Ricorso ex art.  127  Cost.  del  Presidente  del  Consiglio  dei
ministri pro tempore, rappresentato e difeso dall'Avvocatura Generale
dello  Stato  (codice  fiscale  80224030587),  presso  i  cui  uffici
domicilia in Roma, Via dei Portoghesi n.  12,  Fax  06-96514000  pec:
ags.rm.@mailcert.avvocaturastato.it 
    Contro la Regione Lazio, in  persona  del  Presidente  in  carica
della giunta regionale, con sede in via Rosa Raimondi  Garibaldi,  n.
7, 00145 Roma. 
    Per la declaratoria  della  illegittimita'  costituzionale  della
legge della Regione Lazio n. 25 del 25 novembre 2019, pubblicata  sul
BUR n. 95 del 26 novembre 2019, recante: «Disposizioni in materia  di
tutela della salute sessuale e  della  fertilita'  maschile»,  giusta
deliberazione del Consiglio dei Ministri  assunta  nella  seduta  del
giorno 17 gennaio 2020. 
    La legge della Regione Lazio n. 25 del 25 novembre 2019,  recante
«Disposizioni in materia di tutela  delta  salute  sessuale  e  della
fertilita'   maschile»,   presenta    profili    di    illegittimita'
costituzionale per violazione dell'art. 120, secondo  comma,  e  117,
terzo comma, della Costituzione; 
    Si osserva al riguardo quanto segue. 
    Il legislatore regionale,  con  la  pur  pregevole  finalita'  di
implementare  interventi  di  promozione   della   conoscenza   delle
principali malattie uro-andrologiche, anche allo scopo di  agevolarne
la  prevenzione  e  la  diagnosi  precoce,  nonche'  di  favorire  il
miglioramento delle cure, introduce con legge  in  epigrafe  indicata
una nuova voce di spesa in ambito sanitario, per il 2020 e  il  2021,
pari a 50.000 euro annui. 
    Piu' in particolare la legge in esame,  che  si  compone  di  sei
articoli, si prefigge, all'art. 1, di promuovere la diffusione  della
conoscenza  delle  principali  malattie  uro-andrologiche  attraverso
campagne di informazione e prevenzione nelle scuole. 
    A tale scopo  e'  prevista,  all'art.  2,  sia  l'individuazione,
presso  le   aziende   sanitarie   locali,   di   unita'   funzionali
multidisciplinari  integrate  finalizzate  alla   prevenzione,   alla
diagnosi  e  alla  cura   delle   patologie   uro-andrologiche,   sia
l'individuazione di un centro di riferimento regionale dedicato. 
    All'art. 3 sono poi previsti, nel rispetto della normativa  sulla
privacy, la raccolta e il monitoraggio attraverso il Dipartimento  di
epidemiologia del servizio sanitario regionale (DEP) Lazio  dei  dati
ai  fini  della  rilevazione   e   dello   studio   delle   patologie
uro-andrologiche anche per la valutazione  dei  trattamenti  e  degli
interventi sanitari da porre in essere. 
    All'art. 4 e' istituita la giornata regionale per la  prevenzione
e la cura  delle  patologie  uro-andrologiche,  da  celebrare  il  19
gennaio di ogni anno; in tale occasione, sono promosse iniziative  di
sensibilizzazione   e   di   screening   gratuito   sulle   patologie
uro-andrologiche,  rivolte  principalmente   ai   ragazzi   fino   ai
ventiquattro  anni  di  eta',  ed  e'  reso  pubblico  lo  stato   di
realizzazione  e  il  programma  delle  iniziative   complessivamente
previste per il contrasto delle medesime patologie. 
    La  legge  in  esame  prevede,  infine,  all'art.   5,   che   le
disposizioni in essa contenute si applichino  in  quanto  compatibili
con il piano di rientro  dal  disavanzo  sanitario,  e,  all'art.  6,
istituisce un'apposita voce di spesa, pari a euro cinquantamila,  per
il finanziamento degli  interventi  di  promozione  della  conoscenza
delle principali malattie uro-andrologiche previsti dall'art. 1. 
    La legge  in  esame,  nel  suo  complesso,  con  le  norme  sopra
descritte, introduce e disciplina specifiche iniziative in materia di
prevenzione,  diagnosi  e  cura  delle  patologie   uro-andrologiche,
iniziative che non  sono  invece  previste  nel  Programma  Operativo
2015-2018, che costituisce prosecuzione  del  piano  di  rientro  dal
disavanzo sanitario cui e' assoggettata la Regione. Cosi' disponendo,
il  legislatore  regionale  interferisce  con   le   competenze   del
Commissario ad acta per l'attuazione del piano rientro del  disavanzo
sanitario,  determinando  l'incostituzionalita'   della   legge,   in
violazione dell'art. 120, secondo comma, della Costituzione. 
    Inoltre la legge in esame, introducendo interventi  non  previsti
dal menzionato Programma Operativo 2015-2018, si  pone  in  contrasto
con i principi fondamentali in materia di contenimento della  finanza
pubblica di cui all'art. 2, commi 80 e 95, della  legge  n.  191  del
2009, secondo i quali, in costanza di Piano di  rientro,  e  preclusa
alla regione l'adozione di nuovi provvedimenti che siano di  ostacolo
alla piena attuazione del Piano stesso, essendo le previsioni in esso
contenute vincolanti per la regione. Ne consegue la violazione  anche
dell'art. 117, terzo comma, della Costituzione. 
