Ricorso per conflitto di attribuzione della Regione Friuli-Venezia Giulia (cod. fisc. 80014930327), in persona del rappresentante legale pro tempore, il vice-presidente della regione Sergio Bolzonello (cod. fisc. BLZ SRG 60A14 G888O), autorizzato con deliberazione della giunta regionale di data 13 aprile 2018, n. 915 (doc. 1), rappresentata e difesa, congiuntamente e disgiuntamente, come da procura speciale in calce al presente atto, dall'avv. prof. Giandomenico Falcon (cod. fisc. FLCGDM 45C06 L736E) del Foro di Padova, con studio in Padova, via san Gregorio Barbarigo n. 4, tel. 049 660231, telefax per comunicazioni 049 8776503, PEC giandomenico.falcon@ordineavvocatipadova.it, e dall'avv. Ettore Volpe (cod. fisc. VLP TTR 57Ell L050S) dell'avvocatura della Regione Friuli-Venezia Giulia, telefax per comunicazioni 040 3772929, PEC ettore.volpe@certregione.fvg.it, con domicilio eletto presso l'ufficio di rappresentanza della regione, in piazza Colonna 355, Roma, Contro il Presidente del Consiglio di ministri, rappresentato e difeso ex lege dall'Avvocatura generale dello Stato, per la dichiarazione che non spetta allo Stato, e per esso al Ministero dell'economia e delle finanze, emanare la circolare del 5 del 2018, recante «Chiarimenti in materia di pareggio di bilancio per il triennio 2018-2020 per gli enti territoriali di cui all'art. l, commi 465 a 508, della legge 11 dicembre 2016, n. 232 (Legge di bilancio 2017), come modificata dalla legge 27 dicembre 2017, n. 205 (Legge di bilancio 2018)» (doc. 2), trasmessa alla Regione Friuli-Venezia Giulia mediante invio con posta elettronica certificata del 21 febbraio 2018 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale - Serie generale del 13 marzo 2018, n. 60 (alle pagine 67 e seguenti), nella parte in cui essa limita ai fini dell'equilibrio di bilancio la possibilita' di impiego dell'avanzo di amministrazione all'utilizzazione delle intese e dei patti di solidarieta' ovvero alla flessibilita' in corso di gestione, e nella parte in cui nelle indicazioni contenute nell'allegato 2 essa esclude l'avanzo vincolato di amministrazione dal prospetto di bilancio. E per il conseguente annullamento in parte qua della predetta circolare, per violazione degli articoli 3, 81, 97 primo e secondo comma, 119 primo, secondo e sesto comma, della Costituzione, anche in combinato disposto con l'art. 10 della legge cost. 18 ottobre 2001, n. 3, e dell'art. 136 della Costituzione, per violazione del giudicato costituzionale; dell'art. 5 della legge costituzionale 20 aprile 2012, n. 1, e degli articoli 9 e 12 della legge n. 243 del 2012, anche in relazione alla sentenza n. 247 del 2017; degli articoli 7, 25, 48, 49, 51, 52, 63 e 65 dello Statuto regionale, anche in riferimento al decreto legislativo 23 gennaio 1965, n. 114, al decreto legislativo 2 gennaio 1997, n. 8 e al decreto legislativo 31 luglio 2007, n. 137, e all'art. 9 del decreto legislativo 2 gennaio 1997, n. 9, del principio di predeterminazione, di proporzionalita' e di temporaneita' delle contribuzioni richieste alla Regione autonoma (articoli 3 e 119 Cost; articoli 48 e 49 Statuto regionale; art. 5 della legge cost. n. l del 2012), del principio di veridicita' e di trasparenza dei bilanci (art. 81 Cost. e articoli 7, 25 e 48 Statuto regionale), del principio di leale collaborazione (art. 120, secondo comma, Cost.) e del principio consensualistico (articoli 63 e 65 dello Statuto e art. 27 della legge 5 maggio 2009, n. 42). Fatto a) Il ricorso in via principale della Regione Friuli-Venezia Giulia n. 71/2016 R.R. e la sentenza n. 247 del 2017. Il presente ricorso trova il proprio fondamento e le proprie ragioni nel quadro normativo che la Regione Friuli-Venezia Giulia aveva contestato con il ricorso n. 71/2016 R.R. e che codesta ecc.ma Corte costituzionale ha chiarito con la sentenza n. 247 del 2017. In particolare, la regione aveva impugnato le limitazioni all'utilizzo dell'avanzo di amministrazione, oltre che quelle all'impiego del fondo pluriennale vincolato, poste dall'art. l, comma l, lettera b), della legge n. 164 del 2016, modificativo dell'art. 9 della legge rinforzata n. 243 del 2012. La disposizione impugnata, infatti, elencando in modo apparentemente esaustivo i titoli di entrata e di uscita finali rilevanti ai fini dell'equilibrio di bilancio e non menzionando in tale elencazione ne' l'avanzo di amministrazione, ne' il fondo pluriennale vincolato, poteva essere intesa in modo che ne sarebbe derivata una surrettizia sottrazione alla regione di tali poste di bilancio, rese indisponibili dalle norme sul pareggio di bilancio. Questa esegesi della disposizione trovava conferma, per quanto riguarda l'avanzo di amministrazione, nelle norme sui patti di solidarieta' contenute nell'art. 2, comma l, lettera a), della legge n. 164 del 2016, le quali prevedono uno specifico meccanismo per l'utilizzo dell'avanzo di esercizio, che passa per l'approvazione di patti di solidarieta' territoriali, nell'ambito dei quali sono acquisiti gli spazi finanziari che consentono di impiegare l'avanzo. Tuttavia, la sentenza n. 