Ricorso   per   conflitto   di   attribuzione    della    Regione
Friuli-Venezia  Giulia  (cod.  fisc.  80014930327),  in  persona  del
rappresentante legale pro tempore, il vice-presidente  della  regione
Sergio Bolzonello (cod. fisc. BLZ SRG 60A14 G888O),  autorizzato  con
deliberazione della giunta regionale di data 13 aprile 2018,  n.  915
(doc. 1), rappresentata e difesa,  congiuntamente  e  disgiuntamente,
come da procura speciale in calce al presente atto,  dall'avv.  prof.
Giandomenico Falcon (cod. fisc.  FLCGDM  45C06  L736E)  del  Foro  di
Padova, con studio in Padova, via san Gregorio Barbarigo n.  4,  tel.
049   660231,   telefax   per   comunicazioni   049   8776503,    PEC
giandomenico.falcon@ordineavvocatipadova.it, e dall'avv. Ettore Volpe
(cod. fisc.  VLP  TTR  57Ell  L050S)  dell'avvocatura  della  Regione
Friuli-Venezia Giulia, telefax per  comunicazioni  040  3772929,  PEC
ettore.volpe@certregione.fvg.it,   con   domicilio   eletto    presso
l'ufficio di rappresentanza della regione,  in  piazza  Colonna  355,
Roma, 
    Contro il Presidente del Consiglio di ministri,  rappresentato  e
difeso  ex  lege  dall'Avvocatura  generale  dello  Stato,   per   la
dichiarazione che non spetta allo Stato,  e  per  esso  al  Ministero
dell'economia e delle finanze, emanare la circolare del 5  del  2018,
recante «Chiarimenti in  materia  di  pareggio  di  bilancio  per  il
triennio 2018-2020 per gli enti territoriali di cui all'art. l, commi
465 a 508, della legge 11 dicembre 2016, n. 232  (Legge  di  bilancio
2017), come modificata dalla legge 27 dicembre 2017, n. 205 (Legge di
bilancio 2018)»  (doc.  2),  trasmessa  alla  Regione  Friuli-Venezia
Giulia mediante  invio  con  posta  elettronica  certificata  del  21
febbraio 2018 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale - Serie  generale
del 13 marzo 2018, n. 60 (alle pagine 67 e seguenti), nella parte  in
cui essa limita ai fini dell'equilibrio di bilancio  la  possibilita'
di impiego dell'avanzo  di  amministrazione  all'utilizzazione  delle
intese e dei patti di solidarieta' ovvero alla flessibilita' in corso
di gestione,  e  nella  parte  in  cui  nelle  indicazioni  contenute
nell'allegato 2 essa esclude l'avanzo  vincolato  di  amministrazione
dal prospetto di bilancio. 
    E per il conseguente annullamento in  parte  qua  della  predetta
circolare, per violazione degli articoli 3, 81, 97  primo  e  secondo
comma, 119 primo, secondo e sesto comma, della Costituzione, anche in
combinato disposto con l'art. 10 della legge cost. 18  ottobre  2001,
n.  3,  e  dell'art.  136  della  Costituzione,  per  violazione  del
giudicato costituzionale; 
        dell'art. 5 della legge costituzionale 20 aprile 2012, n.  1,
e degli articoli 9 e 12  della  legge  n.  243  del  2012,  anche  in
relazione alla sentenza n. 247 del 2017; 
        degli articoli 7, 25, 48, 49, 51, 52, 63 e 65  dello  Statuto
regionale, anche in riferimento al  decreto  legislativo  23  gennaio
1965, n. 114, al decreto legislativo  2  gennaio  1997,  n.  8  e  al
decreto legislativo 31 luglio 2007, n. 137, e all'art. 9 del  decreto
legislativo 2 gennaio 1997, n. 9, 
        del principio di predeterminazione, di proporzionalita' e  di
temporaneita' delle contribuzioni  richieste  alla  Regione  autonoma
(articoli 3 e 119 Cost; articoli 48 e 49 Statuto  regionale;  art.  5
della legge cost. n. l del 2012), del principio di veridicita'  e  di
trasparenza dei bilanci (art. 81 Cost. e articoli 7, 25 e 48  Statuto
regionale), del principio di leale collaborazione (art. 120,  secondo
comma, Cost.) e del principio  consensualistico  (articoli  63  e  65
dello Statuto e art. 27 della legge 5 maggio 2009, n. 42). 
 
                                Fatto 
 
a) Il ricorso in via principale della Regione  Friuli-Venezia  Giulia
n. 71/2016 R.R. e la sentenza n. 247 del 2017. 
    Il presente ricorso trova il  proprio  fondamento  e  le  proprie
ragioni nel quadro normativo che  la  Regione  Friuli-Venezia  Giulia
aveva contestato con il ricorso n. 71/2016 R.R. e che codesta  ecc.ma
Corte costituzionale ha chiarito con la sentenza n. 247 del 2017. 
    In  particolare,  la  regione  aveva  impugnato  le   limitazioni
all'utilizzo  dell'avanzo  di  amministrazione,  oltre   che   quelle
all'impiego del fondo pluriennale vincolato, poste dall'art. l, comma
l, lettera b), della legge n. 164 del 2016, modificativo dell'art.  9
della legge rinforzata n. 243 del 2012. 
    La   disposizione   impugnata,   infatti,   elencando   in   modo
apparentemente esaustivo i titoli  di  entrata  e  di  uscita  finali
rilevanti ai fini dell'equilibrio di bilancio e  non  menzionando  in
tale elencazione  ne'  l'avanzo  di  amministrazione,  ne'  il  fondo
pluriennale vincolato, poteva essere intesa in modo  che  ne  sarebbe
derivata una surrettizia sottrazione alla regione di  tali  poste  di
bilancio, rese indisponibili dalle norme sul pareggio di bilancio. 
