LA COMMISSIONE TRIBUTARIA PROVINCIALE DI COSENZA 
                             Sezione 11 
 
    Runita  con  l'intervento   dei   signori:   Labonia   Guglielmo,
Presidente; Veltri Giulio, relatore; Contino Ida, giudice; 
    Ha  emesso  la  seguente  ordinanza  sul  ricorso  n.   4243/2012
depositato il  2  agosto  2012,  avverso  cartella  di  pagamento  n.
03420120019986066 trib.locali 2010 consortili, 
    Contro: 
        Ag. riscossione  Cosenza  Equitalia  Servizi  di  riscossione
S.p.a.,  avverso   cartella   di   pagamento   n.   03420120019986066
trib.locali 2010 consortili, 
    Contro: 
        Consorzio bonifica integrale bacini merid. del Cosentino, 
    Difeso da: Fusaro Rosaria, via G. Russo n. 6 - 87100 Cosenza, 
    Proposto dal ricorrente: Intrieri Emilio, via Giovanni Pascoli n.
12 - 87046 Montalto Uffugo (CS), 
    Difeso da: Palermo Carlo, via C. Verdi n. 114  -  87046  Montalto
Uffugo (CS). 
 
                      Svolgimento del processo 
 
    Il sig. Intrieri Emilio ha impugnato la cartella di pagamento  n.
03420120019986066, notificata  in  data  7  maggio  2012,  avente  ad
oggetto il pagamento delle quote consortili per l'anno 2010 in favore
del Consorzio di bonifica integrale bacini meridionali del Cosentino,
per complessivi € 65,88 (di cui € 60 per tributo 1H78 ed €  5,88  per
compensi di riscossione e spese di notifica). 
    A  supporto  del  gravame  ha  dedotto:  1)  l'invalidita'  della
notificazione della cartella per violazione dell'art. 26 del  decreto
del Presidente della  Repubblica  602/73,  essendo  stata  la  stessa
effettuata a mezzo del servizio postale e non dagli  ufficiali  della
riscossione;  2)  l'insufficienza   della   motivazione,   unicamente
ripiegata  sulla  proprieta'   di   un   immobile   all'interno   del
comprensorio e sul non perspicuo riferimento all'art. 23 della  legge
regionale 11/2003; 3) l'insussistenza di un concreto beneficio per il
fondo, derivante dall'attivita' del Consorzio. 
    Nel giudizio si e' costituita Equitalia Sud s.p.a. ed ha  chiesto
la reiezione del gravame in quanto infondato. 
    Si e' altresi' costituito il Consorzio di bonifica.  Il  medesimo
ha  specificatamente  replicato  sulla  lamentata  insussistenza  del
beneficio, ed in particolare ha sostenuto che il  tributo  richiesto,
prescinda,  per  espressa  previsione  dell'art.  23  lett.  a),   da
qualsivoglia beneficio per il fondo. La previsione sarebbe il  frutto
del legittimo esercizio della potesta' legislativa regionale,  giusta
la delega statale, vigente  l'art.  117  Cost.  nella  sua  pregressa
formulazione. La giurisprudenza richiamata dal ricorrente, incentrata
sul beneficio e sulla relativa ripartizione dell'onere  della  prova,
non sarebbe pertanto applicabile ne' pertinente,  come  asseritamente
confermato da Cassazione civ. Sez. V, sentenza, 10 febbraio 2017,  n.
3603 (sentenza depositata all'udienza di discussione). 
    La causa e' stata discussa e trattenuta in decisione  all'udienza
del 24 marzo 2017. 
 
                       Motivi della decisione 
 
1. Le fonti normative statali. 
    1.1. La questione riguarda il contributo dovuto  dai  consorziati
al  Consorzio  di  bonifica,   nonche'   i   criteri   per   la   sua
quantificazione anche alla luce della disciplina regionale calabrese. 
    La disciplina in  materia  e'  contenuta  nel  regio  decreto  13
febbraio 1933, n. 215, fonte  pre-costituzionale  che  costituisce  a
tutt'oggi il riferimento principale  definendo  i  principi  generali
sulla bonifica e sull'obbligo di  contribuzione,  nonche'  nel  libro
terzo del codice civile, in  particolare,  per  quanto  interessa  in
questa  sede,  nell'art.  860  c.c.  il  quale  stabilisce   che   «I
proprietari dei beni situati entro il perimetro del comprensorio sono
obbligati a contribuire nella spesa necessaria per la esecuzione,  la
manutenzione e l'esercizio delle opere in ragione del  beneficio  che
traggono dalla bonifica». 
    Segnatamente, sul regime di contribuzione, l'art.  10  del  regio
decreto 13 febbraio 1933, n. 215 prevede che «Nella spesa delle opere
di competenza statale che non siano a totale carico dello Stato  sono
tenuti a contribuire i proprietari degli  immobili  del  Comprensorio
che traggono beneficio dalla bonifica, compresi lo Stato, le Province
ed  i  Comuni  per  i  beni  di  loro  pertinenza.  Il  perimetro  di
contribuenza, di cui all'art. 3, e' reso  pubblico  col  mezzo  della
trascrizione». 
