Ricorso ex art. 127 secondo comma della Costituzione, di: Regione
Piemonte, (c.f.  n.  80087670016),  in  persona  del  Presidente  pro
tempore della giunta regionale Sergio  Chiamparino,  rappresentato  e
difeso, giusta D.G.R. n. 34-5465 del  3  agosto  2017,  in  forza  di
delega  a  margine  del  presente  atto,  tanto   unitamente   quanto
disgiuntamente, dagli avv.ti Giovanna Scollo (c.f.: SCLGNN54B54C351Y,
fax 011-4324889,  pec:  giovanna.scollo@cert.regione.piemonte.it),  e
Gabriele  Pafundi  (fax:  063212646,  C.F.:  PNFGRL57B09H501K,  pec.:
gabrielepafundi@ordineavvocatiroma.org)  con  elezione  di  domicilio
presso il secondo in Roma, viale Giulio Cesare n. 14; 
    Contro:  la  Presidenza   Consiglio   dei   ministri   (c.f.   n.
97163520584), in persona del Presidente pro tempore, domiciliato  per
la carica in Roma, Palazzo Chigi,  piazza  Colonna  n.  370;  per  la
dichiarazione di  illegittimita'  costituzionale:  dell'art.  39  del
decreto-legge 24 aprile 2017 n. 50 recante «disposizioni  urgenti  in
materia finanziaria, iniziativa  a  favore  degli  enti  territoriali
ulteriori interventi per le zone colpite da eventi sismici  e  misure
per lo sviluppo» convertito con modificazioni nella legge  21  giugno
2017 n. 96 pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 144 del  23  giugno
2017, S.O. n. 31, per violazione degli articoli 114 commi 1 e 2,  117
commi 3 e 4; 119 comma 1 e 97 della Costituzione. 
 
                                Fatto 
 
    L'art. 39 del decreto-legge n. 50 del  24  aprile  2017,  recante
«disposizioni urgenti in materia  finanziaria,  iniziative  a  favore
degli enti territoriali ulteriori interventi per le zone  colpite  da
eventi sismici e misure per lo sviluppo» convertito con modificazioni
nella legge 21 giugno 2017 n. 96 (Gazzetta Ufficiale n.  144  del  26
giugno 2017), cosi' dispone: «Trasferimenti regionali  a  province  e
citta' metropolitane per funzioni conferite. 
    Ai  fini  del  coordinamento  della  finanza  pubblica,  per   il
quadriennio 2017-2020, una quota del 20% del fondo  di  cui  all'art.
16-bis, comma 1, del decreto-legge 6 luglio 2012, n. 95,  convertito,
con modificazioni, dalla legge 7 agosto 2012, n. 135, e' riconosciuta
a condizione che la Regione entro il 30 giugno di ciascun anno  abbia
certificato,  in  conformita'  alla  legge  regionale  di  attuazione
dell'Accordo sancito tra  Stato  e  Regioni  in  sede  di  Conferenza
Unificata dell'11 settembre 2014, l'avvenuta  erogazione  a  ciascuna
provincia e citta'  metropolitana  del  rispettivo  territorio  delle
risorse per l'esercizio delle funzioni ad esse conferite. La predetta
certificazione e' formalizzata tramite intesa in Conferenza unificata
da raggiungere entro il 10 luglio di ciascun anno. 
    In caso di mancata intesa,  il  riconoscimento  in  favore  della
Regione interessata del 20%  del  fondo  per  il  trasporto  pubblico
locale di cui al comma 1 e' deliberato dal Consiglio dei ministri  su
proposta del Dipartimento per gli affari regionali». 
    La norma,  si  potrebbe  dire  «parla  da  sola».  Tuttavia,  per
correttamente inquadrarla nel contesto di  riferimento,  al  fine  di
preliminarmente  chiarirne  gli  effetti,  si  ritiene  importante  e
opportuno  riportare  integralmente  il   resoconto   del   punto   4
dell'o.d.g. della Conferenza delle Regioni e delle Province  autonome
17/89/CU04/C2, del 6 luglio 2017. 
