IL CONSIGLIO DI STATO 
               in sede giurisdizionale (Sezione Terza) 
 
    Ha pronunciato la presente sentenza non  definitiva  sul  ricorso
numero di registro generale 8446 del  2022,  proposto  dal  Ministero
dell'interno - Dipartimento vigili del  fuoco,  soccorso  pubblico  e
difesa civile, in persona  del  legale  rappresentante  pro  tempore,
rappresentato e difeso ex lege dall'Avvocatura generale dello  Stato,
domiciliataria in Roma, via dei Portoghesi n. 12; 
    Contro la signora E. B., rappresentata e  difesa  dagli  avvocati
Maria Grazia Carcione e Alessandro Russo, con domicilio eletto presso
lo studio dell'avv. Maria Grazia  Carcione  in  Roma,  via  Bocca  di
Leone, 78, per la riforma della sentenza del Tribunale amministrativo
regionale per la Toscana (Sezione Prima) n. ..., resa tra le parti; 
    Visti il ricorso in appello e i relativi allegati; 
    Visto l'atto di costituzione in giudizio della signora E. B.; 
    Visti tutti gli atti della causa; 
    Relatore, nell'udienza pubblica del giorno 28 settembre 2023,  il
Cons. Giovanni Tulumello e viste le conclusioni delle parti  come  in
atti; 
    Visto l'art. 36, comma 2, cod. proc. amm.; 
    Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue. 
 
                                Fatto 
 
    1. La signora E. B., Vigile del fuoco, presta servizio presso  il
Comando dei vigili del fuoco di ... . 
    Ella e' residente,  insieme  al  proprio  nucleo  familiare,  nel
Comune di ... . 
    Con istanza in data ... ha chiesto il  trasferimento  temporaneo,
ai sensi dell'art. 42-bis del decreto legislativo n. 151 del 2001, al
Comando dei vigili del fuoco di ... . 
    L'istanza e' stata rigettata una prima  volta  con  provvedimento
dell'... , annullato dal T.A.R. della Toscana con sentenza n. ... . 
    Quindi, in sede di riedizione del potere, l'istanza in  questione
e' stata nuovamente rigettata con  provvedimento  del  ...,  per  due
ordini di ragioni: perche' «il coniuge  dell'interessata  attualmente
presta servizio presso il Comando di ...»; e perche' «nella  sede  di
... non vi era alla data dell'istanza,  e  non  vi  e'  ancora  oggi,
disponibilita'  di  posti   vacanti   di   corrispondente   posizione
retributiva, anche considerando i posti 'extra organico'  di  cui  al
decreto n. 3231 del 30 novembre 2020 (...)». 
    2. La signora B.  ha  impugnato  tale  provvedimento  davanti  al
T.A.R. della Toscana, che con sentenza n. ... ha accolto il  ricorso,
annullando il diniego. 
    Il T.A.R. ha, in particolare, osservato: 
        che l'art. 42-bis del decreto legislativo n. 151 del 2001 non
osta all'accoglimento della domanda, avuto riguardo al fatto  che  se
e' effettivamente vero che il coniuge della richiedente ha la propria
sede di servizio in altra regione (che raggiunge quotidianamente  dal
luogo di comune residenza),  nondimeno  la  valorizzazione  del  dato
della residenza del nucleo familiare, alla luce di un'interpretazione
adeguatrice  dell'indicata  disposizione,  conduce  alla  conclusione
della sussistenza del presupposto del richiesto trasferimento; 
        che «Con riguardo invece alla carenza  di  posti  disponibili
nella sede di ... la ricorrente  (evidenziando  movimentazioni  verso
quella sede coeve al rigetto della sua domanda) ha  offerto  elementi
tali da mettere in dubbio tale assunto ostativo che l'Amministrazione
dovra' riconsiderare alla luce di una rinnovata istruttoria». 