    L'art. 11 della medesima fonte ha poi  specifico  riferimento  al
quantum  ed  alla  procedura  di  ripartizione  fra  i   consorziati,
prevedendo  che  «La  ripartizione  della  quota  di  spesa   tra   i
proprietari e' fatta, in via  definitiva,  in  ragione  dei  benefici
conseguiti per effetto delle opere di bonifica di competenza  statale
o di singoli gruppi, a se' stanti, di  esse;  e  in  via  provvisoria
sulla base  di  indici  approssimativi  e  presuntivi  del  beneficio
conseguibile. La ripartizione definitiva e  gli  eventuali  conguagli
hanno luogo dopo accertato  il  compimento  dell'ultimo  lotto  della
bonifica, a termini dell'art. 16.  I  criteri  di  ripartizione  sono
fissati negli statuti dei consorzi o con successiva deliberazione, da
approvarsi  dal  Ministero  dell'agricoltura  e  delle  foreste.  Non
esistendo consorzi, sono stabiliti direttamente dal Ministero». 
    Infine, l'art. 59, norma cruciale per gli sviluppi  che  ne  sono
derivati  a  livello  regionale,  fonda  un  vero  e  proprio  potere
impositivo in capo ai Consorzi di bonifica. La disposizione, premesso
che «I consorzi di  bonifica  sono  persone  giuridiche  pubbliche  e
svolgono la propria attivita' entro i limiti consentiti dalle leggi e
dagli statuti», stabilisce  che  «Per  l'adempimento  dei  loro  fini
istituzionali  essi  hanno  il  potere  d'imporre   contributi   alle
proprieta'  consorziate,  ai  quali  si  applicano  le   disposizioni
dell'art. 21». 
    1.2. Su tale potere impositivo la Corte costituzionale  ha  avuto
gia' modo di pronunciarsi essendo stata  chiamata,  all'inizio  degli
anni '60 a dirimere le seguenti questioni: 
        a) se i contributi che i consorzi per la  bonifica  integrale
sono autorizzati ad imporre, in base all'art. 864 del  codice  civile
ed all'art. 59 del regio  decreto  del  1933,  costituiscano  o  meno
prestazioni patrimoniali ricomprese nell'art. 23 Cost.; 
        b)  se,  nell'affermativa,  la  legge  contenga  direttive  e
criteri idonei a delimitare la discrezionalita' dell'ente  impositore
circa la ripartizione dell'onere finanziario tra i proprietari. 
    1.3. La Corte ha risolto  la  prima  questione  nel  senso  della
sussistenza  di   prestazioni   patrimoniali   «imposte»,   scartando
l'opzione  esegetica   basata   sulla   volontarieta'   del   vincolo
consorziale. 
    E' utile riportate le argomentazioni della  Corte,  poiche'  esse
rappresentano,  ancora   oggi,   una   valida   chiave   di   lettura
ordinamentale: «E vero, circa il primo rilievo, che tanto l'art.  862
del codice, quanto l'art. 55  del  regio  decreto  n.  215  del  1933
(tuttora  applicabile),  prevedono  che,  nel  procedimento  per   la
costituzione  del  consorzio,  puo'   intervenire   l'iniziativa   (o
proposta) dei privati interessati  alle  opere  di  bonifica.  E'  da
osservare peraltro che, secondo il sistema adottato dal  legislatore,
quale si desume dal citato art. 862 del codice civile e dall'art.  55
del testo unico, all'adesione da parte  dei  proprietari  interessati
alla  bonifica  non  e'   attribuita   rilevanza   determinante   per
l'istituzione dell'ente, che puo' essere costituito anche di  ufficio
(art. 862, comma terzo, del codice civile). Ed e'  importante  notare
che, anche in queste ipotesi,  costituito  il  consorzio  in  seguito
all'emanazione del provvedimento  amministrativo,  l'ente  estende  i
suoi poteri su tutto il territorio incluso nel comprensorio, di guisa
che i titolari  della  proprieta',  anche  se  dissenzienti,  non  si
possono esimere dal farne parte  (il  che  non  si  contesta)  e,  in
conseguenza, dal corrispondere i  contributi,  dovuti  per  le  opere
affidate all'ente  e  per  le  spese  di  gestione.  1  quali  poteri
d'altronde sono coessenziali alla struttura  pubblicistica  dell'ente
consorziale, soggetto  percio'  alla  vigilanza  degli  organi  dello
Stato: da parte del prefetto e, in modo  anche  piu'  penetrante,  da
parte del Ministero competente, come risulta dalle disposizioni degli
artt. 61, 62, 63, 64, 65 e 66 del testo unico del 1933. 
    Le modalita' di costituzione  del  consorzio,  pertanto,  la  sua
struttura  e  le  finalita'  di  preminente  interesse  pubblico  che
dominano  lo   svolgimento   della   sua   attivita'   istituzionale,
chiariscono come non si possa fondatamente sostenere che l'obbligo di
contribuenza  derivi  da  un  impegno   di   carattere   contrattuale
associativo, assunto dai proprietari interessati alla bonifica. 
