LA COMMISSIONE TRIBUTARIA PROVINCIALE DI COSENZA Sezione 11 Runita con l'intervento dei signori: Labonia Guglielmo, Presidente; Veltri Giulio, relatore; Contino Ida, giudice; Ha emesso la seguente ordinanza sul ricorso n. 4243/2012 depositato il 2 agosto 2012, avverso cartella di pagamento n. 03420120019986066 trib.locali 2010 consortili, Contro: Ag. riscossione Cosenza Equitalia Servizi di riscossione S.p.a., avverso cartella di pagamento n. 03420120019986066 trib.locali 2010 consortili, Contro: Consorzio bonifica integrale bacini merid. del Cosentino, Difeso da: Fusaro Rosaria, via G. Russo n. 6 - 87100 Cosenza, Proposto dal ricorrente: Intrieri Emilio, via Giovanni Pascoli n. 12 - 87046 Montalto Uffugo (CS), Difeso da: Palermo Carlo, via C. Verdi n. 114 - 87046 Montalto Uffugo (CS). Svolgimento del processo Il sig. Intrieri Emilio ha impugnato la cartella di pagamento n. 03420120019986066, notificata in data 7 maggio 2012, avente ad oggetto il pagamento delle quote consortili per l'anno 2010 in favore del Consorzio di bonifica integrale bacini meridionali del Cosentino, per complessivi € 65,88 (di cui € 60 per tributo 1H78 ed € 5,88 per compensi di riscossione e spese di notifica). A supporto del gravame ha dedotto: 1) l'invalidita' della notificazione della cartella per violazione dell'art. 26 del decreto del Presidente della Repubblica 602/73, essendo stata la stessa effettuata a mezzo del servizio postale e non dagli ufficiali della riscossione; 2) l'insufficienza della motivazione, unicamente ripiegata sulla proprieta' di un immobile all'interno del comprensorio e sul non perspicuo riferimento all'art. 23 della legge regionale 11/2003; 3) l'insussistenza di un concreto beneficio per il fondo, derivante dall'attivita' del Consorzio. Nel giudizio si e' costituita Equitalia Sud s.p.a. ed ha chiesto la reiezione del gravame in quanto infondato. Si e' altresi' costituito il Consorzio di bonifica. Il medesimo ha specificatamente replicato sulla lamentata insussistenza del beneficio, ed in particolare ha sostenuto che il tributo richiesto, prescinda, per espressa previsione dell'art. 23 lett. a), da qualsivoglia beneficio per il fondo. La previsione sarebbe il frutto del legittimo esercizio della potesta' legislativa regionale, giusta la delega statale, vigente l'art. 117 Cost. nella sua pregressa formulazione. La giurisprudenza richiamata dal ricorrente, incentrata sul beneficio e sulla relativa ripartizione dell'onere della prova, non sarebbe pertanto applicabile ne' pertinente, come asseritamente confermato da Cassazione civ. Sez. V, sentenza, 10 febbraio 2017, n. 3603 (sentenza depositata all'udienza di discussione). La causa e' stata discussa e trattenuta in decisione all'udienza del 24 marzo 2017. Motivi della decisione 1. Le fonti normative statali. 1.1. La questione riguarda il contributo dovuto dai consorziati al Consorzio di bonifica, nonche' i criteri per la sua quantificazione anche alla luce della disciplina regionale calabrese. La disciplina in materia e' contenuta nel regio decreto 13 febbraio 1933, n. 215, fonte pre-costituzionale che costituisce a tutt'oggi il riferimento principale definendo i principi generali sulla bonifica e sull'obbligo di contribuzione, nonche' nel libro terzo del codice civile, in particolare, per quanto interessa in questa sede, nell'art. 860 c.c. il quale stabilisce che «I proprietari dei beni situati entro il perimetro del comprensorio sono obbligati a contribuire nella spesa necessaria per la esecuzione, la manutenzione e l'esercizio delle opere in ragione del beneficio che traggono dalla bonifica». Segnatamente, sul regime di contribuzione, l'art. 10 del regio decreto 13 febbraio 1933, n. 215 prevede che «Nella spesa delle opere di competenza statale che non siano a totale carico dello Stato sono tenuti a contribuire i proprietari degli immobili del Comprensorio che traggono beneficio dalla bonifica, compresi lo Stato, le Province ed i Comuni per i beni di loro pertinenza. Il perimetro di contribuenza, di cui all'art. 3, e' reso pubblico col mezzo della trascrizione». L'art. 11 della medesima fonte ha poi specifico riferimento al quantum ed alla procedura di ripartizione fra i consorziati, prevedendo che «La ripartizione della quota di spesa tra i proprietari e' fatta, in via definitiva, in ragione dei benefici conseguiti per effetto delle opere di bonifica di competenza statale o di singoli gruppi, a