    3. L'indicata sentenza e' stata impugnata con ricorso in  appello
dal Ministero dell'interno - Dipartimento vigili del fuoco,  soccorso
pubblico e difesa civile, che ha dedotto le seguenti censure: 
        3.1. la sentenza del T.A.R. sarebbe viziata  da  incompetenza
territoriale: «Tra gli atti impugnati v'e'  infatti  il  decreto  del
Vice Capo Dipartimento vicario VVFF. del 30 novembre 2020 prot. 3231,
che e' l'atto amministrativo generale con il quale e' stato  previsto
un tetto, per i trasferimenti e le assegnazioni  c.d.  speciali,  nel
numero massimo del 2% della dotazione organica teorica del ruolo  dei
VVFF., decreto che, richiamato dal provvedimento impugnato quale atto
presupposto, osta  unitamente  alle  altre  ragioni  all'accoglimento
dell'istanza  della  B.»;  la  competenza,  dunque,  secondo   questa
prospettazione sarebbe stata del T.A.R. del Lazio, sede di  Roma,  ai
sensi dell'art. 13, comma 4-bis, cod. proc. amm.; 
        3.2. in  via  subordinata,  l'amministrazione  appellante  ha
dedotto la violazione dell'art. 42-bis del decreto legislativo n. 151
del 2001, in ragione del fatto che il coniuge dell'interessata ha  la
propria attivita' lavorativa al di fuori della Regione ... . 
    Cio' non consentirebbe di ritenere  perfezionato  il  presupposto
del trasferimento, che l'indicata disposizione  indica  nella  comune
Regione di servizio (e non di residenza). 
    Nell'ambito dello stesso motivo, l'appellante contesta -  con  un
secondo profilo di censura - anche il capo di  sentenza  con  cui  il
T.A.R. ha accolto la censura relativa alla contraddittorieta' fra  il
diniego opposto alla signora B. per pretesa carenza di posti  vacanti
nella sede di ..., ed i coevi trasferimenti  disposti  proprio  verso
quella sede. 
    4. Questa Sezione, con ordinanza n. ..., ha respinto  la  domanda
di sospensione cautelare  degli  effetti  della  sentenza  impugnata,
avanzata dalla parte appellante. 
    Il ricorso e' stato quindi trattenuto in decisione alla  pubblica
udienza del 28 settembre 2023. 
 
                               Diritto 
 
    5. Ritiene anzitutto il Collegio che il primo motivo  di  appello
sia infondato. 
    Va anzitutto osservato che l'impugnazione in parte qua  dell'atto
generale che ad  avviso  dell'appellante  sposterebbe  la  competenza
territoriale e' stata formulata dalla ricorrente in via  cautelativa,
nella misura in cui la sua applicazione potesse pregiudicare  l'esito
del ricorso. 
    In realta' non sono stati dedotti profili di censura contro  tale
provvedimento, tanto che esso e' rimasto estraneo  all'oggetto  della
sentenza gravata: il  T.A.R.  non  lo  ha  neppure  menzionato  nella
struttura  argomentativa  della  motivazione  dell'accoglimento   del
ricorso di primo grado, incentrata esclusivamente  su  due  (diversi)
profili - applicativi - del tutto estranei alla relazione con  l'atto
generale, ritenuti nel caso di specie assorbenti e  dirimenti,  senza
minimamente porre in discussione la disciplina portata da  tale  atto
generale, che non e' stata dunque oggetto di  esame  nell'ambito  del
giudizio. 
    6. Infondato e' anche il secondo motivo di appello,  nella  parte
in cui critica la sentenza gravata laddove ha rilevato  il  contrasto
fra  l'affermazione  della  carenza  di  posti  nella  sede  di  ...,
contenuta nel  provvedimento  impugnato,  ed  i  coevi  trasferimenti
presso tale sede documentati dalla ricorrente nel giudizio  di  primo
grado. 