    In realta', dal sistema che disciplina la bonifica  integrale  si
puo' desumere che tale obbligo deriva dalla legge, la quale considera
essenziale,  per  il  conseguimento  delle  finalita'  inerenti  alla
bonifica, la compartecipazione alle spese, da parte dei titolari  dei
beni inclusi nel perimetro di contribuenza del comprensorio (art. 860
del codice civile). Autorizza percio' l'imposizione e la ripartizione
dei contributi, sia da parte dei consorzi (art. 864 del detto  codice
e art. 59 del testo unico del 1933), per l'organizzazione  e  per  le
attivita' che devono  svolgere,  in  relazione  all'esecuzione,  alla
manutenzione e all'esercizio delle  opere  di  bonifica,  nonche'  di
quelle di miglioramento ad essi affidate; sia da parte del  Ministero
competente, quando non e' costituito il consorzio, nei casi preveduti
dal citato testo unico (artt. 10, 15, 17 e 19). 
    Discende da tutto cio'  che  i  contributi  di  cui  si  discute,
esigibili mediante ruoli di contribuenza e con le norme e i privilegi
stabiliti  per  l'imposta  fondiaria  (art.  864   c.c.),   rientrano
nell'ambito dell'art. 23 Cost.». 
    1.4. La Corte e' poi passata alla soluzione del secondo  quesito,
ossia se nelle disposizioni  degli  artt.  11  e  59  e  nelle  altre
contenute nel codice civile, o nel testo unico del 1933,  che  vi  si
ricollegano, si riscontrino, o meno, direttive  e  criteri  idonei  a
delimitare il predetto potere impositorio del consorzio; ed  anche  a
tale quesito essa ha dato risposta affermativa. 
    Estremamente utile per il prosieguo della trattazione e'  l'esame
della traiettoria argomentativa tracciata dalla Corte: «L'art. 59 del
testo unico stabilisce, nel secondo comma, che i contributi, a carico
delle proprieta' consorziate, sono  devoluti  per  l'adempimento  dei
fini istituzionali dell'ente, ai  quali  si  e'  gia'  in  precedenza
accennato. Il che, come e' stato rilevato nella  sentenza  n.  4  del
1957 di questa Corte, costituisce gia' una delimitazione, obiettiva e
controllabile, dell'operato dell'ente  impositore  e,  nella  specie,
della ripartizione dell'onere fra i proprietari. 
    L'art. 860 del codice civile inoltre identifica, nei  proprietari
consorziati, i soggetti passivi dell'imposizione,  e  l'art.  11  del
testo unico indica il modo di determinare la misura  della  medesima,
tenuto conto e in proporzione dei benefici derivanti dalla  bonifica:
riferimento e proporzione che operano anche se, in via provvisoria, i
contributi sono stabiliti  sulla  base  di  indici  approssimativi  e
presuntivi dei benefici stessi (art. 11,  primo  comma);  essendo  da
notare al riguardo che la legge (art. 11, secondo  comma),  a  tutela
dei proprietari, prevede la ripartizione definitiva delle spese,  con
gli eventuali conguagli, quando sia  compiuto  l'ultimo  lotto  della
bonifica (art. 11, secondo comma). E' poi da tener  presente:  che  i
criteri di ripartizione dei contributi sono stabiliti  dallo  statuto
del consorzio, approvato  dalla  assemblea  dei  proprietari,  o  con
successive deliberazioni degli organi elettivi dell'ente (come si  e'
verificato nella specie); che la proposta di ripartizione provvisoria
e definitiva, ai sensi dell'art. 12 del testo unico, e' pubblicata  a
norma dell'art. 4,  ed  e'  soggetta  all'approvazione  del  Ministro
competente, che decide anche sui problemi, salvo il ricorso  in  sede
giurisdizionale; e che  le  deliberazioni,  concernenti  i  ruoli  di
contribuenza, principali o suppletivi,  sono  soggette  al  visto  di
legittimita' del prefetto (art. 63, comma secondo,  lettera  b),  del
testo unico). 
    Si deve concludere quindi che, date le  disposizioni  legislative
sopra ricordate, e' altresi'  soddisfatta  l'esigenza,  costantemente
affermata da questa  Corte,  affinche'  le  prestazioni  patrimoniali
poste a carico dei privati, non contrastino con il precetto contenuto
nell'art. 23 Cost.» (Corte costituzionale n. 55/1963). 
    Dunque, riepilogando, secondo la Corte costituzionale, l'art.  59
cit.  nella  parte  in  cui  impone  ai  proprietari  consorziati  la
corresponsione di un contributo utile a finanziare l'adempimento  dei
fini istituzionali dell'ente, delinea  una  prestazione  patrimoniale
ricompresa nell'art. 23 Cost., costituzionalmente  legittima  solo  e
soltanto in quanto determinata  o  determinabile  sulla  base  ed  in
proporzione dei benefici derivanti dalla bonifica. 
