ha pronunciato la seguente 
 
                              ORDINANZA 
 
    nei giudizi di legittimita' costituzionale dell'art. 17, comma 1,
del decreto legislativo 13 aprile 1999, n. 112 (Riordino del servizio
nazionale della riscossione,  in  attuazione  della  delega  prevista
dalla legge 28 settembre 1998, n. 337), come sostituito dall'art. 32,
comma 1, lettera a), del  decreto-legge  29  novembre  2008,  n.  185
(Misure urgenti per il sostegno a  famiglie,  lavoro,  occupazione  e
impresa e per ridisegnare in funzione anti-crisi il quadro strategico
nazionale), convertito, con modificazioni,  dalla  legge  28  gennaio
2009,  n.  2,  promossi  con  ordinanza  del  29  maggio  2014  dalla
Commissione tributaria provinciale di Cagliari, con ordinanza  del  7
luglio 2014 dalla Commissione tributaria provinciale di  Roma  e  con
ordinanza  del  23  novembre  2015   dalla   Commissione   tributaria
provinciale di Milano, rispettivamente iscritte al n. 43 del registro
ordinanze 2015 ed ai nn. 71  e  81  del  registro  ordinanze  2016  e
pubblicate nella Gazzetta Ufficiale della  Repubblica  n.  13,  prima
serie speciale, dell'anno 2015 e nn. 15 e 17, prima  serie  speciale,
dell'anno 2016. 
    Visti gli atti  di  costituzione  di  Equitalia  Centro  spa,  di
Equitalia Sud spa (gia' Equitalia Gerit spa), di Equitalia Nord  spa,
nonche' gli atti di  intervento  del  Presidente  del  Consiglio  dei
ministri; 
    udito nell'udienza pubblica  del  21  febbraio  2017  il  Giudice
relatore Giancarlo Coraggio; 
    uditi l'avvocato Marcello  Cecchetti  per  Equitalia  servizi  di
riscossione spa (quale societa' incorporante di Equitalia Centro spa,
Equitalia Sud spa ed Equitalia Nord spa), e  l'avvocato  dello  Stato
Sergio Fiorentino per il Presidente del Consiglio dei ministri. 
    Ritenuto che la Commissione tributaria provinciale di Cagliari  -
nel corso di un giudizio avente  ad  oggetto  l'annullamento  di  una
cartella di  pagamento  per  tributi  IVA  nella  parte  relativa  ai
compensi di riscossione -  con  ordinanza  del  29  maggio  2014,  ha
sollevato, in riferimento agli artt. 3, 53 e 97  della  Costituzione,
questione di legittimita' costituzionale dell'art. 17, comma  1,  del
decreto legislativo 13 aprile 1999, n.  112  (Riordino  del  servizio
nazionale della riscossione,  in  attuazione  della  delega  prevista
dalla legge 28 settembre 1998, n. 337), «come modificato, da ultimo,»
dall'art. 32, comma 1, lettera  a),  del  decreto-legge  29  novembre
2008, n. 185 (Misure urgenti per  il  sostegno  a  famiglie,  lavoro,
occupazione e impresa e per ridisegnare  in  funzione  anti-crisi  il
quadro strategico nazionale), convertito,  con  modificazioni,  dalla
legge 28 gennaio 2009, n. 2, nella parte in cui addebita  l'aggio  in
misura correlata al valore della lite; 
    che il giudice rimettente  espone  che  la  parte  ricorrente  ha
proposto diversi motivi  di  impugnazione  avverso  una  cartella  di
pagamento -  legati  alla  presunta  applicazione  retroattiva  della
disciplina in esame nonche' alla debenza  delle  somme  a  titolo  di
compensi per la riscossione  in  assenza  di  un'effettiva  attivita'
svolta dall'Agente della riscossione ed in assenza di una  violazione
da parte del contribuente (essendo le predette somme dovute anche  in
ipotesi di pagamento  effettuato  nei  termini  di  legge)  -  e  «in
subordine»  ha  sollecitato  la   rimessione   della   questione   di
legittimita' costituzionale dell'art. 17 del d.lgs. n. 112  del  1999