17/89/CU04/C2. 
«Modifica dell'art. 39 del  decreto-legge  24  aprile  2017,  n.  50,
convertito con modificazioni dalla legge 21 giugno 2017,  n.  96  sui
trasferimenti regionali a province  e  citta'  metropolitane  per  le
funzioni conferite in materia di Trasporto pubblico locale. 
Punto 4) O.d.g. Conferenza unificata. 
    La situazione attuale impone di ripensare la tenuta della  «legge
Delrio» (legge n. 56/2014), dichiaratamente di natura transitoria, in
quanto approvata «in attesa della riforma del Titolo  V  della  parte
seconda della Costituzione e delle relative norme di attuazione», che
ha previsto, tra l'altro, il riordino delle funzioni  provinciali  ed
un nuovo modello ordinamentale delle province, definite  quali  «enti
territoriali di area vasta», con organi  di  secondo  livello  eletti
indirettamente. 
    Nell'ottica  della  soppressione   delle   Province,   le   leggi
finanziarie  succedutesi  hanno  poi  richiesto  alle   Province   un
progressivo e incalzante contributo di finanza pubblica. Con la legge
n. 190/2014 (legge di stabilita' 2015) si  e'  definito  il  concorso
delle province e delle Citta' metropolitane alla realizzazione  degli
obiettivi di finanza pubblica  imponendo  loro  una  riduzione  della
spesa corrente di 1.000 milioni di euro per  l'anno  2015,  di  2.000
milioni di euro per l'anno  2016  e  di  3.000  milioni  di  euro  «a
decorrere dall'anno 2017». Ciascuna provincia e Citta'  metropolitana
ha dovuto quindi versare ad apposito capitolo di entrata del bilancio
dello Stato un ammontare di risorse (anche a  valere  sui  versamenti
dell'imposta sulle assicurazioni  contro  la  responsabilita'  civile
derivante dalla circolazione dei veicoli  a  motore  o,  in  caso  di
incapienza, a  valere  sui  versamenti  dell'imposta  provinciale  di
trascrizione) pari ai predetti risparmi di spesa. Inoltre, sono stati
previsti a decorrere dal  1°  gennaio  2015  limiti  alle  spese  non
fondamentali, alle assunzioni a tempo indeterminato o altre tipologie
di rapporti di lavoro, la riduzione «secca» (del 30% e del 50%) della
dotazione organica, rispettivamente,  delle  Citta'  metropolitane  e
delle province (salvo che per le  Province  montane,  pari  al  30%),
parametrata alla spesa del personale di ruolo alla data dell'8 aprile
2014, tenuto conto delle funzioni attribuite ai predetti  enti  dalla
legge n. 56/2014. 
    Una  pressione   che   si   e'   dimostrata   di   difficilissima
sostenibilita' tanto che Governo e Parlamento hanno dovuto mettere in
campo strumenti eccezionali e urgenti sia  di  carattere  finanziario
che di tipo contabile per cercare di ridurre le criticita' del quadro
finanziario di province e Citta' metropolitane, quali la possibilita'
di reiterare  l'approvazione  del  solo  bilancio  annuale  (anziche'
pluriennale) anche per il 2017,  la  possibilita'  di  rinegoziare  i
mutui contratti con la Cassa Depositi e Prestiti e la possibilita' di
utilizzare gli avanzi di amministrazione (liberi, destinati e perfino
vincolati) per il raggiungimento  degli  equilibri,  la  deroga  alle
scadenze per la redazione del bilancio, la possibilita' di utilizzare
i proventi da sanzioni per violazione al codice stradale (in  aumento
negli ultimi anni) comprese quelle rilevate mediante  autovelox,  per
finanziare negli anni 2017 e 2018 gli oneri relativi alla  viabilita'
e alla sicurezza stradale in deroga a quanto previsto dalla legge  n.