247 del 2017, pur rilevando che l'interpretazione denunciata dalla regione trovava supporto nella «oscura formulazione della norma», ha affermato che tale esegesi e' da scartare in quanto contrastante con i parametri invocati nel ricorso e ha precisato l'interpretazione corretta della disposizione, in forza della quale «l'avanzo di amministrazione rimane nella disponibilita' dell'ente che lo realizza». La sentenza e' netta nell'affermare la «lettura conforme a Costituzione delle norme contestate, secondo cui gli enti territoriali in avanzo di amministrazione hanno la mera facolta' - e non l'obbligo - di mettere a disposizione delle politiche regionali di investimento una parte o l'intero avanzo», con le ulteriori precisazioni che e' «nella piena disponibilita' dell'ente titolare dell'avanzo partecipare o meno alle intese in ambito regionale»; che «solo in caso di libero esercizio di tale opzione l'ente puo' destinare l'avanzo all'incremento degli spazi finanziari regionali»; che «ove, viceversa, tale opzione solidaristica non sia ritenuta utile dall'ente titolare dell'avanzo, in capo allo stesso permane la disponibilita' del suo impiego». b) La circolare ministeriale n. 5 del 2018 e l'oggetto del conflitto. E' dunque con sorpresa che la ricorrente regione ha constatato che in senso difforme si esprime il Ministero dell'economia e delle finanze nella circolare indicata in epigrafe e qui impugnata, recante, a firma del Ragioniere generale dello Stato, «Chiarimenti in materia di pareggio di bilancio per il triennio 2018-2020» destinati agli enti territoriali, e quindi anche alla Regione autonoma Friuli-Venezia Giulia. La Circolare rappresenta il primo atto con cui lo Stato fornisce indicazioni operative agli enti territoriali e agli organi di controllo (organi di revisione economico-finanziaria, Corte dei conti) sulla applicazione dell'art. 9 della legge n. 243 del 2012, «Disposizioni per l'attuazione del principio del pareggio di bilancio ai sensi dell'art. 81, sesto comma, della Costituzione», dopo l'interpretazione della predetta disposizione della legge rinforzata fornita da codesta Corte costituzionale con la sentenza n. 247 del 20l7, di cui si e' detto sopra. La circolare impugnata dichiara di conoscere e richiama tale sentenza, ma ad essa mostra rispetto soltanto a parole, fornendo, ad avviso della ricorrente Regione, indicazioni che si pongono in contrasto con quanto in essa statuito, in quanto la Circolare indica come unici mezzi attraverso i quali l'ente potrebbe utilizzare l'avanzo di amministrazione da un lato l'istituto della flessibilita' in corso di gestione, regolato dall'art. l, comma 468, della legge n. 232 del 2016, come modificato dall'art. l, comma 785, della legge n. 205 del 2017, dall'altro l'istituto delle intese regionali e dei patti di solidarieta'. Infatti, secondo la circolare (v. in particolare pagina 9), ai fini della determinazione del saldo non negativo tra entrate finali e spese finali, valido per la verifica del rispetto dell'obiettivo di finanza pubblica, le entrate finali e le spese finali sono quelle di cui allo schema di bilancio previsto dal decreto legislativo n. 118 del 2001, in materia di armonizzazione dei sistemi contabili, ascrivibili ai seguenti titoli: Entrate finali: 1 - Entrate correnti di natura tributaria, contributiva e perequativa; 2 - Trasferimenti correnti; 3 - Entrate extratributarie; 4 - Entrate in c/capitale; 5 - Entrate da riduzione di attivita' finanziarie; Spese finali: l - Spese correnti; 2 - Spese in c/capitale; 3 - Spese per incremento di attivita' finanziarie. Per contro, non sarebbe utilizzabile l'avanzo di amministrazione accertato nel rendiconto, il quale - secondo la Circolare - dovrebbe trovare il suo impiego, alternativamente, attraverso la flessibilita' in corso di gestione oppure attraverso le intese territoriali e i patti di solidarieta' nazionale. A pagina 11, poi, la circolare sostiene che «gli strumenti previsti dal legislatore (intese regionali e patti di solidarieta' - nazionale) e la maggiore flessibilita' in corso di gestione introdotta dal comma 785 dell'art. l della legge n. 205 del 2017, che modifica il comma 468 dell'art. l della legge n. 232 del 2016, rappresentino un efficace mezzo di utilizzo e progressivo smaltimento - dell'avanzo di amministrazione da parte degli enti territoriali, in linea con le interpretazioni della Corte costituzionale espresse nella richiamata sentenza n. 247 del 2017». L'indicazione di tali istituti compensativi quali mezzi esclusivi per l'utilizzo dell'avanzo di amministrazione, e dunque l'irrilevanza di tale posta ai fini dell'equilibrio di bilancio, e' infine confermata dall'allegato 2, contenente il prospetto di redazione del bilancio preventivo, il quale non lascia spazio alcuno alla indicazione degli avanzi di amministrazione. Ora, se in fase di preventivo l'esclusione dell'avanzo libero di amministrazione e' coerente con il divieto di spese senza copertura certa, che impedisce l'iscrizione in bilancio dell'avanzo presunto, tale impedimento non riguarda l'avanzo vincolato, il quale, essendo