ha pronunciato la seguente 
 
                              SENTENZA 
 
    nel giudizio di legittimita' costituzionale degli  artt.  5  e  7
della legge della Regione Abruzzo  8  giugno  2015,  n.  12,  recante
«Modifiche alla legge regionale 11 agosto 2011, n. 28 (Norme  per  la
riduzione del rischio sismico e modalita' di vigilanza e controllo su
opere e costruzioni in zone sismiche)», promosso dal  Presidente  del
Consiglio dei ministri con ricorso notificato il 31 luglio - 3 agosto
2015, depositato in cancelleria il 4 agosto 2015 ed iscritto al n. 80
del registro ricorsi 2015. 
    Udito nell'udienza pubblica  del  21  febbraio  2017  il  Giudice
relatore Augusto Antonio Barbera; 
    udito l'avvocato dello Stato Gianni De Bellis per  il  Presidente
del Consiglio dei ministri. 
 
                          Ritenuto in fatto 
 
    1.- Con il ricorso in epigrafe, notificato il  3  agosto  2015  e
depositato  il  4  agosto  2015,  la  Presidenza  del  Consiglio  dei
ministri,  rappresentata  e  difesa  dall'Avvocatura  generale  dello
Stato, ha impugnato gli artt. 5 e 7 della legge della Regione Abruzzo
8 giugno 2015, n. 12, recante  «Modifiche  alla  legge  regionale  11
agosto 2011, n. 28 (Norme per la  riduzione  del  rischio  sismico  e
modalita' di vigilanza e controllo su opere  e  costruzioni  in  zone
sismiche)», pubblicata nel BUR n. 51 del 9 giugno 2015. 
    2.-  Nell'assunto  della  ricorrente,  le   disposizioni   citate
sarebbero  in   contrasto   con   l'art.117,   terzo   comma,   della
Costituzione,  nelle  materie  di  legislazione   concorrente   della
«protezione civile» e del «governo  del  territorio»,  rispetto  alle
quali le Regioni devono attenersi ai principi fondamentali  contenuti
nella legislazione nazionale,  nel  caso  individuati  nei  parametri
interposti offerti dagli artt. 65, 93 e 94 del d.P.R.  del  6  giugno
2001 n. 380, recante «Testo unico delle  disposizioni  legislative  e
regolamentari in materia edilizia (Testo A)» (di seguito, TUE). 
    3.- Adduce, al fine, la Presidenza del Consiglio dei ministri che
l'art. 5 della  legge  regionale  impugnata,  dispone,  tra  l'altro,
l'abrogazione del quinto comma dell'art. 14 della legge regionale  n.
28 del 2011, norma in forza  della  quale  era  previsto  che:  «Fino
all'emanazione dei  criteri  di  indirizzo  di  cui  al  comma  3  e'
necessario il preventivo rilascio dell'autorizzazione  per  tutte  le
varianti che il richiedente intende apportare, nel corso dei  lavori,
al progetto originario presentato all'Ufficio provinciale  competente
per territorio». 
    Da  tale  abrogazione,  nell'assunto  sotteso  al   ricorso,   ne
deriverebbe, come evidente conseguenza, quella in forza della  quale,
prima dell'entrata in vigore  della  legge  regionale  in  esame,  le
varianti al progetto  originario  presentate  in  corso  d'opera  non
risulterebbero piu' incluse tra gli interventi edilizi soggetti  alla
autorizzazione sismica  prevista  dall'art.  94  del  TUE,  dovendosi
ritenere  quest'ultima  passaggio  imprescindibile  per   tutti   gli
interventi da effettuare in zone sismiche diverse da quelle  a  bassa
sismicita' indicate nei decreti di cui all'art 83 dello stesso  testo
unico. 
    Da qui la lamentata illegittimita' costituzionale del  richiamato
art. 5 della legge regionale  impugnata  per  la  addotta  violazione
dell'art. 117, terzo comma, Cost. in ragione dell'affermato contrasto
con il principio fondamentale in materia di  governo  del  territorio
espresso dal citato art. 94, evocato quale parametro interposto. 
    4.- Sostiene, ancora, il Governo  ricorrente,  la  illegittimita'
costituzionale dell'art. 7 della legge della Regione Abruzzo 8 giugno
2015, n. 12, disposizione in forza della quale la Regione  resistente
ha introdotto l'art. 19-bis all'interno della legge regionale  n.  28
del 2011. 
    4.1.- Nel ricorso si segnala che il secondo  comma,  lettera  d),
del citato art. 19-bis, introdotto con l'art. 7 della legge regionale
impugnata, rinvia ad un regolamento regionale, adottato  su  proposta
della Giunta regionale, la definizione  delle  «opere  minori»  e  di
«quelle prive di rilevanza ai fini della  pubblica  incolumita'»,  da
ritenersi estranee sia al procedimento di  autorizzazione  preventiva
previsto dagli artt. 7 e 8 della legge n. 28 del 2011 che  da  quello
di preavviso, con contestuale deposito, disciplinato,  per  le  opere
ricomprese in zone definite di bassa sismicita', dagli artt. 9  e  10
della stessa legge regionale. 