se' stanti, di esse; e in via provvisoria sulla base di indici approssimativi e presuntivi del beneficio conseguibile. La ripartizione definitiva e gli eventuali conguagli hanno luogo dopo accertato il compimento dell'ultimo lotto della bonifica, a termini dell'art. 16. I criteri di ripartizione sono fissati negli statuti dei consorzi o con successiva deliberazione, da approvarsi dal Ministero dell'agricoltura e delle foreste. Non esistendo consorzi, sono stabiliti direttamente dal Ministero». Infine, l'art. 59, norma cruciale per gli sviluppi che ne sono derivati a livello regionale, fonda un vero e proprio potere impositivo in capo ai Consorzi di bonifica. La disposizione, premesso che «I consorzi di bonifica sono persone giuridiche pubbliche e svolgono la propria attivita' entro i limiti consentiti dalle leggi e dagli statuti», stabilisce che «Per l'adempimento dei loro fini istituzionali essi hanno il potere d'imporre contributi alle proprieta' consorziate, ai quali si applicano le disposizioni dell'art. 21». 1.2. Su tale potere impositivo la Corte costituzionale ha avuto gia' modo di pronunciarsi essendo stata chiamata, all'inizio degli anni '60 a dirimere le seguenti questioni: a) se i contributi che i consorzi per la bonifica integrale sono autorizzati ad imporre, in base all'art. 864 del codice civile ed all'art. 59 del regio decreto del 1933, costituiscano o meno prestazioni patrimoniali ricomprese nell'art. 23 Cost.; b) se, nell'affermativa, la legge contenga direttive e criteri idonei a delimitare la discrezionalita' dell'ente impositore circa la ripartizione dell'onere finanziario tra i proprietari. 1.3. La Corte ha risolto la prima questione nel senso della sussistenza di prestazioni patrimoniali «imposte», scartando l'opzione esegetica basata sulla volontarieta' del vincolo consorziale. E' utile riportate le argomentazioni della Corte, poiche' esse rappresentano, ancora oggi, una valida chiave di lettura ordinamentale: «E vero, circa il primo rilievo, che tanto l'art. 862 del codice, quanto l'art. 55 del regio decreto n. 215 del 1933 (tuttora applicabile), prevedono che, nel procedimento per la costituzione del consorzio, puo' intervenire l'iniziativa (o proposta) dei privati interessati alle opere di bonifica. E' da osservare peraltro che, secondo il sistema adottato dal legislatore, quale si desume dal citato art. 862 del codice civile e dall'art. 55 del testo unico, all'adesione da parte dei proprietari interessati alla bonifica non e' attribuita rilevanza determinante per l'istituzione dell'ente, che puo' essere costituito anche di ufficio (art. 862, comma terzo, del codice civile). Ed e' importante notare che, anche in queste ipotesi, costituito il consorzio in seguito all'emanazione del provvedimento amministrativo, l'ente estende i suoi poteri su tutto il territorio incluso nel comprensorio, di guisa che i titolari della proprieta', anche se dissenzienti, non si possono esimere dal farne parte (il che non si contesta) e, in conseguenza, dal corrispondere i contributi, dovuti per le opere affidate all'ente e per le spese di gestione. 1 quali poteri d'altronde sono coessenziali alla struttura pubblicistica dell'ente consorziale, soggetto percio' alla vigilanza degli organi dello Stato: da parte del prefetto e, in modo anche piu' penetrante, da parte del Ministero competente, come risulta dalle disposizioni degli artt. 61, 62, 63, 64, 65 e 66 del testo unico del 1933. Le modalita' di costituzione del consorzio, pertanto, la sua struttura e le finalita' di preminente interesse pubblico che dominano lo svolgimento della sua attivita' istituzionale, chiariscono come non si possa fondatamente sostenere che l'obbligo di contribuenza derivi da un impegno di carattere contrattuale associativo, assunto dai proprietari interessati alla bonifica. In realta', dal sistema che disciplina la bonifica integrale si puo' desumere che tale obbligo deriva dalla legge, la quale considera essenziale, per il conseguimento delle finalita' inerenti alla bonifica, la compartecipazione alle spese, da parte dei titolari dei beni inclusi nel perimetro di contribuenza del comprensorio (art. 860 del codice civile). Autorizza percio' l'imposizione e la ripartizione dei contributi, sia da parte dei consorzi (art. 864 del detto codice e art. 59 del testo unico del 1933), per l'organizzazione e per le attivita' che devono svolgere, in relazione all'esecuzione, alla manutenzione e all'esercizio delle opere di bonifica, nonche' di quelle di miglioramento ad essi affidate; sia da parte del Ministero competente, quando non e' costituito il consorzio, nei casi preveduti dal citato testo unico (artt. 10, 15, 17 e 19). Discende da tutto cio' che i contributi di cui si discute, esigibili mediante ruoli di contribuenza e con le norme e i privilegi stabiliti per l'imposta fondiaria (art. 864 c.c.), rientrano nell'ambito dell'art. 23 Cost.». 