applicabile al bilancio seppur in via presunta, dovrebbe risultare rilevante anche ai fini del pareggio, contrariamente a quanto si deduce dal prospetto di cui all'allegato 2: al quale e' dunque estesa la presente impugnazione. In questo modo, l'atto impugnato manifesta in modo inequivoco ed innovativo la volonta' dello Stato di non riconoscere - a tutti gli effetti, compresi quelli sanzionatori - come bilancio in equilibrio, ai sensi dell'art. 9, comma l, della legge n. 243 del 2012, il bilancio della Regione che abbia impiegato l'avanzo di amministrazione esposto nel rendiconto oltre i limiti consentiti dagli istituti della flessibilita' in corso di gestione e dalle intese o patti di solidarieta'. c) L'inidoneita' degli istituti compensativi a far salva la legittimita' della interpretazione dell'art. 9 della legge n. 243 del 2012 fatta propria dalla circolare. Le affermazioni contenute nella sentenza n. 247 del 2017, riportate sopra, dimostrano, anzitutto, che il ricorso agli istituti previsti dall'art. 10 della legge n. 243 del 2012 (intese con gli enti territoriali della regione; patto di solidarieta' nazionale orizzontale con altre regioni o verticale, con lo Stato) rimane una opzione libera e quindi non puo' diventare una modalita' obbligatoria per l'impiego dell'avanzo di amministrazione. In secondo luogo, il necessario ricorso ai predetti istituti implica che la facolta' dell'ente di impiegare l'avanzo di amministrazione rimane eventuale e incerta, perche' viene a dipendere dalle dinamiche della gestione finanziaria degli enti territoriali e dalla loro disponibilita' a cedere degli spazi finanziari, nell'ambito della complessa procedura ora regolata dall'art. 10 della legge n. 243 del 2012 e dal decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 21 febbraio 2017, n. 21 (recante «Regolamento recante criteri e modalita' di attuazione dell'art. 10, comma 5, della legge 24 dicembre 2012, n. 243, in materia di ricorso all'indebitamento da parte delle regioni e degli enti locali, ivi incluse le modalita' attuative del potere sostitutivo dello Stato, in caso di inerzia o ritardo da parte delle regioni e delle province autonome di Trento e di Bolzano dallo Stato»). Infine, il meccanismo delle intese e dei patti di solidarieta' nazionale appare, per la Friuli-Venezia Giulia comunque insufficiente sul piano quantitativo. In chiusura dell'esercizio 2016, l'avanzo complessivo degli enti situati nel territorio regionale cui si applica il decreto legislativo 23 giugno 2011, n. 118, ammontava a circa 1.800 milioni di euro, con un avanzo della regione accertato in 1.127.715.698,47 euro, come risulta dall'art. 6 della legge regionale 4 agosto 2017, n. 30. Per contro, gli spazi finanziari disponibili nel territorio, approssimativamente stimati in misura corrispondente alle spese di titolo IV della spesa (rimborso prestiti), non superano circa 253 milioni di euro, pari dunque ad 1/7 del fabbisogno necessario ad applicare l'avanzo a disposizione. Sul versante nazionale, l'art. l, comma 495, della legge n. 232 del 2016 prevede l'assegnazione alle regioni di spazi finanziari nell'ambito dei patti di cui all'art. 10, comma 4 della legge n. 243 del 2012 nel limite complessivo di 500 milioni annui, e dunque in misura largamente inferiore alle necessita' regionali e comunque dipendente da una scelta politica del legislatore nazionale, che verrebbe a comprimere l'autonomia finanziaria della regione, impedendo a questa di disporre di risorse proprie. Quanto alla flessibilita' in corso di gestione finanziaria, introdotta dall'art. 1, comma 785, della legge n. 205 del 2017 (che abrogando l'ultimo periodo dell'art. l, comma 468 della legge n. 232 del 2016, ha eliminato l'obbligo a carico degli enti territoriali di dimostrare il rispetto dei vincoli derivanti dalla legge n. 243 del 2012 quando adottino atti di variazione del bilancio iniziale di esercizio), va rilevato che esso consente alla Regione e ai suoi enti locali di dimostrare l'equilibrio di bilancio solo a previsione e a rendiconto, senza che rilevino le risultanze di gestione intermedie. Cio' fa si' che l'ente che, nel corso dell'esercizio, intenda iscrivere e impegnare l'avanzo potra' ben farlo, anche qualora con cio' renda negativo il saldo calcolato sugli stanziamenti previsionali. Sennonche', per rispettare i vincoli finanziari a consuntivo, lo stesso ente dovra' comprimere (cioe' dovra' non impegnare) la spesa rilevante ai fini del pareggio per un importo pari all'avanzo iscritto e impegnato, e dovra' reperire altrove copertura. Tale ultima compressione obbligata della spesa (che, tra l'altro, concorre a generare ulteriore avanzo rinviando all'esercizio successivo il medesimo problema) dimostra che, nonostante la maggiore flessibilita', nell'ambito dell'esercizio si verifica in ogni caso un surrettizio contributo alla finanza pubblica, e che, in ogni caso, tale strumento non e' idoneo a "smaltire" l'avanzo, al contrario di quanto ipotizza il Ministero nell'atto impugnato. Cio' premesso, la circolare impugnata risulta lesiva delle prerogative