    4.2.- Si adduce, ancora, che il terzo comma del nuovo art. 19-bis
della legge regionale n. 28 del 2011, introdotto  dalla  disposizione
impugnata, rimanda, a sua volta, «per gli aspetti  di  dettaglio  non
previsti  dal  regolamento»,  ad  una  deliberazione   della   Giunta
regionale, da assumere sentito «il Tavolo Tecnico Scientifico di  cui
all'art 2, comma 5», sempre della legge regionale  n.  28  del  2011,
oggetto delle modifiche contestate. 
    4.3.- Ad avviso  del  Governo,  ne'  la  categoria  delle  «opere
minori», ne' quella delle opere «prive di  rilevanza  ai  fini  della
pubblica incolumita'», cui fa riferimento la disposizione  regionale,
e'  conosciuta  dalla  normativa  statale  per  l'edilizia  in   zone
sismiche, contenuta  nel  gia'  richiamato  TUE  e  nel  decreto  del
Ministro delle infrastrutture del 14 gennaio 2008 (Approvazione delle
nuove norme tecniche per le costruzioni). 
    4.3.1.- Le norme regionali sopra richiamate sarebbero, dunque, in
contrasto con i principi fondamentali nelle materie della «protezione
civile» e del «governo del territorio» sanciti dagli artt. 65,  93  e
94, primo comma, del TUE, integralmente trasposti,  nel  loro  tenore
letterale, nel testo del ricorso. 
    4.3.2.- Il ricorrente,  infine,  nel  sostenere  l'illegittimita'
addotta,  richiama  il  portato  argomentativo  proprio   di   alcuni
precedenti  di  questa  Corte   dai   quali   emerge,   in   sintesi,
l'orientamento in forza del  quale  la  disciplina  degli  interventi
edilizi  in  zona  sismica  deve  essere  ricondotta  all'ambito  del
«governo del territorio»,  nonche'  alla  «materia  della  protezione
civile»,  per  i  profili  concernenti  la  tutela   dell'incolumita'
pubblica;  e,  ancora,  che  alla  luce  di  questo  definito  ambito
competenziale, le norme interposte all'uopo richiamate  costituiscono
principi fondamentali non  derogabili  dalla  legislazione  regionale
nell'ottica della vigilanza assoluta  che  occorre  garantire,  senza
distinzioni, sull'intero territorio nazionale,  avuto  riguardo  alle
costruzioni da effettuare in zone coperte dal rischio sismico. 
    Da  qui  la  denunziata   illegittimita'   costituzionale   anche
dell'impugnato  art.  7,  nelle  parti  sopra  riferite,  sempre   in
relazione all'art 117, terzo comma, Cost. 
    5.- La Regione Abruzzo, pur se ritualmente chiamata in  giudizio,
non si e' costituita. 
    6.- Con memoria depositata il 31 gennaio 2017, la Presidenza  del
Consiglio  dei  ministri  ha  ribadito   la   natura   di   principio
fondamentale da ascrivere al disposto di cui  all'art.  94  del  TUE;
cio' avuto riguardo, in particolare, alla censura mossa nei confronti
dell'art. 5 della legge impugnata. 
    Sempre con riferimento a tale censura da  ultimo  richiamata,  il
Governo ricorrente ha altresi' specificato che sino alla  abrogazione
disposta con la norma impugnata, la disciplina  regionale,  in  linea
con il parametro interposto, richiedeva  l'autorizzazione  preventiva
per tutte le varianti in corso d'opera; espunto dal quadro  normativo
il quinto comma dell'art. 14, in attesa del regolamento,  sarebbe  da
ritenersi non necessaria l'autorizzazione per  qualsivoglia  tipo  di
variante, in aperto contrasto  con  il  dato  offerto  dal  principio
fondamentale cristallizzato dal citato art. 94 del TUE. 
    Con riferimento, poi, alla censura prospettata in ordine all'art.
7 della legge regionale n. 12 del  2015,  il  Governo  ricorrente  ha
segnalato che le disposizioni impugnate sono state abrogate, dopo  la
proposizione del ricorso, dall'art. 14, comma  6,  lettere  a)  e  b)
della legge regionale 19 gennaio 2016, n.  5,  recante  «Disposizioni
finanziarie per la redazione del Bilancio pluriennale 2016-2018 della
Regione Abruzzo (Legge di Stabilita' Regionale 2016)». 
    Alla luce di tale sopravvenienza, il Governo ha comunque ribadito
le conclusioni articolate con il ricorso,  delimitate,  tuttavia,  al
periodo di  vigenza  delle  norme  impugnate  ove  fatte  oggetto  di
effettiva applicazione. 
 
                       Considerato in diritto 
 
    1.- Il Governo ha impugnato gli artt. 5 e  7  della  legge  della
Regione Abruzzo 8 giugno 2015, n. 12, recante «Modifiche  alla  legge
regionale 11 agosto 2011 n. 28 (Norme per la  riduzione  del  rischio
sismico e modalita' di vigilanza e controllo su opere  e  costruzioni
in zone sismiche)». 
    Nell'assunto sotteso al ricorso, le disposizioni citate sarebbero
in contrasto con l'art.117, terzo comma,  della  Costituzione,  nelle
materie di legislazione concorrente della «protezione civile»  e  del
«governo del territorio». In particolare, le  disposizioni  impugnate
sarebbero in contrasto con l'art. 94 del decreto del Presidente della
Repubblica del 6 giugno 2001  n.  380,  recante  «Testo  unico  delle
disposizioni legislative e regolamentari in materia  edilizia  (Testo
A)» (di seguito, TUE); limitatamente  al  solo  art.  7  della  legge
impugnata, i parametri interposti evocati a sostegno  delle  relative
censure sono anche quelli offerti dagli artt. 65 e  93  dello  stesso
TUE. 