per violazione degli artt. 3, 53 e 97 Cost.; 
    che il giudice a quo, affermata la rilevanza della questione,  ne
sostiene la non manifesta infondatezza con  riferimento  ai  predetti
parametri  costituzionali,  posto  che,  in  particolare,   sarebbero
violati; 
    - l'art. 3 Cost.,  in  quanto  ai  contribuenti  vengono  imposti
compensi di riscossione diversi a seconda dell'ambito territoriale di
appartenenza; 
    - l'art. 53 Cost., in quanto sono previsti compensi non collegati
ad alcuna capacita' contributiva, con la conseguenza, da un lato,  di
privare i contribuenti del «diritto a dosare la propria contribuzione
in base al reddito», e, dall'altro, di determinare  una  «diminuzione
della [...]  fiducia  nel  sistema  fiscale,  percepito  [...]  quale
elemento esclusivamente ostacolante il libero esercizio delle arti  e
dei mestieri»; 
    - l'art. 97 Cost., «in quanto,  il  compenso  risulta  dovuto  in
assenza di una qualsiasi  attivita'  dell'Agente  della  riscossione,
violando  in  questo  modo  sia  il   principio   amministrativistico
dell'imparzialita' e della trasparenza delle scelte della P.A. sia il
principio di natura civilistica ed applicabile  all'Equitalia  Centro
S.p.A., in quanto, appunto, soggetto privato  della  corrispettivita'
delle prestazioni»; 
    che, con atto depositato il 21 aprile  2015,  e'  intervenuto  il
Presidente  del  Consiglio  dei  ministri,  rappresentato  e   difeso
dall'Avvocatura   generale   dello   Stato,   il   quale    sostiene,
innanzitutto,   l'inammissibilita'   della    questione    sollevata,
affermando la mancanza di motivazione sulla rilevanza e sul nesso  di
pregiudizialita'  della   prospettata   questione   di   legittimita'
costituzionale, nonche' la carente esposizione  della  fattispecie  e
del quadro normativo di riferimento; in secondo  luogo,  la  sua  non
fondatezza, attesa la ragionevolezza dei  criteri  di  determinazione
dell'aggio,  finalizzati  non  a  remunerare  le  singole   attivita'
compiute dall'agente di riscossione ma a coprire i costi  complessivi
del servizio, nonche'  la  ragionevolezza  della  correlazione  dello
stesso con l'importo del  debito,  tesa  ad  ovviare  al  rischio  di
gravare ingiustamente sui contribuenti il  cui  inadempimento  e'  di
minore entita'; 
    che, con memoria depositata il 17  maggio  2016,  e'  intervenuta
Equitalia Centro spa, che in via  preliminare  eccepisce  i  seguenti
profili di inammissibilita': 
    - difetto  assoluto  di  motivazione  sulla  rilevanza,  mancando
qualsiasi argomentazione sul punto; 
    - difetto assoluto di rilevanza, posto che il giudice  rimettente
sembrerebbe censurare l'art. 17,  come  risultante  a  seguito  delle
modifiche  apportate  dall'art.  2,  comma   3,   lettera   a),   del
decreto-legge 3 ottobre 2006, n. 262  (Disposizioni  urgenti  per  il
sostegno a famiglie, lavoro, occupazione e impresa e per  ridisegnare
in funzione anti-crisi il quadro strategico  nazionale),  applicabile
alle  attivita'  di  riscossione  relative  ad  iscrizioni  a   ruolo
effettuate fino al 31 dicembre 2008, e cioe' una  norma  -  ai  sensi
della  quale  la  misura  dell'aggio  era  determinata   da   decreto
ministeriale ed era variabile su scala provinciale - che non  sarebbe
piu' in vigore e non sarebbe applicabile nel caso di  specie,  mentre
applicabile al caso  di  specie  sarebbe,  invece,  l'art.  17,  come
risultante a seguito delle modifiche apportate dall'art. 32 del  d.l.