costituzionali della ricorrente Regione per le seguenti ragioni di Diritto I. Ammissibilita' e tono costituzionale del presente conflitto. La Regione Friuli-Venezia Giulia ritiene che il presente conflitto ex articoli 134, primo alinea, Cost., e 39 della legge n. 87 del 1957, sia ammissibile, in quanto e' rivolto contro un atto con il quale lo Stato, attraverso i criteri di redazione del bilancio somministrati dal Ministero dell'economia e delle finanze, pretende di porre limiti alla autonomia finanziaria della Regione, che trova fondamento e garanzia nelle norme dello Statuto speciale e della Costituzione. In particolare, l'atto impugnato pretende di sottrarre alla Regione (e agli enti territoriali del sistema regionale) la disponibilita' della quota delle proprie risorse rappresentata dall'avanzo di amministrazione esposto nel rendiconto. La Regione non contesta, ovviamente, la necessita' di armonizzazione del proprio bilancio, e del resto lo stesso art. 48 dello Statuto stabilisce che la finanza propria della Regione e' «coordinata con quella dello Stato, in armonia con i principi della solidarieta' nazionale», nei modi stabiliti dallo Statuto stesso. La ricorrente si duole, invece, del fatto che la funzione di armonizzazione dei bilanci e degli enti territoriali sia stata esercitata dallo Stato, e per esso dal Ministero della economia e delle finanze, in violazione delle norme statutarie e costituzionali che conformano l'autonomia finanziaria e di bilancio della Regione e in lesione dei principi costituzionali sui bilanci pubblici, come declinati dalla stessa legge rinforzata che da' attuazione alla legge cost. n. l del 2012. In particolare, la Regione Friuli-Venezia Giulia osserva che la circolare contestata, nel confrontarsi con la sentenza n. 247 del 2017 di codesta Corte costituzionale, viene a dare una attuazione dell'art. 9 della legge n. 243 del 2012 del tutto incompatibile con l'interpretazione della disposizione della legge rinforzata esposta nella predetta sentenza «nei sensi di cui in motivazione», e dunque direttamente incompatibile con le norme statutarie e costituzionali che hanno determinato la lettura correttiva della norma legislativa a suo tempo impugnata dalla Regione, oltre che in lesione del giudicato costituzionale. In altri termini, il Ministero delle finanze non soltanto assume ma anche prescrive agli enti territoriali una interpretazione della disposizione che ad avviso della Regione e' incostituzionale per violazione di norme protettive - direttamente o indirettamente - della autonomia dell'ente regionale: autonomia che non e' solo l'autonomia finanziaria, ma che e' anche l'autonomia politica, giacche' nelle scelte di bilancio si manifestano decisioni fondamentali di indirizzo politico e di controllo, tant'e' che lo Statuto affida al Consiglio regionale l'approvazione, con legge, dei bilanci di previsione e dei rendiconti consuntivi (art. 7 e art. 25, commi primo e quarto). Prescrivendo tale interpretazione, la Circolare esterna altresi' la volonta' dello Stato di considerare non in equilibrio il bilancio regionale e degli enti locali che utilizzeranno l'avanzo di amministrazione in forme diverse da quelle indicate dalla circolare stessa (patti territoriali e flessibilita' in corso di gestione: v. pagina 11), e anticipa l'attivazione delle sanzioni previste a carico degli enti che non osservano il vincolo 8 del saldo non negativo cosi' inteso, condizionando in questo modo l'esercizio delle potesta' regionali in materia di bilancio. Sussiste dunque pienamente il "tono costituzionale" del conflitto, sia in relazione alle violazioni denunciate, che implicano la lesione di parametri costituzionali e statutari o di norme legislative che fanno corpo con quelle costituzionali, sia in relazione alle funzioni regionali incise dall'atto impugnato, che coinvolgono il potere della Giunta di predisporre bilanci e rendiconti ed il potere del Consiglio regionale di approvare tali atti, nonche' il complessivo ruolo di governo della finanza locale riconosciuto alla Regione dallo Statuto e dalle sue norme di attuazione (in relazione alla applicazione della circolare agli enti locali della Regione). Come esposto in narrativa, la circolare impugnata viene a riproporre, in via amministrativa e in diretta violazione del giudicato costituzionale (art. 136 Cost.), esattamente quella norma che: (i) e' stata denunciata dalla Regione nel suo ricorso contro l'art. l, comma l, lett. b), primo periodo, della legge n. 164 del 2016, nella parte in cui, introducendo il nuovo comma l-bis nell'art. 9 della legge n. 243 del 2012, al primo periodo del comma escludesse l'utilizzo del saldo di amministrazione ai fini dell'equilibrio di bilancio; (ii) e' stata implicitamente ritenuta costituzionalmente illegittima da codesta Corte costituzionale nella sentenza n. 247 del 2017; (iii) non e' comunque resa legittima dall'introduzione del correttivo della flessibilita' in fase di gestione, cui fa riferimento la circolare a pagina 11, correttivo che si limita a spostare a fine periodo l'effetto sottrattivo. Per tale