120/2010.  Non  ultima,  a   testimonianza   della   gravita'   della
situazione, il Governo ha eliminato tutte le sanzioni per le province
e le citta' metropolitane che non hanno  rispettato  il  vincolo  del
saldo non negativo tra le entrate e le spese  finali  nell'anno  2016
(Legge di stabilita' 2016 / DL 113/16 / legge di  bilancio  2017/  DL
50/2017). 
    E'  in  questo  quadro  di  precarieta'  finanziaria  degli  enti
provinciali che si inserisce «la sanzione» per le  Regioni  a  valere
sul Fondo nazionale trasporti: una quota del 20% del fondo  nazionale
per il concorso finanziario dello  Stato  agli  oneri  del  trasporto
pubblico locale sara' riconosciuta «a condizione che la Regione entro
il 30 giugno di ciascun anno abbia certificato, in  conformita'  alla
legge regionale  di  attuazione  dell'Accordo  sancito  tra  Stato  e
Regioni in sede  di  Conferenza  unificata  dell'11  settembre  2014,
l'avvenuta erogazione a ciascuna Provincia e Citta' metropolitana del
rispettivo territorio delle risorse per l'esercizio delle funzioni ad
esse conferite.» Si prevede, inoltre, che tale  certificazione  venga
«formalizzata» tramite intesa in Conferenza  unificata  entro  il  10
luglio  di  ogni  anno  e  che,  in  caso  di  mancata   intesa,   il
riconoscimento  venga  deliberato  dal  Consiglio  dei  ministri,  su
proposta del Dipartimento per gli affari regionali. 
    L'applicazione dell'art. 39 del decreto-legge n. 50/2017 gia'  in
vigere  determina,  secondo  gli  attuali  principi  contabili,   una
riduzione all'80% dell'accertamento nel bilancio regionale del  Fondo
nazionale  trasporti  con  il  conseguente  blocco  del   20%   delle
erogazioni di favore delle Aziende di trasporto / Enti che gestiscono
il TPL, con possibile rideterminazione delle quote gia' erogate, fino
alla conclusione degli adempimenti previsti dalla norma  statale,  in
assoluta distonia con il percorso fin  qui  intrapreso  con  tutti  i
livelli istituzionali. 
    Infatti, le Regioni ed il Governo hanno concordato, da ultimo  in
occasione della legge di bilancio 2017, sulla necessita' di  definire
nuove  modalita'  di  finanziamento  del  Trasporto  pubblico  locale
garantendo  la  stabilita'  delle  risorse  nel  tempo,  al  fine  di
consentire una efficace programmazione degli interventi a favore  dei
cittadini e la stipula di contratti di  servizio  pluriennali,  anche
alla luce dell'introduzione di innovativi criteri  di  riparto  dello
stesso Fondo introdotti dall'art. 27 del decreto-legge n. 50/2017. Lo
stesso decreto-legge n. 50/2017, inoltre, ridetermina le risorse  per
il Fondo nazionale trasporti in riduzione di 70 milioni per il 2017 e
di 100 milioni a decorrere dal 2018 rispetto  la  previsione  vigente
della legge di bilancio. 