    Questa esegesi della disposizione trovava  conferma,  per  quanto
riguarda l'avanzo  di  amministrazione,  nelle  norme  sui  patti  di
solidarieta' contenute nell'art. 2, comma l, lettera a), della  legge
n. 164 del 2016, le quali  prevedono  uno  specifico  meccanismo  per
l'utilizzo dell'avanzo di esercizio, che passa per l'approvazione  di
patti  di  solidarieta'  territoriali,  nell'ambito  dei  quali  sono
acquisiti gli spazi finanziari che consentono di impiegare l'avanzo. 
    Tuttavia,  la  sentenza  n.  247  del  2017,  pur  rilevando  che
l'interpretazione denunciata dalla  regione  trovava  supporto  nella
«oscura formulazione della norma», ha affermato che tale  esegesi  e'
da scartare in quanto  contrastante  con  i  parametri  invocati  nel
ricorso e ha precisato l'interpretazione corretta della disposizione,
in forza  della  quale  «l'avanzo  di  amministrazione  rimane  nella
disponibilita' dell'ente che lo realizza». 
    La sentenza  e'  netta  nell'affermare  la  «lettura  conforme  a
Costituzione  delle  norme   contestate,   secondo   cui   gli   enti
territoriali in avanzo di amministrazione hanno la mera facolta' -  e
non l'obbligo - di mettere a disposizione delle  politiche  regionali
di investimento una  parte  o  l'intero  avanzo»,  con  le  ulteriori
precisazioni che e' «nella piena  disponibilita'  dell'ente  titolare
dell'avanzo partecipare o meno alle intese in ambito regionale»;  che
«solo in caso  di  libero  esercizio  di  tale  opzione  l'ente  puo'
destinare l'avanzo all'incremento degli spazi finanziari  regionali»;
che «ove, viceversa, tale  opzione  solidaristica  non  sia  ritenuta
utile dall'ente titolare dell'avanzo, in capo allo stesso permane  la
disponibilita' del suo impiego». 
b) La circolare ministeriale n. 5 del 2018 e l'oggetto del conflitto. 
    E' dunque con sorpresa che la ricorrente  regione  ha  constatato
che in senso difforme si esprime il Ministero dell'economia  e  delle
finanze  nella  circolare  indicata  in  epigrafe  e  qui  impugnata,
recante, a firma del Ragioniere generale dello Stato, «Chiarimenti in
materia di pareggio di bilancio per il triennio 2018-2020»  destinati
agli  enti  territoriali,  e  quindi  anche  alla  Regione   autonoma
Friuli-Venezia Giulia. 
    La Circolare rappresenta il primo atto con cui lo Stato  fornisce
indicazioni  operative  agli  enti  territoriali  e  agli  organi  di
controllo  (organi  di  revisione  economico-finanziaria,  Corte  dei
conti) sulla applicazione dell'art. 9 della legge n.  243  del  2012,
«Disposizioni per l'attuazione del principio del pareggio di bilancio
ai  sensi  dell'art.  81,  sesto  comma,  della  Costituzione»,  dopo
l'interpretazione della predetta disposizione della legge  rinforzata
fornita da codesta Corte costituzionale con la sentenza  n.  247  del
20l7, di cui si e' detto sopra. 
    La circolare impugnata dichiara  di  conoscere  e  richiama  tale
sentenza, ma ad essa mostra rispetto soltanto a parole, fornendo,  ad
avviso della  ricorrente  Regione,  indicazioni  che  si  pongono  in
contrasto con quanto in essa statuito, in quanto la Circolare  indica
come unici  mezzi  attraverso  i  quali  l'ente  potrebbe  utilizzare
l'avanzo di amministrazione da un lato l'istituto della flessibilita'
in corso di gestione, regolato dall'art. l, comma 468, della legge n.
232 del 2016, come modificato dall'art. l, comma 785, della legge  n.
205 del 2017, dall'altro l'istituto  delle  intese  regionali  e  dei
patti di solidarieta'. 
    Infatti, secondo la circolare (v. in particolare  pagina  9),  ai
fini della determinazione del saldo non negativo tra entrate finali e
spese finali, valido per la verifica del rispetto  dell'obiettivo  di
finanza pubblica, le entrate finali e le spese finali sono quelle  di
cui allo schema di bilancio previsto dal decreto legislativo  n.  118
del  2001,  in  materia  di  armonizzazione  dei  sistemi  contabili,
ascrivibili ai seguenti titoli: 
    Entrate finali:  1  -  Entrate  correnti  di  natura  tributaria,
contributiva e perequativa; 2 - Trasferimenti correnti; 3  -  Entrate
extratributarie; 4 - Entrate in c/capitale; 5 - Entrate da  riduzione
di attivita' finanziarie; 
    Spese finali: l - Spese correnti; 2 - Spese in  c/capitale;  3  -
Spese per incremento di attivita' finanziarie. 
    Per contro, non sarebbe utilizzabile l'avanzo di  amministrazione
accertato nel rendiconto, il quale - secondo la Circolare -  dovrebbe
trovare il suo impiego, alternativamente, attraverso la flessibilita'
in corso di gestione oppure attraverso le  intese  territoriali  e  i
patti di solidarieta' nazionale. 
    A pagina 11,  poi,  la  circolare  sostiene  che  «gli  strumenti
previsti dal legislatore (intese regionali e patti di solidarieta'  -
nazionale)  e  la  maggiore  flessibilita'  in  corso   di   gestione
introdotta dal comma 785 dell'art. l della legge n. 205 del 2017, che
modifica il comma 468 dell'art.  l  della  legge  n.  232  del  2016,
rappresentino un efficace mezzo di utilizzo e progressivo smaltimento
- dell'avanzo di amministrazione da parte degli enti territoriali, in
linea con le  interpretazioni  della  Corte  costituzionale  espresse
nella richiamata sentenza n. 247 del 2017». 
    L'indicazione di tali istituti compensativi quali mezzi esclusivi
per l'utilizzo dell'avanzo di amministrazione, e dunque l'irrilevanza
di  tale  posta  ai  fini  dell'equilibrio  di  bilancio,  e'  infine
confermata dall'allegato 2, contenente il prospetto di redazione  del
bilancio  preventivo,  il  quale  non  lascia  spazio   alcuno   alla
indicazione degli avanzi di amministrazione. 