    1.5. La giurisprudenza della Corte di cassazione  in  materia  di
contribuzione ha  successivamente  sviluppato  tali  concetti,  dando
rilievo  dirimente  al  beneficio  fondiario  e,  coerentemente   con
l'indirizzo interpretativo della Corte costituzionale, affermando che
«il regio decreto 13 febbraio 1933, n. 215, art. 59, sulla disciplina
della   bonifica   integrale   (e   successive    modificazioni    ed
integrazioni), il quale conferisce ai consorzi di bonifica il  potere
di  imporre  contributi  ai  proprietari  consorziati  per  le   loro
finalita' istituzionali, e, quindi, non solo per le  spese  attinenti
alle opere di bonifica,  ma  anche  per  quelle  necessarie  al  loro
funzionamento quali enti preposti alle opere medesime, non  introduce
deroghe, per quest'ultime spese,  ai  principi  fissati  in  tema  di
contribuzione consortile dagli artt. 10 ed  11  del  citato  decreto,
nonche' dall'art. 860 codice civile, con la conseguenza che, pure per
tali spese,  l'imposizione  di  contribuzione  resta  subordinata  al
presupposto che gli immobili di quei proprietari,  oltre  a  trovarsi
nel comprensorio  consortile,  risultino  effettivi  beneficiari  dei
vantaggi derivanti da lavori  di  bonifica  gia'  completati,  ovvero
prevedibili beneficiari dei vantaggi derivanti da lavori di  bonifica
da completare (a seconda che si tratti  di  contributi  definitivi  o
provvisori)» (Cass. n. 77543/1997, SS.UU. n. 877/1984). 
    Ha precisato altresi' che detto «vantaggio»; dev'essere  «diretto
e specifico, conseguito o conseguibile  dal  singolo  fondo  a  causa
della bonifica, cioe' idoneo a tradursi in una  qualita'  del  fondo,
non  essendo  sufficiente  un  beneficio  relativo   al   complessivo
territorio e meramente derivante solo per riflesso dall'inclusione in
esso del bene» (Cass. SS.UU. 8960/96, 4144/96 e,  piu'  recentemente,
Cassazione civile, Sez. 5, 10 aprile 2009, n. 8770,  Cassazione  civ.
Sez. VI, 15 maggio 2013, n. 11801). 
2. La delega statale ed il quadro normativo regionale. 
    2.1  .Com'e'  noto  la  Carta  costituzionale  ha  dato   rilievo
costituzionale all'attivita' di bonifica, chiaramente presupponendola
nel  contesto  dell'art.  44,  il  quale,  seppur  nel  quadro  della
disciplina pubblicistica della  proprieta'  terriera,  «prefigura  la
bonifica delle terre come uno degli strumenti essenziali al  fine  di
conseguire il razionale sfruttamento del suolo e  di  stabilire  equi
rapporti sociali nella agricoltura» (Corte cost. sentenza n.  66  del
1992; n. 326 del 1998). 
    Quanto  al  riparto  delle   competenze   legislative   essa   ha
inizialmente individuato, tra le materie di competenza  «concorrente»
di cui all'art. 117, il settore «agricoltura e  foreste»,  competenza
poi concretamente trasferita dallo Stato alle Regioni con il  decreto
del Presidente della Repubblica 616 del 1977. 
    Da allora, le Regioni sono state delegate a legiferare in materia
di bonifica, pur sempre nell'ambito dei  principi  stabiliti  con  la
citata legge statale 215/1933. 
    2.2. La Corte costituzionale - entrata in vigore la  riforma  del
titolo V della Costituzione e mutato l'assetto dell'art. 117  Cost. -
si e' occupata del tema del nuovo riparto di  competenze  legislative
(Corte cost. sentenza n. 282/04), ed in  occasione  dell'impugnazione
di leggi regionali «soppressive» tout court dei Consorzi di bonifica,
ha inserito ulteriori tasselli nel quadro ordinamentale, avendo  cura
di precisare che «... non e' necessario dirimere  definitivamente  la
questione dell'applicabilita' del vecchio o del nuovo Titolo  V,  ne'
ricostruire l'insieme dei principi (ieri e oggi)  vincolanti  per  il
legislatore regionale in questa materia. Assumono  infatti  carattere
assorbente alcuni profili delle censure mosse dal remittente  che  si
riconducono alla violazione di norme costituzionali diverse dall'art.
117, nonche' ad un limite alla potesta' legislativa regionale rimasto
fondamentalmente invariato nel passaggio dal vecchio al  nuovo  testo
dell'art. 117: vale a dire  il  limite,  individuato  dalla  costante
giurisprudenza di questa Corte (ed oggi espresso nella  riserva  alla
potesta' esclusiva dello Stato della materia "ordinamento civile", ai
sensi  del  nuovo  art.  117,  secondo  comma,   lettera   l,   della
Costituzione),  consistente  nel  divieto  di  alterare   le   regole
fondamentali che disciplinano i rapporti privati  (cfr.,  da  ultimo,
sentenze n. 82 del 1998, n. 352 del  2001).  La  Regione  era  ed  e'
bensi'  competente  a  disciplinare  le  attivita'  di  bonifica,   a
programmarle sul territorio, a regolarne l'esercizio da  parte  degli
enti pubblici e dei privati proprietari, a stabilire le modalita'  di
gestione delle relative opere (cfr. sentenze n. 66 del 1992,  n.  326
del 1998). In questo ambito non e' escluso  che  la  legge  regionale
potesse e possa anche dettare norme per disciplinare  in  modo  nuovo
forme di gestione, costituitesi nel tempo  in  epoche  risalenti,  di
opere  di  interesse  generale,  come   quelle   di   adduzione,   di
distribuzione, di utilizzo e di recupero delle acque,  e  di  sistemi
irrigui. Ma la norma impugnata non si limita a riordinare l'esercizio
delle attivita' di bonifica  e  la  gestione  delle  relative  opere,
bensi' dispone senz'altro la soppressione ex lege di organismi  e  di
gestioni, anche di carattere privato, stabilendo che  i  consorzi  di
bonifica - enti pubblici economici a base  associativa,  nell'attuale
configurazione (cfr., nella Regione Emilia-Romagna, gli artt. 5  e  6
della legge regionale 26 novembre 1984, n. 59) - non solo  subentrino
nell'esercizio dei compiti e delle funzioni dei  predetti  organismi,
ma succedano ad essi nei rapporti giuridici e amministrativi,  dunque
pure nella titolarita' dei beni eventualmente posseduti, al di  fuori
di ogni procedura di eventuale ablazione per  ragioni  di'  interesse
pubblico, con conseguente corresponsione di indennizzi. 