n. 185 del 2008, il quale prevede la  misura  dell'aggio  determinata
direttamente dalla legge ed unica in tutto il territorio nazionale; 
    -  carenza  e  contraddittorieta'   della   motivazione,   stante
l'assoluta confusione in cui sembrerebbe cadere il giudice rimettente
nel censurare la variabilita' dell'aggio su  base  territoriale,  che
riguarda la versione dell'art. 17 derivante dalle modifiche apportate
dal d.l. n. 262 del 2006  e,  al  contempo,  la  totale  mancanza  di
argomentazioni a supporto  della  censura  relativa  alla  variazione
della misura dell'aggio «in base  a  circostanze  indipendenti  dalla
condotta del contribuente»; 
    - carenza di motivazione in riferimento  all'asserita  violazione
degli art. 53 e 97 Cost., posto che  -  a  parte  l'inconferenza  del
primo parametro - mancherebbe un adeguato  percorso  argomentativo  a
supporto di tali censure; 
    che,  nel  merito,  la  societa'  sostiene  l'infondatezza  della
questione sotto tutti i profili dedotti, in quanto: 
    - con riguardo all'art. 3 Cost.,  sarebbe  infondata  la  censura
legata alla differenziazione territoriale, posto  che  la  disciplina
applicabile al caso di specie, ed in concreto applicata, prevede  una
misura di aggio unica da applicare su tutto il territorio nazionale; 
    - egualmente infondata sarebbe la  censura  di  cui  all'art.  53
Cost., attesa l'assoluta inconferenza del richiamo  al  principio  di
capacita' contributiva, il quale e' applicabile soltanto  alle  norme
di natura tributaria ovvero a  quelle  che  disciplinano  il  riparto
delle spese pubbliche tra i contribuenti; 
    - infine, la censura di cui all'art. 97 Cost., per come formulata
dal  giudice  rimettente,  risulterebbe  di  difficile  comprensione,
dovendosi comunque tenere presente che l'aggio  e'  finalizzato  alla
remunerazione  della  complessiva  attivita'  svolta  dall'agente  di
riscossione, e che la determinazione della sua misura non  e'  frutto
di una scelta arbitraria, risultando pari alla media aritmetica degli
aggi precedentemente previsti su  base  territoriale,  a  loro  volta
determinati sulla base di  tre  componenti  (aggio  base,  aggio  per
rischio ambientale e aggio per vetusta'  del  ruolo),  finalizzati  a
garantire un ancoraggio al concreto costo del sistema di riscossione; 
    che la Commissione tributaria provinciale di Roma - nel corso  di
un giudizio avente ad  oggetto  l'annullamento  di  una  cartella  di
pagamento per tributi IRAP, IVA e IRES - con ordinanza del  7  luglio
2014 ha sollevato, in riferimento agli artt. 3 e 97 Cost.,  questione
di legittimita' costituzionale del medesimo art.  17,  comma  1,  del
d.lgs. n. 112 del 1999, «come modificato dall'art. 32, comma 1, lett.
a) del decreto legge 29 novembre 2008 n. 185, convertito dalla l.  28
gennaio 2009 n. 2», nella parte in cui  addebita  l'aggio  in  misura
correlata  al  valore  della  lite  e  ne  calcola  l'entita'  per  i
contribuenti che non effettuano il pagamento dell'imposta dovuta  nei
sessanta giorni dalla notifica  della  cartella  di  pagamento  nella
misura fissa del 9 per cento; 
    che nell'ordinanza  di  rimessione  si  riferisce  che  la  parte
ricorrente  ha  dedotto  diversi  profili  di  illegittimita'   della
cartella  di   pagamento   ed   ha   richiesto   di   verificare   la
costituzionalita' dell'art.  17  del  d.lgs.  n.  112  del  1999  per
violazione degli artt. 3, 24, 42 e 111 Cost.; 
    che il giudice a quo - evidenziato che per  i  primi  due  motivi
posti a fondamento del ricorso, «nella delibazione  consentita  senza
anticipazione delle soluzioni, non puo' escludersi che  si  verta  in
ipotesi di infondatezza (quanto  meno  parziale);  per  modo  che  la
sollevata  questione  di  legittimita'  costituzionale  si   appalesa
evidentemente rilevante ai fini della decisione sul terzo  motivo»  -
sostiene  la  non   manifesta   infondatezza   della   questione   di
legittimita' costituzionale, con riferimento ai parametri di cui agli
artt. 3 e 97 Cost., sulla base delle seguenti argomentazioni: 
    - il contrasto con il principio di eguaglianza ex  art.  3  Cost.
