legittimita'  costituzionale,  al  fine  di   poter   successivamente
decidere nel merito l'opposizione proposta  (decisione,  allo  stato,
non possibile stante il limite previsto dal predetto art. 57); 
    2. che in data 23 marzo 2017  costituivasi  Equitalia  eccependo:
l'inapplicabilita' dell'art. 7  decreto  sviluppo  2011  ai  casi  di
riscossione di tributi locali affermando che tale disposizione non ha
portata generale e di immediata applicazione,  riguardano  invece  un
fattispecie  ben  precisa,  quella  degli  avvisi   di   accertamento
esecutivi emessi dall'agenzia delle entrate  per  tributi  erariali»;
l'inammissibilita' dell'opposizione stante il  divieto  dell'art.  57
decreto del Presidente della Repubblica 602/1973, rilevando  che:  1)
al momento  del  pignoramento  la  cartella  di  pagamento  ancorche'
impugnata  non  era  ancora  stata  sospesa  e  conseguentemente   il
pignoramento era stato «azionato sulla base di un  titolo  valido  ed
efficace»: 2) a seguito di sospensione giudiziale della  cartella  di
pagamento avvenuta il 5 agosto 2016 (confermata  all'udienza  del  25
agosto 2016) Equitalia in data 8 agosto 2016 sospendeva in autotutela
il  pignoramento  facendo  venir  meno,   quantomeno,   le   esigenze
cautelari; 3) rilevando  l'inapplicabilita'  dell'art.  7,  comma  1,
lettera m) del decreto-legge 70/11 conv. in legge 106/11 sull'assunto
che quest'ultimo non avrebbe portata  generale  ma  si  applicherebbe
solo agli avvisi di accertamento esecutivi emessi dall'Agenzia  delle
entrate;  4)  infine,  contestando  l'inesistenza   della   sollevata
incostituzionalita' sull'assunto della non applicabilita' al caso  di
specie della disposizione  contenuta  nell'art.  57  richiamato,  per
effetto di quanto previsto dall'art. 29 decreto legislativo  49/1999.
All'udienza del 28 marzo 2017, in cui parte opponente  insisteva  per
la sospensione del giudizio e del provvedimento impugnato nonche' per
la   remissione   alla   Corte   costituzionale    della    questione
d'incostituzionalita' sollevata e parte opposta chiedeva il non luogo
a  provvedere  sull'istanza  cautelare,  il  Giudice  dell'esecuzione
pronuncia in udienza contestualmente la seguente ordinanza; 
    Esaminati gli atti di causa e la documentazione dimessa; 
    Ritenuto da parte di questo Giudice remittente, per contrasto con
gli articoli 3, 24, 111 e 113 Cost., di dover sollevare la  questione
di legittimita' costituzionale dell'art. 57  decreto  del  Presidente
della Repubblica 602/1973 ed anche. ex officio, dell'art. 3  comma  4
lettera a) del decreto-legge  203/2005  laddove  cosi'  dispone:  «La
Riscossione S.p.a. [poi trasformata  in  Equitalia  S.p.a.]  effettua
l'attivita' di riscossione mediante ruolo, con i poteri e secondo  le
disposizioni di cui al titolo I. capo e al titolo II del decreto  del
Presidente della Repubblica 29 settembre 1973 n. 602..» e quindi  ove
assoggetta il procedimento di riscossione che pone in  essere  (oggi)
Equitalia S.p.a. anche all'applicazione dell'art. 57 ed ai limiti  da
esso   introdotti.   La   necessita'   di   sollevare   ex    officio
l'incostituzionalita' anche  della  disposizione  applicativa  teste'
richiamata del decreto-legge del 2005 discende  dai  contenuti  della
Corte costituzionale n. 49/2015 al fine di scongiurare una  pronuncia
di inammissibilita'; 
    Precisato che  la  questione  che  si  solleva  e'  all'evidenza,
rilevante  giacche'  dall'applicazione  della  disposizione,  che  si
reputa  contraria  ai  principi  della  Carta  Costituzionale   sovra
richiamati, deriva l'impossibilita' per questo Giudice remittente  di
decidere la controversia sub indice nel merito non solamente,  ma  la
questione e' altresi' manifestamente fondata in ordine al  fatto  che
le disposizioni dianzi denunziate di essere incostituzionali  violano
sia principi costituzionali posti a presidio del diritto  di  difesa,
limitandolo in maniera macroscopica rispetto ad una  larga  parte  di
attivita'  della  pubblica  amministrazione  o  delle   societa'   di
riscossione  tributi,  sia  principi  di  uguaglianza  e  del  giusto
processo nei termini infra descritti; 
    Richiamato l'art. 72-bis decreto del Presidente della  Repubblica
602/1973 che cosi' dispone: «salvo che peri crediti  pensionistici  e
fermo restando quanto previsto dall'art. 545, commi  quarto  e  sesto
del codice di procedura  civile,  e  dall'art.  72-ter  del  presente
decreto l'atto di pignoramento dei crediti del debitore  verso  terzi
puo' contenere, in luogo della citazione di cui all'art. 543, secondo
comma, numero 4, dello stesso codice di procedura civile, l'ordine al
terzo di pagare i credito  direttamente  al  concessionario,  fino  a
concorrenza del credito per cui si procede...», in ragione del  quale
in  data  2  agosto  2016  Equitalia  comunicava  al  contribuente  -
Genagricola l'atto di pignoramento presso terzi notificato a  Gestore
dei Servizi Energetici - Gse S.p.a. (ereditare di Genagricola S.p.a.)