    In tal modo la norma censurata, da un lato, travalica il  limite,
ora ricordato, del divieto di alterare  le  fondamentali  regole  del
diritto privato; dall'altro lato si risolve  in  una  violazione  dei
principi  costituzionali  di  autonomia  e  di   salvaguardia   della
proprieta'  privata  e  della  liberta'  di  associazione.  La  legge
regionale, infatti, pretende di incidere sulla stessa esistenza degli
organismi privati di cui dispone la soppressione, e dunque sul nucleo
irriducibile della loro autonoma sfera giuridica». 
    2.2. La Regione Calabria, con propria legge del 10 marzo 1988  n.
5 recante «Norme in materia  di  bonifica»,  ha  definito  gli  scopi
dell'attivita'  di  bonifica  nella  Regione,  e   le   azioni,   gli
interventi, la disciplina e il funzionamento degli organi che  devono
applicarla.  Con   la   successiva   legge   regionale   n.   11/2003
(Disposizioni per la bonifica e  la  tutela  del  territorio  rurale.
Ordinamento dei Consorzi di bonifica. BURC n. 13 del 16 luglio  2003,
supplemento straordinario 9), la Regione Calabria ha poi provveduto a
riorganizzare l'intero compatto regionale dei  consorzi  di  bonifica
integrale. 
    2.3. In ordine alla contribuzione, l'impianto regionale citato ha
previsto  la  ripartizione  dell'intero  territorio  regionale  (gia'
classificato di bonifica ai sensi dell'art. 7 della legge n. 437  del
1968) in ambiti territoriali denominati  «comprensori  di  bonifica».
(art. 13). 
    I proprietari di immobili  agricoli  ed  extra  agricoli  situati
nell'ambito di un comprensorio di bonifica, acquisiscono la  qualita'
di consorziati-contribuenti con l'iscrizione  degli  immobili  stessi
nel perimetro di contribuenza (e' reso pubblico con  il  mezzo  della
trascrizione, ai sensi dell'art. 58 del  regio  decreto  13  febbraio
1933, n. 215), risultante dall'approvazione del «piano di classifica»
(art. 17). 
    2.4. Quest'ultimo,  vero e  proprio  fulcro  dell'intera  riforma
ordinamentale e' disciplinato  dall'art.  24  della  legge  regionale
citata, il quale prevede che: 
    «L'elaborazione  del  piano  di  classifica  e'  effettuata   dai
Consorzi in conformita' ai criteri stabiliti dalla Giunta  regionale,
secondo i principi di economia che tengano conto: 
        a)  di  parametri  omogenei  per   ambiti   territoriali   di
paragonabili caratteristiche geomorfologiche, anche  con  riferimento
al rischio idraulico e ambientale; 
        b) delle potenzialita' contributive per aree e per dimensioni
aziendali omogenee; 
        c) delle  potenzialita'  di  sviluppo  e  dell'incremento  di
valore conseguito e conseguibile dagli immobili; 
        d) del  livello  di  fruizione  e  godimento  dei  beni,  con
riferimento a valutazioni del valore complessivo, attuale  e  futuro,
dei comprensori, rapportandolo alla presenza o meno dell'attivita' di
bonifica e di conservazione del suolo.». 
    Aggiunge la legge regionale, al secondo comma della  disposizione
riportata, che «Il piano di classifica individua i benefici  diretti,
indiretti e potenziali, derivanti  dall'attivita'  di  bonifica  agli
immobili ricadenti nei comprensori, intesi  questi  ultimi  ai  sensi
dell'art. 812 del codice civile, e  stabilisce  i  parametri  per  la
quantificazione  di  detti   benefici,   determinando   l'indice   di
contribuenza di ciascun immobile». 
    2.5. Dunque, un sistema di riparto che  prevede  una  preliminare
individuazione,   all'interno   del   «comprensorio»   di    bonifica
(coincidente con l'ambito territoriale in cui  opera  l'ente)  di  un
perimetro di contribuenza (coincidente con l'insieme  degli  immobili
destinatari di benefici diretti, indiretti  e  potenziali,  derivanti
dall'attivita' di bonifica agli immobili ricadenti nei  comprensori),
e di indici di contribuenza per  ciascun  immobile)  evidentemente  e
ragionevolmente finalizzati al riparto delle contribuzioni. 
