TRIBUNALE ORDINARIO DI VERONA (Terza Sezione civile) Il giudice dott. Massimo Vaccari ha pronunciato la seguente ordinanza nella causa di appello tra Girardi Pubblicita' Group S.r.l. con l'avv. Ruffo Riccardo; Contro Comune di Verona con gli avvocati Michelon Giovanni e Squadroni Fulvia a scioglimento della riserva assunta all'udienza del 16 gennaio 2018; 1. Iter del giudizio e assunti delle parti in causa Girardi Pubblicita' Group S.r.l. ha proposto appello avverso la sentenza del Giudice di Pace di Verona del 15 settembre 2016, che aveva rigettato la sua opposizione avverso tre distinti verbali con i quali le era stata contestata la violazione dell'art. 23, comma 12, decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285 (Nuovo codice della strada), per aver collocato, in data 11 marzo 2016, tre cartelloni pubblicitari perpendicolarmente al senso di marcia, e quindi in difformita' quanto stabilito nei relativi provvedimenti autorizzativi, nelle posizioni pl 19 e pl 5-7 di viale del Lavoro e nella posizione pl 4-6 di viale dei caduti del lavoro a Verona e le era stata comminata la sanzione del pagamento di euro 1.388,15 per ciascuna violazione. A sostegno della domanda di integrale riforma della sentenza impugnata la ricorrente ha dedotto i seguenti motivi di appello: - Erroneita' della decisione di primo grado laddove aveva disatteso la doglianza, svolta in primo grado, della inesistenza della notifica dei verbali, in quanto effettuata dal dipendente di una societa' privata, la Solori Spa, in violazione del disposto dell'art. 201, comma 3, C.d.S; - Omessa considerazione da parte del giudice di prime cure, della doglianza relativa alla inesistenza dei verbali di contestazione, in quanto privi del contrassegno di cui all'art. 23, comma 5, decreto legislativo n. 82/05 e della menzione del fatto che il documento informatico era conservato presso la PA (art. 3-bis, comma 4, stessa legge); - Omessa considerazione da parte del giudice di prime cure, della doglianza relativa alla violazione e falsa applicazione dell'art. 23, comma 12, del decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285, poiche' nelle autorizzazioni al collocamento dei cartelli non vi era riferimento all'orientamento del messaggio pubblicitario, cosicche' avrebbe dovuto essere contestato l'illecito di cui all'art. 23, comma 11, decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285 decreto legislativo di inosservanza della autorizzazione; - Omessa considerazione da parte del giudice di prime cure, della doglianza relativa alla assenza dell'elemento soggettivo poiche' i cartelloni erano stati posizionati temporaneamente e la loro posizione avrebbe potuto essere corretta facilmente nell'ambito del processo produttivo standardizzato seguito dalla ricorrente; - Omessa considerazione da parte del giudice di prime cure, della doglianza relativa alla mancata indicazione nei verbali della societa' ricorrente come obbligata solidale; - Omessa considerazione da parte del giudice di prime cure, della doglianza relativa alla illegittimita' costituzionale del contestato art. 23, comma 12, decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285 per violazione degli articoli 3 e 97 Cost., atteso che tale norma sanziona in modo piu' grave chi installa una cartello pubblicitario senza nessuna autorizzazione rispetto a chi lo installa autorizzato, ma non rispetta alcune prescrizioni anche secondarie; - Omessa considerazione da parte del giudice di prime cure, della doglianza relativa alla mancata applicazione del disposto dell'art. 198 decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285 sul cumulo giuridico delle sanzioni essendo configurabile una ipotesi di concorso formale di illeciti. Il Comune di Verona si e' costituito in giudizio assumendo l'infondatezza dell'appello e chiedendone il rigetto. Cio' detto con riguardo all'iter del giudizio e agli assunti delle parti va rilevata l'infondatezza dei primi cinque motivi di appello. 2. Sulla doglianza di inesistenza della notifica dei verbali impugnati Nel caso di specie la notifica e' avvenuta, a mezzo posta, da parte di Rosa Caldarelli che pacificamente e' messo notificatore della Soloris. Orbene, un'ampia parte della giurisprudenza (Tar Toscana 3962/06, decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285 4906/03) ha ammesso la possibilita' per la PA di affidare la notificazione di verbali a soggetti terzi, con facolta' di avvalersi di messi notificatori. E' stato infatti affermato che: «Deve ritenersi legittima la deliberazione avente ad oggetto l'affidamento del servizio di notificazione dei verbali di violazione del codice della strada ad un soggetto privato che ponga a disposizione dell'amministrazione, per l'espletamento delle relative funzioni, personale destinato ad essere