    Ora, se in fase di preventivo l'esclusione dell'avanzo libero  di
amministrazione e' coerente con il divieto di spese  senza  copertura
certa, che impedisce l'iscrizione in bilancio  dell'avanzo  presunto,
tale impedimento non riguarda l'avanzo vincolato, il  quale,  essendo
applicabile al bilancio seppur in via  presunta,  dovrebbe  risultare
rilevante anche ai fini del  pareggio,  contrariamente  a  quanto  si
deduce dal prospetto di cui all'allegato 2: al quale e' dunque estesa
la presente impugnazione. 
    In questo modo, l'atto impugnato manifesta in modo inequivoco  ed
innovativo la volonta' dello Stato di non riconoscere - a  tutti  gli
effetti, compresi quelli sanzionatori - come bilancio in  equilibrio,
ai sensi dell'art. 9, comma l,  della  legge  n.  243  del  2012,  il
bilancio   della   Regione   che   abbia   impiegato   l'avanzo    di
amministrazione esposto nel  rendiconto  oltre  i  limiti  consentiti
dagli istituti della flessibilita'  in  corso  di  gestione  e  dalle
intese o patti di solidarieta'. 
c)  L'inidoneita'  degli  istituti  compensativi  a  far   salva   la
legittimita' della interpretazione dell'art. 9 della legge n. 243 del
2012 fatta propria dalla circolare. 
    Le  affermazioni  contenute  nella  sentenza  n.  247  del  2017,
riportate sopra, dimostrano, anzitutto, che il ricorso agli  istituti
previsti dall'art. 10 della legge n. 243 del  2012  (intese  con  gli
enti territoriali della  regione;  patto  di  solidarieta'  nazionale
orizzontale con altre regioni o verticale, con lo Stato)  rimane  una
opzione libera e quindi non puo' diventare una modalita' obbligatoria
per l'impiego dell'avanzo di amministrazione. 
    In secondo luogo, il  necessario  ricorso  ai  predetti  istituti
implica  che  la  facolta'  dell'ente  di   impiegare   l'avanzo   di
amministrazione rimane eventuale e incerta, perche' viene a dipendere
dalle dinamiche della gestione finanziaria degli enti territoriali  e
dalla  loro  disponibilita'  a   cedere   degli   spazi   finanziari,
nell'ambito della complessa procedura ora regolata dall'art. 10 della
legge n. 243 del 2012 e dal decreto del Presidente del Consiglio  dei
ministri 21  febbraio  2017,  n.  21  (recante  «Regolamento  recante
criteri e modalita' di attuazione dell'art. 10, comma 5, della  legge
24 dicembre 2012, n. 243, in materia di ricorso all'indebitamento  da
parte delle regioni e degli enti locali,  ivi  incluse  le  modalita'
attuative del potere sostitutivo dello Stato, in caso  di  inerzia  o
ritardo da parte delle regioni e delle province autonome di Trento  e
di Bolzano dallo Stato»). 
    Infine, il meccanismo delle intese e dei  patti  di  solidarieta'
nazionale appare, per la Friuli-Venezia Giulia comunque insufficiente
sul piano quantitativo. 
    In chiusura dell'esercizio 2016, l'avanzo complessivo degli  enti
situati  nel  territorio  regionale  cui  si   applica   il   decreto
legislativo 23 giugno 2011, n. 118, ammontava a circa  1.800  milioni
di euro, con un avanzo della regione  accertato  in  1.127.715.698,47
euro, come risulta dall'art. 6 della legge regionale 4  agosto  2017,
n. 30. Per contro, gli spazi finanziari disponibili  nel  territorio,
approssimativamente stimati in misura corrispondente  alle  spese  di
titolo IV della spesa (rimborso prestiti),  non  superano  circa  253
milioni di euro, pari dunque ad  1/7  del  fabbisogno  necessario  ad
applicare l'avanzo a disposizione. 
    Sul versante nazionale, l'art. l, comma 495, della legge  n.  232
del 2016 prevede l'assegnazione  alle  regioni  di  spazi  finanziari
nell'ambito dei patti di cui all'art. 10, comma 4 della legge n.  243
del 2012 nel limite complessivo di 500 milioni  annui,  e  dunque  in
misura largamente inferiore  alle  necessita'  regionali  e  comunque
dipendente da una scelta  politica  del  legislatore  nazionale,  che
verrebbe  a  comprimere  l'autonomia   finanziaria   della   regione,
impedendo a questa di disporre di risorse proprie. 
    Quanto alla  flessibilita'  in  corso  di  gestione  finanziaria,
introdotta dall'art. 1, comma 785, della legge n. 205 del  2017  (che
abrogando l'ultimo periodo dell'art. l, comma 468 della legge n.  232
del 2016, ha eliminato l'obbligo a carico degli enti territoriali  di
dimostrare il rispetto dei vincoli derivanti dalla legge n.  243  del
2012 quando adottino atti di  variazione  del  bilancio  iniziale  di
esercizio), va rilevato che esso consente alla Regione e ai suoi enti
locali di dimostrare l'equilibrio di bilancio solo a previsione  e  a
rendiconto, senza che rilevino le risultanze di gestione intermedie. 
    Cio' fa si' che l'ente che,  nel  corso  dell'esercizio,  intenda
iscrivere e impegnare l'avanzo potra' ben farlo,  anche  qualora  con
cio'  renda  negativo   il   saldo   calcolato   sugli   stanziamenti
previsionali. Sennonche',  per  rispettare  i  vincoli  finanziari  a
consuntivo, lo  stesso  ente  dovra'  comprimere  (cioe'  dovra'  non
impegnare) la spesa rilevante ai fini del  pareggio  per  un  importo
pari all'avanzo iscritto  e  impegnato,  e  dovra'  reperire  altrove
copertura. 
    Tale ultima compressione obbligata della spesa (che, tra l'altro,
concorre  a  generare  ulteriore   avanzo   rinviando   all'esercizio
successivo il medesimo problema) dimostra che, nonostante la maggiore
flessibilita', nell'ambito dell'esercizio si verifica in ogni caso un
surrettizio contributo alla finanza pubblica, e che,  in  ogni  caso,
tale strumento non e' idoneo a "smaltire" l'avanzo, al  contrario  di
quanto ipotizza il Ministero nell'atto impugnato. 
