UFFICIO DEL GIUDICE DI PACE DI PISA Il Giudice di pace di Pisa, avv. Flavio Ceccarini ha pronunciato la seguente ordinanza, nella causa civile iscritta al n. 3117/2017 R.G., promossa da: Pesci Carlo (codice fiscale PSC CRL 69S28 E625I), residente in Collesalvetti (Livorno), via Borsellino n. 12, in proprio e quale titolare della ditta Toscoagrigarden di Carlo Pesci (codice fiscale 01070160492), con sede in Pisa, fraz. Ospedaletto, via Giuncheta n. 2, rappresentato e difeso dagli avvocati Angelo Forni e Andrea Leoncini, come da procura in atti, ed elettivamente domiciliata presso lo studio del secondo in Pontedera (Pisa), piazza Andrea da Pontedera n. 7, ricorrente; Contro Ministero politiche agricole e forestali - Dipartimento dell'Ispettorato centrale della tutela della qualita' e della repressione delle frodi dei prodotti agroalimentari - Ufficio Toscana e Umbria, rappresentata e difesa dal funzionario agrario dott.ssa Anna F. Ragone, come da delega in atti, resistente; Oggetto: opposizione a ordinanza ingiunzione. 1) In fatto Con ricorso depositato in data 1° dicembre 2017 Pesci Carlo, in proprio e quale titolare della ditta Toscoagrigarden di Pesci Carlo, proponeva opposizione all'ordinanza-ingiunzione n. 2017/335 emessa dal Ministero politiche agricole e forestali - Dipartimento dell'Ispettorato centrale della tutela della qualita' e della repressione delle frodi dei prodotti agroalimentari; direttore dell'Ufficio Toscana e Umbria, prot. n. 0022277 del 15 settembre 2017, notificata in data 3 novembre 2017, con la quale veniva ingiunto il pagamento della somma di € 4.116,00 (di cui € 4.000,00 a titolo di sanzione ed € 116,00 per spese di procedimento, notifica e analisi), in relazione alla contestazione di infrazione amministrativa prot. n. 7944 del 16 giugno 2015 e rapporto prot. 6778 del 12 aprile 1016 redatto ai sensi dell'art. 17, legge n. 689/1981 dal dirigente del Laboratorio ICQRF di Perugia, dal quale risultava che il sig. Pesci Carlo, in proprio e quale titolare della ditta Toscoagrigarden di Pesci Carlo, aveva commesso la violazione descritta dall'art. 14 della legge n. 1097/1071 e dall'art. 12 e allegato VI del decreto del Presidente della Repubblica n. 1065/1973, per avere immesso in commercio sementi di erba medica varieta' «Bella Campagnola» con indice di germinabilita' pari al 64%, inferiore al limite di legge (80%) (analisi effettuata su una partita di kg 25 in sacco chiuso). Parte ricorrente deduceva l'illegittimita' dell'ordinanza impugnata per i seguenti motivi variamente articolati: 1) nullita' dell'ordinanza per violazione del principio del contraddittorio; 2) irregolarita' nella esecuzione delle analisi; 3) illegittimita' costituzionale della norma sanzionatoria di cui all'art. 33, comma 1, legge n. 1096/1971, come modificata dall'art. 3 della legge n. 4/2011. Si e' costituito in giudizio il Ministero politiche agricole e forestali - Dipartimento dell'Ispettorato centrale della tutela della qualita' e della repressione delle frodi dei prodotti agroalimentari - Ufficio d'Area di Pisa, deducendo la piena correttezza dell'accertamento e la legittimita' dell'ordinanza impugnata. La causa e' stata trattenuta in riserva in relazione alla sollevata questione di legittimita' costituzionale. 