    In un quadro di  finanza  pubblica  in  cui  il  Fondo  nazionale
trasporti non garantisce il pieno ristoro delle risorse  del  settore
rispetto ai tagli operati nel settore dal decreto-legge n. 78/2010 ed
e' insufficiente per far  fronte,  oltre  agli  oneri  derivanti  dai
contratti di servizio in  essere,  alle  spese  per  il  rinnovo  del
materiale rotabile ferro/gomma,  per  la  manutenzione  straordinaria
delle infrastrutture, per l'innovazione tecnologica e per il  rinnovo
dei contratti collettivi  di  lavoro  (1)  le  Regioni  integrano  il
finanziamento al settore con risorse proprie  in  media  per  il  30%
delle risorse al FNT con punte del 50% per alcune di esse; questo pur
in presenza del rispetto del  parametro  di  copertura  standard  dei
costi operativi con ricavi pari al 35%  previsto  dalla  legislazione
vigente.  L'obiettivo  fondamentale  e'  quello  di  salvaguardare  e
comporre tutti gli interessi in gioco: 
        1. il diritto costituzionalmente garantito  per  i  cittadini
per cui e' stato  costituito  il  FNT  di  cui  all'art.  16-bis  del
decreto-legge n. 95/2012 atto a soddisfare  esigenze  di  omogeneita'
nella fruizione del servizio che rispondono ad inderogabili  esigenze
unitarie e quindi «assicurare un livello  uniforme  di  godimento  di
diritti tutelati dalla Costituzione»; 
        2. il finanziamento del Trasporto pubblico locale -  funzione
fondamentale delle Regioni; 
        3. il finanziamento continuativo per le aziende del TPL  (per
la gestione  del  servizio  -  circa  il  60%  dei  corrispettivi  di
contratto  sono  per  la  spesa  di  personale   -   ,   ammortamento
investimenti); 
        4. gli investimenti sul territorio per la infrastrutturazione
per la crescita (programmazione pluriennale); 
        5.  la  necessaria   razionalizzazione   e   il   conseguente
efficientamento della spesa  per  contribuire  al  miglioramento  dei
saldi di finanza pubblica; 
        6. il rispetto delle disposizioni europee  sulle  tempistiche
di pagamento dei fornitori da parte della PA; 
        7. l'ordinario flusso  finanziario  verso  gli  enti  locali,
nelle more dell'attuazione del federalismo fiscale. 
    La collaborazione fra Governo e Regioni e'  stata  massima  anche
nell'appoggiare   importanti    modiche    alla    normativa    verso
l'efficientamento della spesa, infatti la normativa dell'art. 27  del
decreto-legge n. 50/2017 e' stata approvata  ben  prima  dal  decreto
legislativo  riguardante  i  servizi  pubblici  locali,  inoltre   il
decreto-legge  richiamato  introduce  anche  misure  urgenti  per  la
promozione della concorrenza, relative alla definizione dei bacini di
mobilita' e dei relativi lotti ed alle procedure di  affidamento  dei
servizi; sulla lotta all'evasione  tariffaria;  sull'ampliamento  dei
compiti e delle funzioni dell'Autorita' di regolazione dei trasporti. 
    L'equilibrio precario oggi  raggiunto  fra  questi  interessi  e'
profondamente  messo  in  discussione  dalla   normativa   introdotta
dall'art. 39 che mette a serio repentaglio gli sforzi  finora  fatti,
pur nella pesante situazione economica  in  atto,  per  riformare  il
settore trasporti. 
    La sanzione introdotta  non  considera  affatto  l'impegno  delle
Regioni nel cercare di alleviare i problemi finanziari delle province
e Citta' metropolitane in deficit per il finanziamento delle funzioni
fondamentali come peraltro rilevato sia dalla  Corte  dei  conti  che
dalla SOSE. Le Regioni si sono fatte carico dell'assorbimento del 50%
e del  30%  del  personale  in  sovrannumero  di  province  e  Citta'
metropolitane;  di  svincoli  (per  quanto  possibile)  delle   somme
vincolate, di erogazioni una tantum non strutturali e non  ripetibili
in specifiche materie  dal  finanziamento  di  funzioni  definite  in
correlazione di livelli essenziali delle prestazioni  come  i  Centri
per l'impiego, nonostante gli impegni di finanza pubblica a cui  esse
stesse sono sottoposte (unico comparto della PA a dover  produrre  un
avanzo positivo). 
    Attualmente  le  funzioni  non  fondamentali   riallocate   dalle
province non hanno il finanziamento statale  richiesto  in  quanto  i
risparmi di province e Citta' metropolitane riversati allo Stato  non
sono stati riassegnati «agli enti  subentranti  nell'esercizio  delle
stesse funzioni non fondamentali» (art. 1, comma 97, lettera b, della
legge n. 56 del 2014). 