    Cio'  premesso,  la  circolare  impugnata  risulta  lesiva  delle
prerogative costituzionali della ricorrente Regione per  le  seguenti
ragioni di 
 
                               Diritto 
 
I. Ammissibilita' e tono costituzionale del presente conflitto. 
    La  Regione  Friuli-Venezia  Giulia  ritiene  che   il   presente
conflitto ex articoli 134, primo alinea, Cost., e 39 della  legge  n.
87 del 1957, sia ammissibile, in quanto e' rivolto contro un atto con
il quale lo Stato, attraverso i criteri  di  redazione  del  bilancio
somministrati dal Ministero dell'economia e delle  finanze,  pretende
di porre limiti alla autonomia finanziaria della Regione,  che  trova
fondamento e garanzia nelle norme  dello  Statuto  speciale  e  della
Costituzione. In particolare, l'atto impugnato pretende di  sottrarre
alla Regione (e agli enti  territoriali  del  sistema  regionale)  la
disponibilita'  della  quota  delle  proprie  risorse   rappresentata
dall'avanzo di amministrazione esposto nel rendiconto. 
    La  Regione  non   contesta,   ovviamente,   la   necessita'   di
armonizzazione del proprio bilancio, e del resto lo  stesso  art.  48
dello Statuto stabilisce che la  finanza  propria  della  Regione  e'
«coordinata con quella dello Stato, in armonia con i  principi  della
solidarieta' nazionale», nei modi stabiliti dallo Statuto stesso. 
    La ricorrente si duole, invece, del  fatto  che  la  funzione  di
armonizzazione dei  bilanci  e  degli  enti  territoriali  sia  stata
esercitata dallo Stato, e per esso dal  Ministero  della  economia  e
delle finanze, in violazione delle norme statutarie e  costituzionali
che conformano l'autonomia finanziaria e di bilancio della Regione  e
in lesione dei principi costituzionali  sui  bilanci  pubblici,  come
declinati dalla stessa legge rinforzata che da' attuazione alla legge
cost. n. l del 2012. 
    In particolare, la Regione Friuli-Venezia Giulia osserva  che  la
circolare contestata, nel confrontarsi con la  sentenza  n.  247  del
2017 di codesta Corte costituzionale, viene  a  dare  una  attuazione
dell'art. 9 della legge n. 243 del 2012 del tutto  incompatibile  con
l'interpretazione della disposizione della legge  rinforzata  esposta
nella predetta sentenza «nei sensi di cui in motivazione»,  e  dunque
direttamente incompatibile con le norme statutarie  e  costituzionali
che hanno determinato la lettura correttiva della norma legislativa a
suo tempo impugnata dalla Regione, oltre che in lesione del giudicato
costituzionale. 
    In altri termini, il Ministero delle finanze non soltanto  assume
ma anche prescrive agli enti territoriali una  interpretazione  della
disposizione che ad avviso  della  Regione  e'  incostituzionale  per
violazione di norme protettive  -  direttamente  o  indirettamente  -
della autonomia  dell'ente  regionale:  autonomia  che  non  e'  solo
l'autonomia  finanziaria,  ma  che  e'  anche  l'autonomia  politica,
giacche'  nelle  scelte  di   bilancio   si   manifestano   decisioni
fondamentali di indirizzo politico e di  controllo,  tant'e'  che  lo
Statuto affida al Consiglio regionale l'approvazione, con legge,  dei
bilanci di previsione e dei rendiconti consuntivi (art. 7 e art.  25,
commi primo e quarto). 
    Prescrivendo tale interpretazione, la Circolare esterna  altresi'
la volonta' dello Stato di considerare non in equilibrio il  bilancio
regionale  e  degli  enti  locali  che  utilizzeranno   l'avanzo   di
amministrazione in forme diverse da quelle indicate  dalla  circolare
stessa (patti territoriali e flessibilita' in corso di  gestione:  v.
pagina 11), e anticipa l'attivazione delle sanzioni previste a carico
degli enti che non osservano il vincolo  8  del  saldo  non  negativo
cosi' inteso, condizionando in questo modo l'esercizio delle potesta'
regionali in materia di bilancio. 
    Sussiste  dunque  pienamente   il   "tono   costituzionale"   del
conflitto, sia in relazione alle violazioni denunciate, che implicano
la lesione  di  parametri  costituzionali  e  statutari  o  di  norme
legislative  che  fanno  corpo  con  quelle  costituzionali,  sia  in
relazione alle funzioni regionali  incise  dall'atto  impugnato,  che
coinvolgono  il  potere  della  Giunta  di  predisporre   bilanci   e
rendiconti ed il potere del Consiglio  regionale  di  approvare  tali
atti, nonche' il complessivo ruolo di governo  della  finanza  locale
riconosciuto  alla  Regione  dallo  Statuto  e  dalle  sue  norme  di
attuazione (in relazione alla applicazione della circolare agli  enti
locali della Regione). 
    Come  esposto  in  narrativa,  la  circolare  impugnata  viene  a
riproporre,  in  via  amministrativa  e  in  diretta  violazione  del
giudicato costituzionale (art. 136 Cost.), esattamente  quella  norma
che: (i) e' stata denunciata dalla Regione  nel  suo  ricorso  contro
l'art. l, comma l, lett. b), primo periodo, della legge  n.  164  del
2016, nella parte in cui, introducendo il nuovo comma l-bis nell'art.
9 della legge n. 243 del 2012, al primo periodo del comma  escludesse
l'utilizzo del saldo di amministrazione ai  fini  dell'equilibrio  di
bilancio; (ii) e' stata  implicitamente  ritenuta  costituzionalmente
illegittima da codesta Corte costituzionale nella sentenza n. 247 del
2017; (iii) non e'  comunque  resa  legittima  dall'introduzione  del
correttivo  della  flessibilita'  in  fase  di   gestione,   cui   fa
riferimento la circolare a pagina 11,  correttivo  che  si  limita  a
spostare a fine periodo l'effetto sottrattivo. 