1.4. La Corte e' poi passata alla soluzione del secondo quesito, ossia se nelle disposizioni degli artt. 11 e 59 e nelle altre contenute nel codice civile, o nel testo unico del 1933, che vi si ricollegano, si riscontrino, o meno, direttive e criteri idonei a delimitare il predetto potere impositorio del consorzio; ed anche a tale quesito essa ha dato risposta affermativa. Estremamente utile per il prosieguo della trattazione e' l'esame della traiettoria argomentativa tracciata dalla Corte: «L'art. 59 del testo unico stabilisce, nel secondo comma, che i contributi, a carico delle proprieta' consorziate, sono devoluti per l'adempimento dei fini istituzionali dell'ente, ai quali si e' gia' in precedenza accennato. Il che, come e' stato rilevato nella sentenza n. 4 del 1957 di questa Corte, costituisce gia' una delimitazione, obiettiva e controllabile, dell'operato dell'ente impositore e, nella specie, della ripartizione dell'onere fra i proprietari. L'art. 860 del codice civile inoltre identifica, nei proprietari consorziati, i soggetti passivi dell'imposizione, e l'art. 11 del testo unico indica il modo di determinare la misura della medesima, tenuto conto e in proporzione dei benefici derivanti dalla bonifica: riferimento e proporzione che operano anche se, in via provvisoria, i contributi sono stabiliti sulla base di indici approssimativi e presuntivi dei benefici stessi (art. 11, primo comma); essendo da notare al riguardo che la legge (art. 11, secondo comma), a tutela dei proprietari, prevede la ripartizione definitiva delle spese, con gli eventuali conguagli, quando sia compiuto l'ultimo lotto della bonifica (art. 11, secondo comma). E' poi da tener presente: che i criteri di ripartizione dei contributi sono stabiliti dallo statuto del consorzio, approvato dalla assemblea dei proprietari, o con successive deliberazioni degli organi elettivi dell'ente (come si e' verificato nella specie); che la proposta di ripartizione provvisoria e definitiva, ai sensi dell'art. 12 del testo unico, e' pubblicata a norma dell'art. 4, ed e' soggetta all'approvazione del Ministro competente, che decide anche sui problemi, salvo il ricorso in sede giurisdizionale; e che le deliberazioni, concernenti i ruoli di contribuenza, principali o suppletivi, sono soggette al visto di legittimita' del prefetto (art. 63, comma secondo, lettera b), del testo unico). Si deve concludere quindi che, date le disposizioni legislative sopra ricordate, e' altresi' soddisfatta l'esigenza, costantemente affermata da questa Corte, affinche' le prestazioni patrimoniali poste a carico dei privati, non contrastino con il precetto contenuto nell'art. 23 Cost.» (Corte costituzionale n. 55/1963). Dunque, riepilogando, secondo la Corte costituzionale, l'art. 59 cit. nella parte in cui impone ai proprietari consorziati la corresponsione di un contributo utile a finanziare l'adempimento dei fini istituzionali dell'ente, delinea una prestazione patrimoniale ricompresa nell'art. 23 Cost., costituzionalmente legittima solo e soltanto in quanto determinata o determinabile sulla base ed in proporzione dei benefici derivanti dalla bonifica. 1.5. La giurisprudenza della Corte di cassazione in materia di contribuzione ha successivamente sviluppato tali concetti, dando rilievo dirimente al beneficio fondiario e, coerentemente con l'indirizzo interpretativo della Corte costituzionale, affermando che «il regio decreto 13 febbraio 1933, n. 215, art. 59, sulla disciplina della bonifica integrale (e successive modificazioni ed integrazioni), il quale conferisce ai consorzi di bonifica il potere di imporre contributi ai proprietari consorziati per le loro finalita' istituzionali, e, quindi, non solo per le spese attinenti alle opere di bonifica, ma anche per quelle necessarie al loro funzionamento quali enti preposti alle opere medesime, non introduce deroghe, per quest'ultime spese, ai principi fissati in tema di contribuzione consortile dagli artt. 10 ed 