2) In diritto A) Questione di legittimita' costituzionale - non manifesta fondatezza infondatezza. L'art. 33, comma 1, della legge n. 25 novembre 1971, n. 1096 - Disciplina dell'attivita' sementiera (Gazzetta Ufficiale 22 dicembre 1971, n. 322), cosi' come modificata dall'art. 3 della legge n. 4/2011, dispone che «salvo che il fatto costituisca reato, a chiunque vende, pone in vendita o mette altrimenti in commercio prodotti sementieri non rispondenti ai requisiti stabiliti, o non rispondenti a quelli indicati sulla merce, o pone in vendita miscugli in casi non consentiti ovvero pone in commercio prodotti importati in confezioni non originali o riconfezionati senza l'osservanza delle disposizioni di cui agli ultimi tre commi dell'art. 17, si applica la sanzione amministrativa consistente nel pagamento di una somma stabilita in misura proporzionale di euro 40 per ogni quintale o frazione di quintale di prodotti sementieri e comunque per un importo non inferiore a euro 4.000»; parte ricorrente ha sollevato questione incidentale di legittimita' costituzionale della norma prevista dall'art. 33, comma 1, della legge n. 25 novembre 1971, n. 1096 - Disciplina dell'attivita' sementiera (Gazzetta Ufficiale 22 dicembre 1971, n. 322), come modificata dall'art. 3 della legge n. 4/2011, nella parte in cui prevede una sanzione amministrativa minima di € 4.000,00, per violazione dei principi desumibili dagli articoli 3, 97 e 27, comma 2, della Costituzione, sia singolarmente considerati, sia nel loro combinato disposto, principi di uguaglianza, parita' di trattamento, ragionevolezza in generale e dell'azione amministrativa in particolare, nonche' della funzione rieducativa del trattamento sanzionatorio. Al riguardo occorre innanzitutto considerare che la conformazione dell'illecito amministrativo ai principi sopra richiamati e' tipizzata dal legislatore nell'art. 11 della legge n. 689/1981, ove dispone che «nella determinazione della sanzione amministrativa pecuniaria fissata dalla legge tra un limite minimo ed un limite massimo e nell'applicazione delle sanzioni accessorie facoltative, si ha riguardo alla gravita' della violazione, all'opera svolta dall'agente per la eliminazione o attenuazione delle conseguenze della violazione, nonche' alla personalita' dello stesso e alle sue condizioni economiche». Cio' premesso deve essere rilevato che la norma di cui all'art. 33, comma 1, della legge n. 25 novembre 1971, n. 1096, come modificata dall'art. 3 della legge n. 4/2011, nella parte in cui prevede una sanzione amministrativa di € 40,00 per ogni quintale o frazione di quintale di prodotto, con un importo minimo comunque non inferiore a € 4.000,00, importo corrispondente a 100 quintali di prodotto, appare non compatibile con i criteri costituzionali di adeguatezza, proporzionalita' ed anche di ragionevolezza, risultando di fatto tale sanzione scollegata dal dato quantitativo in una percentuale assolutamente non indifferente di casi. La norma prevede infatti una sanzione minima pari ad un importo equivalente a 100 volte la sanzione prevista per l'unita' quantitativa minima di commisurazione, e cioe' sanzione minima di € 4.000,00 a fronte dell'importo di € 40,00 a quintale (nel caso di specie, la sanzione e' stata disposta per 25 kg di prodotto). La modifica legislativa introdotta ha di fatto reso non piu' operativa, per un gran quantita' di casi, la possibilita' di graduazione della sanzione sulla base della quantita' di sementi, rendendola sostanzialmente una sanzione fissa (fatte salve le ipotesi di violazioni macroscopiche, superiori a 100 quintali di sementi), che puo' finire per colpire situazione di fatto non equiparabili per gravita'; la sanzione di € 4.000,00 trova infatti applicazione in eguale misura ed in maniera fissa a tutte le violazioni rilevate per quantitativi di seme che vanno da 1 grammo a 100 quintali, divenendo, per contro operativa la possibilita' di graduazione della sanzione soltanto per le condotte di commercializzazione di quantitativi di seme superiori ai 100 quintali. Appare pertanto sussistere una violazione del principio di uguaglianza di cui all'art. 3 della Costituzione, caratterizzata da un irragionevole contrasto tra il fine della norma sanzionatoria (graduazione sulla base della quantita' di