deriverebbe dalla differenza di trattamento tra il cittadino in grado
di pagare e quello  «sprovvisto  di  mezzi  sufficienti  a  riguardo,
onerato di ingiustificati  e  di  irragionevoli  e  maggiori  carichi
finanziari», nonche' dal mancato ancoraggio della determinazione  del
compenso ai costi del servizio di riscossione,  peraltro  in  assenza
della previsione di un importo massimo prestabilito dello stesso; 
    - la violazione dell'art.  97  Cost.  sarebbe  determinata  dalla
mancanza  «di  quei  criteri  di  trasparenza  e   correlazione   con
l'attivita' richiesta e congruita' con i costi medi di  gestione  del
servizio (che rappresentano i corollari necessari  del  principio  di
buon andamento [...])»; 
    che, con atto depositato il 2 maggio  2016,  e'  intervenuto  nel
giudizio di legittimita' costituzionale il Presidente  del  Consiglio
dei ministri, rappresentato e difeso dall'Avvocatura  generale  dello
Stato, eccependo l'inammissibilita' della questione per  la  mancanza
di motivazione sulla  rilevanza,  ed  in  particolare  del  nesso  di
pregiudizialita' della  prospettata  questione  di  costituzionalita'
stessa rispetto alla definizione della controversia, nonche'  per  la
carente esposizione della  fattispecie  e  del  quadro  normativo  di
riferimento; 
    che, nel  merito,  l'interveniente  sostiene,  innanzitutto,  che
resterebbe indimostrato che  la  determinazione  del  compenso  nella
misura del 9 per cento degli  importi  da  riscuotere  determini  una
sovracompensazione del servizio di riscossione, considerando  che  la
remunerazione dei costi sostenuti dall'agente della  riscossione  non
implica una necessaria correlazione tra la  misura  dell'aggio  e  la
singola operazione condotta dal concessionario e che, del resto,  del
tutto ragionevole si dimostrerebbe la scelta di determinare la misura
dell'aggio in misura proporzionale rispetto  all'importo  del  debito
che ha dato causa all'esecuzione, mentre, di contro, la fissazione di
un limite massimo all'aggio finirebbe per riversare la parte maggiore
del costo delle esecuzioni infruttuose sulla platea dei  contribuenti
il cui inadempimento e' minore; 
    che, sempre nel merito, parimenti infondata sarebbe la  questione
posta in relazione all'art. 3 Cost., per la  radicale  diversita'  di
situazioni  che  determinano  il  pagamento   integrale   del   costo
dell'aggio (la mora rispetto ai termini  di  adempimento)  o  il  suo
pagamento solo parziale (la tempestivita' del pagamento); 
    che, con memoria depositata il 3 maggio 2016,  si  e'  costituita
nel giudizio di costituzionalita' Equitalia Sud  spa,  eccependo,  in
primo luogo, l'inammissibilita' della  questione  sollevata  sotto  i
seguenti profili: 
    - difetto assoluto di motivazione sulla rilevanza, in  quanto  il
giudice rimettente si  sarebbe  limitato  ad  affermazioni  meramente
assertive e apodittiche sulla decisivita' della dedotta questione  di
legittimita' costituzionale per la definizione del giudizio pendente; 
    -  difetto  assoluto  di  rilevanza  e,  comunque,   difetto   di
motivazione  sulla  rilevanza,   nonche'   difetto   del   nesso   di
pregiudizialita' necessaria della questione, sotto il  profilo  della
mancata decisione degli altri motivi di ricorso che avrebbero  potuto
consentirne l'integrale accoglimento prescindendo  dall'incidente  di
costituzionalita'; 
    -  difetto  assoluto  di  rilevanza  e,  comunque,   difetto   di
motivazione  sulla  rilevanza,  sotto  il   profilo   della   carente
descrizione della fattispecie e della conseguente  impossibilita'  di
verificare  l'applicabilita'  al  caso  de   quo   della   disciplina