ragione la Regione non puo' che riformulare, contro l'interpretazione propugnata dallo Stato e in relazione alla parti di circolare che la esprimono, le proprie censure svolte nel ricorso n. 71/2016 R.R., appuntandole contro l'atto che tale interpretazione cerca di imporre in via amministrativa, ma fin d'ora eccependo, in via incidentale, l'illegittimita' costituzionale dell'art. 9, comma l-bis, della legge n. 243 del 2012, qualora nella prassi applicativa si consolidasse l'esegesi disapprovata da codesta Corte nella sentenza interpretativa di rigetto. II. Violazione della autonomia finanziaria della Regione e del principio dell'accordo in materia finanziaria. La circolare, dopo aver confermato che «anche le autonomie speciali sono tenute a garantire, dall'esercizio 2016, l'equilibrio tra entrate finali e spese finali in termini di competenza ai sensi dell'art. 9 della legge 24 dicembre 2012, n. 243» (pagina 7) e specificato che «le regioni Trentino-Alto Adige e Friuli-Venezia Giulia, nonche' le Province autonome di Trento e di Bolzano, sono state assoggettate al doppio vincolo di finanza pubblica [patto di stabilita' interno e pareggio di bilancio fino all'anno 2017» e che «a decorrere dall'anno 2018, anche per i suddetti enti ad autonomia differenziata viene meno il vincolo del patto di stabilita' interno e trova integrale applicazione la disciplina del pareggio di bilancio» (pagina 8), precisa, nella Sezione B, quali sono le entrate finali e le spese finali, indicandone analiticamente i titoli di cui allo schema di bilancio previsto dal decreto legislativo n. 118 del 2011 (pagina 9). L'atto impugnato conferma la possibilita' di considerare il Fondo pluriennale vincolato, nei termini di cui al paragrafo B, mentre con riferimento alla mancata inclusione dell'avanzo di amministrazione tra le entrate finali valide ai fini del saldo ricorda che la sentenza n. 247 del 2017 ha dichiarato infondata la relativa questione, in quanto l'interpretazione della norma non puo' che essere quella secondo cui l'avanzo di amministrazione rimane nella disponibilita' dell'ente che lo realizza (pagina 10 della circolare). A questo punto, pero', la Circolare conclude affermando che «gli strumenti previsti dal legislatore (intese regionali e patti di solidarieta' nazionale) e la maggiore flessibilita' in corso di gestione introdotta al comma 785 dell'articolo l della legge n. 205 del 2017, che modifica il comma 468 dell'articolo l della legge n. 232 del 2016, rappresentino un efficace mezzo di utilizzo - e progressivo smaltimento - dell'avanzo di amministrazione da parte degli enti territoriali, in linea con le interpretazioni della Corte costituzionale espresse nella richiamata sentenza n. 247 del 2017». Tale passaggio evidenzia la pretesa dello Stato di imporre gli istituti compensativi dei patti territoriali e della flessibilita' in corso di gestione quali unici mezzi di utilizzo e di smaltimento dell'avanzo di amministrazione. Questa pretesa e' confermata dalla elencazione delle voci nel prospetto di cm all'allegato 2, relativo al bilancio di previsione, illustrato nella sezione C della circolare, il quale non contempla l'avanzo vincolato di amministrazione. La stessa sezione C non menziona mai detto avanzo, e ribadisce che e' in equilibrio solo il bilancio che evidenzi un saldo non negativo tra entrate finali e spese finali composte secondo i titoli elencati. La sterilizzazione, ai fini dell'equilibrio di bilancio, dell'avanzo di amministrazione accertato ed esposto nei rendiconti determina un effetto sostanziale di sottrazione di risorse regionali, analoga alla introduzione di una riserva all'erario o di un accantonamento di entrata a valere sulle quote di tributi erariali di spettanza regionale. Tale effetto, che la circolare pretende di determinare orientando l'attivita' degli organi di controllo, di certificazione e l'attivita' sanzionatoria (come risulta, rispettivamente dalle sezioni D, E, e F), e' lesivo della autonomia finanziaria della Regione, e viola le norme contenute nel Titolo IV della legge cost. n. 1 del 1963, in particolare l'art. 48, che costruisce la finanza dell'ente come una finanza propria della Regione («La Regione ha una propria finanza, coordinata con quella dello Stato, in armonia con i principi della solidarieta' nazionale, nei modi stabiliti dagli articoli seguenti»); l'art. 49, che attribuisce alla Regione quote dei tributi erariali; l'art. 51, che individua le altre entrate della Regione; dell'art. 63, ultimo comma, dello statuto speciale, che consente modifiche alle norme predette solo con il procedimento negoziato ivi previsto. Violate sono anche le corrispondenti norme sull'autonomia finanziaria e patrimoniale della Regione contenute nell'art. 119, primo, secondo e sesto comma, Cost., invocato anche in combinazione con l'art. 10 della legge cost. n. 3 del 2001, ove piu' favorevole. Considerando poi l'effetto sostanziale "sottrattivo" sopra descritto, risulta violato anche il principio dell'accordo, in applicazione del metodo pattizio che regola i rapporti finanziari tra lo Stato e il