investito delle funzioni pubbliche tipiche della specifica figura professionale, considerato che l'espressione "messi comunali" indicata dalla disposizione contenuta nell'art. 201 del decreto legislativo n. 285 del 1992 (cui fa espresso rinvio il precedente art. 12), non puo' leggersi nel senso di un soggetto assunto in un rapporto di lavoro dipendente dal comune con la qualifica di messo comunale, o, quanto meno con l'attribuzione delle funzioni proprie, bensi' nel differente e piu' corretto significato di soggetto investito delle funzioni di notificazione, specificamente dal comune, vuoi come dipendente dell'amministrazione locale, vuoi anche come soggetto che svolge autonomamente le funzioni per le quali e' stato nominato, vuoi anche quale soggetto messo a disposizione del comune da altro operatore al quale, legittimamente, sia stato affidato il servizio, purche' le funzioni siano attribuite direttamente ed immediatamente dal comune». 3. Sulla prospettata violazione del Codice dell'Amministrazione Digitale Anche tale assunto va disatteso. Non risulta infatti che verbali notificati alla ricorrente e da essa prodotti siano copie analogiche di un documento informatico. Al contrario si tratta di verbali redatti con sistema meccanizzato o di elaborazione dati, come prevede al D.P.R. 16 dicembre 1992, n. 495, art. 385, comma 3 - regolamento di esecuzione e di attuazione del nuovo decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285 - e notificati con il modulo prestampato recante la intestazione dell'ufficio interessato. Come ha avuto modo di chiarire la Suprema Corte (Cass. n. 532/2010 e n. 17546/2003): «in tal caso il modulo prestampato notificato al trasgressore, pur recando unicamente l'intestazione dell'ufficio o comando cui appartiene il verbalizzante, e' parificato per legge in tutto e per tutto al secondo originale o alla copia autenticata del verbale ed e', al pari di questi, assistito da fede privilegiata». 4. Sulla prospettata violazione dell'art. 23, comma 12, decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285 L'assunto attoreo e' smentito dalla documentazione versata in causa. Infatti le autorizzazioni rilasciate dal comune prevedevano che i cartelli dovessero essere posizionati parallelamente al senso di marcia dei veicoli (cfr. pagg. 1 di tali provvedimenti prodotti sub 4 dalla appellante). Risulta pertanto corretta la contestazione della violazione dell'art. 23, comma 12, decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285. 5. Sulla prospettata violazione dell'art. 3, legge n. 689/81 Per la configurabilita' della responsabilita' da illecito amministrativo e' sufficiente la coscienza e volonta' dell'azione ed esse sono presunte, spettando al trasgressore dimostrare il contrario (Cass. 15580/2006). Nel caso di specie peraltro dal documento n. 4 dell'appellante emerge che gia' prima degli illeciti per cui e' causa le era stato segnalato dal Comune l'illegittimita' della collocazione obliqua dei cartelloni rispetto al senso di marcia dei veicoli e da cio' puo' desumersi la consapevolezza della illegittimita' della condotta. 6. Sulla prospettata violazione degli articoli 2 e 6, legge n. 689/81 Sul punto, a smentita dell'assunto attoreo, e' sufficiente osservare che nei verbali opposti la Girardi Pubblicita' e' stata qualificata indicata "obbligato" e non come trasgressore. 7. La questione di legittimita' costituzionale Una volta esclusa la fondatezza dei motivi di appello diretti ad ottenere l'annullamento delle sanzioni comminate all'appellante occorre esaminare i due riguardanti la loro quantificazione. Il primo di essi impone di valutare la prospettata questione di legittimita' costituzionale della norma sanzionatoria che e' stata applicata nel caso di specie, ovvero l'art. 23, comma 12, decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285. Si noti che analoga questione e' stata gia' valutata e dichiarata manifestamente inammissibile dalla Corte costituzionale con l'ordinanza n. 9/2014 sulla scorta del triplice rilievo che nella ordinanza di rimessione: non era stato individuato il tertium comparationis; non era stata effettuata una ricostruzione del quadro normativo di riferimento, dal quale sarebbero emerse altre norme sanzionatorie, da valutarsi, come quelle di cui all'art. 23, commi 7 e 13-bis, decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285; non era stata considerata la possibilita' di un concorso formale tra gli illeciti amministrativi di cui agli art. 23, commi 1 e 11, e art. 25, commi 1 e 5, che determina un incremento del trattamento sanzionatorio per l'ipotesi del collocamento di cartello pubblicitario senza autorizzazione. Orbene, pur tenendo conto di tali rilievi, la questione, ad avviso di questo giudice, risulta non manifestamente infondata e