per l'importo di € 264.348,77, quantunque Genagricola  s.p.a.  avesse
proposto impugnazione, con domanda cautelare, avverso  la  prodromica
cartella di pagamento, violando la disposizione contenuta all'art.  7
del decreto-legge 70/2011 conv. in legge 106/2011 il quale al  cornma
1 lettera m) cosi  prevede:  «attenuazione  del  principio  solve  et
repete. In caso di richiesta di  sospensione  giudiziale  degli  atti
esecutivi, non si procede  all'esecuzione  fino  alla  decisione  del
giudice e comunque fino al  centoventesimo  giorno»;  stante  che  la
cartella di pagamento e' atto esecutivo (come tutti  gli  atti  della
riscossione) che legittima all'esecuzione forzata,  tanto  che  sulla
base della stessa e' stata avviata l'esecuzione in via amministrativa
da parte di Equitalia; 
    Richiamato l'art. 57 summenzionato, il quale cosi'  recita:  «non
sono ammesse: a) le opposizioni regolate dall'art. 615 del codice  di
procedura  civile,  fatta  eccezione  per   quelle   concernenti   la
pignorabilita' dei beni; b) le opposizioni regolate dall'art. 617 del
codice di procedura civile relative alla regolarita' formale ed  alla
notificazione  del  titolo  esecutivo.  Se  e'  proposta  opposizione
all'esecuzione o agli atti esecutivi, il giudice fissa  l'udienza  di
comparizione delle parti avanti a se' con decreto steso in  calce  al
ricorso, ordinando al concessionario di  depositare  in  cancelleria,
cinque giorni prima dell'udienza. l'estratto del  ruolo  e  copia  di
tutti gli atti dell'esecuzione»; 
    Ritenuto che dotale disposizione, invero, limiti profondamente le
possibilita'   di   tutela   del   contribuente   contro   gli   atti
dell'esecuzione  in  materia  esattoriale,  impedendogli  la   stessa
proposizione di gravame contro gli stessi; 
    Ritenuto che ogni provvedimento di questo Giudice  sarebbe,  allo
stato, irragionevolmente limitato dalla sopra richiamata disposizione
normativa, che gl'impedisce di pronunziarsi  sulla  fondatezza  della
pretesa azionata, pur nell'evidente presenza di elementi di  fatto  e
di diritto, inducenti a ravvisarne l'indubbia fondatezza  sostanziale
e processuale; 
    Considerato che, nel caso de quo, pur essendo  stato  sospeso  in
autotutela il pignoramento presso terzi, nondimeno tale provvedimento
di  sospensione  e'  stato  assunto  da  Equitalia  «sino   a   nuova
comunicazione», potendo riprendere reviviscenza in  ogni  momento  su
semplice comunicazione o impulso della societa' di riscossione;  che,
inoltre, stante il contenuto dell'art. 57 del decreto del  Presidente
della Repubblica  602/1973,  che  impedisce  la  stessa  proposizione
dell'opposizione, questo giudice,  sino  all'intervento  della  Corte
costituzionale sulla questione di  costituzionalita'  qui  sollevata,
non potrebbe nemmeno  pronunziarsi  sull'istanza  cautelare  avanzata
dalla debitrice opponente; che ne deriva l'assoluta  pregiudizialita'
della  questione  di  costituzionalita'  rispetto   ad   ogni   altra
questione, tanto che la stessa Equitalia eccepiva  l'inammissibilita'
dell'opposizione in forza di quanto previsto dall'art. 57 decreto del
Presidente della Repubblica 602/19731 e che da tale scenario  deriva,