prodotto) e la sua realta' sostanziale (identita' di azione per le fattispecie da 1 grammo a 100 quintali di prodotto). Sotto il primo aspetto (divieto di trattare in maniera analoga situazioni difformi) appare evidente la lesione del principio laddove viene applicata la stessa sanzione per condotte la cui lesivita' nei confronti del medesimo bene giuridico ha gradi di intensita' non comparabili: la violazione su 100 quintali di prodotto viene infatti sottoposta alla stessa sanzione per la violazione su 25 kg, come nel caso di specie. Sotto il profilo della ragionevolezza appare una manifesta contraddittorieta' della norma rispetto al fine perseguito; se la ratio deve infatti essere di parametrare la sanzione alla gravita' della violazione, da calcolarsi matematicamente su base quantitativa, tale ratio risulta palesemente contraddetta dalla previsione di una sanzione fissa pari a 100 volte quella prevista per il quantitativo minimo contemplato, ed e' pertanto irragionevole, tanto piu' che la sua afflittivita' finisce per essere maggiore per le ipotesi di minor gravita' (ad esempio per 25 kg di prodotto) rispetto ad ipotesi di gravita' ben maggiore ma comunque rientranti nel minimo previsto (fino a 100 quintali la sanzione e' la stessa). Un ulteriore profilo di incostituzionalita' si manifesta nella violazione dell'art. 27, comma 3, della Costituzione, il quale stabilisce il principio della finalita' di rieducazione della pena (principio applicabile anche alle sanzioni amministrative), e cio' in quanto nel caso di specie finisce paradossalmente per essere piu' conveniente una violazione macroscopica della norma rispetto ad una violazione minima; se il principio della deterrenza e della effettivita' puo', infatti, legittimare la fissazione di un importo sanzionatorio minimo che sfugga al principio di proporzionalita', per contro tale esigenza non e' sufficiente a giustificare l'introduzione di una sanzione minima pari a 100 volte quella proporzionale, poiche' tale scelta legislativa di fatto appare stravolgere integralmente l'impianto sanzionatorio della norma, finendo per sovvertire il meccanismo proporzionale stesso. Da tutto cio' emerge anche una violazione dell'art. 97 della Costituzione nella parte in cui sancisce il principio di ragionevolezza nell'attivita' amministrativa. Alla luce delle considerazioni sopra svolte la norma prevista dall'art. 33, comma 1, della legge n. 25 novembre 1971, n. 1096 - Disciplina dell'attivita' sementiera (Gazzetta Ufficiale 22 dicembre 1971, n. 322), come modificata dall'art. 3 della legge n. 4/2011, nella parte in cui prevede una sanzione amministrativa minima di € 4.000,00, appare in contrasto con i principi desumibili dagli articoli 3, 97 e 27, comma 2, della Costituzione, sia singolarmente considerati, sia nel loro combinato disposto. 3) B) Questione di legittimita' costituzionale - rilevanza. La questione di legittimita' costituzionale sopra dedotta risulta pacificamente rilevante nella fattispecie oggetto del presente giudizio, che concerne una sanzione comminata per un quantitativo di seme pari a 25 kg che sconta la medesima sanzione che sarebbe stata applicabile ove si fosse trattato di 100 quintali, ovvero un quantitativo 400 volte superiore. 4) C) Questione di legittimita' costituzionale - impossibilita' di una interpretazione adeguatrice. La norma richiamata per la sua formulazione, laddove prevede un importo minimo della sanzione, al di sotto del quale non e' possibile scendere, e cio' anche in virtu' dei principi generali in materia di sanzioni amministrative che non prevedono la possibilita' per il giudice di scendere sotto il minimo edittale, rende impossibile qualunque interpretazione adeguatrice della legge tale da renderla conforme ai principi costituzionali.