legislativa censurata, soprattutto in  considerazione  della  mancata
indicazione della data di iscrizione a ruolo; 
    - omesso tentativo di interpretazione della  norma  impugnata  in
conformita' ai parametri costituzionali evocati; 
    - carenza di motivazione in riferimento  all'asserita  violazione
dell'art. 97 Cost., risultando, la stessa, eccessivamente stringata e
apodittica; 
    che, nel merito, viene sostenuta l'infondatezza  della  questione
sotto tutti i profili dedotti, con argomentazioni analoghe  a  quelle
sviluppate  dalla  societa'  Equitalia  Centro  spa,  relative   alla
ragionevolezza dei criteri di fissazione del  compenso,  destinato  a
remunerare l'attivita' dell'Agente di riscossione  non  in  relazione
alle singole attivita' compiute, ma  alla  complessiva  attivita'  di
istituzione e mantenimento in efficienza del sistema nazionale  della
riscossione; 
    che la Commissione tributaria provinciale di Milano -  nel  corso
di un giudizio avente ad oggetto l'annullamento di  una  cartella  di
pagamento  per  tributi  IRPEF  nella  parte  relativa  all'aggio  di
riscossione - con ordinanza del 23 novembre 2015,  ha  sollevato,  in
riferimento agli artt. 3, 53 e 97 Cost.,  questione  di  legittimita'
costituzionale del medesimo art. 17, comma 1, del d.lgs. n.  112  del
1999, «come modificato dall'art. 32, comma 1, lett. a)  del  d.l.  29
novembre 2008, n. 185, convertito dalla l. 28 gennaio  2009,  n.  2»,
nella parte in cui addebita l'aggio in  misura  correlata  al  valore
della lite; 
    che nell'ordinanza  di  rimessione  si  riferisce  che  la  parte
ricorrente ha impugnato per illegittimita' della pretesa e,  «in  via
subordinata»,  ha  sollecitato  la  rimessione  della  questione   di
legittimita' costituzionale dell'art. 17 del d.lgs. n. 112  del  1999
per violazione degli artt. 3, 53 e 97 Cost.; 
    che il  giudice  a  quo,  ritenuta  la  questione  rilevante,  ne
sostiene la non manifesta infondatezza con  riferimento  ai  predetti
parametri costituzionali, affermando, in particolare, che: 
    - la violazione dell'art. 3 Cost. deriverebbe  dalla  circostanza
che la misura della remunerazione risulta  svincolata  dall'esercizio
di  specifiche  attivita'  da  parte  dell'Agente  di  riscossione  e
correlata unicamente all'importo delle somme iscritte a ruolo,  senza
la  fissazione  di  un  tetto  minimo  e  massimo,  oltre  che  dalla
retroattivita' della disciplina, applicata anche a  fatti  imponibili
risalenti ad un periodo di imposta precedente rispetto alla  data  di
entrata in vigore della normativa introdotta dall'art. 2 del d.l.  n.
262 del 2006; 
    -  la  misura  dei  compensi,  non   collegata   alla   capacita'
contributiva, contrasterebbe con l'art. 53 Cost., in  quanto,  da  un
lato, priverebbe i contribuenti del «diritto  di  dosare  la  propria
contribuzione in base al reddito», e, dall'altro, determinerebbe  una
sfiducia nel sistema fiscale e, inoltre, «ostacola[rebbe]  il  libero
esercizio delle arti e dei mestieri»; 
    - la normativa difetterebbe «di quei  criteri  di  trasparenza  e
correlazione con l'attivita' richiesta e congruita' con i costi  medi
di gestione del servizio, corollari necessari del principio  di  buon
andamento sancito dall'art. 97 della Costituzione»; 
    che, con atto depositato il 17 maggio  2016,  e'  intervenuto  il
Presidente  del  Consiglio  dei  ministri,  rappresentato  e   difeso
dall'Avvocatura   generale   dello   Stato,   il    quale    sostiene
l'inammissibilita' e la non  fondatezza  della  questione  sollevata,
rilevando, sotto il profilo preliminare, la carente esposizione della