    2.6.  In  relazione  a  quest'ultimo  dispone  l'art.   23:   «Il
contributo consortile di bonifica e' costituito dalle quote dovute da
ciascun consorziato per il funzionamento dei Consorzi ed e' applicato
secondo i seguenti criteri: 
        a)  per  le  spese  afferenti  il  conseguimento   dei   fini
istituzionali, indipendentemente dal beneficio fondiario; 
        b) per le spese riferibili al successivo art.  24,  comma  1,
lettera b), sulla base del beneficio. 
    Rilevante in proposito e'  anche  la  norma  transitoria  di  cui
all'art. 42 comma 2 della medesima fonte  regionale,  a  mente  della
quale «1. Entro un anno dall'entrata in vigore della presente  legge,
i consorzi sono tenuti ad effettuare l'elaborazione e  l'approvazione
dei piani di classifica di cui al precedente art. 24. 2. Nelle  more,
i Consorzi sono autorizzati ad emettere i ruoli di  contribuenza  per
come finora fissati». 
3. Lo stato di fatto. 
    Risulta al collegio che, in Calabria, il Piano di classifica  non
e' stato adottato da nessuno dei Consorzi operanti nei comprensori di
bonifica. 
    I  Consorzi  esercitano  la   potesta'   impositiva   utilizzando
unicamente il criterio di cui alla lettera a) dell'art. 23  e  dunque
richiedono  ai  consorziati  le  somme  necessarie  al  funzionamento
dell'ente «Indipendentemente dal beneficio fondiario». 
4. I dubbi del collegio e la rilevanza della questione. 
    4.1. Ritiene il collegio che la disposizione di cui  all'art.  23
comma 1 lettera a) della legge regionale n. 11/2003, sulla quale basa
la pretesa contributiva del Consorzio, si ponga in contrasto con  gli
artt. 23 e 119 della Costituzione. 
    4.2. La questione di costituzionalita' e'  rilevante  poiche'  da
essa dipende, ad avviso  del  collegio,  l'esito  della  domanda:  in
particolare il Consorzio ha chiesto ai  ricorrenti  il  tributo  (cod
1H78) richiamando a fondamento dell'imposizione  l'art.  23  comma  1
lettera a). Il ricorrente non  contesta  di  essere  proprietario  di
terreni agricoli insistenti  nel  comprensorio  di  bonifica,  ma  si
limita ad eccepire l'insussistenza di alcun beneficio. 
    Il Consorzio, in replica all'eccezione, deduce la sufficienza, ai
fitti del contributo di cui all'art. 23 comma  1  lettera  a),  della
qualita' di consorziato. 
    In effetti, se l'art. 23 comma 1 lettera a)  fosse  valido,  esso
varrebbe a conferire ai Consorzi calabresi un potere impositivo  che,
seppur circoscritto e  limitato  al  «conseguimento  delle  finalita'
istituzionali» risulterebbe espressamente svincolato dal  concreto  o
potenziale conseguimento di un beneficio. 
    4.3. Il collegio  non  ha  margini  interpretativi,  che  non  si
risolvano in una sostanziale disapplicazione della norma,  come  noto
non consentita al giudice, eccetto che nei  casi  di  violazione  del
diritto dell'Unione direttamente applicabile. 
    Il tenore letterale  di  quanto  previsto  alla  lettera  a),  il
contesto nel quale la disposizione e' inserita, la relazione  che  la
disposizione citata espressamente instaura tra la norma di  cui  alla
lettera a) e quella di cui alla lettera b), per la  quale  invece  il
«beneficio»  e'  esplicitamente  richiamato  quale  fondamento  della
(quota  di)   contribuzione,   sono   tutti   fattori   che   rendono
assolutamente  chiara  la  volonta'  del  legislatore  regionale   di
mantenere separati i due piani: da  un  lato  quello  della  concreta
attivita' di bonifica, sottoposta ad una contribuzione  di  carattere
sinallagmatico; dall'altro le necessita' istituzionali del Consorzio,
invece finanziate attraverso un tributo i cui soggetti  passivi  sono
individuabili in ragione della loro mera qualita' di consorziati. 
    Del resto sul punto e' intervenuto, da ultimo, anche l'autorevole
indirizzo nomofilattico della Corte di cassazione. Quest'ultima,  nel
dirimere una  controversia  avente  ad  oggetto  «il  versamento  dei
contributi 2010 relativi alle spese afferenti  il  conseguimento  dei
fini istituzionali del Consorzio, cosi'  come  previsti  dalla  legge
regionale Calabria n. 11 del 2003, art. 23, comma 1, lettera a)»,  ha
osservato che «in base a questa previsione normativa - integrante una
causa petendi della pretesa impositiva che non era in potesta'  della
CTR mutare - «il contributo  consortile  di  bonifica  e'  costituito
dalle quote dovute da ciascun consorziato per  il  funzionamento  del
Consorzio ed e' applicato secondo i seguenti criteri: a) per le spese
afferenti il conseguimento dei fini istituzionali,  indipendentemente
dal beneficio fondiario; b) per le  spese  riferibili  al  successivo
art. 24, comma 1, lettera b), sulla base del beneficio». A sua volta,
l'art. 17 della medesima legge regionale stabilisce che  la  qualita'
di consorziato-contribuente deriva,  in  capo  ai  proprietari  degli
immobili agricoli ed extragricoli, per il solo fatto che i loro  beni
siano situati nell'ambito del comprensorio  di  bonifica;  ubicazione
che determina «l'iscrizione degli immobili stessi nel  perimetro  di'
contribuenza, risultante dall'approvazione del piano di classifica di
cui all'art. 24». 