    Per tale ragione la Regione  non  puo'  che  riformulare,  contro
l'interpretazione propugnata dallo Stato e in relazione alla parti di
circolare che la esprimono, le proprie censure svolte nel ricorso  n.
71/2016 R.R., appuntandole contro  l'atto  che  tale  interpretazione
cerca di imporre in via amministrativa, ma fin  d'ora  eccependo,  in
via incidentale, l'illegittimita' costituzionale dell'art.  9,  comma
l-bis, della legge n. 243 del 2012, qualora nella prassi  applicativa
si  consolidasse  l'esegesi  disapprovata  da  codesta  Corte   nella
sentenza interpretativa di rigetto. 
II. Violazione  della  autonomia  finanziaria  della  Regione  e  del
principio dell'accordo in materia finanziaria. 
    La circolare,  dopo  aver  confermato  che  «anche  le  autonomie
speciali sono tenute a garantire, dall'esercizio  2016,  l'equilibrio
tra entrate finali e spese finali in termini di competenza  ai  sensi
dell'art. 9 della legge 24  dicembre  2012,  n.  243»  (pagina  7)  e
specificato che «le  regioni  Trentino-Alto  Adige  e  Friuli-Venezia
Giulia, nonche' le Province autonome di Trento  e  di  Bolzano,  sono
state assoggettate al doppio vincolo di finanza  pubblica  [patto  di
stabilita' interno e pareggio di bilancio fino all'anno 2017»  e  che
«a decorrere dall'anno 2018, anche per i suddetti enti  ad  autonomia
differenziata viene meno il vincolo del patto di stabilita' interno e
trova integrale applicazione la disciplina del pareggio di  bilancio»
(pagina 8), precisa, nella Sezione B, quali sono le entrate finali  e
le spese finali, indicandone analiticamente  i  titoli  di  cui  allo
schema di bilancio previsto dal decreto legislativo n. 118  del  2011
(pagina 9). 
    L'atto impugnato conferma la possibilita' di considerare il Fondo
pluriennale vincolato, nei termini di cui al paragrafo B, mentre  con
riferimento alla mancata inclusione  dell'avanzo  di  amministrazione
tra le entrate finali  valide  ai  fini  del  saldo  ricorda  che  la
sentenza  n.  247  del  2017  ha  dichiarato  infondata  la  relativa
questione, in quanto  l'interpretazione  della  norma  non  puo'  che
essere quella secondo cui l'avanzo di  amministrazione  rimane  nella
disponibilita' dell'ente che lo realizza (pagina 10 della circolare). 
    A questo punto, pero', la Circolare conclude affermando che  «gli
strumenti previsti dal  legislatore  (intese  regionali  e  patti  di
solidarieta' nazionale) e  la  maggiore  flessibilita'  in  corso  di
gestione introdotta al comma 785 dell'articolo l della legge  n.  205
del 2017, che modifica il comma 468 dell'articolo l  della  legge  n.
232 del 2016,  rappresentino  un  efficace  mezzo  di  utilizzo  -  e
progressivo smaltimento - dell'avanzo  di  amministrazione  da  parte
degli enti territoriali, in linea con le interpretazioni della  Corte
costituzionale espresse nella richiamata sentenza n. 247 del 2017». 
    Tale passaggio evidenzia la pretesa dello Stato  di  imporre  gli
istituti compensativi dei patti territoriali e della flessibilita' in
corso di gestione quali unici mezzi  di  utilizzo  e  di  smaltimento
dell'avanzo di amministrazione. 
    Questa pretesa e' confermata dalla  elencazione  delle  voci  nel
prospetto di cm all'allegato 2, relativo al bilancio  di  previsione,
illustrato nella sezione C della circolare, il  quale  non  contempla
l'avanzo vincolato di amministrazione. 
    La stessa sezione C non menziona mai detto  avanzo,  e  ribadisce
che e' in equilibrio solo il  bilancio  che  evidenzi  un  saldo  non
negativo tra entrate finali e spese finali composte secondo i  titoli
elencati. 
    La  sterilizzazione,  ai  fini   dell'equilibrio   di   bilancio,
dell'avanzo di amministrazione accertato ed  esposto  nei  rendiconti
determina un effetto sostanziale di sottrazione di risorse regionali,
analoga  alla  introduzione  di  una  riserva  all'erario  o  di   un
accantonamento di entrata a valere sulle quote di tributi erariali di
spettanza regionale. 
    Tale effetto, che la circolare pretende di determinare orientando
l'attivita'  degli  organi  di   controllo,   di   certificazione   e
l'attivita'  sanzionatoria  (come  risulta,   rispettivamente   dalle
sezioni D, E, e F),  e'  lesivo  della  autonomia  finanziaria  della
Regione, e viola le norme contenute nel Titolo IV della  legge  cost.
n. 1 del 1963, in particolare l'art. 48, che  costruisce  la  finanza
dell'ente come una finanza propria della Regione («La Regione ha  una
propria finanza, coordinata con quella dello Stato, in armonia con  i
principi della  solidarieta'  nazionale,  nei  modi  stabiliti  dagli
articoli seguenti»); l'art. 49, che attribuisce  alla  Regione  quote
dei tributi erariali; l'art. 51, che individua le altre entrate della
Regione; dell'art. 63, ultimo  comma,  dello  statuto  speciale,  che
consente modifiche alle  norme  predette  solo  con  il  procedimento
negoziato ivi previsto. 
    Violate  sono  anche  le  corrispondenti   norme   sull'autonomia
finanziaria e patrimoniale della  Regione  contenute  nell'art.  119,
primo, secondo e sesto comma, Cost., invocato anche  in  combinazione
con l'art. 10 della legge cost. n. 3 del 2001, ove piu' favorevole. 