fattispecie e del quadro normativo di riferimento, nonche' la mancata
disamina delle problematiche legate all'identificazione  del  momento
determinante  per  l'individuazione  della   disciplina   applicabile
ratione temporis, e, nel merito, la  ragionevolezza  dei  criteri  di
determinazione dell'aggio,  con  argomenti  simili  a  quelli,  sopra
esposti, sviluppati negli altri giudizi; 
    che, con memoria depositata il 17 maggio 2016, si  e'  costituita
nel giudizio di  costituzionalita'  Equitalia  Nord  spa,  sostenendo
l'inammissibilita' e l'infondatezza della questione sollevata; 
    che, in particolare, in via preliminare viene eccepita: 
    - la manifesta  inammissibilita'  della  questione,  per  difetto
assoluto di rilevanza e/o di motivazione sulla rilevanza,  in  quanto
il giudice rimettente si  limiterebbe  ad  un'affermazione  meramente
assertiva,  chiarendo  che   «ritiene   l'eccezione   sollevata   dal
ricorrente rilevante  e  pertinente  ai  fini  della  decisone»,  con
conseguente preclusione di  qualsivoglia  valutazione  sul  punto  da
parte della Corte; 
    - la manifesta  inammissibilita'  della  questione,  per  difetto
assoluto di rilevanza  e/o  di  motivazione  sulla  rilevanza  e  per
difetto del nesso di pregiudizialita' necessaria,  sotto  il  profilo
della mancata decisione degli altri motivi di ricorso  che  avrebbero
potuto    consentirne    l'integrale    accoglimento     prescindendo
dall'incidente di costituzionalita', in quanto la questione sollevata
sarebbe prematura, posto che, per quanto  si  apprende  dalla  stessa
ordinanza di rimessione,  il  vizio  di  legittimita'  costituzionale
sarebbe stato denunciato solo «in subordine»  rispetto  alla  domanda
principale volta a far  valere  l'illegittimita'  della  cartella  di
pagamento  nella  parte  in  cui  sono  richiesti   i   compensi   di
riscossione, sulla scorta della considerazione,  tra  le  altre,  che
questi ultimi non dovrebbero applicarsi a fatti  imponibili  rispetto
alla data di entrata vigore della normativa applicata; 
    - la manifesta inammissibilita' della questione  per  difetto  di
rilevanza e difetto  di  motivazione  sulla  rilevanza,  nonche'  per
difetto del nesso di pregiudizialita' necessaria,  sotto  il  profilo
della carente  descrizione  della  fattispecie  e  della  conseguente
impossibilita' di verificare l'applicabilita' al caso  de  quo  della
disciplina legislativa censurata, in  quanto  il  giudice  rimettente
descrive la fattispecie in maniera scarna e lacunosa, omettendo,  tra
l'altro, di indicare la data  di  iscrizione  a  ruolo  dei  relativi
importi; 
    -  la  manifesta  inammissibilita'  della  questione  per  omesso
tentativo di interpretazione della norma impugnata in conformita'  ai
parametri costituzionali evocati; 
    che, nel merito, viene sostenuta l'infondatezza delle censure  di
cui agli  artt.  3,  53  e  97  Cost.,  argomentando  come  nei  casi
precedenti; 
    che, in data 31 gennaio 2017, Equitalia  Servizi  di  riscossione
spa, quale societa' incorporante  di  Equitalia  Sud  spa,  Equitalia
Centro spa ed Equitalia Nord spa con effetto dal 1° luglio  2016,  ha
depositato, in ciascuno dei  tre  giudizi,  memoria,  sostanzialmente
ribadendo le proprie argomentazioni a sostegno  dell'inammissibilita'
e dell'infondatezza della questione ed evidenziando, per l'ipotesi di
accoglimento della stessa, l'opportunita' di  considerare  l'esigenza
di disporre quantomeno una  limitazione  della  retroattivita'  degli
effetti  della  declaratoria  di  incostituzionalita'   della   norma
censurata. 