    2.- Le norme oggetto di censura incidono sulla legge regionale n.
28 del  2011,  finalizzata  (art.  1)  alla  «tutela  della  pubblica
incolumita'» e al «miglioramento delle azioni volte alla  prevenzione
ed alla riduzione del  rischio  sismico  nel  rispetto  dei  principi
fondamentali contenuti nella legislazione statale» e  in  particolare
del TUE. Piu' precisamente, con le norme  impugnate  se  ne  abrogano
alcuni  contenuti,  segnatamente  in  ragione  di   quanto   previsto
dall'art. 5 della legge regionale n. 12 del 2015; se  ne  introducono
di nuovi, in forza dell'art. 7 della stessa legge. 
    3.- Tanto premesso, avuto riguardo al tenore  dell'art.  5  della
legge regionale impugnata, nella parte in cui  dispone  l'abrogazione
del comma 5 dell'art. 14 della legge regionale n.  28  del  2011,  la
Presidenza  del  Consiglio  dei  ministri  sostiene   che   da   tale
abrogazione deriverebbe l'esenzione delle varianti in  corso  d'opera
dalle verifiche preventive imposte, sull'intero territorio nazionale,
dall'art.  94  del  TUE  in  relazione  agli  interventi  edilizi  da
realizzare in localita' sismiche purche'  non  caratterizzate  da  un
basso rischio sismico. Cio' in quanto  la  norma  abrogata  prevedeva
che, sino alla data di definizione dei criteri previsti dallo  stesso
art. 14, comma 3, doveva ritenersi necessario «il preventivo rilascio
dell'autorizzazione per tutte le varianti che il richiedente  intende
apportare, nel corso dei lavori, al  progetto  originario  presentato
all'Ufficio provinciale competente per territorio». 
    Di   qui   l'illegittimita'   costituzionale   rivendicata    con
riferimento alla prima delle norme censurate con il ricorso. 
    4.-  La  censura  deve  ritenersi   inammissibile   perche'   dal
complessivo quadro di riferimento normativo, integralmente trascurato
nel ricorso, emerge non solo che la norma abrogata non  era  efficace
al momento della proposizione del ricorso  ma,  soprattutto,  che  da
siffatta abrogazione  non  consegue  la  situazione  prospettata  dal
Governo a sostegno della denunziata illegittimita' costituzionale. 
    4.1.- Giova chiarire, al riguardo, che tra gli interventi edilizi
presi in considerazione dalla legge regionale n. 28 del 2011,  quello
che occupa immediatamente la censura in oggetto attiene alle varianti
in corso d'opera, rispetto alle quali assumono un  rilievo  decisivo,
oltre all'art. 14,  oggetto  dell'abrogazione  contrastata,  anche  e
soprattutto gli artt. 6, 7 e 9 della legge citata. 
    Piu'   precisamente,   la    relativa    disciplina    regionale,
nell'individuare  gli  interventi  edilizi  sottoposti   a   verifica
preventiva (ex art. 7)  o,  in  alternativa,  al  solo  deposito  del
progetto presso l'ufficio territorialmente competente, con obbligo di
mera comunicazione dell'avvio dei lavori (ex art. 9), a seconda della
zona (ad alta, media oppure  bassa  sismicita')  coperta  dall'azione
edilizia, fa cenno alle sole varianti definite  «sostanziali»  (cosi'
l'art. 6, comma 1, cui  fanno  esplicito  richiamo,  il  primo  comma
dell'art. 7 nonche' il primo  comma  dell'art.  9  nel  delineare  la
correlata attivita' di vigilanza). 
    La legge  in  disamina  non  contiene,  tuttavia,  una  immediata
definizione del  contenuto  delle  varianti  «sostanziali».  Nel  suo
portato originale rimandava (ai sensi del combinato disposto  di  cui
ai commi terzo e  quarto,  lettera  d,  dell'art.  14)  a  successivi
criteri  definitori  che  avrebbe  dovuto  dettare,   all'uopo,   una
deliberazione  della  Giunta  regionale.  In  esito  alle   modifiche
apportate dall'art. 1, primo comma, della legge regionale 29 dicembre
2014 n. 49, recante «Modifiche alla L.  R.  11  agosto  2011,  n.  28
(Norme per la riduzione del rischio sismico e modalita' di  vigilanza
e controllo su opere e costruzioni in zone sismiche) ed alla L. R. 19
agosto 2009, n. 16  (Intervento  regionale  a  sostegno  del  settore
edilizio)», la deliberazione della Giunta regionale  e'  stata,  poi,
sostituita dalla previsione di un regolamento  attuativo,  avente  il
medesimo oggetto, quantomeno avuto riguardo al tema delle varianti. 
    4.2.- E' a dirsi, peraltro, che l'art. 5 della legge regionale n.
12 del 2015, oltre  al  citato  comma  5  dell'art.  14  della  legge
regionale n. 28 del 2011, ha altresi' abrogato anche i commi dal 3 al
4-bis  del  medesimo  articolo  (inerenti   l'accennato   regolamento
attuativo). Al contempo, il contenuto di tali ultime disposizioni  e'
stato trasferito, con alcune modifiche, nel  testo  dell'art.  19-bis
della legge regionale n. 28 del 2011  in  forza  di  quanto  previsto
dall'art. 7 sempre della legge regionale oggetto di impugnazione. 