    L'appellante argomenta tale censura osservando che «il TAR non ha
all'evidenza tenuto in adeguato conto quanto  gia'  rappresentato  in
memoria dall'Avvocatura distrettuale e dall'Amministrazione nella sua
relazione versata in atti (nota ministeriale  del  13  aprile  2022),
nelle quali si faceva presente che quelle assegnazioni  erano  dovute
unicamente alla necessita' di dare esecuzione ad ordinanze  cautelari
emesse da T.A.R. o Consiglio di Stato e  dunque  non  avevano  valore
probatorio o, non risultando pertanto smentita la  circostanza  della
inesistenza del posto vacante e  disponibile,  anche  considerato  il
possibile  sovraorganico  del  2%,  ampiamente  superato  nella  sede
desiderata». 
    Il mezzo e' infondato. 
    L'argomento su cui esso  poggia  era  gia'  stato  sottoposto  al
giudice di primo grado (come deduce la stessa appellante): il  quale,
come  ricordato,  ha  ritenuto   che   gli   elementi   rappresentati
dall'Amministrazione - peraltro soltanto come forma  di  integrazione
in giudizio  della  motivazione,  sul  punto,  del  provvedimento  di
diniego  -  non  fossero  tali  da  superare  la  documentata  (dalla
ricorrente) difformita' fra  quanto  indicato  nel  provvedimento  di
diniego (la  carenza  di  posti  nella  sede  di  ...)  ed  oggettive
risultanze di segno contrario (i coevi trasferimenti  disposti  verso
tale sede). 
    Il T.A.R., preso atto della  sussistenza  di  trasferimenti  (non
menzionati nel provvedimento impugnato, neppure per  evidenziarne  la
causale in tesi compatibile con le ragioni del diniego) verso la sede
di ..., e  ritenute  evidentemente  irrilevanti  le  integrazioni  in
giudizio della  (omessa)  motivazione  sul  punto  del  provvedimento
impugnato, ha pertanto coerentemente disposto che  l'Amministrazione,
alla luce di elementi tali da mettere in  dubbio  l'assunto  ostativo
ritenuto nel provvedimento di  diniego,  «dovra'  riconsiderare  alla
luce di una rinnovata istruttoria» la  sussistenza  o  meno  di  tale
profilo preclusivo. 
    L'Amministrazione, nel motivo in esame, ha reiterato il tentativo
di integrazione postuma della motivazione: senza pero'  che  il  mero
richiamo alla produzione documentale in primo grado superi il rilievo
del difetto istruttorio e motivazionale del provvedimento di  diniego
contenuto nella sentenza impugnata. 
    E' peraltro significativo che,  a  causa  della  ridetta  carenza
istruttoria e motivazionale del diniego, e in presenza  dell'evidenza
di trasferimenti che almeno in apparenza smentiscono le  ragioni  del
diniego medesimo, la ricorrente si sia dovuta fare carico di supplire
ad essa. 
    Sullo  standard  motivazionale   minimo   che   deve   supportare
l'indicazione delle eccezionali  ragioni  organizzative  che  possono
opporsi all'accoglimento dell'istanza in parola, la giurisprudenza di
questo Consiglio  di  Stato  (sez.  II,  sentenza  n.  5223/2023)  ha
recentemente   ricordato   che   «la   disposizione,   malgrado   sia
evidentemente  volta  a  salvaguardare   le   ragioni   di   servizio
nell'impiego del personale in settori peculiari  dell'Amministrazione
per i quali il legislatore ha ritenuto necessario adottare una  norma
derogatoria ad hoc, non spinge il favor per le esigenze  di  servizio
sino al punto di consentire una motivazione generica inerente a  tali
ragioni senza che esse risultino  particolarmente  gravi,  stante  il
rilievo costituzionale degli  interessi  tutelati  dall'art.  42-bis,
comma 1, cit., che deve trovare un necessario bilanciamento, anche in
sede motivazionale, con le esigenze di servizio  dell'Amministrazione
delle forze di polizia e  della  difesa  (cfr.  C.d.S.,  sez.  II,  5
ottobre 2022, n. 8527; id., 20 gennaio 2023, n. 686; id.,  24  aprile
2023, n. 4163)». 