quale  automatica  conseguenza,  l'impossibilita'  di  assumere   una
decisione di merito sull'opposizione ancorche' fondata; 
    Ritenuto  ch'e'  nella  facolta'  del  Giudice   dell'esecuzione,
ritenendone sussistenti i presupposti, sollevare a'sensi dell'art. 23
della legge 11 marzo 1953 n. 87 e successive modifiche, questione  di
legittimita' costituzionale dell'art. 57 del decreto  del  Presidente
della Repubblica 29 settembre 1973  n.  602  e  l'art.  3,  comma  4°
lettera  a)  del  decreto-legge  203/2005,  in  quanto   disposizioni
applicabili alla presente fattispecie; 
    Osservato, che le norme assunte come violate da tale disposizione
appaiono gli articoli 3, 24, 111  e  113  della  Costituzione,  nella
misura in  cui  l'art.  57  predetto  (applicabile  alle  riscossioni
esattoriali promosse  da  Equitalia  in  forza  di  quanto  stabilito
dall'art. 3, comma 4° lettera a) decreto-legge  203/2005),  incidendo
in  senso  limitativo  sul  diritto  di  difesa  del  contribuente  e
limitando i mezzi  di  tutela  di  quest'ultimo  contro  taluni  atti
dell'esecuzione in materia tributaria, non  ammette  possibilita'  di
proporre opposizione all'esecuzione avviata per la riscossione  delle
imposte e tributi se  non  limitatamente  «a  quelle  concernenti  la
pignorabilita' dei beni» e sotto altri svariati profili di cui  infra
si dira'; 
    Verificato che, i precedenti  giurisprudenziali  in  materia  non
pregiudicano    una    pronunzia    della    Corte     costituzionale
sull'illegittimita' della norma censurata nel  presente  giudizio,  e
che dalla decisione della stessa dipende la pronunzia sul  merito  da
parte di questo Giudice, tenuto conto della specifica  fattispecie  e
della documentazione di causa acquisita; 
    Rilevato che: 
      -  l'art.  7   del   decreto-legge   70/2011,   successivamente
convertito in legge, al 1° comma enunzia disposizioni  di  principio,
tra cui quella alla lettera m), in precedenza riportata, che, al fine
di operare l'attenuazione del principio  solve  et  repete,  sospende
l'esecuzione di atti esecutivi per centoventi  giorni,  o  fino  alla
decisione,  a  fronte  di  richiesta   di   provvedimento   cautelare
nell'ambito  del  giudizio  promosso  contro  tali  atti;  mentre  al
successivo 2° comma introduce prescrizioni  funzionali  a  consentire
l'attuazione concreta dei  principi  precedentemente  enunciati.  Tra
tali prescrizioni funzionali, ai punti gg-quater («a decorrere  dalla
data di cui alla lettera gg-ter, i comuni effettuano  la  riscossione
coattiva delle proprie entrate, anche tributarie: ...»)  e  seguenti,
vengono introdotti precetti sulla riscossione coattiva delle  entrate
tributarie comunali (quale e' quella oggetto del giudizio di merito),
in particolare  il  punto  gg-novies  introducente  l'art.  5-bis  al
decreto legislativo 546/1992 (sul  processo  tributario),  stabilendo
che «l'istanza di sospensione  e'  decisa  entro  centottanta  giorni
dalla  data  di  presentazione  della  stessa».  Dall'interpretazione
sistematica delle due  richiamate  disposizioni  del  2011  -  quella
introdotta dalla lettera m del  comma  1°  art.  7  decreto-legge  n.