    La sentenza della Corte  costituzionale  n.  205/2016  indica  il
naturale evolversi secondo la legislazione vigente del  trasferimento
delle  funzioni  e  dei  relativi  flussi  finanziari.  Il  «processo
riorganizzativo  generale  delle  Province  [...]  l'esercizio  delle
funzioni  a  suo  tempo  conferite  -   cosi'   come   obiettivamente
configurato dalla legislazione vigente -  deve  essere  correttamente
attuato, indipendentemente  dal  soggetto  che  ne  e'  temporalmente
titolare  e  comporta,  soprattutto  in  un  momento  di  transizione
caratterizzato da plurime criticita', che il suo svolgimento non  sia
negativamente influenzato dalla  complessita'  di  tale  processo  di
passaggio tra diversi modelli di gestione» (sentenza n. 10 del 2016),
inoltre, e' precisato che il versamento delle risorse da parte  delle
Province e Citta' metropolitane ad  apposito  capitolo  del  bilancio
statale (cosi' come l'eventuale recupero delle  somme  a  valere  sui
tributi provinciali) e'  specificamente  destinato  al  finanziamento
delle funzioni provinciali non fondamentali  e  che  tale  misura  si
inserisce sistematicamente nel contesto del processo di  riordino  di
tali funzioni e  del  passaggio  delle  relative  risorse  agli  enti
subentranti». 
    Le Regioni si stanno facendo carico  di  gestire  la  tenuta  del
sistema istituzionale previsto dalla legge n. 56/2014 per le province
e Citta' metropolitane non solo garantendo, per  quanto  possibile  e
con strumenti emergenziali e una tantum, lo scarto  di  finanziamento
delle funzioni fondamentali ma anche l'esercizio delle funzioni  «non
fondamentali» che sono state riallocate senza il finanziamento  delle
risorse del Fondo per l'esercizio  delle  funzioni  da  assegnare  ai
soggetti subentranti cosi' come indicato dalla Corte costituzionale. 
    La pressione finanziaria a cui verranno sottoposte le Regioni  da
una norma «sanzionatoria» che ha effetti  sul  delicatissimo  settore
dei trasporti, nella situazione attuale in cui le risorse finanziarie
del  «Fondo  per  le  funzioni  riassegnate»  non  risultano   ancora
definite, compromettera' senza alcun dubbio la tenuta del sistema sia
nel versante istituzionale  che  su  quello  del  Trasporto  pubblico
locale senza, peraltro che  la  «sanzione»  possa  essere  risolutiva
della problematica del finanziamento delle  funzioni  provinciali  ma
risulterebbe essere solo una «partita di  giro»  di  risorse  fra  un
...comparto di amministrazioni a un altro a scapito delle aziende  di
trasporto, dei cittadini, dei tempi di pagamento alle imprese,  tutti
soggetti che subiranno prioritariamente gli effetti  sanzionatori  di
questa norma,  senza  apportare  una  vera  soluzione  alle  tensioni
finanziarie delle Province e Citta' metropolitane ma anzi  aggravando
la situazione finanziaria di altri settori delicati quali quello  del
TPL. 
    Le Regioni ritengono pertanto che l'applicazione dell'art. 39 del
decreto-legge n. 50/2017 debba essere correlata al momento in cui sia
data  disponibilita'  nelle  stesse  risorse   del   Fondo   per   il
finanziamento delle funzioni riassegnate ad altri enti in  attuazione
della legge n. 56/2014 e della Sentenza costituzionale n. 205/2016. 
    A mero titolo ricognitivo  il  contributo  spettante  a  ciascuna
Regione in attuazione della predetta sentenza e'  pari  alla  tabella
allegata  e  sarebbe  in  grado  di  risolvere  tutte   le   tensioni
finanziarie  al  riordino  del  sistema   istituzionale   a   livello
territoriale. 