    Considerando  poi  l'effetto  sostanziale   "sottrattivo"   sopra
descritto,  risulta  violato  anche  il  principio  dell'accordo,  in
applicazione del metodo pattizio che regola i rapporti finanziari tra
lo Stato e il Friuli-Venezia Giulia, principio sotteso agli  articoli
63 (gia' richiamato)  e  65  (in  tema  di  procedura  negoziata  per
l'approvazione delle norme di attuazione) dello statuto, nonche' alle
norme di  attuazione  contenute  nel  decreto  del  Presidente  della
Repubblica 23 gennaio 1965, n. 114 (Norme di attuazione dello statuto
speciale della Regione Friuli-Venezia Giulia in  materia  di  finanza
regionale), nel decreto legislativo 2 gennaio 1997, n.  8  (Norme  di
attuazione dello  statuto  speciale  per  la  regione  Friuli-Venezia
Giulia recanti modifiche ed integrazioni al  decreto  del  Presidente
della Repubblica 23 gennaio 1965,  n.  114,  concernente  la  finanza
regionale); nel decreto legislativo 31 luglio 2007, n. 137 (Norme  di
attuazione   dello   statuto   speciale   della   regione    autonoma
Friuli-Venezia Giulia in materia di finanza regionale),  e  ribadito,
con riferimento a tutte le Regioni a statuto speciale,  dall'art.  27
della legge n. 42 del 2009. 
III. Violazione del principio dell'equilibrio di bilancio inteso come
saldo non negativo (articoli 81,  primo  e  sesto  comma,  97,  primo
comma, e 119, primo comma, Cost., in combinazione con l'art. 9, comma
l, della legge n. 243 del 2012, come interpretato dalla  sentenza  n.
247 del 2017 della Corte costituzionale).  Violazione  del  giudicato
costituzionale (art. 136 Cost.). 
    La circolare,  con  le  limitazioni  recate  alla  disponibilita'
dell'avanzo  di  amministrazione  (pagina  11),  anche  nella   parte
vincolata  (allegato  2  e  sezione  C),   manifesta   una   volonta'
definitoria della nozione di equilibrio di bilancio (pagine 9  -  10)
che e' incompatibile con la nozione costituzionale di  equilibrio  di
bilancio, anche per come e' specificato dall'art. 9, comma  l,  della
legge rinforzata n. 243 del 2012, nel senso in cui tale  disposizione
e' stata intesa dalla sentenza n. 247 del 2017. 
    I "chiarimenti" somministrati dalla circolare sono  incompatibili
con il senso proprio dell'art.  9,  commi  1  e  1-bis,  della  legge
rinforzata n. 243 del 2012, come interpretati nella sentenza  n.  247
del 2017, in quanto  presuppongono  e  promuovono  proprio  l'esegesi
della disposizione esclusa, per  ragioni  di  ordine  costituzionale,
dalla Corte. 
    Le norme costituzionali di cui agli articoli 81,  primo  e  sesto
comma, 97, primo  comma,  e  119,  primo  comma,  Cost.,  prescrivono
infatti a  tutti  gli  enti  territoriali  di  mantenere  il  proprio
bilancio in equilibrio (l'art. 119, primo comma, Cost., e'  esplicito
nell'imporre a tali enti  di  garantire  «l'equilibrio  dei  relativi
bilanci»). 
    La legge rinforzata approvata ai sensi dell'art. 81, sesto comma,
Cost. e dell'art. 5  della  legge  cost.  1  del  2012  definisce  in
equilibrio i bilanci degli enti territoriali «quando, sia nella  fase
di previsione che di rendiconto, conseguono un saldo non negativo, in
termini di competenza, tra le entrate finali e le spese finali,  come
eventualmente modificato ai sensi dell'art. 10». 
    Nel momento  in  cui  il  bilancio  regionale  ha  un  saldo  non
negativo, lo Stato non ha alcun titolo per pretendere di sottrarre al
bilancio regionale, o di rendere comunque indisponibili,  determinate
poste, costringendo la Regione, sotto il pretesto  del  pareggio,  ad
approvare un bilancio che oggettivamente rimane in avanzo. 
    Si precisa la circolare e' illegittima  anche  in  riferimento  a
quanto sancito dalla legge rinforzata, e tale violazione di legge, ad
avviso  della  Regione,  e'  invocabile  nel  presente  giudizio  per
conflitto  di  attribuzione  sia  in  quanto  il  significato   della
disposizione  subcostituzionale  e'  determinato   da   una   esegesi
costituzionalmente orientata, sia perche' le norme della legge n. 243
del 202 - qualificata come legge «organica» dalla sentenza n. 61  del
2018 - fanno blocco con la legge  cost.  n.  1  del  2012  (cosi'  la
sentenza n. 88 del 2014), la quale a sua  volta  detta  principi  che
costituiscono una garanzia reciproca per tutti i livelli di governo e
che concorrono a strutturare l'autonomia finanziaria della Regione. 
    Palese e' altresi' la violazione del giudicato  costituzionale  e
quindi dell'art. 136 Cost., se solo si  considera  che  il  Ministero
dell'economia e  delle  finanze,  con  la  sua  Circolare,  ripropone
proprio l'interpretazione disattesa dalla sentenza n. 247 del 2017. 
    Ne' varrebbe replicare  che  l'interpretazione  squalificata  era
contenuta in una sentenza interpretativa di  rigetto  -  Infatti,  la
pronuncia e' stata resa in un giudizio promosso contro lo Stato,  che
dunque  era  anche  formalmente  parte  del  giudizio,  e   l'esegesi
prescritta  dallo  Stato  nell'atto  impugnato  e'  proprio   l'unica
preclusa  dal  «vincolo  negativo»  discendente  dalle  sentenze   di
rigetto. 
    Evidenti sono le ripercussioni di tali violazioni sulla  autonoma
finanziaria della Regione, garantita  dagli  artt.  48  e  ss.  dello
Statuto, se solo si considera  che  la  Circolare  viene  ad  inibire
scelte di  bilancio  che  nel  quadro  costituzionale  e  legislativo
sarebbero invece del tutto ammesse. 
IV. Violazione dei principi  di  veridicita'  e  di  trasparenza  del
bilancio (art. 81 Cost., artt. 7  e  25  dello  Statuto).  Violazione
della autonomia politica della Regione. 