merita quindi di essere riproposta nei termini che seguono. La norma in esame, che e' stata introdotta dall'art. 36, comma 10-bis, della legge 15 luglio 2011, n. 111, di conversione del decreto-legge n. 98/2011, ha elevato sensibilmente la sanzione pecuniaria per l'ipotesi di inosservanza delle prescrizioni contenute nelle autorizzazioni previste dall'art. 23. Infatti, mentre nel regime previgente essa variava da euro 159,00 a euro 639,00 con la predetta modifica il minimo edittale e' stato portato ad euro 1.388,00 ed il massimo ad euro 13.876 (tali importi in seguito sono stati elevati rispettivamente ad euro 1.389,00 ed euro 13.890). In tal modo il trattamento sanzionatorio e' risultato sensibilmente maggiore rispetto a quello previsto per l'ipotesi, invero piu' grave, di cui al combinato disposto dei commi 6 e 11, del medesimo art. 23, della installazione di un cartello pubblicitario senza autorizzazione o senza osservare le prescrizioni di cui alle norme regolamentari. La sanzione per essa infatti, all'epoca dei fatti per cui e' causa, era compresa tra un minimo di euro 422,00 ed un massimo di euro 1.695,00. La scelta operata con l'intervento sopra citata appare irragionevole, e quindi in contrasto con il parametro dell'art. 3 Cost., in primo luogo poiche' sottopone ad un trattamento sanzionatorio piu' severo un'ipotesi di illecito oggettivamente meno grave di quelle previste dai citati commi 6 e 11 dell'art. 23, contraddicendo cosi' anche la valutazione di minor disvalore della prima che aveva determinato l'originaria formulazione della norma. Questa infatti prevedeva per la posa di un cartello in difformita' delle prescrizioni di cui all'autorizzazione una pena pari alla meta' di quella fissata per la posa di un cartello senza autorizzazione. Sotto altro punto di vista la modifica in esame contravviene in maniera evidente ai criteri di adeguatezza e proporzionalita' che devono ispirare l'individuazione delle sanzioni amministrative e finisce anche per vanificare la finalita' perseguita dal legislatore di sottoporre ad apposito provvedimento autorizzativo la pubblicita' in prossimita' delle strade, in considerazione della sua incidenza sulla sicurezza stradale. E' evidente infatti che una simile disciplina puo' favorire condotte totalmente abusive poiche' esse, se non sono accompagnate da ulteriori e successive, come subito si vedra', espongono ad un pregiudizio economico contenuto e comunque di molto inferiore a quello conseguente ad una inosservanza anche minima del provvedimento autorizzativo. Tali conclusioni risultano viepiu' confermate dalla ricostruzione del quadro normativo complessivo, che e' stata giustamente raccomandata dalla Corte nella ordinanza n. 9/2014. Infatti l'art. 23, comma 13-bis, decreto legislativo n. 285/1992 prevede una sanzione pecuniaria piu' elevata sia nel minimo che nel massimo di quella di cui al comma 12 per due ipotesi particolari, che non vengono in rilievo nel caso di specie e che non sono nemmeno raffrontabili con quella contestata alla Girardi Pubblicita'. Una infatti e' quella della violazione del comma 7, ovvero la pubblicita' «lungo e in vista degli itinerari internazionali, delle autostrade e delle strade extraurbane principali e relativi accessi» che pertanto non puo' mai essere autorizzata. La seconda fattispecie e' quella della violazione delle prescrizioni, di cui allo stesso comma 13-bis, dirette ad assicurare la rimozione dei cartelli abusivi o difformi a quanto previsto dal comma 1, che siano stati collocati su proprieta' privata. Vi possono essere sussunte, ad esempio, le seguenti condotte: l'omessa diffida, da parte dell'ente proprietario della strada, all'autore della violazione e al proprietario o al possessore del suolo privato a rimuovere il mezzo pubblicitario; la mancata o tardiva o illegale rimozione del mezzo pubblicitario, dopo la diffida, da parte dell'ente proprietario della strada o dell'autore della violazione o del proprietario o del possessore del suolo privato; la mancata custodia del mezzo pubblicitario rimosso da parte dell'ente proprietario della strada; l'impedire agli organi di polizia stradale l'accesso al suolo privato. Orbene, come si puo' notare si tratta di illeciti, per lo piu' omissivi, che possono essere commessi anche da soggetti diversi da colui che ha collocato il mezzo pubblicitario in difetto di autorizzazione cosicche' non sono raffrontabili con quello per cui e' causa ne' sotto il profilo soggettivo ne' sotto quello oggettivo. Qualora invece ne fosse autore anche chi ha collocato il mezzo pubblicitario egli dovrebbe rispondere di due distinti illeciti e per lui la sanzione di cui al comma 13-bis si cumulerebbe a quella prevista dal comma 11. Nemmeno l'esame del disposto dell'art. 25, comma 5, del decreto legislativo n. 