TRIBUNALE DI MACERATA 
          ordinanza di rimessione alla Corte costituzionale 
 
    Il Tribunale  penale  di  Macerata,  nella  persona  del  giudice
monocromatico dott. Giovanni Manzoni 
    Premesso che: 
        in  data  4  aprile  2014  veniva  conferita  perizia  medica
collegiale ai dott. Cacaci Claudio, Enrico Retico e  al  prof.  Paolo
Pietropaoli; 
        i consulenti depositavano relazione nei  termini  concessi  e
venivano escussi in sede dibattimentale; 
        i suddetti in data 12  dicembre  2014  avanzavano  tempestiva
istanza di  liquidazione  per  la  attivita'  espletata,  per  totale
importo di euro 6126 (pari a richiesta totali 750 vacazioni) 
 
                               Osserva 
 
    La  attuale  normativa  (art.  4  legge  n.  319/80)  prevede  la
retribuzione dei consulenti tecnici di ufficio, nei casi nella  quale
la stessa venga effettuata a tempo, nella somma di euro 14.68 per  la
prima vacazione e di euro 8.15 per le  successive  (la  vacazione  e'
pari a due ore). 
    In altri termini, il consulente e' pagato con la  somma  di  euro
7.34 all'ora per la attivita' svolta nelle  prime  due  ore  ed  euro
4.075 all'ora per il  periodo  successivo  (somme  sulle  quali  deve
peraltro pagare le tasse). 
    Tale  disciplina  retributiva  appare  a   questo   giudice,   in
particolare in relazione al procedimento che oggi occupa, di sospetta
costituzionalita' sotto plurimi profili. 
1) Dalla possibile violazione dell'art. 36  della  Costituzione,  che
prevede  che  il  lavoratore  abbia  diritto  ad   una   retribuzione
proporzionata alla quantita' e qualita' del suo lavoro. 
    Nel  caso  di  specie  i  consulenti  erano  medici   e   docenti
universitari, impegnati in complessa perizia su un difficile caso  di
ipotizzata colpa medica  sfociata  nella  morte  della  paziente,  in
vicenda  che  vedeva  implicati  piu'  medici  e  diverse   strutture
sanitarie; fatti sui quali si erano gia' svolte plurime perizie delle
parti con differenti esiti valutazioni. 
    Appare   pertanto   del   tutto   incongruo   con   il    dettato
costituzionale, alla luce della  veste  professionale  dei  periti  e
della complessita' dell'incarico,  una  retribuzione  di  euro  4.075
all'ora (si consideri come riferimento  di  paragone  che  il  minimo
orario per il primissimo gradino di  inquadramento  contrattuale  tra
gli operai metalmeccanici e' di 7,32 euro all'ora; il  valore  minimo
dei  voucher  INPS  per  prestazioni  occasionali  e'  di  euro  7.50
orari...). 
    Nel caso di specie, anzi, trattandosi di  perizia  collegiale  la
retribuzione e' integrale  per  un  perito,  aumentata  del  40%  per
ciascuno degli altri periti (art. 53  decreto  del  Presidente  della
Repubblica n. 115/2002), talche' i consulenti  medici  hanno  cadauno
retribuzione di 2.44 euro lordi orari. 
    Importi  che  appaiono  francamente  derisori  alla  luce   della
qualificazione dei consulenti e della complessita' della  prestazione
effettuata (a meno di ritenere che a fronte di tale dato  retributivo
sia legittimata una attivita' quantomeno  rilassata  del  consulente,
tale da comportare un abnorme incremento delle vacazioni richieste). 
    Non ignora questo giudice che la Corte  costituzionale  (sentenza
n. 88 del 1970, ripresa da ulteriore sentenza  emessa  a  seguito  di
Camera di consiglio del 10 gennaio 1996) ha evidenziato che l'art. 36
della Costituzione in relazione  a  tale  fattispecie  sarebbe  «male
addotto, innanzitutto perche' il lavoro svelto dai consulenti tecnici
d'ufficio non si presta a rientrare in  uno  schema  che  involga  un
necessario e logico confronto tra prestazioni e retribuzione e quindi
un qualsiasi giudizio sull'adeguatezza e sufficienza di quest'ultima.
Ed in secondo luogo, perche' non c'e' modo di valutare in che  misura
quel lavoro giochi nella  complessiva  attivita'  di  coloro  che  in
concreto lo svolgono e come i compensi per le relative operazioni  (a
parte l'impossibilita' o difficolta' di coglierne la totale  entita')
concorrano alla  formazione  dell'intero  reddito  professionale  del
singolo prestatore»,  sottolineando che  «La  situazione  in  cui  si
trovano i consulenti d'ufficio, e che  non  e'  dissimile  da  quella
delle categorie  dei  periti,  degli  interpreti  e  dei  traduttori,
potrebbe anche apparire tale da suggerire iniziative o modifiche  sul
terreno legislativo nel rispetto delle esigenze di carattere pubblico
e privato concorrenti nello svolgimento del processo civile. Ma  essa
non conduce, a proposito delle norme che  la  comportano,  ad  alcuna
violazione dell'art. 36, comma primo». 