70/2011 e quella introdotta dalla  lettera  gg-novies  del  comma  2°
dell'articolo  poc'anzi  richiamato  -  si  deduce   l'applicabilita'
dell'art. 7 comma 1 lettera m) in  via  generale  a  tutti  gli  atti
esecutivi della riscossione, non  operando  tale  disposizione  alcun
richiamo a specifici atti, quindi anche alla fattispecie  dedotta  in
giudizio; il legislatore,  laddove  ha  voluto  limitare  l'efficacia
degli atti esecutivi  relativi  a  specifici  tributi,  lo  ha  fatto
espressamente, come previsto ad esempio alla lettera n  punto  3  del
comma 2 del medesimo art. 7 dl 70/2011 che espressamente riguarda  la
riscossione delle somme dovute in  base  ad  avvisi  di  accertamento
dell'agenzia delle entrate; 
      - l'art. 29 del  decreto  legislativo  n.  46/1999,  richiamato
negli atti difensivi di Equitalia,  cosi  dispone:  «per  le  entrate
tributarie  diverse  da  quelle  elencate  dall'art.  2  del  decreto
legislativo n. 546 del 31 dicembre 1992, e per quelle non tributarie,
il giudice competente a  conoscere  le  controversie  concernenti  il
ruolo puo' sospendere la riscossione se ricorrono gravi motivi.  Alle
entrate indicate nel comma 1 non si applica la disposizione del comma
1 dell'art.  57  del  decreto  del  Presidente  della  Repubblica  29
settembre 1973 n. 602, come  sostituito  dall'art.  16  del  presente
decreto e le opposizioni all'esecuzione ed  agli  atti  esecutivi  si
propongono nelle forme ordinarie. Ad esecuzione iniziata  il  giudice
puo' sospendere la riscossione solo in presenza  dei  presupposti  di
cui all'art. 60  del  decreto  del  Presidente  della  Repubblica  n.
602/1973, come sostituito dall'art. 16 del presente decreto.»; 
    Ritenuto che la disposizione innanzi riportata non si applichi al
caso di specie, rientrando, il tributo oggetto di riscossione, tra le
entrate  elencate  all'art.  2  del  decreto   legislativo   546/1992
(ICI-tributo locale) espressamente  escluse  dall'applicazione  della
disposizione poc'anzi riportata; e che,  conseguentemente,  gli  atti
dell'esecuzione posti in essere per la riscossione  di  tale  tributo
ricadono nell'ambito di applicazione della disposizione dell'art.  57
decreto del Presidente della Repubblica n. 602/1973; 
    Ritenuto che, quest'ultima  disposizione  (art.  57  decreto  del
Presidente  della  Repubblica  n.  602/1973)  impedisca  al  debitore
opponente   la   proponibilita'   dell'opposizione    all'esecuzione,
strumentazione quest'ultima ritenuta ammissibile solo per far  valere
l'impignorabilita'  dei  beni,  non  anche,  in  tesi,  per  rilevare
l'illegittimita'  dell'esecuzione,  o  la  carenza  dei   presupposti
dell'esecuzione, costringendo il contribuente a subire in  ogni  caso
l'esecuzione,  ancorche'  ingiusta;  con  la  sola  possibilita'   di
presentare ex post una richiesta di rimborso di quanto  ingiustamente
percetto dalla pubblica amministrazione, o suo concessionario per  la
riscossione, ovvero di agire per il risarcimento del danno; 
    Osservato, come noto, che l'interpretazione consolidata di questa
Corte  ebbe  a  stabilire  l'incostituzionalita'  delle   norme   che
favoriscono  irragionevolmente  sotto  ii  profilo   processuale   un
soggetto rispetto ad un altro, come accade allorche'  nell'esecuzione
forzata sia favorita la posizione del creditore rispetto al  debitore
interponendo limiti di  accesso  alla  tutela  giurisdizionale  (come
accade per effetto della disposizione dianzi richiamata); 
    Ritenuto altresi' che nella fattispecie a  giudizio  l'esecuzione
fu posta in essere, ad agosto 2016, nonostante la sospensione ex lege
introdotta con l'art. 7 del decreto-legge n. 70/2011; 
    Osservata la stessa  giurisprudenza  della  Corte  costituzionale
dichiarava  incostituzionale  il  principio  solve  et   repete   (in
applicazione del quale si pone l'art. 57 decreto del Presidente della
Repubblica 602/1973) in quanto incoerente con i valori costituzionali
tutelati dagli art. 3, 24 e  113  cost.,  (la  sentenza  C.  Cost  n.