285/1992, che sanziona l'occupazione abusiva di suolo stradale con una pena pecuniaria che va da € 848,00 a € 3.393,00, consente di superare i profili di irragionevolezza della norma sanzionatoria di cui di discute. Infatti anche qualora ricorresse il presupposto per la sua applicazione, ovvero quello della collocazione del mezzo pubblicitario non autorizzato sulla sede stradale e non su una proprieta' privata, si avrebbe un concorso formale di illeciti che determinerebbe una sanzione variabile da euro 1.270,00 ad euro e 5.088,00, e quindi comunque inferiore a quella prevista dall'art. 23, comma 11, del decreto legislativo n. 285/1992. Peraltro proprio il raffronto tra i succitati commi 5 e 6 dello stesso art. 25 rende viepiu' ingiustificata e ingiustificabile la scelta compiuta dal legislatore con la modifica del comma 12, dell'art. 23. Da esso si desume infatti che la sanzione pecuniaria individuata per l'attivita' svolta in difformita' delle prescrizioni del titolo autorizzativo e' inferiore a quella stabilita per l'attivita' svolta in mancanza del titolo autorizzativo. E' opportuno peraltro evidenziare che nel codice della strada si rinvengono anche altre norme che si ispirano al medesimo criterio. Si pensi a titolo di esempio: - all'art. 10, riguardante i veicoli eccezionali e trasporti in condizioni di eccezionalita' che, al comma 18 prevede che «Chiunque, senza avere ottenuto l'autorizzazione, ovvero violando anche una sola delle condizioni stabilite nell'autorizzazione relativamente ai percorsi prestabiliti, fatta esclusione di brevi tratte non prevedibili e funzionali alla consegna delle merci, su o tra percorsi gia' autorizzati, ai periodi temporali, all'obbligo di scorta tecnica, nonche' superando anche uno solo dei limiti massimi dimensionali o di massa indicati nell'autorizzazione medesima, esegua uno dei trasporti eccezionali di cui ai commi 2, 3 o 7, ovvero circoli con uno dei veicoli eccezionali di cui al comma 1, e' soggetto alla sanzione amministrativa del pagamento di una somma da euro 779 a euro 3.143» e al successivo comma, che «Chiunque esegua trasporti eccezionali o in condizioni di eccezionalita', ovvero circoli con un veicolo eccezionale senza osservare le prescrizioni stabilite nell'autorizzazione e soggetto alla sanzione amministrativa del pagamento di una somma da euro 156 a euro 628»; - all'art. 70, regolante il servizio di piazza con veicoli a trazione animale o con slitte che, al comma 4, stabilisce che «Chiunque destina vetture a trazione animale o slitte a servizio pubblico o di piazza senza avere ottenuto la relativa licenza e' soggetto alla sanzione amministrativa del pagamento di una somma da euro 85,00 ad euro 338,00» e, in quello successivo, che: «Nel caso in cui la licenza sia stata ottenuta, ma non ne sono osservate le condizioni, la sanzione e' del pagamento di una somma da euro 41,00 a euro 169,00»; - all'art. 110, sulla immatricolazione, carta di circolazione e certificato di idoneita' tecnica alla circolazione delle macchine agricole, il cui sesto comma stabilisce che: «Chiunque circola su strada con una macchina agricola per la quale non e' stata rilasciata la carta di circolazione; ovvero il certificato di idoneita' tecnica alla circolazione, e' soggetto alla sanzione amministrativa del pagamento di una somma da euro 169 a euro 680» e che, al successivo comma, prevede che: «Chiunque circola su strada con una macchina agricola non osservando le prescrizioni contenute nella carta di circolazione ovvero nel certificato di idoneita' tecnica, e' soggetto alla sanzione amministrativa del pagamento di una somma da euro 85 a euro 338»; - all'art. 188, relativo alla circolazione e sosta dei veicoli al servizio di persone invalide, che al comma 4, prevede che: «Chiunque usufruisce delle strutture di cui al comma 1, senza avere l'autorizzazione prescritta dal comma 2 o ne faccia uso improprio, e' soggetto alla sanzione amministrativa del pagamento di una somma da euro 85 a euro 338» e, al comma successivo, che: «Chiunque usa delle strutture di cui al comma 1, pur avendone diritto, ma non osservando le condizioni ed i limiti indicati nell'autorizzazione prescritta dal comma 2 e' soggetto alla sanzione amministrativa del pagamento di una somma da euro 41 a euro 169». Si noti come tutte le norme succitate prevedano, per l'inosservanza della prescrizioni contenute nella autorizzazione, una sanzione di ammontare pari a circa la meta' di quella prevista per lo svolgimento di una attivita' soggetta ad autorizzazione, in difetto di questa. Risulta quindi evidente l'incongruenza, rispetto a tale comune criterio di commisurazione della sanzione per l'attivita' difforme dalla autorizzazione, di quello sottostante all'art. 23, comma 12, decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 28.