    Dopo la proposizione  del  ricorso  che  occupa,  il  regolamento
attuativo e' stato emanato con decreto del  Presidente  della  Giunta
regionale del 5 agosto 2015, n. 3 (Regolamento attuativo della  legge
regionale 11 agosto 2011, n. 28, recante norme per la  riduzione  del
rischio sismico e modalita' di  vigilanza  e  controllo  su  opere  e
costruzioni in zone sismiche), ed e' entrato in vigore il  20  agosto
2015.  All'art.  12,  detto  regolamento,  reca,  per  quel  che  qui
interessa, la distinzione di contenuto  tra  varianti  «sostanziali»,
«rilevanti» e «non sostanziali», utile, per  quanto  gia'  detto,  ai
fini del combinato disposto di cui agli  artt.  6,  primo  comma,  7,
primo comma, e 9, primo comma, della legge regionale n. 28 del  2011,
nell'ottica della individuazione degli interventi per  i  quali  deve
ritenersi necessaria la preventiva autorizzazione di cui  all'art.  7
citato.  Con  il  successivo  decreto  del  Presidente  della  Giunta
regionale 30 dicembre 2016, n. 3 (Regolamento attuativo  della  legge
regionale 11 agosto 2011, n. 28, recante norme per la  riduzione  del
rischio sismico e modalita' di  vigilanza  e  controllo  su  opere  e
costruzioni in  zone  sismiche),  e'  stato  abrogato  il  precedente
regolamento (art. 20) e sono state ribadite le definizioni inerenti i
contenuti delle varianti  secondo  le  tre  tipologie  tracciate  dal
regolamento abrogato (art. 13). 
    4.3.- Infine, sempre preliminarmente, va rimarcato che la  stessa
legge regionale n. 49 del 2014 -  oltre  a  prevedere  la  forma  del
regolamento attuativo per la definizione dei criteri citati dal comma
3 dell'allora vigente art.  14  -  all'art.  3,  comma  1,  ha  anche
(ulteriormente)  differito  i   termini   di   applicabilita'   delle
disposizioni contenute nei titoli III e IV della legge  regionale  n.
28 del 2011; titoli che ricomprendono sia le  disposizioni  censurate
con il presente ricorso, sia quelle che ne costituiscono  l'implicito
supporto (in particolare gli artt. da 6 a 10). 
    In particolare, subito  dopo  l'entrata  in  vigore  della  legge
regionale n. 28 del 2011, il legislatore regionale ebbe a  differirne
l'applicabilita', sostanzialmente  congelandone  gli  effetti,  avuto
riguardo ai due titoli sopra segnalati, con una serie  di  interventi
normativi reiterati nel tempo. 
    Tanto e'  avvenuto,  limitando  la  disamina  al  dato  normativo
vigente alla data  di  proposizione  del  ricorso,  grazie  a  quanto
previsto dalla legge  regionale  13  dicembre  2011  n.  43,  recante
«Modifiche alla legge regionale 11 agosto 2011, n. 28 (Norme  per  la
riduzione del rischio sismico e modalita' di vigilanza e controllo su
opere  e  costruzioni  in  zone  sismiche)  ed   altre   disposizioni
regionali», poi modificata, in parte qua,  da  successivi  interventi
legislativi, l'ultimo dei quali,  in  epoca  antecedente  alla  legge
regionale n. 49  del  2014,  apportato  con  la  legge  regionale  26
settembre 2014 n. 36, recante «Modifiche alla L.R. 13  gennaio  2014,
n. 7 (Disposizioni finanziarie per la redazione del bilancio  annuale
2014 e pluriennale 2014-2016 della Regione Abruzzo. Legge finanziaria
regionale 2014) e alla legge regionale 25 ottobre 1996, n. 96  (Norme
per  l'assegnazione  e  la  gestione  degli   alloggi   di   edilizia
residenziale pubblica e per la determinazione dei relativi canoni  di
locazione)». In forza di tale ultimo intervento  normativo  e'  stata
sospesa la  applicabilita'  delle  citate  disposizioni  sino  al  31
dicembre del 2014. 
    In tale cornice normativa di  riferimento  e'  intervenuta,  come
anticipato, la legge regionale n. 49 del  2014,  il  cui  art.  3  ha
legato  la  durata  del  congelamento  della  efficacia  delle  dette
disposizioni alla data di entrata in vigore  del  citato  regolamento
attuativo, previsto dallo stesso intervento  legislativo;  condizione
che, alla data  di  proposizione  del  ricorso,  non  si  era  ancora
verificata. 
    5.- Tale complessivo quadro  normativo  di  riferimento,  vigente
all'epoca  di  proposizione  del  ricorso,  oltre  a   disvelare   la
fragilita' della censura ne rende al  contempo  evidente  la  carenza
argomentativa. 