    Considerato  che  le  Commissioni   tributarie   provinciali   di
Cagliari, Roma e Milano dubitano  della  legittimita'  costituzionale
dell'art. 17, comma 1, del decreto legislativo 13 aprile 1999, n. 112
(Riordino del servizio nazionale  della  riscossione,  in  attuazione
della delega prevista dalla legge 28 settembre 1998,  n.  337),  come
sostituito dall'art. 32, comma 1, lettera a),  del  decreto-legge  29
novembre 2008, n. 185 (Misure urgenti per  il  sostegno  a  famiglie,
lavoro,  occupazione  e  impresa  e  per  ridisegnare   in   funzione
anti-crisi  il  quadro   strategico   nazionale),   convertito,   con
modificazioni, dalla legge 28 gennaio 2009, n. 2, in riferimento agli
artt. 3, 53 e 97 della Costituzione; 
    che, in particolare, a parere  del  primo  e  del  terzo  giudice
rimettente, il censurato art.  17  -  nella  parte  in  cui  addebita
l'aggio in misura correlata al valore della lite  -  si  porrebbe  in
contrasto con gli artt. 3, 53 e 97 Cost.; 
    che, secondo la Commissione provinciale tributaria  di  Roma,  il
citato art. 17 - nella  parte  in  cui  addebita  l'aggio  in  misura
correlata  al  valore  della  lite  e  ne  calcola  l'entita'  per  i
contribuenti che non effettuano il pagamento dell'imposta dovuta  nei
sessanta giorni dalla notifica  della  cartella  di  pagamento  nella
misura fissa del 9 per cento - violerebbe gli artt. 3 e 97 Cost.; 
    che, data l'identita' di oggetto delle  questioni  sollevate,  va
disposta la riunione dei relativi giudizi; 
    che le  questioni  sono  manifestamente  inammissibili,  per  una
pluralita' di ragioni concomitanti; 
    che, con riferimento alla questione sollevata  dalla  Commissione
tributaria di Cagliari, e' fondata l'eccezione dedotta  da  Equitalia
Centro  spa  relativa  alla  carenza   e   contraddittorieta'   della
motivazione,   in   ordine   in    particolare    all'identificazione
dell'oggetto di giudizio (ordinanza n. 312 del 2012); 
    che non risulta chiaro quale versione del censurato art.  17  sia
oggetto di impugnazione, poiche' il giudice rimettente  -  dopo  aver
affermato  «la  rilevanza  e  la  non  manifesta  infondatezza  della
questione di legittimita' costituzionale dell'art. 17, D.lgs. n. 112,
come modificato da ultimo dall'art. 32, D.L. n. 185» -  da  un  lato,
censura la variabilita' dell'aggio  su  base  territoriale,  che  era
prevista dall'art. 17, come modificato dal d.l. n. 262 del 2006 ed e'
venuta meno con  l'introduzione  della  misura  unica  su  territorio
nazionale pari al 9 per cento ad opera dell'art. 32 del d.l.  n.  185
del 2008, dall'altro lato, nell'iter argomentativo, fa riferimento  a
quest'ultima misura; 
    che l'impossibilita', per le enunciate ragioni,  di  una  precisa
individuazione della norma censurata - non identificabile nemmeno dal
contenuto  complessivo  dell'ordinanza,  attesa  anche   la   carenza
descrittiva della fattispecie concreta - si riverbera sulla rilevanza
della questione, impedendo di valutare la necessita' di  applicazione
della norma stessa (ordinanza n. 312 del 2012); 
    che e' anche fondata l'eccezione dedotta,  con  riferimento  alle
questioni sollevate dalle Commissioni tributarie di  Roma  e  Milano,
tanto   dal   Presidente   del   Consiglio   dei   ministri   quanto,
rispettivamente, da Equitalia Sud spa  ed  Equitalia  Nord  spa,  per
difetto di motivazione sulla rilevanza delle questioni sollevate; 
    che, invero, le due ordinanze  di  rimessione  sono  carenti  sia
nella descrizione della vicenda cui ciascuna di  esse  si  riferisce,
sia nella motivazione in punto di rilevanza, con la  conseguenza  che
e' preclusa a questa Corte la verifica dell'influenza della questione
di legittimita' sull'esito dei giudizi; 
    che, infatti, la Commissione tributaria provinciale  di  Roma  si
limita a esporre che la parte ricorrente ha impugnato «la cartella di
pagamento indicata in  epigrafe  con  la  quale  viene  richiesto  il
pagamento dell'importo di € 574.913,86 iscritto a  ruolo  per  l'anno
2006 a  titolo  di  Iva,  Ires,  Irap,  sanzioni,  interessi  nonche'
dell'importo di € 51.742,23, a titolo di compensi  di  riscossione  e
diritti»; 
    che, similmente, la Commissione tributaria provinciale di  Milano