11 del citato decreto, nonche' dall'art. 860 codice civile, con la conseguenza che, pure per tali spese, l'imposizione di contribuzione resta subordinata al presupposto che gli immobili di quei proprietari, oltre a trovarsi nel comprensorio consortile, risultino effettivi beneficiari dei vantaggi derivanti da lavori di bonifica gia' completati, ovvero prevedibili beneficiari dei vantaggi derivanti da lavori di bonifica da completare (a seconda che si tratti di contributi definitivi o provvisori)» (Cass. n. 77543/1997, SS.UU. n. 877/1984). Ha precisato altresi' che detto «vantaggio»; dev'essere «diretto e specifico, conseguito o conseguibile dal singolo fondo a causa della bonifica, cioe' idoneo a tradursi in una qualita' del fondo, non essendo sufficiente un beneficio relativo al complessivo territorio e meramente derivante solo per riflesso dall'inclusione in esso del bene» (Cass. SS.UU. 8960/96, 4144/96 e, piu' recentemente, Cassazione civile, Sez. 5, 10 aprile 2009, n. 8770, Cassazione civ. Sez. VI, 15 maggio 2013, n. 11801). 2. La delega statale ed il quadro normativo regionale. 2.1 .Com'e' noto la Carta costituzionale ha dato rilievo costituzionale all'attivita' di bonifica, chiaramente presupponendola nel contesto dell'art. 44, il quale, seppur nel quadro della disciplina pubblicistica della proprieta' terriera, «prefigura la bonifica delle terre come uno degli strumenti essenziali al fine di conseguire il razionale sfruttamento del suolo e di stabilire equi rapporti sociali nella agricoltura» (Corte cost. sentenza n. 66 del 1992; n. 326 del 1998). Quanto al riparto delle competenze legislative essa ha inizialmente individuato, tra le materie di competenza «concorrente» di cui all'art. 117, il settore «agricoltura e foreste», competenza poi concretamente trasferita dallo Stato alle Regioni con il decreto del Presidente della Repubblica 616 del 1977. Da allora, le Regioni sono state delegate a legiferare in materia di bonifica, pur sempre nell'ambito dei principi stabiliti con la citata legge statale 215/1933. 2.2. La Corte costituzionale - entrata in vigore la riforma del titolo V della Costituzione e mutato l'assetto dell'art. 117 Cost. - si e' occupata del tema del nuovo riparto di competenze legislative (Corte cost. sentenza n. 282/04), ed in occasione dell'impugnazione di leggi regionali «soppressive» tout court dei Consorzi di bonifica, ha inserito ulteriori tasselli nel quadro ordinamentale, avendo cura di precisare che «... non e' necessario dirimere definitivamente la questione dell'applicabilita' del vecchio o del nuovo Titolo V, ne' ricostruire l'insieme dei principi (ieri e oggi) vincolanti per il legislatore regionale in questa materia. Assumono infatti carattere assorbente alcuni profili delle censure mosse dal remittente che si riconducono alla violazione di norme costituzionali diverse dall'art. 117, nonche' ad un limite alla potesta' legislativa regionale rimasto fondamentalmente invariato nel passaggio dal vecchio al nuovo testo dell'art. 117: vale a dire il limite, individuato dalla costante giurisprudenza di questa Corte (ed oggi espresso nella riserva alla potesta' esclusiva dello Stato della materia "ordinamento civile", ai sensi del nuovo art. 117, secondo comma, lettera l, della Costituzione), consistente nel divieto di alterare le regole fondamentali che disciplinano i rapporti privati (cfr., da ultimo, sentenze n. 82 del 1998, n. 352 del 2001). La Regione era ed e' bensi' competente a disciplinare le attivita' di bonifica, a programmarle sul territorio, a regolarne l'esercizio da parte degli enti pubblici e dei privati proprietari, a stabilire le modalita' di gestione delle relative opere (cfr. sentenze n. 66 del 1992, n. 326 del 1998). In questo ambito non e' escluso che la legge regionale potesse e possa anche dettare norme per disciplinare in modo nuovo forme di gestione, costituitesi nel tempo in epoche risalenti, di opere di interesse generale, come quelle di adduzione, di distribuzione, di utilizzo e di recupero delle acque, e di sistemi irrigui. Ma la norma impugnata non si limita a riordinare l'esercizio delle attivita' di bonifica e la gestione delle relative opere, bensi' dispone senz'altro la soppressione ex lege di organismi e di gestioni, anche di carattere privato, stabilendo che i consorzi di bonifica - enti pubblici economici a base associativa, nell'attuale configurazione (cfr., nella Regione Emilia-Romagna, gli