Friuli-Venezia Giulia, principio sotteso agli articoli 63 (gia' richiamato) e 65 (in tema di procedura negoziata per l'approvazione delle norme di attuazione) dello statuto, nonche' alle norme di attuazione contenute nel decreto del Presidente della Repubblica 23 gennaio 1965, n. 114 (Norme di attuazione dello statuto speciale della Regione Friuli-Venezia Giulia in materia di finanza regionale), nel decreto legislativo 2 gennaio 1997, n. 8 (Norme di attuazione dello statuto speciale per la regione Friuli-Venezia Giulia recanti modifiche ed integrazioni al decreto del Presidente della Repubblica 23 gennaio 1965, n. 114, concernente la finanza regionale); nel decreto legislativo 31 luglio 2007, n. 137 (Norme di attuazione dello statuto speciale della regione autonoma Friuli-Venezia Giulia in materia di finanza regionale), e ribadito, con riferimento a tutte le Regioni a statuto speciale, dall'art. 27 della legge n. 42 del 2009. III. Violazione del principio dell'equilibrio di bilancio inteso come saldo non negativo (articoli 81, primo e sesto comma, 97, primo comma, e 119, primo comma, Cost., in combinazione con l'art. 9, comma l, della legge n. 243 del 2012, come interpretato dalla sentenza n. 247 del 2017 della Corte costituzionale). Violazione del giudicato costituzionale (art. 136 Cost.). La circolare, con le limitazioni recate alla disponibilita' dell'avanzo di amministrazione (pagina 11), anche nella parte vincolata (allegato 2 e sezione C), manifesta una volonta' definitoria della nozione di equilibrio di bilancio (pagine 9 - 10) che e' incompatibile con la nozione costituzionale di equilibrio di bilancio, anche per come e' specificato dall'art. 9, comma l, della legge rinforzata n. 243 del 2012, nel senso in cui tale disposizione e' stata intesa dalla sentenza n. 247 del 2017. I "chiarimenti" somministrati dalla circolare sono incompatibili con il senso proprio dell'art. 9, commi 1 e 1-bis, della legge rinforzata n. 243 del 2012, come interpretati nella sentenza n. 247 del 2017, in quanto presuppongono e promuovono proprio l'esegesi della disposizione esclusa, per ragioni di ordine costituzionale, dalla Corte. Le norme costituzionali di cui agli articoli 81, primo e sesto comma, 97, primo comma, e 119, primo comma, Cost., prescrivono infatti a tutti gli enti territoriali di mantenere il proprio bilancio in equilibrio (l'art. 119, primo comma, Cost., e' esplicito nell'imporre a tali enti di garantire «l'equilibrio dei relativi bilanci»). La legge rinforzata approvata ai sensi dell'art. 81, sesto comma, Cost. e dell'art. 5 della legge cost. 1 del 2012 definisce in equilibrio i bilanci degli enti territoriali «quando, sia nella fase di previsione che di rendiconto, conseguono un saldo non negativo, in termini di competenza, tra le entrate finali e le spese finali, come eventualmente modificato ai sensi dell'art. 10». Nel momento in cui il bilancio regionale ha un saldo non negativo, lo Stato non ha alcun titolo per pretendere di sottrarre al bilancio regionale, o di rendere comunque indisponibili, determinate poste, costringendo la Regione, sotto il pretesto del pareggio, ad approvare un bilancio che oggettivamente rimane in avanzo. Si precisa la circolare e' illegittima anche in riferimento a quanto sancito dalla legge rinforzata, e tale violazione di legge, ad avviso della Regione, e' invocabile nel presente giudizio per conflitto di attribuzione sia in quanto il significato della disposizione subcostituzionale e' determinato da una esegesi costituzionalmente orientata, sia perche' le norme della legge n. 243 del 202 - qualificata come legge «organica» dalla sentenza n. 61 del 2018 - fanno blocco con la legge cost. n. 1 del 2012 (cosi' la sentenza n. 88 del 2014), la quale a sua volta detta principi che costituiscono una garanzia reciproca per tutti i livelli di governo e che concorrono a strutturare l'autonomia finanziaria della Regione. Palese e' altresi' la violazione del giudicato costituzionale e quindi dell'art. 136 Cost., se solo si considera che il Ministero dell'economia e delle finanze, con la sua Circolare, ripropone proprio l'interpretazione disattesa dalla sentenza n. 247 del 2017. Ne' varrebbe replicare che l'interpretazione squalificata era contenuta in una sentenza interpretativa di rigetto - Infatti, la pronuncia e' stata resa in un giudizio promosso contro lo Stato, che dunque era anche formalmente parte del giudizio, e l'esegesi prescritta dallo Stato nell'atto impugnato e' proprio l'unica preclusa dal «vincolo negativo» discendente dalle sentenze di rigetto. Evidenti sono le ripercussioni di tali violazioni sulla autonoma finanziaria della Regione, garantita dagli artt. 48 e ss. dello Statuto, se solo si considera che la Circolare viene ad inibire scelte di bilancio che nel quadro costituzionale e legislativo sarebbero invece del tutto ammesse. IV. Violazione dei principi di veridicita' e di trasparenza del bilancio (art. 81 Cost., artt. 7 e 25 dello Statuto). Violazione della autonomia politica della Regione. La Circolare, per i profili censurati, e' poi lesiva dei principi di