    Neppure  la  norma  speciale  per  le  forze  di  polizia  e  gli
appartenenti  all'amministrazione  della  difesa,  il  comma   31-bis
dell'art. 45 del decreto legislativo 29 maggio 2017, n.  95,  «spinge
il favor per le esigenze di  servizio  dell'Amministrazione  sino  al
punto di consentire una motivazione generica inerente alle ragioni di
servizio che faccia riferimento alle scoperture  di  organico,  senza
che queste ultime risultino particolarmente gravi, o in  generale  si
richiami alle funzioni svolte dal reparto di attuale assegnazione del
dipendente, senza evidenziare specifiche  ragioni,  anche  legate  ai
compiti svolti da colui che  richiede  il  trasferimento  temporaneo.
Cio' in considerazione delle anzidette esigenze di tutela  di  valori
aventi rilievo  costituzionale,  che  devono  trovare  un  necessario
bilanciamento, anche  in  sede  motivazionale,  con  le  esigenze  di
servizio dell'Amministrazione delle forze di polizia»  (Consiglio  di
Stato, sez. II, sentenza n. 4163/2023). 
    7. Deve essere ora esaminato il primo profilo del secondo  motivo
di appello, con cui si censura la sentenza gravata nella parte in cui
ha ritenuto l'istanza dell'odierna appellata conforme alle condizioni
poste dal  citato  art.  42-bis,  decreto  legislativo  n.  151/2001,
ancorche' la sede di servizio del coniuge fosse in regione diversa da
quella verso la quale si chiede il trasferimento (e  nella  quale  e'
pero' residente il nucleo familiare). 
    L'Amministrazione appellante  allega  a  sostegno  della  propria
pretesa la sentenza di questo Consiglio di Stato, n. 6713/2022. 
    Il richiamo non e' conferente, perche' tale pronuncia e' relativa
a fattispecie in cui l'interessato gia' lavorava nella stessa regione
del coniuge. 
    Essa, inoltre, nella  motivazione  valorizza  il  criterio  della
«casa familiare»: il che, paradossalmente, fornisce argomenti tali da
supportare una decisione di segno diverso, come si specifichera'  nei
successivi passaggi argomentativi. 
    7.1. In punto di fatto va anzitutto osservato che e' incontestato
che la signora B., al momento della presentazione  dell'istanza,  era
residente ad ... insieme ai propri figli (di cui uno affetto  da  una
grave patologia ed uno infratreenne), ed al coniuge; quest'ultimo  ha
la propria sede di lavoro ad ..., ove si reca giornalmente. 
    In presenza di questa situazione, l'appellata ha quindi  «chiesto
il  trasferimento  in  un  reparto  di  stanza  a  ...  per   potersi
ricongiungere  con  il  suo  nucleo  familiare»  (questa  piattaforma
fattuale indicata nel ricorso di primo grado e nella sentenza gravata
non e' oggetto di contestazione fra le parti). 
    7.2. Ad avviso del Collegio, la questione di diritto devoluta con
il mezzo in esame postula che venga sollevata  questione  incidentale
di legittimita' costituzionale dell'art. 42-bis, comma 1, del decreto
legislativo 26  marzo  2001,  n.  151  (recante  «Testo  unico  delle
disposizioni legislative  in  materia  di  tutela  e  sostegno  della
maternita' e della paternita', a norma dell'art.  15  della  legge  8
marzo 2000, n. 53»), inserito dall'art. 3, comma 105, della legge  24
dicembre 2003, n. 350, per violazione degli articoli 3, 29, 30  e  31
della Costituzione, nella parte in cui subordina la  possibilita'  di
ottenere il  trasferimento  funzionale  alla  tutela  delle  esigenze
familiari al fatto che il coniuge del richiedente  abbia  la  propria
attivita' lavorativa (e non l'attivita' lavorativa o la residenza del
nucleo  familiare,  ove  le  nozioni  non  coincidano)  nella  stessa
provincia o regione ove e' ubicata la  sede  di  servizio  presso  la
quale si domanda il trasferimento. 