artt. 5 e 6 della legge regionale 26 novembre 1984, n. 59) - non solo subentrino nell'esercizio dei compiti e delle funzioni dei predetti organismi, ma succedano ad essi nei rapporti giuridici e amministrativi, dunque pure nella titolarita' dei beni eventualmente posseduti, al di fuori di ogni procedura di eventuale ablazione per ragioni di' interesse pubblico, con conseguente corresponsione di indennizzi. In tal modo la norma censurata, da un lato, travalica il limite, ora ricordato, del divieto di alterare le fondamentali regole del diritto privato; dall'altro lato si risolve in una violazione dei principi costituzionali di autonomia e di salvaguardia della proprieta' privata e della liberta' di associazione. La legge regionale, infatti, pretende di incidere sulla stessa esistenza degli organismi privati di cui dispone la soppressione, e dunque sul nucleo irriducibile della loro autonoma sfera giuridica». 2.2. La Regione Calabria, con propria legge del 10 marzo 1988 n. 5 recante «Norme in materia di bonifica», ha definito gli scopi dell'attivita' di bonifica nella Regione, e le azioni, gli interventi, la disciplina e il funzionamento degli organi che devono applicarla. Con la successiva legge regionale n. 11/2003 (Disposizioni per la bonifica e la tutela del territorio rurale. Ordinamento dei Consorzi di bonifica. BURC n. 13 del 16 luglio 2003, supplemento straordinario 9), la Regione Calabria ha poi provveduto a riorganizzare l'intero compatto regionale dei consorzi di bonifica integrale. 2.3. In ordine alla contribuzione, l'impianto regionale citato ha previsto la ripartizione dell'intero territorio regionale (gia' classificato di bonifica ai sensi dell'art. 7 della legge n. 437 del 1968) in ambiti territoriali denominati «comprensori di bonifica». (art. 13). I proprietari di immobili agricoli ed extra agricoli situati nell'ambito di un comprensorio di bonifica, acquisiscono la qualita' di consorziati-contribuenti con l'iscrizione degli immobili stessi nel perimetro di contribuenza (e' reso pubblico con il mezzo della trascrizione, ai sensi dell'art. 58 del regio decreto 13 febbraio 1933, n. 215), risultante dall'approvazione del «piano di classifica» (art. 17). 2.4. Quest'ultimo, vero e proprio fulcro dell'intera riforma ordinamentale e' disciplinato dall'art. 24 della legge regionale citata, il quale prevede che: «L'elaborazione del piano di classifica e' effettuata dai Consorzi in conformita' ai criteri stabiliti dalla Giunta regionale, secondo i principi di economia che tengano conto: a) di parametri omogenei per ambiti territoriali di paragonabili caratteristiche geomorfologiche, anche con riferimento al rischio idraulico e ambientale; b) delle potenzialita' contributive per aree e per dimensioni aziendali omogenee; c) delle potenzialita' di sviluppo e dell'incremento di valore conseguito e conseguibile dagli immobili; d) del livello di fruizione e godimento dei beni, con riferimento a valutazioni del valore complessivo, attuale e futuro, dei comprensori, rapportandolo alla presenza o meno dell'attivita' di bonifica e di conservazione del suolo.». Aggiunge la legge regionale, al secondo comma della disposizione riportata, che «Il piano di classifica individua i benefici diretti, indiretti e potenziali, derivanti dall'attivita' di bonifica agli immobili ricadenti nei comprensori, intesi questi ultimi ai sensi dell'art. 812 del codice civile, e stabilisce i parametri per la quantificazione di detti benefici, determinando l'indice di contribuenza di ciascun immobile». 2.5. Dunque, un sistema di riparto che prevede una preliminare individuazione, all'interno del «comprensorio» di bonifica (coincidente con l'ambito territoriale in cui opera l'ente) di un perimetro di contribuenza (coincidente con l'insieme degli immobili destinatari di benefici diretti, indiretti e potenziali, derivanti dall'attivita' di bonifica agli immobili ricadenti nei comprensori), e di indici di contribuenza per ciascun immobile) evidentemente e ragionevolmente finalizzati al riparto delle contribuzioni. 