    Orbene, risulta dalla sentenza qui impugnata  che  il  S.  avesse
opposto  l'avviso  di  pagamento  contestando  non  gia'  la  propria
qualita' di proprietario di bene immobile ricompreso nel perimetro di
contribuenza  risultante  dal   piano   di   classifica   debitamente
approvato, bensi' la circostanza che i propri beni immobili  avessero
conseguito alcun beneficio dall'esecuzione  -  mai  realizzata  -  di
opere consortili di bonifica nell'anno 2010. 
    Su tale presupposto doveva, pertanto, la  commissione  tributaria
regionale rilevare  che:  -  pacifica  era  nel  S.  la  qualita'  di
consorziato-contribuente sulla base di un  piano  di  classifica  non
impugnato;  -  l'importo  dedotto  nell'avviso   di   pagamento   era
effettivamente da lui dovuto, in  quanto  concernente  una  forma  di
contribuzione (relativa alle spese generali di conseguimento dei fini
istituzionali  del  Consorzio,  e  non  correlata  all'esecuzione  di
specifiche opere di bonifica) espressamente svincolata ex lege  dalla
prova del beneficio fondiario»  (Cass.  civ.  Sez.  V,  sentenza,  10
febbraio 2017, n. 3603). 
5. La non manifesta infondatezza della questione in ordine agli artt.
119 e 23 della Costituzione. 
    5.1. La violazione dell'art. 119 Cost. risulta non manifestamente
infondata. 
    Il sistema finanziario e tributario degli enti locali e'  oggetto
delle disposizioni dell'art. 119 della Costituzione,  come  novellato
dalla legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3. 
    Esso considera, in linea di principio, sullo stesso piano Comuni,
Province, Citta' metropolitane e Regioni, stabilendo che  tutti  tali
enti «hanno autonomia finanziaria  di  entrata  e  di  spesa»  (primo
comma); hanno «risorse autonome» e «stabiliscono e applicano  tributi
ed entrate propri», sia  pure  «in  armonia  con  la  Costituzione  e
secondo i principi di coordinamento  della  finanza  pubblica  e  del
sistema tributario», ed inoltre «dispongono di  compartecipazioni  al
gettito di tributi erariali riferibile al loro  territorio»  (secondo
comma). 
    Secondo l'insegnamento di Codesta Corte  pero'  «L'attuazione  di
questo  disegno  costituzionale  richiede  come  necessaria  premessa
l'intervento del legislatore statale, il quale, al fine di coordinare
l'insieme della finanza pubblica, dovra' non solo fissare i  principi
cui i legislatori regionali dovranno attenersi, ma anche  determinare
le grandi linee dell'intero sistema tributario, e definire gli  spazi
e i limiti entro i quali potra' esplicarsi  la  potesta'  impositiva,
rispettivamente, di Stato, Regioni ed enti locali». 
    Secondo la Corte e' «evidente  come  cio'  richieda  altresi'  la
definizione di una disciplina  transitoria  che  consenta  l'ordinato
passaggio dall'attuale sistema, caratterizzato dalla  permanenza  di'
una  finanza  regionale  e  locale  ancora  in  non   piccola   parte
"derivata",  cioe'  dipendente  dal  bilancio  statale,  e   da   una
disciplina  statale  unitaria  di  tutti  i  tributi,  con   limitate
possibilita' riconosciute a Regioni  ed  enti  locali  di  effettuare
autonome scelte, ad un nuovo sistema. Cosi' che  oggi  non  si  danno
ancora,  se  non  in  limiti  ristrettissimi,  tributi  che   possano
definirsi a pieno titolo "propri" delle Regioni o degli  enti  locali
(cfr. sentenze n. 296 del 2003 e 297 del 2003), nel  senso  che  essi
siano frutto di una  loro  autonoma  potesta'  impositiva,  e  quindi
possano essere disciplinati dalle leggi regionali o  dai  regolamenti
locali, nel rispetto solo di principi di coordinamento, oggi  assenti
perche' "incorporati", per cosi'  dire,  in  un  sistema  di  tributi
sostanzialmente governati dallo Stato. Anche i tributi  di  cui  gia'
oggi la legge dello Stato destina il gettito, in tutto  o  in  parte,
agli enti autonomi, e per i quali  la  stessa  legge  riconosce  gia'
spazi limitati di autonomia agli enti quanto alla loro disciplina - e
che percio' la stessa  legislazione  definiva  talora  come  "tributi
propri" delle Regioni,  nel  senso  invalso  nella  applicazione  del
previgente art. 119 della Costituzione - sono istituiti  dalla  legge
statale e in essa trovano la loro disciplina, salvo che  per  i  soli
aspetti espressamente rimessi all'autonomia degli enti territoriali». 