 

              Parte di provvedimento in formato grafico

 
        Roma, 6 luglio 2017». 
 
                               Diritto 
 
Violazione art. 117, terzo e quarto comma e 97. 
    Ai sensi del quarto comma dell'art.  117  della  Costituzione  la
materia del  trasporto  pubblico  locale  rientra  nelle  materie  di
competenza residuale delle Regioni (sentenza Corte costituzionale  n.
211/2016, 273/2016). 
    Nei  termini  in  cui  e'  stata  scritta  la   norma   impugnata
rappresenta   una   indebita   intromissione   nell'esercizio   delle
competenze ascrivibili alla materia ed ai principi  fondamentali  del
coordinamento  della  finanza  pubblica  (Corte  costituzionale   nn.
64/2016,  79  e  44/2014,  205  e  273  del   2013),   sappiamo   che
l'orientamento costante di codesta Ill.ma Corte e' che «norme statali
che fissano limiti alla spesa  delle  Regioni  e  degli  enti  locali
possono qualificarsi principi  fondamentali  di  coordinamento  della
finanza pubblica alla seguente duplice condizione:  in  primo  luogo,
che si limitino a porre obiettivi  di  riequilibrio  della  medesima,
intesi nel senso di un transitorio contenimento complessivo, anche se
non  generale,  della  spesa  corrente;  in  secondo  luogo  che  non
prevedano  in  modo  esaustivo   strumenti   o   modalita'   per   il
perseguimento dei suddetti obiettivi» (sentenze nn.  139  e  237  del
2009; n. 120 e 289 del 2008). 
    Nel caso specifico, viceversa, da  un  lato,  l'art.  16-bis  del
decreto-legge n. 95/2012 ha  istituito  il  fondo  nazionale  per  il
concorso finanziario dello Stato agli oneri  del  trasporto  pubblico
locale, dall'altro la norma impugnata vincola l'erogazione del 20% di
detto fondo, per  il  quadriennio  2017-2020,  a  una  certificazione
(peraltro  entro  il  30  giugno  di  ogni  anno   a   fronte   della
pubblicazione il 23 giugno della legge che la prevede)  che  riguarda
l'avvenuta erogazione, da parte delle regioni, a  province  e  citta'
metropolitane delle risorse per l'esercizio delle funzioni conferite. 
    La  disciplina  censurata  dunque   non   pare   finalizzata   al
conseguimento della riduzione del debito pubblico, quale  espressione
del principio fondamentale, nella materia di competenza  concorrente,
del coordinamento della finanza pubblica. Piu' che  di  coordinamento
della finanza pubblica, si  tratta  di  un  vero  e  proprio  sistema
sanzionatorio   «esterno»   all'eventuale   inadempienza    che    si
intenderebbe sanzionare. 
    Ne  consegue  la  violazione  dell'art.  97  per  violazione  del
principio del buon andamento dell'azione amministrativa per il  grave
pregiudizio arrecato all'erogazione di un servizio  fondamentale  con
la previsione di un procedimento ad  hoc  per  il  riconoscimento  di
risorse  finanziare  altrimenti   spettanti   alle   regioni.   Detto
procedimento prevede termini  stringenti  per  regioni  e  Conferenza
unificata mentre non prevede un termine ultimo per il  riconoscimento
delle risorse in capo alla Presidenza del Consiglio dei ministri. 
    Il che induce a ritenere che l'erogazione del 20%  delle  risorse
possa  avvenire  in  termini  non  certi,   con   evidenti   riflessi
sull'erogazione di un servizio la cui competenza e'  posta  a  carico
delle regioni. 
Violazione art. 114, commi 1 e 2 della  Costituzione  per  violazione
del principio di leale collaborazione e del principio dell'intesa. 