    Tale disposizione stabilisce infatti che «Il genitore  con  figli
minori  fino  a  tre  anni  di  eta'  dipendente  di  amministrazioni
pubbliche di cui all'art. 1, comma  2,  del  decreto  legislativo  30
marzo  2001,  n.  165,  e  successive  modificazioni,   puo'   essere
assegnato, a richiesta, anche in modo frazionato  e  per  un  periodo
complessivamente non superiore a tre anni, ad una  sede  di  servizio
ubicata nella stessa provincia o regione nella quale l'altro genitore
esercita  la  propria  attivita'  lavorativa,  subordinatamente  alla
sussistenza di un  posto  vacante  e  disponibile  di  corrispondente
posizione retributiva  e  previo  assenso  delle  amministrazioni  di
provenienza e destinazione. L'eventuale dissenso deve essere motivato
e limitato a casi o esigenze eccezionali.  L'assenso  o  il  dissenso
devono essere comunicati all'interessato entro  trenta  giorni  dalla
domanda». 
    7.3. Il T.A.R., nella sentenza oggetto di appello, ha praticato -
come  gia'  indicato  -  un'interpretazione   adeguatrice   di   tale
disposizione nella sua applicazione al caso di specie, osservando che
essa non deve «essere interpretata in senso strettamente letterale  a
pena di avallare situazioni palesemente irragionevoli come quella  in
cui il coniuge lavori a pochi chilometri  dalla  sede  in  cui  viene
richiesto il trasferimento ma questa si trovi oltre il confine di una
diversa  regione.  Vero  e',  come  osserva  la  avvocatura,  che  il
legislatore ha inteso attribuire rilevanza  non  alla  residenza  del
nucleo familiare ma al luogo di  lavoro  del  coniuge,  tuttavia  ove
questo si trovi in una posizione che  consenta  (per  distanza,  rete
viaria, rete di trasporto, etc.) di  raggiungere  quotidianamente  il
luogo di ricongiungimento, la ratio legis (che e' quella di agevolare
la riunione della famiglia nei primi anni di vita della  prole)  deve
ritenersi realizzata al pari di  quanto  accadrebbe  se  la  sede  di
servizio del primo si trovasse nella medesima  regione,  non  potendo
ragionevolmente costituire le linee di confine fra i  diversi  ambiti
amministrativi in cui e' suddiviso il  Paese  elemento  discriminante
nella materia di cui ci si occupa. 
    Nel caso di specie la sede di lavoro del coniuge della ricorrente
non appare essere  collocata  ad  una  distanza  tale  dal  luogo  di
residenza della famiglia da precluderne il raggiungimento quotidiano;
sicche', il fatto che  ...  non  si  trovi  in  ...  ma  in  ...  non
costituisce un elemento ostativo all'accoglimento  della  istanza  di
trasferimento». 
    7.4. La rilevanza della questione poggia sul fatto che ad  avviso
del Collegio una simile interpretazione,  pur  muovendo  da  premesse
pienamente condivisibili, non puo' essere praticata, in ragione della
sua contrarieta' al dato  testuale:  il  quale  fa  infatti  espresso
riferimento, quale elemento che da' titolo al richiesto trasferimento
(nella medesima provincia o  regione),  alla  sede  di  servizio  del
coniuge, e non alla sua (e del nucleo familiare) residenza. 
    Nondimeno, l'applicazione al caso di specie del criterio testuale
stabilito  dalla  disposizione  in  esame  condurrebbe  ad  un  esito
irragionevole, e dunque  contrario  all'art.  3  della  Costituzione,
nonche' contrastante, come dedotto in  memoria  dall'appellante  (sia
pur nel contesto di un'argomentazione funzionale alla conferma  della
sentenza di primo grado), con la tutela costituzionale della famiglia
recata dagli articoli 29, 30 e 31 della Costituzione. 