    Ritiene peraltro questo giudice dove l'evidenziare che la odierna
censura di sospetta incostituzionalita' verte non sul  profilo  della
possibile  inadeguatezza  della   retribuzione   ad   assicurare   al
consulente «una esistenza libera e dignitosa» (spesso  lo  stesso  ha
altre attivita' prevalenti) ma sulla necessita' che lo stesso goda di
una retribuzione proporzionata alla quantita' e qualita'  del  lavoro
prestato a favore dello Stato. 
    In relazione  tale  profilo  appare  irrazionale  negare  che  la
attivita' espletata dal consulente  configuri  una  prestazione  alla
quale si ricollega  sinallagmaticamente  il  diritto  ad  una  giusta
retribuzione da parte dello Stato, che non puo' imporre a  terzi  una
prestazione senza poi adeguata contropartita  (si  consideri  che  la
prestazione  di  consulenza  e'  obbligatoria  ex  art.  366  cp),  o
approfittare dello stato di necessita' di chi si induca a prestare la
propria opera dietro corrispettivo irrisorio a cagione delle  proprie
difficolta' economiche. 
    A differenza del  caso  di  cui  alla  precedenti  pronunzie,  si
evidenzia poi la  particolare  qualificazione  dei  consulenti  e  la
specifica complessita' dell'incarico;  circostanze  tali  da  rendere
ancora piu' stridente e macroscopicamente inadeguata la  retribuzione
oraria prevista ex lege, sottolineandosi peraltro che gia'  la  Corte
adita gia' nel 1996 ha evidenziato come la attuale  disciplina  fosse
accettabile solo «in  attesa  di  norme  migliori»;  auspicio  che  a
distanza di quasi 20 anni non ha avuto alcun  seguito  da  parte  del
legislatore e che  si  ritiene  richiedere,  pertanto,  un  dirimente
intervento della Corte edita. 
    Ove  poi  si  volesse  sottolineare  la   obbligatorieta'   della
prestazione del perito e desumerne il «titolo grazioso» del pagamento
di una  remunerazione  allo  stesso  da  parte  dello  Stato  per  la
attivita' svolta si richiama -  pur  pienamente  consapevoli  che  si
tratta di analogia  estremamente  lata  e  che  si  evidenza  solo  a
sottolineare la necessita' sempre piu' avvertita dalla Corte adita in
ordine alla corresponsione di un equo corrispettivo  al  cittadino  a
fronte  delle  «ablazioni»  da  questi  subite  iure   imperii -   la
giurisprudenza della Corte costituzionale che in materia di esproprio
ha statuito che la somma versata debba costituire un «serio  ristoro»
(C. Cost. 348/07); principio che appare espressione  di  fondamentale
civilta' giuridica e che non vi e motivo sia  applicabile  solo  alle
prestazioni patrimoniali e non anche a quelle personali. 
2) Della possibile violazione dell'art. 3 della Costituzione,  inteso
come criterio di necessaria ragionevolezza immanente al sistema. 
    Appare, infatti, ad  avviso  di  questo  giudice  irrazionale  un
trattamento economico uguale per ogni caso di retribuzione oraria del
consulente, senza distinzione ad es. tra la attivita'  svolta  da  un
traduttore lingua madre in relazione ad un atto estremamente semplice
(attivita' per la quale non vi e' particolare impegno ne'  necessita'
di speciali studi o competenze, bastano la conoscenza di  una  lingua
oltre all'italiano) e la attivita' di studio, valutazione  e  sintesi
demandata a un professionista  chiamato  a  esprimere  un  parere  in
materia complessa e necessitante di costante studio ed  aggiornamento
e di possibile approfondimento in  relazione  alla  specificita'  del
quesito. 
    Non Sufficiente a far fronte alle  considerazioni  di  cui  sopra
appare, poi, la  norma  di  cui  all'art.  52  TUSG  che  prevede  il
possibile raddoppio delle somme liquidate all'interprete in  caso  di
prestazione di «eccezionale importanza, complessita' e difficolta'». 