21/1961 ha infatti stabilito che il  principio  solve  et  repete  in
materia fiscale/tributaria.  impedisce  al  giudice  di  decidere  la
controversia).   Secondo   l'insegnamento   della   Consulta   dianzi
richiamato, il principio solve et repete di cui  fanno  applicazione,
in combinato disposto, gli art. 72-bis e 57  decreto  del  Presidente
della Repubblica 602/73 e' in contrasto: a) «con l'art.  3  cost.  in
relazione alla differenza di trattamento che  crea  tra  contribuenti
che sono in grado di pagare immediatamente l'intero tributo e  quelli
che, invece, non hanno mezzi sufficienti  per  farlo»;  b)  «con  gli
articoli 24 e 113 cost. in quanto impedisce di chiedere  ed  ottenere
tutela giurisdizionale sia nei confronti di privati che nei confronti
dello Stato e di altri enti minori»,  lasciando  al  contribuente  la
sola possibilita' di agire  ex  post  per  il  rimborso  delle  somme
versate; 
    Ricordato,  inoltre,  che  la  Corte  costituzionale,   gia'   in
precedenza chiamata a valutare dell'incostituzionalita' dell'art.  57
decreto  del  Presidente  della  Repubblica  602/1973,   seppure   in
fattispecie del tutto diverse da quella qui esaminata, non  ebbe  mai
ad entrare nel merito della  questione,  sempre  limitandosi  ad  una
pronunzia  di  inammissibilita'  o  per  omessa   descrizione   della
fattispecie oggetto del giudizio a quo, o per carenza di  motivazione
da parte del giudice a quo, o ancora per genericita' di  enunciazione
della tesi e carenza di  motivazione  da  parte  del  giudice  a  quo
(sentenze C. Cost. nn. 21/1972, 297/2007, 393/2008, 93/2009, 133/2011
e ord. n. 242/2001), sempre in ogni  caso  per  ragioni  legate  alla
formulazione e contenuti dell'ordinanza di remissione; 
    Osservato, inoltre, che  la  stessa  Corte  costituzionale  ancor
prima della modificazione dell'art.  111  cost.,  operata  con  legge
costituzionale 2/1999, aveva preconizzato la necessita' di uniformare
l'ordinamento  processuale  al   principio   del   giusto   processo,
stabilendo da un lato con sentenza 137/1984, «l'esigenza di garantire
lo svolgimento di un giusto processo come esigenza che non si risolve
in  affari  singoli,  ma  assurge  a  compilo  fondamentale  di   una
giurisdizione che non intenda  abdicare  alla  primaria  funzione  di
dicere ius di cui i diritti di agire e resistere nel processo  (quale
che ne sia l'oggetto) rappresentano soltanto i veicoli  necessari  in
non diversa guisa delle norme  disciplinatrici  della  titolarita'  e
dell'esercizio della postesta' dei giudici», tracciando il  solco  su
cui  si  pone  l'attuale  richiesta  di   rimessione   che   risponde
all'esigenza che a  questo  giudice  a  quo  non  sia  preclusa  ogni
valutazione sul fumus boni  iuris  costringendolo  ad  abdicare  alla
propria funzione, come invece accade per effetto  della  disposizione
della cui incostituzionalita' si  chiede  pronuncia  da  parte  della
Corte; 
    Rilevato, che, sotto tale profilo, l'opponente altresi'  invocava
il principio di effettivita' della tutela di matrice comunitaria che,
nondimeno, presuppone  l'esistenza  della  tutela  nell'ambito  della
quale essa deve esser esercitata e resa in modo effettivo ed equo; 
    Reputato che, nel caso de  quo,  il  problema  afferente  l'esame
della disposizione contenuta nell'art. 57 attenga non al modo in  cui
debba essere  apprestata  la  tutela,  ma  l'esistenza  stessa  della
tutela, e che, in tal caso l'ordinamento, in violazione del  precetto
costituzionale ricavatile dagli articoli  24  e  113,  non  riconosce
possibilita' al contribuente di tutelarsi contro un nutrito gruppo di
atti della pubblica amministrazione (e concessionari), pur se  lesivi
della sua posizione giuridica; 
    Ritenuto, nella specie,  che  il  tributo  per  cui  la  societa'
concessionaria per la riscossione promoveva esecuzione rientri tra le
entrate  tributarie  contemplate  all'art.  2   decreto   legislativo
546/1992,  devolute  alla  cognizione  delle  commissioni  tributarie
(tant'e'  che  avanti  queste  ultime  si  svolsero  i   giudizi   di
impugnazione sia dell'avviso di accertamento ICI sia della successiva
cartella di pagamento), che, tuttavia, per espressa previsione  della
medesima disposizione «restano escluse dalla giurisdizione tributaria
soltanto le controversie riguardanti gli atti dell'esecuzione forzata
tributaria successivi  alla  notifica  della  cartella  di  pagamento