    Esclusa     la     praticabilita'      di      un'interpretazione
costituzionalmente orientata,  perche'  impedita  dal  chiaro  tenore
letterale della disposizione, l'applicazione di quest'ultima  e'  del
resto ineludibile per la definizione del giudizio, posto che da  essa
dipende  l'accoglimento  o  il  rigetto  dell'appello  proprio  sulla
residua questione - condizionante la pretesa dell'interessata al bene
della vita - della spettanza o  meno  del  trasferimento  per  motivi
familiari in relazione alla sussistenza del presupposto legittimante. 
    7.5. Sul piano della non manifesta infondatezza  va  considerato,
anche in chiave evolutiva, che l'elemento della sede di servizio  del
coniuge, probabilmente conforme - quale parametro di riferimento  per
individuare la localizzazione territoriale del nucleo familiare, e le
relative esigenze  di  unita'  e  stabilita'  -  ad  un  criterio  di
normalita' sociale al momento dell'introduzione della disposizione di
cui si discute (circa  un  ventennio  or  sono),  e  dunque  tale  da
costituire in modo non irragionevole il perno della disciplina  della
tutela del nucleo familiare in relazione agli spostamenti dettati  da
esigenze lavorative dei suoi componenti adulti, si presta ora - anche
a seguito dei mutamenti indotti negli ultimi due decenni (non escluso
quello relativo al c.d. lavoro a distanza), e comunque alla  maggiore
facilita' di  spostamenti  quotidiani  fra  regioni  limitrofe  -  ad
applicazioni  che,  come  nel  caso  di  specie,  possono  tradire  o
frustrare l'intenzione del legislatore, con violazione degli indicati
parametri di costituzionalita'. 
    Sul punto e' sufficiente richiamare quanto affermato dalla  Corte
cost., nella sentenza numero 209 del 2022, allorche' ha  osservato  -
peraltro con riferimento ad una fattispecie ancora  piu'  evoluta  ed
avanzata rispetto a quella oggetto del presente giudizio - che «In un
contesto come quello attuale,  infatti,  caratterizzato  dall'aumento
della mobilita' nel mercato del lavoro, dallo sviluppo dei sistemi di
trasporto e tecnologici, dall'evoluzione dei costumi, e' sempre  meno
rara l'ipotesi che  persone  unite  in  matrimonio  o  unione  civile
concordino   di   vivere   in   luoghi   diversi,    ricongiungendosi
periodicamente, ad esempio nel fine settimana, rimanendo  nell'ambito
di una comunione materiale e spirituale». 
    E' pertanto condivisibile, ad avviso  del  Collegio,  l'argomento
fattuale speso dalla parte appellata, laddove evidenzia  come  «Dalla
sede di ..., infatti,  entrambi  i  coniugi,  potrebbero  raggiungere
facilmente le rispettive sedi di lavoro,  benche'  collocate  in  due
regioni confinanti diverse». 
    Il  paradosso  dell'applicazione  della  disposizione   nel   suo
significato testuale, invocato dall'appellante, e'  che  ad  oggi  il
coniuge  dell'appellata  «  -  pur  in  assenza  della  moglie  -  ha
continuato a vivere e risiedere ad ..., insieme ai figli (di cui  uno
ammalato  e  l'altro   con   eta'   inferiore   a   tre   anni),   e,
quotidianamente,  si  sposta  dalla  localita'   di   residenza   per
raggiungere quella in cui lavora ...» (circostanza fattuale anch'essa
incontestata). 