    5.1.- Dalla lettura dell'atto emerge, con  immediatezza,  che  il
ricorso non puo' ritenersi diretto a contrastare la scelta normativa,
operata a monte dalla Regione resistente,  relativa  alla  espunzione
delle varianti in corso d'opera, diverse da quelle sostanziali, dalla
verifica preventiva imposta dall'art. 7 della legge regionale  n.  28
del  2011,  quale  che  sia  l'intensita'  del  rischio  sismico  che
caratterizza la relativa zona coperta dall'intervento  edilizio.  Una
tale contestazione avrebbe dovuto avere ad  oggetto  l'art.  6  della
legge regionale n. 28 del  2011,  letto  in  combinato  disposto  con
l'art. 7 della stessa legge: disposizioni, queste, che, non risultano
neppure sostanzialmente evocate dal portato del ricorso in parte  qua
e  che,  dunque,  devono  ritenersi  estranee  alla  impugnazione  in
disamina. 
    5.2.-  Piuttosto,  l'aver  limitato  l'impugnazione   alla   sola
intervenuta abrogazione del comma 5  dell'originario  art.  14  della
citata legge regionale, destinato a regolare la sola fase transitoria
in attesa della individuazione delle  varianti  soggette  a  verifica
preventiva,  lascia  coerentemente  pensare  ad   una   contestazione
esclusivamente  rivolta  a  denunziare  la  situazione,  contingente,
provocata dalla evidenziata abrogazione  e  dalla  mancata  adozione,
all'epoca  dell'intervento  normativo  impugnato,   del   regolamento
chiamato a tracciare i contenuti  delle  dette  varianti.  Cio',  del
resto, in linea con la precisazione in  tal  senso  espressa  con  la
memoria depositata prima della udienza. 
    5.3.- In definitiva, l'assunto del Governo ricorrente muove,  sul
piano  logico,  dalla  limitata  riferibilita'  alle  sole   varianti
sostanziali della verifica imposta dall'art. 7 della legge  regionale
n. 28 del  2011  e  mira  a  denunziare  l'asserito  vuoto  normativo
provocato dalla abrogazione del comma 5 dell'art. 14  della  medesima
legge in presenza del  quale,  sino  alla  adozione  del  regolamento
attuativo,  ogni  intervento  in  variante   andava   sottoposto   ad
autorizzazione preventiva. 
    5.4.- Ricondotta  in  questi  termini  la  doglianza  sottesa  al
ricorso, emerge con evidenza che una puntuale e completa visione  del
dato normativo in oggetto  avrebbe  messo  in  chiaro  l'inconferenza
della censura prospettata. 
    Il ricorso difetta di ogni minima argomentazione in  ordine  alle
ragioni in forza delle quali,  per  effetto  della  norma  abrogativa
oggetto di censura, si sarebbe realizzato l'assunto  della  esenzione
integrale delle varianti, senza distinzione di sorta,  dai  controlli
preventivi   imposti,   sul   territorio   nazionale,   dalla   norma
correttamente evocata quale parametro interposto. Ed  e'  proprio  il
mancato confronto con la stratificazione  normativa  sopra  accennata
che non ha consentito al Governo ricorrente  di  considerare  che  la
disciplina dettata dalla legge regionale n.  28  del  2011,  malgrado
l'abrogazione oggetto di contestazione, non poteva  ne'  avrebbe  mai
dato luogo alla situazione prospettata con la censura,  da  ritenersi
per     contro     rilevante,     nell'ottica     della     paventata
incostituzionalita', ove riscontrata. 
    In particolare, alla luce di quanto sopra segnalato, nel  periodo
compreso tra l'entrata in vigore della legge in  questione  e  quello
del primo congelamento dei relativi effetti,  all'uopo  disposto  dal
legislatore regionale, la situazione di riferimento doveva  ritenersi
puntualmente regolata dalla norma abrogata. Avuto riguardo  al  lasso
di tempo successivo e sino alla previsione del regolamento attuativo,
la norma oggetto di abrogazione era di fatto inoperante: ogni rilievo
sul regime delle verifiche relative alle varianti inerenti interventi
edilizi in zone caratterizzate da una sismicita' media o alta  andava
in  coerenza  veicolato  in  direzione  della  disciplina   regionale
applicabile  ratione  temporis,  in  conseguenza   della   temporanea
inefficacia  delle  previsioni  della  legge  regionale  in  oggetto,
disciplina assolutamente estranea al  percorso  argomentativo  ed  al
petitum del ricorso in esame. Infine, all'esito della previsione  del
regolamento  attuativo  quale  strumento  chiamato  a   definire   il
discrimine tra varianti sostanziali e non e, soprattutto,  una  volta
legata la vigenza della relativa disciplina  alla  stessa  emanazione
del detto regolamento,  la  disposizione  abrogata  doveva  ritenersi
ormai deprivata di rilievo: la  disciplina  transitoria  dettata  dal
comma  5  dell'art.14  non  solo  non   era   efficace   al   momento
dell'impugnazione  ma  soprattutto  mai  lo  sarebbe  stata   perche'
l'entrata a regime del nucleo essenziale della legge regionale n.  28
del 2011, compreso il tema afferente le  verifiche  sugli  interventi
edilizi,   presupponeva    imprescindibilmente    l'emanazione    del
regolamento e dunque la definizione delle  varianti  sostanziali  (le
uniche  soggette  all'autorizzazione  preventiva)   con   conseguente
superamento della situazione di incertezza che  aveva  costituito  la
ragion d'essere della cautela sottesa alla norma abrogata. 
    5.5.-   Il   complessivo   quadro   normativo   di   riferimento,
integralmente  pretermesso  dal   ricorrente,   mette   in   evidenza
l'inconsistenza argomentativa della prospettazione, lontana,  dunque,
da  quella  soglia  minima  di  chiarezza  e   completezza   cui   la
giurisprudenza  di  questa  Corte  subordina  l'ammissibilita'  delle
impugnative in via principale (ex plurimis, le sentenze n. 251  e  n.