[quale e' il pignoramento  opposto  avanti  questo  giudice]  e,  ove
previsto, dell'avviso di cui all'art. 50 del decreto  del  Presidente
della Repubblica  2919/1973  n.  602,  per  le  quali  continuano  ad
applicarsi le disposizioni del medesimo decreto del Presidente  della
Repubblica»; 
    Vi e' dunque, in linea  di  principio,  giurisdizione  di  questo
giudice in materia, ancorche' per espressa  previsione  dell'art.  57
decreto del Presidente della Repubblica n.  602/1973,  venga  escluso
ogni diritto di difesa da parte del contribuente contro  l'esecuzione
promossa, fatta salva la risicata possibilita' di difesa assegnata al
solo fine di far valere l'impignorabilita'  dei  beni.  Ove,  quindi,
tale disposizione fosse «espunta» dall'ordinamento,  il  contribuente
esecutato potrebbe difendersi contro l'esecuzione intrapresa  facendo
ricorso agli strumenti  dell'art.  615  codice  di  procedura  civile
avanti al G.O. in funzione di giudice dell'esecuzione; 
    Reputato, inoltre, che, l'art.  57  del  decreto  del  Presidente
della Repubblica n. 602/1973, alla luce della previsione dell'art. 29
del  decreto  legislativo  n.  46/1999,  precedentemente   riportato,
profili una situazione di  disuguaglianza  tra  contribuenti  per  la
diversa  tutela  accordata  in  relazione  alle  entrate   tributarie
comprese nell'elenco dell'art. 2  decreto  legislativo  n.  546/1992,
soggette  alla  giurisdizione  delle  commissioni  tributarie  (fatta
eccezione per gli atti dell'esecuzione  contro  cui  non  e'  ammessa
alcuna tutela ex art. 57 del decreto del Presidente della  Repubblica
richiamato) ed in relazione a quelle invece non comprese  nell'elenco
dell'art. 2, sopra richiamato, e quelle non  tributarie  (soggette  a
giudizio ordinario e a cui non si applica la  limitazione  introdotta
dall'art. 57); 
    Ritenuto, in definitiva e sulla scorta  di  tali  considerazioni,
che l'art. 57 del decreto del Presidente della Repubblica 602/73,  ed
anche, ove  ritenuto,  l'art.  3  comma  4  lettera  a)  del  decreto
ministeriale  n.  203/2005  che  assoggetta  la  specifica   funzione
esattoriale svolta da Equitalia al regime agevolato del  decreto  del
Presidente della Repubblica n. 602/1973 (e dunque anche al  suo  art.
57),  presentino  aspetti  di  chiara  incostituzionalita'  sotto   i
seguente profili: 
      - l'art. 3 Cost., inquantoche' crea disparita'  di  trattamento
tra contribuenti debitori di tributi compresi  nell'elenco  dell'art.
2 decreto legislativo 546/1992 e contribuenti di tributi non compresi
in tale  elenco;  la  disposizione  lede,  quindi,  il  principio  di
eguaglianza nella misura in cui impedisce ai primi la possibilita' di
tutelarsi contro le esecuzioni  poste  in  essere  dagli  enti  o  da
concessionari per la riscossione, ancorche' illegittime ed  ingiuste,
sacrificando il diritto di difesa di costoro,  ingiustificatamente  e
soltanto in considerazione della tipologia di  tributo  di  cui  essi
sono debitori, e riconoscendo  piena  tutela  ad  altri  contribuenti
(quelli non compresi nell'elenco dianzi citato) in quanto debitori di
tributi diversi; 
      - l'art. 24 Cost., poiche' impedisce, al debitore opponente, in
modo generalizzato ed irragionevole,  ogni  possibilita'  di  difesa,
consentendo al medesimo di poter fare opposizione all'esecuzione solo
ed esclusivamente per far valere  l'impignorabilita'  dei  beni,  non
anche per tutelarsi da esecuzioni illegittime, e/o ingiuste che  oggi
egli e' costretto a subire, senza potersene difendere dinanzi  ad  un
organo giurisdizionale; 
      - l'art. 111 Cost., giacche',  anche  sulla  scorta  di  quanto
statuito da codesta Corte costituzionale con la sentenza n. 220/1986,
il giusto processo civile non deve essere celebrato per  sfociare  in
pronunzie in rito che non coinvolgano i  rapporti  sostanziali  delle
parti che vi  partecipano,  bensi'  per  decidere  nel  merito  sulle
questioni, stabilendo chi ha ragione e chi ha torto, non sacrificando
il diritto della  parte  che  agisce  in  giudizio  di  ottenere  una
pronuncia in ordine al diritto della vita ritenuto  leso;  in  questo
caso,  per  effetto  della  disposizione  normativa  che  si  ritiene
contraria ai principi della nostra Costituzione, al Giudice a quo  e'
preclusa ogni decisione  sul  merito  a  causa  di  una  disposizione
(l'art. 57) derogatoria rispetto all'art. 615 c.p.c.  (o  per  meglio
dire, che impedisce il ricorso allo strumento dell'art.  615  c.p.c.)