riferisce  unicamente  che  la  parte  ricorrente  ha  impugnato  «la
cartella di pagamento n. 06820120205054190000, notificata in  data  4
dicembre 2012, recante l'iscrizione a ruolo a titolo  provvisorio  di
un  terzo  delle  somme  accertate,  oltre  interessi  e  diritti  di
notifica, emessa dalla societa' Equitalia Nord s.p.a.,  agente  della
riscossione per la provincia di Milano»; 
    che dalla  descrizione  dei  fatti  non  emergono  una  serie  di
elementi indispensabili per valutare se la normativa censurata  debba
trovare applicazione nei giudizi a quibus; 
    che  tale  carenza  ha  gia'  condotto  ad  una  declaratoria  di
inammissibilita' di questioni di legittimita'  costituzionali  aventi
ad oggetto lo stesso art. 17 del d.lgs. n. 112 del  1999,  in  ordine
alle quali questa Corte  ha  valorizzato  la  circostanza  che  dalla
«scarna descrizione della  fattispecie  non  emergono  una  serie  di
elementi - tra i quali, in particolare, la data di iscrizione a ruolo
dei suddetti importi -  necessari  per  verificare  se  la  normativa
censurata sia rilevante o meno ai fini della definizione del giudizio
a quo», evidenziando che «nel caso in esame, la  carente  descrizione
della fattispecie  risulta  tanto  piu'  determinante  in  quanto  la
disposizione censurata ha subito diversi interventi normativi e  solo
un'adeguata esposizione di tutti gli elementi essenziali del caso  in
esame avrebbe consentito di  individuare  con  certezza  la  versione
dell'art. 17 applicabile ratione  temporis»  (ordinanza  n.  147  del
2015); 
    che l'omessa o insufficiente descrizione della  fattispecie,  per
costante giurisprudenza della Corte, si  risolve  in  un  difetto  di
motivazione  sulla  rilevanza  che  induce   alla   declaratoria   di
inammissibilita' della questione (tra le tante, ordinanze n. 177 e n.
118 del 2016); 
    che, infine, e' fondata, con riferimento alle questioni sollevate
dalle  Commissioni  tributarie  provinciali  di  Cagliari   e   Roma,
l'eccezione di inammissibilita', dedotta  tanto  dal  Presidente  del
Consiglio dei ministri quanto, rispettivamente, da  Equitalia  Centro
spa ed Equitalia Sud spa, per difetto di motivazione sulla  rilevanza
della questione sollevata, sotto il profilo  del  mancato  esame  dei
diversi motivi posti a fondamento del ricorso; 
    che, in particolare, la Commissione tributaria  di  Cagliari  non
spende una parola sulla rilevanza della questione sollevata e,  anzi,
afferma che «la cartella  e'  [...]  illegittima  sia  perche'  manca
qualsiasi motivazione  della  pretesa  in  ordine  al  calcolo  delle
sanzioni, sia perche'  il  sistema  sanzionatorio  e'  caratterizzato
dall'irretroattivita' delle norme che introducono pene piu' gravi per
i contribuenti», omettendo di esaminare, in via preliminare, i motivi
di impugnazione a sostegno della presunta illegittimita'; 
    che, analogamente, la Commissione tributaria provinciale di  Roma
segnala che la  parte  ricorrente  «contesta  la  cartella  deducendo
diversi profili di legittimita'», ma poi si limita ad  aggiungere  su
di essi che «per i primi due  motivi,  nella  delibazione  consentita
senza anticipazione delle soluzioni, non puo' escludersi che si verta
in ipotesi di infondatezza (quanto meno parziale); per  modo  che  la
sollevata  questione  di  legittimita'  costituzionale  si   appalesa
evidentemente rilevante ai fini della decisione sul terzo motivo»; 
    che la mancata argomentazione al  riguardo  rende  l'affermazione
immotivata e apodittica; 
    che questa Corte, con ordinanza n. 158 del 2013 (richiamando casi
analoghi trattati con ordinanze n. 73 del 2011, n. 96  e  n.  22  del
2010),  ha  ritenuto  la  mancata  illustrazione  delle  ragioni   di
infondatezza di motivi di ricorso - spiegati in  via  principale  nel
giudizio a quo ed aventi pregiudizialita' logica - causa di manifesta
inammissibilita' della questione sollevata,  in  quanto  «l'esame  di
tali  motivi  [...]  e'  pregiudiziale,  perche'  il  loro  eventuale
accoglimento determinerebbe l'annullamento delle cartelle impugnate»; 
    che l'evidenziata carenza di motivazione delle ordinanze comporta
la manifesta inammissibilita' delle questioni sollevate.