    Si deve, infatti, evidenziare che: 
        la retribuzione prevista per tali casi  arriva  a  soli  8.15
curo all'ora e nello specifico caso arriverebbe a 4.88 euro orari (da
tassare); retribuzione comunque del tutto inidonea a  retribuire  una
attivita' che lo  stesso  legislatore  prevede  come  eccezionalmente
difficoltosa e complessa (e che, pertanto, implicitamente  presuppone
una particolare altissima qualificazione del consulente). 
        tale norma prevede un  ambito  di  applicazione  estremamente
rigoroso  e  specifico  tale  da   escludere   di   regola   la   sua
applicabilita' e imporre, pertanto, la quantificazione  dell'onorario
nella somma di euro 4.075 orari. 
    La questione appare: 
        ammissibile  in  quanto  la  prioritaria  giurisprudenza   di
legittimita' configura la attivita' di liquidazione dei compensi  dei
consulenti  come  attivita'  di  natura  giurisdizionale  (v.   anche
circolare 1231/84 Ministero di grazia e giustizia); 
        rilevante nel caso di specie perche' 
          ai consulenti dovrebbe applicarsi il  trattamento  previsto
dall'art. 4 legge  n.  319/80,  non  rientrandosi  in  nessuna  delle
ipotesi previste dalla legge di onorari fissi (il caso in oggetto non
e' ecquiparabile  alla  perizia  in  materia  medica  prevista  dagli
articoli 20 e 21 decreto del Presidente della  Repubblica  n.  820/83
atteso che «l'art. 20 ha riguardo alla  perizia,  in  materia  medico
legale, e quindi all'accertamento tecnico disposto nell'ambito  delle
indagini preliminari e del processo penale, mentre il successivo art.
21, che ha riguardo all'accertamento svolto nell'ambito  dei  giudici
civili, si occupa esclusivamente della «consulenza tecnica avente  ad
oggetto accertamenti medici, diagnostici, identificazione  di  agenti
patogeni, riguardanti la persona»... La previsione della  Tabella  si
riferisce agli accertamenti medici aventi  ad  oggetto  lo  stato  di
salute della persona, mentre nel caso che ci si occupa, come  risulta
dallo stesso ricorso, la consulenza risulta disposta  nell'ambito  di
un giudizio  intentato  dalla  odierna  ricorrente  per  ottenere  il
risarcimento dei danni conseguenti ad un asserito erroneo  intervento
chirurgico di laparoscopia. L'indagine affidata al consulente tecnico
pertanto,  deve  presumersi,  non  si  e'  propriamente  rivolta   ad
accertare lo stato attuale di salute della persona, ma  ha  avuto  un
oggetto  diverso  e  piu'  esteso,  consistito  nel   verificare   la
correttezza, dal punto di vista dello scienza medica, nelle sue varie
fasi, l'operazione chirurgica cui la paziente e' stata sottoposta. 
    Trattasi,  all'evidenza,  di  indagine   che   ha   una   propria
specificita', rappresentata dal fatto che  oggetto  dell'accertamento
e', per l'appunto, l'attivita' medica e di cura erogata alla paziente
e la sua rispondenza ai principi tecnico-scientifici e  di  diligenza
che sovrintendono l'esercizio  della  relativa  professione,  sicche'
essa non puo' essere ricondotta, nemmeno in forza dell'analogia, alla
consulenza  medica  diagnostica  cui  si  riferisce   la   previsione
tabellare. Ne consegue che,  mancando  una  previsione  specifica  in
Tabella  per  gli  accertamenti  tecnici   aventi   ad   oggetto   la
responsabilita' medica, deve ritenersi che correttamente il giudice a
quo abbia  applicato,  ai  fini  della  determinazione  del  compenso
spettante al consulente, il criterio a tempo fondato sulle vacazioni»
- Cass. civ. Sez. II, Sent., 25 novembre 2011, n. 24992. 
          tale retribuzione appare a questo giudice contrastante  con
la previsione di cui agli articoli 3 e 36 della Costituzione,  per  i
motivi sopra evidenziati, trattandosi  di  soggetti  di  elevatissima
qualificazione professionale, impegnati in  valutazioni  estremamente
complesse e ai quali dovrebbe riconoscersi, alla luce  della  vigente
normativa, un compenso orario che appare del  tutto  inadeguato  alla
attivita' espletata. 
    La  pronunzia  della  Corte  che  statuisse   la   costituzionale
dell'importo della vacazione per come attualmente determinato ex lege
non creerebbe, infine, ad avviso di chi scrive,  un  vuoto  normativo
incolmabile,  ben  potendo  il  giudice   liquidare   equitativamente
l'onorario sulla base della entita'  e  del  pregio  della  attivita'
svolta, tenuto conto delle tariffe professionali della categoria o di
altre analoghe, nelle more di un intervento del legislatore  (a  quel
punto  verosimilmente  sollecito)  che  contemperasse  equamente   le
ragioni delle finanze statali e le lecite aspettative del privato che
presta la propria attivita' a favore dello Stato.