    Si tratta di una conseguenza  applicativa  esattamente  contraria
alla ratio del citato art. 42-bis,  come  recentemente  ricordata  da
questo Consiglio di Stato (sentenza n. 7725/2023): «E' considerazione
di intuitiva  consistenza,  infatti,  quella  in  forza  della  quale
qualsivoglia garanzia di parita' nell'accudimento dei figli non  puo'
trovare effettiva esplicazione se il nucleo  familiare  e'  diviso  e
distante per  esigenze  lavorative  dei  genitori.  In  tale  ottica,
agevolare  l'avvicinamento   delle   sedi   di   lavoro   costituisce
l'antecedente logico, prima che giuridico, di tutto il sistema  delle
tutele, vero e  proprio  presupposto  «logistico»  delle  stesse,  in
assenza del quale esse finiscono per «gravare» (tale divenendo a quel
punto l'espressione piu' consona)  esclusivamente  su  quello  tra  i
genitori che ha la possibilita' «fisica» di prendersi cura dei  figli
(...)». 
    7.6. D'altra parte, l'unica soluzione  alternativa  ipotizzabile,
ove  si  volesse  applicare  la  disposizione  nel  suo   significato
testuale, sarebbe quella per cui il nucleo familiare dovrebbe  mutare
residenza in funzione della sede di servizio di uno dei  coniugi:  il
che   appare   una   conseguenza   sproporzionata,   comportante   lo
sradicamento del nucleo familiare medesimo, laddove - come  nel  caso
di specie - residenza familiare e sede (o sedi) di servizio,  pur  se
collocati in regioni diverse (ma  limitrofe),  sono  compatibili  con
spostamenti quotidiani, che non alterano il radicamento  territoriale
del nucleo familiare. 
    Il superiore argomento peraltro nel caso  di  specie  assume  una
valenza peculiare, perche' come dedotto dalla parte appellata - e non
contestato dalla parte appellante - il nucleo familiare in  questione
non ha «potuto stabilire la casa familiare a ... in quanto  priva  di
legami familiari sul posto e, soprattutto, in  ragione  del  precario
stato di salute in cui versa  il  figlio  maggiore,  affetto  da  una
importante patologia cardiaca, patologia che non consente di  esporre
il bambino ad alcun tipo  di  stress  o  cambiamento  emotivo  (o  di
abitudini) tale da alterare il suo gia' delicato quadro clinico». 
    Pur prescindendo da tale ultimo (e peculiare) rilievo,  in  linea
generale si e' posto in evidenza in giurisprudenza come «la ratio del
citato art. 42-bis (sia) finalizzata al soddisfacimento  di  esigenze
di vicinanza di entrambi i  coniugi  lavoratori  alla  residenza  del
figlio minore  di  eta'  non  superiore  agli  anni  tre»  (Tribunale
amministrativo  regionale  del  Lazio,  sede  di  Roma,  sentenza  n.
7417/2006). 
    La  disposizione,  d'altra  parte,  si  applica  anche  ai  figli
successivi al primo, e puo' dunque essere  invocata  piu'  volte  dal
medesimo  dipendente  (Consiglio  di  Stato,  sez.  II,  sentenza  n.
7725/2023, cit.). 
    In  sede  di  applicazione  della  disposizione  in   esame,   la
giurisprudenza - evidenziando come la stessa,  attraverso  la  tutela
del nucleo familiare, sia funzionale principalmente  alla  protezione
dei figli minori - non ha mancato di ricordare che «le  esigenze  del
minore trovano un'esplicita tutela non solo a livello  costituzionale
(si veda, ad esempio, l'art. 31  della  Costituzione),  ma  anche  in
fonti  di  rango  sovranazionale,  quali   la   Carta   dei   diritti
fondamentali dell'Unione europea (c.d. Carta di Nizza),  precisamente
all'art.  24,  e  la  Convenzione  internazionale  sui  diritti   del
fanciullo del 20 novembre 1989 (ratificata con L. 27 maggio 1991,  n.
176) all'art. 3» (Tribunale amministrativo regionale della Lombardia,
sede di Milano, sentenza n. 532/2023). 