2.6. In relazione a quest'ultimo dispone l'art. 23: «Il contributo consortile di bonifica e' costituito dalle quote dovute da ciascun consorziato per il funzionamento dei Consorzi ed e' applicato secondo i seguenti criteri: a) per le spese afferenti il conseguimento dei fini istituzionali, indipendentemente dal beneficio fondiario; b) per le spese riferibili al successivo art. 24, comma 1, lettera b), sulla base del beneficio. Rilevante in proposito e' anche la norma transitoria di cui all'art. 42 comma 2 della medesima fonte regionale, a mente della quale «1. Entro un anno dall'entrata in vigore della presente legge, i consorzi sono tenuti ad effettuare l'elaborazione e l'approvazione dei piani di classifica di cui al precedente art. 24. 2. Nelle more, i Consorzi sono autorizzati ad emettere i ruoli di contribuenza per come finora fissati». 3. Lo stato di fatto. Risulta al collegio che, in Calabria, il Piano di classifica non e' stato adottato da nessuno dei Consorzi operanti nei comprensori di bonifica. I Consorzi esercitano la potesta' impositiva utilizzando unicamente il criterio di cui alla lettera a) dell'art. 23 e dunque richiedono ai consorziati le somme necessarie al funzionamento dell'ente «Indipendentemente dal beneficio fondiario». 4. I dubbi del collegio e la rilevanza della questione. 4.1. Ritiene il collegio che la disposizione di cui all'art. 23 comma 1 lettera a) della legge regionale n. 11/2003, sulla quale basa la pretesa contributiva del Consorzio, si ponga in contrasto con gli artt. 23 e 119 della Costituzione. 4.2. La questione di costituzionalita' e' rilevante poiche' da essa dipende, ad avviso del collegio, l'esito della domanda: in particolare il Consorzio ha chiesto ai ricorrenti il tributo (cod 1H78) richiamando a fondamento dell'imposizione l'art. 23 comma 1 lettera a). Il ricorrente non contesta di essere proprietario di terreni agricoli insistenti nel comprensorio di bonifica, ma si limita ad eccepire l'insussistenza di alcun beneficio. Il Consorzio, in replica all'eccezione, deduce la sufficienza, ai fitti del contributo di cui all'art. 23 comma 1 lettera a), della qualita' di consorziato. In effetti, se l'art. 23 comma 1 lettera a) fosse valido, esso varrebbe a conferire ai Consorzi calabresi un potere impositivo che, seppur circoscritto e limitato al «conseguimento delle finalita' istituzionali» risulterebbe espressamente svincolato dal concreto o potenziale conseguimento di un beneficio. 4.3. Il collegio non ha margini interpretativi, che non si risolvano in una sostanziale disapplicazione della norma, come noto non consentita al giudice, eccetto che nei casi di violazione del diritto dell'Unione direttamente applicabile. Il tenore letterale di quanto previsto alla lettera a), il contesto nel quale la disposizione e' inserita, la relazione che la disposizione citata espressamente instaura tra la norma di cui alla lettera a) e quella di cui alla lettera b), per la quale invece il «beneficio» e' esplicitamente richiamato quale fondamento della (quota di) contribuzione, sono tutti fattori che rendono assolutamente chiara la volonta' del legislatore regionale di mantenere separati i due piani: da un lato quello della concreta attivita' di bonifica, sottoposta ad una contribuzione di carattere sinallagmatico; dall'altro le necessita' istituzionali del Consorzio, invece finanziate attraverso un tributo i cui soggetti passivi sono individuabili in ragione della loro mera qualita' di consorziati. Del resto sul punto e' intervenuto, da ultimo, anche l'autorevole indirizzo nomofilattico della Corte di cassazione. Quest'ultima, nel dirimere una controversia avente ad oggetto «il versamento dei contributi 2010 relativi alle spese afferenti il conseguimento dei fini istituzionali del Consorzio, cosi' come previsti dalla legge regionale Calabria n. 11 del 2003, art. 23, comma 1, lettera a)», ha osservato che «in base a questa previsione normativa - integrante una causa petendi della pretesa impositiva che non era in potesta' della CTR mutare - «il contributo consortile di bonifica e' costituito dalle quote dovute da ciascun consorziato per il funzionamento del Consorzio ed e' applicato secondo i seguenti criteri: a) per le spese afferenti il conseguimento dei fini istituzionali, indipendentemente dal beneficio fondiario; b) per le spese riferibili al successivo art. 24, comma 1, lettera b), sulla base del beneficio». A sua volta, l'art. 17 della medesima legge regionale stabilisce che la qualita' di consorziato-contribuente deriva, in capo ai proprietari degli immobili agricoli ed extragricoli, per il solo fatto che i loro beni siano situati nell'ambito del comprensorio di bonifica; ubicazione che determina «l'iscrizione degli immobili stessi nel perimetro di' contribuenza, risultante dall'approvazione