60 del 2015, nonche' la sentenza n. 88 del 2014). 
    5.6.- Ne', del resto,  puo'  ovviarsi  a  tale  decisiva  carenza
argomentativa utilizzando al fine la memoria depositata  prima  della
udienza. 
    A parte il dato della inutilizzabilita' delle relative  deduzioni
se destinate, come nel caso, a riposare su  un  ricorso  radicalmente
privo di argomentazioni a sostegno della  censura  (ex  plurimis,  da
ultimo, la sentenza n. 202 del 2016), e' a dirsi che anche  la  detta
memoria difetta, integralmente, del necessario confronto  sistematico
con il quadro normativo di riferimento da  ritenersi  imprescindibile
per  una  corretta  individuazione  dei  termini   della   questione,
altrimenti rimessi al solo sforzo interpretativo della Corte. 
    Di qui  l'anticipata  conclusione  della  inammissibilita'  della
censura. 
    6.- Il Governo ha anche impugnato l'art. 7 della legge  regionale
n.  12  del  2015,  disposizione  con  la  quale,  apportando  alcune
modifiche e procedendo ad alcune abrogazioni, la  Regione  resistente
ha trasferito parte del contenuto dell'originario art. 14 della legge
regionale n. 28 del 2011 all'interno del  disposto  dell'art.  19-bis
della stessa legge, appositamente introdotto dalla novella oggetto di
scrutinio. 
    In particolare, si contesta il comma 2,  lettera  d),  del  nuovo
art. 19-bis, in forza del quale  il  piu'  volte  citato  regolamento
attuativo avrebbe anche il compito di  definire  il  contenuto  delle
"opere minori" nonche' di "quelle prive di rilevanza  ai  fini  della
pubblica incolumita'", da ritenersi esentate sia dal procedimento  di
autorizzazione preventiva previsto dagli artt.  7  e  8  della  legge
regionale n. 28 del 2011, sia da quello di preavviso, con contestuale
deposito, disciplinato, per le opere ricomprese in zone  definite  di
bassa sismicita', dagli artt. 9 e 10 della stessa legge. 
    Si contrasta, altresi', il comma 3 del nuovo art. 19-bis, con  il
quale si rimanda «per gli  aspetti  di  dettaglio  non  previsti  dal
regolamento»,  ad  una  deliberazione  della  Giunta  regionale,   da
assumere sentito «il Tavolo Tecnico Scientifico  di  cui  all'art  2,
comma 5», sempre della legge regionale n. 28 del 2011, oggetto  delle
modifiche contestate. 
    6.1.- Con riferimento a tali disposizioni si rileva  che  ne'  la
categoria delle «opere minori», ne'  quella  delle  opere  «prive  di
rilevanza ai fini della pubblica incolumita'», cui  si  riferisce  la
disposizione regionale, sono conosciute dalla normativa  statale  per
l'edilizia in zone sismiche, contenuta nel gia'  richiamato  TUE.  Le
norme regionali sopra richiamate sarebbero, dunque, in contrasto  con
i principi fondamentali nelle materie della «protezione civile» e del
«governo del territorio» sanciti in particolare dall'art.  94,  comma
1, nonche' dagli artt. 93 e 65, del citato testo unico. 
    6.2.- Il Governo, con la memoria depositata prima della  udienza,
ha infine evidenziato che le citate disposizioni  inerenti  l'art.  7
della legge regionale n. 12 del 2015, impugnate  con  il  ricorso  in
esame, sono state abrogate dall'art. 14, comma 6,  lettere  a)  e  b)
della legge regionale 19 gennaio 2016  n.  5,  recante  «Disposizioni
finanziarie per la redazione del Bilancio pluriennale 2016-2018 della
Regione Abruzzo (Legge di Stabilita' Regionale 2016)». 
    Tale abrogazione, successiva alla proposizione del  ricorso,  per
quanto si chiarira' di seguito,  non  porta  a  ritenere  cessata  la
relativa materia del contendere. 
    7.- E' fondata  la  prima  delle  censure  rivolte  in  direzione
dell'art. 7 della legge impugnata, laddove assegna al regolamento  il
compito di definire «le opere minori» e quelle «prive di rilevanza ai
fini della pubblica incolumita'». 
    7.1.- Secondo quanto costantemente affermato dalla giurisprudenza
di questa Corte, le disposizioni di leggi regionali che  intervengono
sulla disciplina degli interventi edilizi  in  zone  sismiche  devono
essere ricondotte all'ambito materiale del «governo del  territorio»,
nonche' a quello relativo alla «protezione  civile»,  per  i  profili
concernenti  la  tutela  dell'incolumita'  pubblica  (in  termini  la
sentenza n. 167 del 2014). 
    In coerenza, si e'  ritenuto  che,  nella  materia  in  disamina,
assumono  la  valenza  di  principio  fondamentale  le   disposizioni
contenute nel TUE che prevedono determinati adempimenti  procedurali,
a condizione che  questi  ultimi  rispondano  ad  esigenze  unitarie,
particolarmente pregnanti di fronte al rischio sismico (in termini la
sentenza n. 282 del 2016, la sentenza n. 300 del 2013 e quella n. 182
del 2006). 