    La Circolare, per i profili censurati, e' poi lesiva dei principi
di veridicita' e di trasparenza  dei  bilanci  e  di  responsabilita'
politica per gli stessi, implicito, oltre  che  nell'art.  81  Cost.,
nelle  norme  statutarie  che  riservano   al   Consiglio   regionale
l'approvazione dei bilanci (art. 7, per cui la Regione «provvede  con
legge: 1) all'approvazione dei bilanci di previsione e dei rendiconti
consuntivi»; art. 25, commi primo e  quarto,  per  cui  il  Consiglio
regionale, «approva il  bilancio  di  previsione  della  Regione»  ed
«esamina  ed  approva  il  conto   consuntivo   della   Regione   per
l'esercizio»). 
    Lo  Stato,  attraverso   l'atto   impugnato,   pretenderebbe   di
costringere l'organo rappresentativo  soggetto  ai  meccanismi  della
responsabilita' politica, ad approvare un  bilancio  non  trasparente
(perche' verrebbe ad occultare risorse regionali che pure esistono) e
non veritiero (perche'  presenta  in  pareggio  un  bilancio  che  e'
oggettivamente  in  attivo)  o  ad  approvare   un   rendiconto   che
rappresenta nel patrimonio della Regione elementi  attivi  (l'avanzo)
di cui l'ente, in realta', non potrebbe legittimamente disporre. 
    L'elettore  verrebbe  cosi'   privato   della   possibilita'   di
comprendere  l'effettivo  andamento  della  finanza  regionale  e  di
valutare corrispondentemente l'operato  degli  amministratori  e  dei
rappresentanti eletti. 
    Si deve nuovamente ricordare che codesta Corte costituzionale  ha
costantemente ribadito - da ultimo nella sentenza n. 49 del 2018 - il
principio secondo cui «la  trasparenza  dei  conti  risulta  elemento
indefettibile  per  avvicinare  in  senso  democratico  i   cittadini
all'attivita' dell'Amministrazione, in quanto consente di valutare in
modo obiettivo e informato lo svolgimento del mandato  elettorale,  e
per responsabilizzare  gli  amministratori,  essendo  necessariamente
servente al controllo retrospettivo dell'utilizzo dei fondi  pubblici
(sentenza n. 184 del 2016)». 
V. Violazione del principio di predeterminazione, di proporzionalita'
e  di  temporaneita'  delle  contribuzioni  richieste  alla   Regione
autonoma (artt. 3 e 119 Cost.; artt. 48 e 49 dello Statuto regionale;
art. 5 della legge cost. n. 1 del 2012, attuato  dall'art.  12  della
legge n. 243 del 2012). 
    La Circolare, in quanto impedisce l'impiego  dell'avanzo  se  non
nei limiti delle intese o dei patti di solidarieta',  sancendone,  in
alternativa, la sterilizzazione ai fini dell'equilibrio di  bilancio,
produce una contribuzione a carico del titolare dell'avanzo stesso in
favore delle esigenze della finanza pubblica allargata, in carenza di
accordo con la Regione e in assenza dei  presupposti  sostanziali  di
legittimita' di una tale contribuzione. 
    Per questo profilo  ci  si  limita  a  richiamare  quando  quanto
affermato da codesta Corte costituzionale nella sentenza n.  247  del
2017,  secondo  la  quale  il  difetto  della  piena   disponibilita'
dell'avanzo si configura come un contributo  ai  vincoli  di  finanza
pubblica privo dei necessari requisiti e presupposti tra i quali:  a)
la previa  quantificazione;  b)  la  proporzionalita'  rispetto  alle
condizioni  economico-finanziarie  dell'ente  assoggettato;   c)   il
puntuale collegamento alla manovra  di  finanza  pubblica  realizzata
dallo Stato; e privo altresi' del carattere della provvisorieta'. 
    La stessa sentenza precisa che i  requisiti  di  cui  sopra  sono
impliciti nel precetto di cui all'art. 5, comma 2, lettera c),  della
legge cost. n. 1 del 2012, il quale dispone che la legge  di  cui  al
comma l disciplina altresi': [ ... ] le modalita' attraverso le quali
i Comuni, le Province, le  Citta'  metropolitane,  le  Regioni  e  le
Province  autonome  di  Trento   e   di   Bolzano   concorrono   alla
sostenibilita'   del   debito   del   complesso    delle    pubbliche
amministrazioni». Tali modalita' sono appunto specificamente regolate
dall'art. 12 della legge n.  243  del  2012,  e  non  possono  essere
surrogate dalla strumentalizzazione di regole contabili. 
    VI. Violazione dei principi di eguaglianza e di ragionevolezza  e
dell'art. 97, primo e secondo comma, Cost. 
    La Circolare viola, inoltre, il principio di  ragionevolezza,  il
principio di eguaglianza e i principi stabiliti dall'art. 97, primo e
secondo comma, Cost. dal momento che essa, sterilizzando ai fini  del
pareggio l'avanzo  di  amministrazione,  produce  effetti  del  tutto
casuali, scorrelati da una vera e  propria  «capacita'  contributiva»
dell'ente ed anzi penalizzanti per le gestioni corrette e prudenti. 
    In tale prospettiva va ribadito che la presenza di un  avanzo  di
amministrazione non e'  un  fenomeno  patologico,  essendo  piuttosto
sintomatico di una gestione  virtuosa  e  quindi  di  buon  andamento
dell'amministrazione e che il risultato di amministrazione «e'  parte
integrante, anzi coefficiente necessario,  della  qualificazione  del
concetto di 'equilibrio dei bilanci'», ai sensi dell'art.  97,  primo
comma, Cost., come osservato nella sentenza n. 247 del 2017. 
    Tanto piu' che  -  come  ha  ricordato  ancora  codesta  Corte  -
l'equilibrio di  bilancio  e'  un  obiettivo  dinamico,  perche'  «la
materia finanziaria e' 'viva' e sottoposta a una  notevole  quantita'
di  variabili  che   non   consentono,   se   non   casualmente,   il
raggiungimento  e  il  mantenimento  di  una  situazione  stabile   e
definitiva». 