del piano di classifica di cui all'art. 24». Orbene, risulta dalla sentenza qui impugnata che il S. avesse opposto l'avviso di pagamento contestando non gia' la propria qualita' di proprietario di bene immobile ricompreso nel perimetro di contribuenza risultante dal piano di classifica debitamente approvato, bensi' la circostanza che i propri beni immobili avessero conseguito alcun beneficio dall'esecuzione - mai realizzata - di opere consortili di bonifica nell'anno 2010. Su tale presupposto doveva, pertanto, la commissione tributaria regionale rilevare che: - pacifica era nel S. la qualita' di consorziato-contribuente sulla base di un piano di classifica non impugnato; - l'importo dedotto nell'avviso di pagamento era effettivamente da lui dovuto, in quanto concernente una forma di contribuzione (relativa alle spese generali di conseguimento dei fini istituzionali del Consorzio, e non correlata all'esecuzione di specifiche opere di bonifica) espressamente svincolata ex lege dalla prova del beneficio fondiario» (Cass. civ. Sez. V, sentenza, 10 febbraio 2017, n. 3603). 5. La non manifesta infondatezza della questione in ordine agli artt. 119 e 23 della Costituzione. 5.1. La violazione dell'art. 119 Cost. risulta non manifestamente infondata. Il sistema finanziario e tributario degli enti locali e' oggetto delle disposizioni dell'art. 119 della Costituzione, come novellato dalla legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3. Esso considera, in linea di principio, sullo stesso piano Comuni, Province, Citta' metropolitane e Regioni, stabilendo che tutti tali enti «hanno autonomia finanziaria di entrata e di spesa» (primo comma); hanno «risorse autonome» e «stabiliscono e applicano tributi ed entrate propri», sia pure «in armonia con la Costituzione e secondo i principi di coordinamento della finanza pubblica e del sistema tributario», ed inoltre «dispongono di compartecipazioni al gettito di tributi erariali riferibile al loro territorio» (secondo comma). Secondo l'insegnamento di Codesta Corte pero' «L'attuazione di questo disegno costituzionale richiede come necessaria premessa l'intervento del legislatore statale, il quale, al fine di coordinare l'insieme della finanza pubblica, dovra' non solo fissare i principi cui i legislatori regionali dovranno attenersi, ma anche determinare le grandi linee dell'intero sistema tributario, e definire gli spazi e i limiti entro i quali potra' esplicarsi la potesta' impositiva, rispettivamente, di Stato, Regioni ed enti locali». Secondo la Corte e' «evidente come cio' richieda altresi' la definizione di una disciplina transitoria che consenta l'ordinato passaggio dall'attuale sistema, caratterizzato dalla permanenza di' una finanza regionale e locale ancora in non piccola parte "derivata", cioe' dipendente dal bilancio statale, e da una disciplina statale unitaria di tutti i tributi, con limitate possibilita' riconosciute a Regioni ed enti locali di effettuare autonome scelte, ad un nuovo sistema. Cosi' che oggi non si danno ancora, se non in limiti ristrettissimi, tributi che possano definirsi a pieno titolo "propri" delle Regioni o degli enti locali (cfr. sentenze n. 296 del 2003 e 297 del 2003), nel senso che essi siano frutto di una loro autonoma potesta' impositiva, e quindi possano essere disciplinati dalle leggi regionali o dai regolamenti locali, nel rispetto solo di principi di coordinamento, oggi assenti perche' "incorporati", per cosi' dire, in un sistema di tributi sostanzialmente governati dallo Stato. Anche i tributi di cui gia' oggi la legge dello Stato destina il gettito, in tutto o in parte, agli enti autonomi, e per i quali la stessa legge riconosce gia' spazi limitati di autonomia agli enti quanto alla loro disciplina - e che percio' la stessa legislazione definiva talora come "tributi propri" delle Regioni, nel senso invalso nella applicazione del previgente art. 119 della Costituzione - sono istituiti dalla legge statale e in essa trovano la loro disciplina, salvo che per i soli aspetti espressamente rimessi all'autonomia degli enti territoriali». La conclusione e' che «poiche' non e' ammissibile, in materia tributaria, una piena esplicazione di potesta' regionali autonome in carenza della fondamentale legislazione di coordinamento dettata dal Parlamento nazionale, si deve tuttora ritenere preclusa alle Regioni (se non nei limiti ad esse gia' espressamente riconosciuti dalla legge