    Se la  Conferenza  Stato-Regioni  e'  la  sede  dove  il  Governo
acquisisce  l'avviso  delle  Regioni   sui   piu'   importanti   atti
amministrativi e normativi di interesse regionale, e se essa persegue
l'obiettivo di realizzare la leale collaborazione tra amministrazioni
centrale e regionale, come e' scritto chiaramente nello  stesso  sito
della medesima, nel caso dell'art. 39 impugnato essa e' utilizzata  a
fini impeditivi piu' che collaborativi. 
    Infatti la norma prima impone «una certificazione» alle  Regioni,
poi  utilizza  lo  strumento  dell'intesa  per  «formalizzare»   tale
certificazione imponendo un termine e una vera e propria sanzione per
l'inosservanza di  tale  alquanto  originale  procedura,  all'interno
della quale termini quali  «certificazione»  e  «formalizzazione»  si
pongono al di fuori degli istituti di riferimento. 
Violazione art. 119, comma 1, della Costituzione. 
    Viene altresi' violato il principio di autonomia  finanziaria  di
spesa perche' il vincolo finanziario  imposto,  di  fatto  sottraendo
delle risorse, non e' compatibile con l'autonomia delle  Regioni  ne'
con   la   correlata   competenza   legislativa    (sentenze    Corte
costituzionale nn. 77 e 417 del 2015). 
    Si ribadisce infatti che  il  legislatore  nazionale  non  si  e'
limitato  a  «imporre  vincoli  alle  politiche  di   bilancio,   con
disciplina di principio, per  ragioni  di  coordinamento  finanziario
connesse ad obiettivi nazionali  condizionati  anche  dagli  obblighi
comunitari», purche' aventi «ad oggetto o l'entita' del disavanzo  di
parte corrente oppure - ma solo in via transitoria ed in vista  degli
specifici obiettivi di riequilibro della finanza pubblica  perseguiti
dal legislatore statale, la crescita della spesa corrente degli  enti
autonomi», cosi' stabilendo solo «un limite complessivo,  che  lascia
agli stessi enti ampia liberta' di allocazione delle  risorse  fra  i
diversi ambiti e obiettivi di spesa» (sentenze 36 e 390 del 2004)  ma
ha escogitato  un  meccanismo  farraginoso  e  iniquo  che  di  fatto
accantona il 20% delle risorse gia'  in  corso  d'anno  e  senza  una
preventiva possibilita'  di  riprogrammazione  tanto  conclamata  nel
precedente art. 27 della stessa legge. 

(1) Gia' in sede  di  indagine  conoscitiva  sul  trasporto  pubblico
    locale  dell'aprile  2014  della  IX   Commissione   parlamentare
    permanente  (trasporti,  poste  e  telecomunicazioni)   affermava
    «numerose  audizioni   hanno   evidenziato   la   necessita'   di
    intervenire rispetto alla dotazione  del  Fondo  istituito  dalla
    legge di stabilita' 2013, segnalando che il  quantum  complessivo
    garantito  dal  Fondo  (circa  4.929  milioni  di  euro  annui  a
    decorrere dal 2013) non garantisce il pieno ristoro delle risorse
    del settore rispetto ai tagli  operati  negli  ultimi  anni......
    assolutamente insufficiente per  far  fronte,  oltre  agli  oneri
    derivanti dai contratti di servizio in essere, alle spese per  il
    rinnovo del materiale rotabile ferro/gomma, per  la  manutenzione
    straordinaria   delle   infrastrutture,   per   l    'innovazione
    tecnologica e per il rinnovo dei contratti collettivi  di  lavoro
    .......... Il settore ha assistito a una contrazione  complessiva
    delle risorse per i servizi di quasi 600 milioni di euro, vale  a
    dire che a livello medio nazionale sono stati tagliati il 12  per
    cento dei contributi pubblici totali ...». Su  questa  necessita'
    di  rifinanziamento  del  Fondo  hanno   convenuto   ASSTRA,   le
    organizzazioni sindacali, Rete imprese Italia,  Conferenza  delle
    Regioni e Province autonome, ANAV, ANCI, Arriva Italia.»