    La conclusione e' che «poiche' non  e'  ammissibile,  in  materia
tributaria, una piena esplicazione di potesta' regionali autonome  in
carenza della fondamentale legislazione di coordinamento dettata  dal
Parlamento nazionale, si deve tuttora ritenere preclusa alle  Regioni
(se non nei limiti ad  esse  gia'  espressamente  riconosciuti  dalla
legge statale) la  potesta'  di  legiferare  sui  tributi  esistenti,
istituiti e regolati da leggi statali (cfr. ancora  sentenze  n.  296
del 2003 e 297 del 2003); e per converso  si  deve  ritenere  tuttora
spettante  al  legislatore  statale  la  potesta'  di  dettare  norme
modificative, anche  nel  dettaglio,  della  disciplina  dei  tributi
locali esistenti». (Corte cost., 26 gennaio 2004, n. 37). 
    Nel caso  di  specie  le  norme  statali  di  coordinamento  sono
pacificamente contenute negli artt. 10, 11 e 59 del regio decreto  13
febbraio  1933,  n.  215,  cosi'  come   interpretati   dalla   Corte
costituzionale con sentenza n. 55/1963 per consentirne  l'adeguamento
al precetto di cui all'art. 23 Cost. 
    Esse  sono  apertamente  violate,  atteso  che  nessuna  di  esse
esplicitamente consente l'imposizione di un contributo ai consorziati
«indipendentemente dal beneficio fondiario». 
    L'art. 59, cit. si limita a prevedere che «Per l'adempimento  dei
loro fini istituzionali essi hanno  il  potere  d'imporre  contributi
alle proprieta' consorziate, ai quali si  applicano  le  disposizioni
dell'art. 21» senza null'altro aggiungere in relazione al criterio di
imposizione, che dunque deve correlarsi, secondo i principi  generali
che ispirano la fonte nonche' il corrispondente art. 860  del  codice
civile, al principio del beneficio fondiario. 
    Ne' potrebbe sostenersi che lo svincolo dal beneficio  fondiario,
cosi'  come  operato  dal  legislatore  regionale,  non  esclude   il
residuare di un beneficio di carattere «istituzionale»  sul  versante
fondiario  legato  alle  mera  esistenza  ed  astratta  potenzialita'
operativa del Consorzio, atteso  che,  un  siffatto  argomentare  non
varrebbe che a legittimare una pretesa  impositiva  finalizzata  alla
«sopravvivenza»  dell'ente,  di  fatto  caricando  sulla   fiscalita'
generale i relativi costi, in un logica del tutto estranea  a  quella
fatta propria dalla legislazione statale di coordinamento. 
    5.2. In subordine, e' comunque violato l'art. 23 Cost. 
    Anche  ove  volesse  sostenersi  che  la  teoria  del   beneficio
«istituzionale» connesso alla mera esistenza del consorzio, da ultimo
sinteticamente prospettata, possa essere compatibile  con  l'impianto
legislativo  statale,  e'  fin  troppo   ovvio   che   una   siffatta
disposizione  entri  in  frontale  contrasto  con  l'art.  23   Cost.
riproponendo gli stessi dubbi generati dalla legge statale del '33 in
ordine alla mancanza di direttive e criteri idonei  a  delimitare  la
discrezionalita'   dell'ente   impositore   circa   la   ripartizione
dell'onere finanziario tra i proprietari. 
    Sul punto Codesta Corte ha gia' avuto modo  di  esprimersi,  come
ampiamente riferito in premessa, richiamando, al fine di garantire la
tenuta della disposizione di cui all'art. 59 del  regio  decreto  del
'33, la vincolativita' del principio di cui all'art. 860  del  codice
civile il quale identifica, nei proprietari consorziati,  i  soggetti
passivi dell'imposizione, e l'art. 11 del testo unico indica il  modo
di  determinare  la  misura  della  medesima,  «tenuto  conto  e   in
proporzione dei benefici derivanti dalla bonifica». 
    L'espressa esclusione, da parte del  legislatore  regionale,  del
riferimento ai benefici derivanti dalla  concreta  bonifica,  fa  ora
cadere la «stampella» che la Corte aveva  fornito  alla  disposizione
statale,  e  determina  il  venir  meno,  nel  contesto  della  nuova
disposizione regionale applicabile, delle «direttive e criteri idonei
a delimitare la discrezionalita' dell'ente impositore». 
    La costante giurisprudenza della Corte costituzionale  ha  sempre
affermato che legge non puo' limitarsi a prevedere «una  prescrizione
normativa   "in    bianco",    genericamente    orientata    ad    un
principio-valore, senza una precisazione, anche non dettagliata,  dei
contenuti e modi dell'azione amministrativa  limitativa  della  sfera
generale di liberta' dei cittadini». La fonte primaria deve piuttosto
stabilire  sufficienti  criteri  direttivi  e   linee   generali   di
disciplina, richiedendosi in  particolare  che  la  concreta  entita'
della prestazione imposta sia desumibile chiaramente  dai  pertinenti
precetti legislativi (sentenze n. 83 del 2015 e n. 115 del  2011,  da
ultimo, n. 69 del 2017). 
    Nel caso di specie, in mancanza di  un  riferimento  ai  concreti
benefici, la  mera  indicazione,  quale  parametro  finalistico,  del
finanziamento  delle  «spese  afferenti  il  conseguimento  dei  fini
istituzionali» non puo' certo  essere  sufficiente  a  sostanziare  i
contenuti e modi dell'azione amministrativa  rispetto  alle  esigenze
di' garanzia della sfera generale di liberta' dei cittadini.