    7.2.- Tra queste disposizioni,  assume  rilievo  fondamentale  il
disposto di cui  all'art.  94  del  TUE  -  parametro  principalmente
evidenziato dalla censura in oggetto -  in  forza  del  quale,  nelle
localita' sismiche, ad eccezione di quelle a bassa  sismicita',  «non
si possono iniziare lavori senza  preventiva  autorizzazione  scritta
del competente ufficio tecnico della regione»,  cosi'  da  costituire
espressione evidente, alla  pari  degli  altri  parametri  interposti
indicati dal ricorrente,  dell'intento  unificatore  che  informa  la
legislazione statale, palesemente orientata  «[...]  ad  esigere  una
vigilanza assidua sulle  costruzioni  riguardo  al  rischio  sismico,
attesa la rilevanza del bene protetto, che trascende  anche  l'ambito
della disciplina del territorio, per attingere  a  valori  di  tutela
dell'incolumita'  pubblica  che  fanno  capo   alla   materia   della
protezione  civile,  in  cui  ugualmente  compete   allo   Stato   la
determinazione dei principi fondamentali» (cosi' la  citata  sentenza
n. 182 del 2006). 
    7.3.- Seguendo detta impostazione questa Corte ha gia' avuto modo
di dichiarare costituzionalmente  illegittime  analoghe  disposizioni
emanate da altre Regioni, caratterizzate dal sottrarre ad ogni  forma
di vigilanza e controllo alcuni interventi edilizi realizzati in zone
sismiche, non tipizzati dalla  legislazione  statale  di  riferimento
(cosi' la gia' citata sentenza n. 300 del 2013 e quella distinta  dal
n. 64 del 2013). 
    Di qui la illegittimita' costituzionale dell'art.  7  oggetto  di
impugnazione, nella parte in cui  ha  introdotto  il  secondo  comma,
lettera d), all'interno del disposto di  cui  all'art.  19-bis  della
legge regionale n. 28 del 2011. 
    8.- Sorte diversa tocca alla ulteriore censura che il Governo  ha
riservato all'art. 7 della legge impugnata,  laddove  rinvia  ad  una
delibera della Giunta regionale  la  definizione  degli  «aspetti  di
dettaglio non previsti dal regolamento». 
    8.1.-  Giova  premettere  che  siffatta   censura   involge   una
disposizione che l'art. 19-bis  si  trascina,  immutata,  dal  tenore
originario dell'art. 14 sempre della legge regionale n. 28 del  2011:
il comma 3 dell'art. 19-bis, introdotto dalla disposizione impugnata,
coincide,  infatti,  integralmente  con  il  testo  del  comma  4-bis
dell'art. 14, cosi' come aggiunto allo stesso dall'art. 1,  comma  4,
della legge regionale n. 49 del 2014, poi abrogato dall'art. 5  della
legge impugnata  (perche'  trasposto,  come  anticipato,  all'interno
dell'art. 19-bis ). 
    Tanto,  tuttavia,   non   ne   ostacola   l'impugnabilita',   per
l'inapplicabilita'  dell'istituto  dell'acquiescenza  ai  giudizi  di
impugnazione in via principale  atteso  che  la  norma  impugnata  ha
comunque l'effetto di reiterare la lesione da cui deriva  l'interesse
a ricorrere dello Stato (in termini la sentenza n. 231 del 2016). 
    8.2.-  Piuttosto,  la  censura  si  caratterizza  per  l'assoluta
genericita' che ne connota  il  portato,  mancando  ogni  indicazione
argomentativa utile a sostenere le ragioni  del  lamentato  contrasto
tra la disposizione regionale impugnata e i parametri evocati. 
    Dal che l'inammissibilita' per la carenza di adeguata motivazione
in conformita'  con  la  giurisprudenza  della  Corte  in  precedenza
riportata. 
    9.- Le due disposizioni inerenti l'art. 7 della  legge  regionale
n. 12 del  2015,  impugnate  con  il  ricorso  in  esame,  come  gia'
evidenziato, sono state abrogate dall'art. 14, comma 6, lettere a)  e
b) della legge regionale n. 5 del 2016. 
    Tanto  non  muta,  tuttavia,  i  termini  di  definizione   delle
rispettive questioni. 
    9.1.- Il richiamato ius superveniens  assume  rilievo  unicamente
con riferimento alla censura mossa nei confronti del  citato  art.  7
nella parte in cui ha introdotto la lettera d) del comma 2  dell'art.
19-bis  della  legge  regionale  n.  28  del  2011,   assegnando   al
regolamento il compito di definire «le opere minori» e quelle  «prive
di rilevanza ai fini della pubblica  incolumita'»;  cio'  in  ragione
della gia' rilevata inammissibilita' della residua questione  rivolta
in direzione del detto art. 7. 
    9.2.-  Tanto  precisato,  va   ricordato   che   secondo   quanto
costantemente  affermato  da  questa  Corte  (tra  le  piu'  recenti,
sentenze n. 199 e n. 185 del 2016), affinche' possa essere dichiarata
cessata la materia del contendere in caso di giudizio principale,  e'
necessaria la  sopravvenuta  abrogazione  della  norma  impugnata  o,
quantomeno,  la  modificazione  della  stessa  in  termini  tali   da
neutralizzare  radicalmente  la  pretesa  avanzata  con  il  ricorso;
occorre, inoltre, che le norma abrogata o modificata non abbia  avuto
applicazione medio tempore. 