che riconosce a tutti i soggetti incisi da  atti  dell'esecuzione  di
potersene difendere tramite l'opposizione. Il che integra,  altresi',
violazione all'art. 3 sopra richiamato, giacche'  colloca  una  larga
parte degli atti della pubblica amministrazione (e sue articolazioni)
in una zona franca da ogni tipo di controllo giurisdizionale, creando
una macroscopica disuguaglianza tra  cittadini-contribuenti  titolari
del  diritto  di   potersene   difendere   e   cittadini-contribuenti
totalmente privi  di  tale  diritto.  Il  che  determina,  come  gia'
rilevato, violazione del diritto di difesa; 
      - l'art. 113 Cost., poiche' limita e impedisce  la  tutela  del
contribuente contro una determinata categoria di atti della  pubblica
amministrazione e/o concessionari di quest'ultima, impedendo in  modo
indiscriminato ed ingiustificato ogni difesa contro  tutti  gli  atti
dell'esecuzione; 
    Ritenuto che, sussista, altresi', la rilevanza delle questioni di
incostituzionalita'   sollevate    nel    presente    giudizio,    in
considerazione delle circostanze in  fatto  e  le  argomentazioni  in
diritto suesposte. anche in considerazione del  fatto  che,  ove  non
fossero piu' operanti  le  limitazioni  previste  dalla  disposizione
dianzi richiamata, perche' dichiarate incostituzionali in conseguenza
dell'eventuale  decisione  di  accoglimento  da  parte  della   Corte
costituzionale,  sarebbe  possibile  pervenire  alla  decisione   del
giudizio con una pronuncia sul merito  da  parte  di  questo  giudice
renitente, avente giurisdizione in materia; 
    Ritenuto, pertanto, a parere di questo Giudice remittente, che la
decisione di merito  sull'opposizione  debba  esser  preceduta  dalla
soluzione della questione di legittimita' costituzionale dell'art. 57
decreto del Presidente della Repubblica  n.  602/73,  e  ove  occorra
dell'art. 3 comma 4 lettera a) decreto-legge n.  203/2005,  non  solo
per  rendere  possibile  una  pronuncia  nel  merito  ma   anche   in
considerazione   dell'ingiusto   pregiudizio   che    patirebbe    il
debitore-opponente a seguito della dichiarazione di  inammissibilita'
dell'opposizione  diretta  conseguenza  del  divieto  di  tutela  ivi
introdotto; per converso, l'intervento della Corte e' suscettibile di
produrre effetti concreti nel giudizio a quo, rafforzando il  diritto
insopprimibile di difesa del cittadino ed il suo  diritto  al  giusto
processo   consentendogli   di   potersi   tutelare    contro    atti
dell'esecuzione illegittimi e/o ingiusti; 
    Ritenuto,    infine,     non     possibile     un'interpretazione
costituzionalmente orientata della disposizione contenuta all'art. 57
decreto del Presidente della Repubblica n. 602/1973, non  essendo  il
contenuto  di  quest'ultima  polisenso,  e  dunque  soggetto  a  piu'
possibili interpretazioni, bensi' essendo, al contrario, univocamente
interpretabile nel senso sopra descritto; 
    Acclarata, quindi, la rilevanza e la non  manifesta  infondatezza
della questione di costituzionalita', ai fini della definizione della
presente causa, in considerazione delle circostanze di fatto e  delle
argomentazioni in diritto suesposte; 
    Veduti gli articoli 134 della Costituzione e 23  della  legge  11
marzo 1953 n. 87; 
    Ritenuta la questione manifestamente fondata e rilevante;