    Analogamente  si   e'   pure   affermato   che   l'istituto   del
trasferimento temporaneo disciplinato dal citato art. 42-bis  «ha  la
funzione di agevolare la cura dei minori nella primissima infanzia, e
quindi protegge i valori della famiglia, e  piu'  in  generale  della
genitorialita', tutelati dall'art. 30 della Costituzione, per cui «E'
dovere e diritto  dei  genitori  mantenere,  istruire  ed  educare  i
figli», e dal successivo art. 31, per cui «La Repubblica agevola  con
misure economiche e altre provvidenze la formazione della famiglia  e
l'adempimento dei compiti relativi,  con  particolare  riguardo  alle
famiglie numerose. Protegge la maternita', l'infanzia e la gioventu',
favorendo gli istituti necessari a tale scopo».  15.3.  Nello  stesso
senso, sono poi le norme di trattati internazionali ai quali l'Italia
aderisce, in primo luogo l'art. 24 della Carta di Nizza, per  cui  «I
bambini hanno diritto alla protezione e alle cure necessarie  per  il
loro benessere... In tutti gli atti relativi ai bambini,  siano  essi
compiuti da autorita' pubbliche o da istituzioni private, l'interesse
superiore del bambino deve essere considerato preminente...». 
    Contenuto analogo ha l'art. 3  della  Convenzione  delle  Nazioni
unite 5 settembre 1991 sui diritti dell'infanzia e  dell'adolescenza,
ratificata con L. 27 maggio 1991, n. 176 (...)» (Consiglio di  Stato,
sez. IV, sentenza n. 1418/2021). 
    Dalla superiore prassi giurisprudenziale,  ispirata  al  criterio
teleologico, si evince pertanto  che  oggetto  della  tutela  sia  la
stabilita'  del  nucleo   familiare,   e   segnatamente   dei   figli
infratreenni, altrimenti soggetti a cambi di residenza nel  primo  (e
piu' delicato, sotto il profilo psicologico e materiale)  periodo  di
vita: cambi di residenza ingiustificati e sproporzionati tenuto conto
della possibilita' di conciliare esigenze  lavorative  e  tutela  del
nucleo familiare  in  situazioni  di  pendolarismo  quotidiano  anche
extraregionale. 
    L'applicazione  letterale  della  disposizione  in   esame   alla
fattispecie dedotta condurrebbe invece (e  fino  alla  pronuncia  del
T.A.R. ha condotto) ad un risultato esattamente opposto a quello  che
essa intende tutelare. 
    Sicche' il Collegio, preclusa - per le ragioni sopra  indicate  -
la possibilita' di praticare un'interpretazione adeguatrice, non puo'
che  sollevare  l'indicata  questione  incidentale  di   legittimita'
costituzionale. 
    Va pertanto rimessa alla Corte costituzionale, ai sensi dell'art.
1 della legge costituzionale 9 febbraio 1948, n. 1, e  dell'art.  23,
della legge 11 marzo  1953,  n.  87,  la  questione  di  legittimita'
costituzionale dell'art. 42-bis, comma 1, del decreto legislativo  26
marzo  2001,  n.  151  (recante  «Testo  unico   delle   disposizioni
legislative in materia di tutela e sostegno della maternita' e  della
paternita', a norma dell'art. 15 della legge 8 marzo 2000,  n.  53»),
inserito dall'art. 3, comma 105, della legge  24  dicembre  2003,  n.
350, per violazione degli articoli 3, 29, 30 e 31 della Costituzione,
nella  parte  in  cui  subordina  la  possibilita'  di  ottenere   il
trasferimento funzionale alla  tutela  delle  esigenze  familiari  al
fatto che il coniuge  del  richiedente  abbia  la  propria  attivita'
lavorativa (e non l'attivita' lavorativa o la  residenza  del  nucleo
familiare, ove le nozioni non coincidano) nella  stessa  provincia  o
regione ove e' ubicata la sede di servizio presso la quale si domanda
il trasferimento. 
    8. Resta riservata al definitivo ogni ulteriore  statuizione  nel
merito e sulle spese.