    9.3.- Se l'intervenuta abrogazione rende evidente la presenza del
primo  requisito  funzionale  al  venir  meno   delle   ragioni   del
contendere,  quanto  al  secondo  requisito  va  rimarcato   che   il
regolamento attuativo piu' volte richiamato, emanato dopo il ricorso,
contiene una  esplicita  elencazione  sia  delle  opere  che  possono
ritenersi «minori» sia di quelle definite di «trascurabile importanza
ai fini della pubblica incolumita'»  in  linea  con  quanto  previsto
dalla  norma  censurata,  poi  abrogata:  la  relativa  appendice  di
riferimento, infatti, pur se nel titolo sembra  limitarsi  solo  alle
seconde,  prevede  una  tabella  esplicativa  nella  quale  risultano
elencate anche le opere cosiddette «minori». 
    9.4.- Si e'  gia'  evidenziato  che  l'operativita'  delle  norme
dettate dalla legge regionale n. 28 del 2011,  avuto  riguardo  anche
all'autorizzazione di cui all'art. 7 o al deposito di cui all'art. 9,
in altre parole, alle incombenze essenziali attraverso  le  quali  si
dipana l'attivita' di vigilanza connessa agli interventi  edilizi  in
zone sismiche, e' stata via via differita nel tempo. 
    Limitando il discorso agli  interventi  normativi  immediatamente
prossimi e a quelli successivi alla  proposizione  al  ricorso,  tale
congelamento, in ragione di quanto disposto dalla legge regionale  n.
49  del  2014,  e'  stato  (ulteriormente)  realizzato   subordinando
l'efficacia  delle  disposizioni  in  questione  all'emanazione   del
regolamento attuativo previsto, oggi, dal citato art. 19-bis. 
    Successivamente alla adozione  del  regolamento,  la  sospensione
della vigenza delle norme in oggetto e' stata  realizzata  attraverso
la  legge  regionale  22  settembre   del   2015   n.   23,   recante
«Provvedimenti relativi alla destinazione del  complesso  immobiliare
"Autoporto  di  Castellalto",  modifiche  alla  legge  regionale   29
novembre  2002,  n.  28  (Norme  ed   indirizzi   sull'intermodalita'
regionale) e disposizioni urgenti per assicurare il  controllo  e  la
vigilanza sugli interventi nelle zone sismiche», il cui art. 4, comma
1, ne ha  spostato  in  avanti  la  data  di  efficacia  dal  momento
dell'entrata in vigore del regolamento attuativo (20 agosto  2015)  a
tutto il 31  dicembre  2015;  ancora,  per  il  tramite  della  legge
regionale n. 5 del 19 gennaio 2016, il cui  art.  14,  quinto  comma,
lettera b), ha posticipato il detto termine a tutto  il  15  febbraio
2016; infine, con la legge 4 marzo 2016, n. 8 (Modifiche  alla  legge
regionale n. 6/2016, alla legge  regionale  n.  17/2001,  alla  legge
regionale n. 23/2011, alla legge regionale  n.  28/2011,  alla  legge
regionale n. 23/2015, alla legge regionale  n.  42/2015,  alla  legge
regionale  n.  18/1983,   alla   legge   regionale   n.   36/2015   e
interpretazione autentica dell'articolo  14,  comma  1,  della  legge
regionale n. 40/2010), la durata di tale differimento di efficacia e'
stata prevista sino al 15 marzo del 2016 in ragione di quanto dettato
dall'art. 5, comma 3 , lettera b). 
    9.5.-  Tale   inefficacia   della   normativa   di   riferimento,
evidentemente decisiva nell'ottica della possibile incidenza  assunta
dalla intervenuta abrogazione  della  disposizione  introdotta  dalla
norma impugnata, non sembra tuttavia caratterizzata da una  linea  di
continuita' immune da soluzioni. 
    Vero  e'  che  tutti  i  citati  interventi   legislativi   hanno
individuato il dies a quo della sospensione nel momento della entrata
in vigore del regolamento,  essendo,  invece,  ovviamente  differente
solo il termine finale di siffatta sospensione,  di  volta  in  volta
diversamente dettato. E' a dirsi, tuttavia,  che  il  primo  di  tali
interventi legislativi,  quello  previsto  dall'art.  4  della  legge
regionale n. 23 del 2015, e' entrato in vigore nel settembre del 2015
quando gia' era vigente, a far data dal 20 agosto dello stesso  anno,
l'originario regolamento attuativo previsto  dall'art.  19-bis  della
legge regionale n. 28 del 2011, poi sostituito da quello  attualmente
vigente: pur se per uno iato temporale molto modesto, la stessa legge
regionale n. 28 del 2011, nelle parti qui  in  disamina,  era  dunque
gia' in vigore. 
    Nulla esclude, pertanto, che in tale arco temporale, facendo leva
sulla temporanea vigenza delle  norme  di  riferimento,  siano  stati
posti  in  essere  interventi  edilizi  che,  ricompresi  tra  quelli
descritti in seno alla citata appendice, siano  rimasti  estranei  ad
ogni verifica da parte delle  autorita'  competenti,  dando  sostanza
alla lesione prospettata con la censura in oggetto. 
    Tanto impone, nel caso, la forza demolitoria  della  declaratoria
di incostituzionalita'.