    Sicche'   la   possibilita'   di    utilizzo    dell'avanzo    di
amministrazione corrisponde ad una logica  di  prudenza  e  di  buona
amministrazione, tanto piu' che la stessa logica interna del  sistema
delineato dalla  legge  rinforzata  n.  243  del  2012  configura  il
pareggio di bilancio come un obiettivo  di  medio  termine  (art.  3,
comma 2: «l'equilibrio dei bilanci corrisponde all'obiettivo di medio
termine»). 
    Sotto altro profilo, l'irragionevolezza dell'atto impugnato e  la
sua contrarieta' al  principio  di  buon  andamento  risaltano  nella
pretesa dello Stato di convogliare obbligatoriamente (di  «smaltire»,
come dice la circolare a pagina 11) l'avanzo di  amministrazione  nei
patti territoriali, quando invece  tale  strumento  e'  assolutamente
idoneo, sotto il profilo quantitativo, ad  assorbire  l'avanzo  della
Regione e del sistema territoriale friulano e giuliano (si rinvia  ai
dati allegati supra, nella parte in Fatto), e quando la flessibilita'
in corso di gestione si limita a spostare in avanti l'avanzo. 
    Anche in questo caso e' evidente la ridondanza  della  violazione
sulla autonomia finanziaria della regione  garantita  dal  titolo  IV
dello Statuto (art. 48 e ss.), sotto il profilo  del  condizionamento
distorsivo delle scelte di bilancio. 
VII. Violazione dell'autonomia  finanziaria  dei  Comuni  (art.  119,
primo, secondo e sesto comma, Cost.) e del ruolo della Regione  quale
ente di governo dei comuni e della loro finanza. 
    Infine, la Circolare, che si applica anche ai  bilanci  comunali,
come risulta sia dai destinatari in  indirizzo,  sia  dal  testo  che
menziona sempre tutti gli enti territoriali, appare  violativa  anche
dell'autonomia finanziaria dei comuni (art.  119,  primo,  secondo  e
sesto comma, Cost.) e dei  principi  costituzionali  in  materia  dei
bilanci che valgono anche per gli enti territoriali minori, ai  sensi
dell'art. 97, primo comma, e 119, primo comma, Cost., e  dell'art.  5
della legge cost. n. 1 del 2012 e dell'art. 9 della legge n. 243  del
2012. 
    Valgono in proposito ragioni corrispondenti a quelle esposte  nei
precedenti motivo II (considerato l'effetto  sottrattivo  di  risorse
proprie dei comuni), motivo III (stante la torsione della nozione  di
equilibrio di bilancio, questa volta applicata ai comuni) e motivo IV
(in conseguenza delle distorsioni indotte nei bilanci  comunali,  non
piu' veridici, con i risvolti sulla  responsabilita'  politica  degli
organi rappresentativi dei comuni), ed  e'  irragionevole  anche  con
riguardo all'effetto sottrattivo e distorsivo che  essa  determina  a
carico dei bilanci comunali (per le considerazioni esposte nel motivo
VII). 
    La Regione ritiene  di  essere  legittimata  a  far  valere  tale
violazioni in ragione del  ruolo  e  delle  funzioni  di  governo  in
materia di finanza locale che ad essa competono in  esecuzione  delle
norme statutarie (artt. 4, comma 1-bis, 51 e 54)  e  delle  norme  di
attuazione dello Statuto. 
    Essa, infatti, ha competenza piena in materia di finanza  locale,
come e' confermato dall'art. 9  del  decreto  legislativo  2  gennaio
1997, n. 9, «Norme  di  attuazione  dello  statuto  speciale  per  la
regione Friuli-Venezia Giulia in materia di  ordinamento  degli  enti
locali e delle relative circoscrizioni», mente del quale «spetta alla
regione disciplinare la finanza locale, l'ordinamento  finanziario  e
contabile  e  contabile,  l  'amministrazione  del  patrimonio  e   i
contratti degli enti locali» (comma 1) e  «la  regione  finanzia  gli
enti locali con oneri a carico del proprio bilancio» (secondo comma),
salvo il finanziamento dei servizi indispensabili per le  materie  di
competenza statale ad essi delegate o attribuite, che rimane a carico
dello Stato nella misura determinata dalla legge statale. 
    La  stessa  finanza  comunale  e'  in  larga  parte  una  finanza
derivata, visto che l'art. 51, comma secondo, dello Statuto,  prevede
che «il gettito relativo a tributi propri  e  a  compartecipazioni  e
addizionali  su  tributi  erariali   che   le   leggi   dello   Stato
attribuiscano agli enti locali spetta alla  Regione  con  riferimento
agli  enti  locali  del  proprio  territorio,   ferma   restando   la
neutralita' finanziaria per il bilancio dello Stato», o comunque  una
finanza governata dalla  Regione,  considerato  che  il  terzo  comma
dell'art. 51 prevede che «qualora la legge  dello  Stato  attribuisca
agli enti locali la disciplina dei tributi o delle  compartecipazioni
di cui al secondo comma, spetta  alla  Regione  individuare  criteri,
modalita' e limiti di applicazione di  tale  disciplina  nel  proprio
territorio» e che il  quarto  comma  disciplina  ampli  poteri  della
Regione in materia di disciplina dei tributi locali. 
    E' evidente allora la diretta lesivita' della Circolare anche  in
relazione alle predette  attribuzioni  regionali  e  segnatamente  in
riferimento all'art. 9 del decreto legislativo n. 9 del 1997, perche'
essa esprima pretesa dello Stato di manipolare direttamente i bilanci
degli enti territoriali, sottraendo risorse  al  complessivo  sistema
territoriale e regionale e costringendo la  Regione  a  supplire  con
propri trasferimenti o con  interventi  sul  versante  delle  entrate
tributarie  dei  Comuni:  anche  qui,  dunque,  con  risvolti   sulla
autonomia finanziaria e sulle  scelte  politiche  di  bilancio  della
Regione.