veridicita' e di trasparenza dei bilanci e di responsabilita' politica per gli stessi, implicito, oltre che nell'art. 81 Cost., nelle norme statutarie che riservano al Consiglio regionale l'approvazione dei bilanci (art. 7, per cui la Regione «provvede con legge: 1) all'approvazione dei bilanci di previsione e dei rendiconti consuntivi»; art. 25, commi primo e quarto, per cui il Consiglio regionale, «approva il bilancio di previsione della Regione» ed «esamina ed approva il conto consuntivo della Regione per l'esercizio»). Lo Stato, attraverso l'atto impugnato, pretenderebbe di costringere l'organo rappresentativo soggetto ai meccanismi della responsabilita' politica, ad approvare un bilancio non trasparente (perche' verrebbe ad occultare risorse regionali che pure esistono) e non veritiero (perche' presenta in pareggio un bilancio che e' oggettivamente in attivo) o ad approvare un rendiconto che rappresenta nel patrimonio della Regione elementi attivi (l'avanzo) di cui l'ente, in realta', non potrebbe legittimamente disporre. L'elettore verrebbe cosi' privato della possibilita' di comprendere l'effettivo andamento della finanza regionale e di valutare corrispondentemente l'operato degli amministratori e dei rappresentanti eletti. Si deve nuovamente ricordare che codesta Corte costituzionale ha costantemente ribadito - da ultimo nella sentenza n. 49 del 2018 - il principio secondo cui «la trasparenza dei conti risulta elemento indefettibile per avvicinare in senso democratico i cittadini all'attivita' dell'Amministrazione, in quanto consente di valutare in modo obiettivo e informato lo svolgimento del mandato elettorale, e per responsabilizzare gli amministratori, essendo necessariamente servente al controllo retrospettivo dell'utilizzo dei fondi pubblici (sentenza n. 184 del 2016)». V. Violazione del principio di predeterminazione, di proporzionalita' e di temporaneita' delle contribuzioni richieste alla Regione autonoma (artt. 3 e 119 Cost.; artt. 48 e 49 dello Statuto regionale; art. 5 della legge cost. n. 1 del 2012, attuato dall'art. 12 della legge n. 243 del 2012). La Circolare, in quanto impedisce l'impiego dell'avanzo se non nei limiti delle intese o dei patti di solidarieta', sancendone, in alternativa, la sterilizzazione ai fini dell'equilibrio di bilancio, produce una contribuzione a carico del titolare dell'avanzo stesso in favore delle esigenze della finanza pubblica allargata, in carenza di accordo con la Regione e in assenza dei presupposti sostanziali di legittimita' di una tale contribuzione. Per questo profilo ci si limita a richiamare quando quanto affermato da codesta Corte costituzionale nella sentenza n. 247 del 2017, secondo la quale il difetto della piena disponibilita' dell'avanzo si configura come un contributo ai vincoli di finanza pubblica privo dei necessari requisiti e presupposti tra i quali: a) la previa quantificazione; b) la proporzionalita' rispetto alle condizioni economico-finanziarie dell'ente assoggettato; c) il puntuale collegamento alla manovra di finanza pubblica realizzata dallo Stato; e privo altresi' del carattere della provvisorieta'. La stessa sentenza precisa che i requisiti di cui sopra sono impliciti nel precetto di cui all'art. 5, comma 2, lettera c), della legge cost. n. 1 del 2012, il quale dispone che la legge di cui al comma l disciplina altresi': [ ... ] le modalita' attraverso le quali i Comuni, le Province, le Citta' metropolitane, le Regioni e le Province autonome di Trento e di Bolzano concorrono alla sostenibilita' del debito del complesso delle pubbliche amministrazioni». Tali modalita' sono appunto specificamente regolate dall'art. 12 della legge n. 243 del 2012, e non possono essere surrogate dalla strumentalizzazione di regole contabili. VI. Violazione dei principi di eguaglianza e di ragionevolezza e dell'art. 97, primo e secondo comma, Cost. La Circolare viola, inoltre, il principio di ragionevolezza, il principio di eguaglianza e i principi stabiliti dall'art. 97, primo e secondo comma, Cost. dal momento che essa, sterilizzando ai fini del pareggio l'avanzo di amministrazione, produce effetti del tutto casuali, scorrelati da una vera e propria «capacita' contributiva» dell'ente ed anzi penalizzanti per le gestioni corrette e prudenti. In tale prospettiva va ribadito che la presenza di un avanzo di amministrazione non e' un fenomeno patologico, essendo piuttosto sintomatico di una gestione virtuosa e quindi di buon andamento dell'amministrazione e che il risultato di amministrazione «e' parte integrante, anzi coefficiente necessario, della qualificazione del concetto di 'equilibrio dei bilanci'», ai sensi dell'art. 97, primo comma, Cost., come osservato nella sentenza n. 247 del 2017. Tanto piu' che - come ha ricordato ancora codesta Corte - l'equilibrio di bilancio e' un obiettivo dinamico, perche' «la materia finanziaria e' 'viva' e sottoposta a una notevole quantita' di variabili che non consentono, se non casualmente, il raggiungimento e il mantenimento di una situazione stabile e definitiva». Sicche' la possibilita' di utilizzo