    Cio'  premesso,  non  sembra  sufficiente  a   fugare   i   dubbi
d'incostituzionalita' la clausola di salvaguardia di cui all'art.  5,
a norma del quale: «Le disposizioni della presente legge si applicano
in quanto compatibili con le previsioni del piano di rientro adottato
ai sensi dell'art. 2, comma  88,  secondo  periodo,  detta  legge  23
dicembre 2009, n. 191 (Disposizioni per la  formazione  del  bilancio
annuale e pluriennale dello Stato - legge finanziaria 2010) e con  le
funzioni attribuite al Commissario ad  acta».  Infatti,  al  fine  di
assicurare comunque il perseguimento delle  finalita'  -  sicuramente
condivisibili - della legge regionale in esame, ponendole  al  riparo
dal  rischio  di  una   possibile   interferenza   con   il   mandato
commissariale, le norme in essa  contenute  avrebbero  dovuto  essere
inserite nella versione del Programma Operativo  2019-2021  destinato
ad essere presentato ai Ministeri affiancanti proprio dal commissario
ad acta. 
    In merito, si rammenta infatti che  la  Corte  costituzionale  ha
affermato, in piu' occasioni, che, ai sensi  dell'art.  120,  secondo
comma, Cost., «il Governo puo' nominare un commissario ad acta le cui
funzioni, come definite nel mandato conferitogli e  come  specificate
dai pro grammi operativi (ex art. 2, comma 88, della legge n. 191 del
2009),  pur  avendo  carattere  amministrativo  e   non   legislativo
(sentenza n. 361 del 2010), devono restare, fino all'esaurimento  dei
compiti commissariati, al riparo da ogni  interferenza  degli  organi
regionali - anche qualora questi agissero per via legislativa -  pena
la  violazione  dell'art.  120  secondo  comma  Cost.  (ex  plurimis,
sentenze n. 14 del 2017; n. 266 del 2016; n. 278 e n. 110  del  2014;
n. 228, n. 219, n. 180 e n. 28 del 2013 e gia' n. 78 del 2011)» ed ha
inoltre aggiunto che  «L'illegittimita'  costituzionale  della  legge
regionale sussiste anche quando l'interferenza e meramente potenziale
e, dunque, a prescindere dal verificarsi di un contrasto diretto  con
i poteri del commissario incaricato di attuare il  piano  di  rientro
(sentenza n. 110 del 2014)» (sentenza n. 14 del  2017;  nello  stesso
senso, sentenze n. 266 del 2016 e n. 227 del 2015). 
    Il divieto di  interferenza  con  le  funzioni  commissariali  si
traduce dunque, in un «effetto interdittivo di qualsiasi disposizione
incompatibile  con  gli  impegni  assunti  ai  fini  del  risanamento
economico-finanziario del disavanzo sanitario regionale (sentenza  n.
51  del  2013),  potendo  essa  intervenire  in  maniera  disarmonica
rispetto  alle  scelte  commissariali   e,   dunque,   indirettamente
ostacolare l'unitarieta' dell'intervento (sentenza n. 266 del  2016)»
(cfr. Corte Cost., sentenza n. 106/2017). Tale interferenza sussiste,
secondo la Corte, anche in presenza di interventi  non  previsti  dal
piano di rientro e  che  possono  aggravare  il  disavanzo  sanitario
regionale o con l'introduzione di livelli  di  assistenza  aggiuntivi
non contemplati nel piano. Inoltre,  la  legge  in  esame,  oltre  ad
effettuare senza alcuna legittimazione il  menzionato  intervento  in
materia  di  cure  sanitarie,  in  luogo  del  commissario  ad  acta,
intervenendo in materia senza rispettare le previsioni del  Programma
Operativo  2015-2018,  lede  i  principi  fondamentali   diretti   al
contenimento della spesa pubblica sanitaria di cui all'art. 2,  commi
80 e 95, della legge n. 191 del 2009, secondo i quali in costanza  di
Piano di  rientro  e'  preclusa  alla  regione  l'adozione  di  nuovi
provvedimenti che siano di ostacolo alla piena attuazione del  piano,
essendo le previsioni dell'Accordo e del  relativo  Piano  vincolanti
per la regione stessa. Le disposizioni regionali  in  esame  pertanto
violano anche l'art. 117, terzo comma Cost.,  in  quanto  contrastano
con i principi fondamentali della legislazione statale in materia  di
coordinamento della finanza pubblica. 
    La Corte costituzionale con le sentenze n. 100 e n. 141 del  2010
ha infatti ritenuto che le norme statali (quale l'art. 1, comma  796,
lettera b, della legge n. 296 del 2006) che hanno  «reso  vincolanti,
per  le  Regioni  che  li  abbiano   sottoscritti,   gli   interventi
individuati  negli  atti   di   programmazione   necessari   per   il
perseguimento dell'equilibrio economico, oggetto degli accordi di cui
all'art. 1, comma 180, della legge 30 dicembre 2004, n. 311», possono
essere qualificate come  espressione  di  un  principio  fondamentale
diretto al contenimento della spesa  pubblica  sanitaria  e,  dunque,
espressione di un correlato principio di coordinamento della  finanza
pubblica. 
    Per i  motivi  esposti,  la  legge  regionale  in  esame,  avente
contenuto normativo omogeneo in quanto volta ad  introdurre  nel  suo
complesso, con le disposizioni in essa contenute e sopra descritte  e
censurate, iniziative in materia  di  prevenzione,  diagnosi  e  cura
delle patologie uro-andrologiche non previste dal Piano di Rientro  e
dal Programma operativo 2015-2018,  viene  con  il  presente  ricorso
impugnata dinanzi alla Corte costituzionale ai  sensi  dell'art.  127
della Costituzione.