statale) la potesta' di legiferare sui tributi esistenti, istituiti e regolati da leggi statali (cfr. ancora sentenze n. 296 del 2003 e 297 del 2003); e per converso si deve ritenere tuttora spettante al legislatore statale la potesta' di dettare norme modificative, anche nel dettaglio, della disciplina dei tributi locali esistenti». (Corte cost., 26 gennaio 2004, n. 37). Nel caso di specie le norme statali di coordinamento sono pacificamente contenute negli artt. 10, 11 e 59 del regio decreto 13 febbraio 1933, n. 215, cosi' come interpretati dalla Corte costituzionale con sentenza n. 55/1963 per consentirne l'adeguamento al precetto di cui all'art. 23 Cost. Esse sono apertamente violate, atteso che nessuna di esse esplicitamente consente l'imposizione di un contributo ai consorziati «indipendentemente dal beneficio fondiario». L'art. 59, cit. si limita a prevedere che «Per l'adempimento dei loro fini istituzionali essi hanno il potere d'imporre contributi alle proprieta' consorziate, ai quali si applicano le disposizioni dell'art. 21» senza null'altro aggiungere in relazione al criterio di imposizione, che dunque deve correlarsi, secondo i principi generali che ispirano la fonte nonche' il corrispondente art. 860 del codice civile, al principio del beneficio fondiario. Ne' potrebbe sostenersi che lo svincolo dal beneficio fondiario, cosi' come operato dal legislatore regionale, non esclude il residuare di un beneficio di carattere «istituzionale» sul versante fondiario legato alle mera esistenza ed astratta potenzialita' operativa del Consorzio, atteso che, un siffatto argomentare non varrebbe che a legittimare una pretesa impositiva finalizzata alla «sopravvivenza» dell'ente, di fatto caricando sulla fiscalita' generale i relativi costi, in un logica del tutto estranea a quella fatta propria dalla legislazione statale di coordinamento. 5.2. In subordine, e' comunque violato l'art. 23 Cost. Anche ove volesse sostenersi che la teoria del beneficio «istituzionale» connesso alla mera esistenza del consorzio, da ultimo sinteticamente prospettata, possa essere compatibile con l'impianto legislativo statale, e' fin troppo ovvio che una siffatta disposizione entri in frontale contrasto con l'art. 23 Cost. riproponendo gli stessi dubbi generati dalla legge statale del '33 in ordine alla mancanza di direttive e criteri idonei a delimitare la discrezionalita' dell'ente impositore circa la ripartizione dell'onere finanziario tra i proprietari. Sul punto Codesta Corte ha gia' avuto modo di esprimersi, come ampiamente riferito in premessa, richiamando, al fine di garantire la tenuta della disposizione di cui all'art. 59 del regio decreto del '33, la vincolativita' del principio di cui all'art. 860 del codice civile il quale identifica, nei proprietari consorziati, i soggetti passivi dell'imposizione, e l'art. 11 del testo unico indica il modo di determinare la misura della medesima, «tenuto conto e in proporzione dei benefici derivanti dalla bonifica». L'espressa esclusione, da parte del legislatore regionale, del riferimento ai benefici derivanti dalla concreta bonifica, fa ora cadere la «stampella» che la Corte aveva fornito alla disposizione statale, e determina il venir meno, nel contesto della nuova disposizione regionale applicabile, delle «direttive e criteri idonei a delimitare la discrezionalita' dell'ente impositore». La costante giurisprudenza della Corte costituzionale ha sempre affermato che legge non puo' limitarsi a prevedere «una prescrizione normativa "in bianco", genericamente orientata ad un principio-valore, senza una precisazione, anche non dettagliata, dei contenuti e modi dell'azione amministrativa limitativa della sfera generale di liberta' dei cittadini». La fonte primaria deve piuttosto stabilire sufficienti criteri direttivi e linee generali di disciplina, richiedendosi in particolare che la concreta entita' della prestazione imposta sia desumibile chiaramente dai pertinenti precetti legislativi (sentenze n. 83 del 2015 e n. 115 del 2011, da ultimo, n. 69 del 2017). Nel caso di specie, in mancanza di un riferimento ai concreti benefici, la mera indicazione, quale parametro finalistico, del finanziamento delle «spese afferenti il conseguimento dei fini istituzionali» non puo' certo essere sufficiente a sostanziare i contenuti e modi dell'azione amministrativa rispetto alle esigenze di' garanzia della sfera generale di liberta' dei cittadini.