dell'avanzo di amministrazione corrisponde ad una logica di prudenza e di buona amministrazione, tanto piu' che la stessa logica interna del sistema delineato dalla legge rinforzata n. 243 del 2012 configura il pareggio di bilancio come un obiettivo di medio termine (art. 3, comma 2: «l'equilibrio dei bilanci corrisponde all'obiettivo di medio termine»). Sotto altro profilo, l'irragionevolezza dell'atto impugnato e la sua contrarieta' al principio di buon andamento risaltano nella pretesa dello Stato di convogliare obbligatoriamente (di «smaltire», come dice la circolare a pagina 11) l'avanzo di amministrazione nei patti territoriali, quando invece tale strumento e' assolutamente idoneo, sotto il profilo quantitativo, ad assorbire l'avanzo della Regione e del sistema territoriale friulano e giuliano (si rinvia ai dati allegati supra, nella parte in Fatto), e quando la flessibilita' in corso di gestione si limita a spostare in avanti l'avanzo. Anche in questo caso e' evidente la ridondanza della violazione sulla autonomia finanziaria della regione garantita dal titolo IV dello Statuto (art. 48 e ss.), sotto il profilo del condizionamento distorsivo delle scelte di bilancio. VII. Violazione dell'autonomia finanziaria dei Comuni (art. 119, primo, secondo e sesto comma, Cost.) e del ruolo della Regione quale ente di governo dei comuni e della loro finanza. Infine, la Circolare, che si applica anche ai bilanci comunali, come risulta sia dai destinatari in indirizzo, sia dal testo che menziona sempre tutti gli enti territoriali, appare violativa anche dell'autonomia finanziaria dei comuni (art. 119, primo, secondo e sesto comma, Cost.) e dei principi costituzionali in materia dei bilanci che valgono anche per gli enti territoriali minori, ai sensi dell'art. 97, primo comma, e 119, primo comma, Cost., e dell'art. 5 della legge cost. n. 1 del 2012 e dell'art. 9 della legge n. 243 del 2012. Valgono in proposito ragioni corrispondenti a quelle esposte nei precedenti motivo II (considerato l'effetto sottrattivo di risorse proprie dei comuni), motivo III (stante la torsione della nozione di equilibrio di bilancio, questa volta applicata ai comuni) e motivo IV (in conseguenza delle distorsioni indotte nei bilanci comunali, non piu' veridici, con i risvolti sulla responsabilita' politica degli organi rappresentativi dei comuni), ed e' irragionevole anche con riguardo all'effetto sottrattivo e distorsivo che essa determina a carico dei bilanci comunali (per le considerazioni esposte nel motivo VII). La Regione ritiene di essere legittimata a far valere tale violazioni in ragione del ruolo e delle funzioni di governo in materia di finanza locale che ad essa competono in esecuzione delle norme statutarie (artt. 4, comma 1-bis, 51 e 54) e delle norme di attuazione dello Statuto. Essa, infatti, ha competenza piena in materia di finanza locale, come e' confermato dall'art. 9 del decreto legislativo 2 gennaio 1997, n. 9, «Norme di attuazione dello statuto speciale per la regione Friuli-Venezia Giulia in materia di ordinamento degli enti locali e delle relative circoscrizioni», mente del quale «spetta alla regione disciplinare la finanza locale, l'ordinamento finanziario e contabile e contabile, l 'amministrazione del patrimonio e i contratti degli enti locali» (comma 1) e «la regione finanzia gli enti locali con oneri a carico del proprio bilancio» (secondo comma), salvo il finanziamento dei servizi indispensabili per le materie di competenza statale ad essi delegate o attribuite, che rimane a carico dello Stato nella misura determinata dalla legge statale. La stessa finanza comunale e' in larga parte una finanza derivata, visto che l'art. 51, comma secondo, dello Statuto, prevede che «il gettito relativo a tributi propri e a compartecipazioni e addizionali su tributi erariali che le leggi dello Stato attribuiscano agli enti locali spetta alla Regione con riferimento agli enti locali del proprio territorio, ferma restando la neutralita' finanziaria per il bilancio dello Stato», o comunque una finanza governata dalla Regione, considerato che il terzo comma dell'art. 51 prevede che «qualora la legge dello Stato attribuisca agli enti locali la disciplina dei tributi o delle compartecipazioni di cui al secondo comma, spetta alla Regione individuare criteri, modalita' e limiti di applicazione di tale disciplina nel proprio territorio» e che il quarto comma disciplina ampli poteri della Regione in materia di disciplina dei tributi locali. E' evidente allora la diretta lesivita' della Circolare anche in relazione alle predette attribuzioni regionali e segnatamente in riferimento all'art. 9 del decreto legislativo n. 9 del 1997, perche' essa esprima pretesa dello Stato di manipolare direttamente i bilanci degli enti territoriali, sottraendo risorse al complessivo sistema territoriale e regionale e costringendo la Regione a supplire con propri trasferimenti o con interventi sul versante delle entrate tributarie dei Comuni: anche qui, dunque, con risvolti sulla autonomia finanziaria e sulle scelte politiche di bilancio della Regione.