ha pronunciato la seguente 
 
                              SENTENZA 
 
    nel giudizio di legittimita' costituzionale dell'art.  29,  comma
2, del decreto legislativo 10  settembre  2003,  n.  276  (Attuazione
delle deleghe in materia di occupazione e mercato del lavoro, di  cui
alla legge 14 febbraio 2003, n. 30), promosso dalla Corte di  appello
di Venezia nel procedimento vertente tra Elica spa e H. A.  e  altri,
con ordinanza del 14 luglio 2016, iscritta al  n.  247  del  registro
ordinanze 2016 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica
n. 49, prima serie speciale, dell'anno 2016. 
    Visti  l'atto  di  costituzione  di  T.  B.,  nonche'  l'atto  di
intervento del Presidente del Consiglio dei ministri; 
    udito nell'udienza  pubblica  del  7  novembre  2017  il  Giudice
relatore Mario Rosario Morelli; 
    uditi l'avvocato Carlo Cester per T. B. e l'avvocato dello  Stato
Gabriella D'Avanzo per il Presidente del Consiglio dei ministri. 
 
                          Ritenuto in fatto 
 
    1.- Con l'ordinanza in epigrafe, la Corte di appello di Venezia -
chiamata a decidere sul gravame proposto da una societa'  committente
avverso la  statuizione  di  primo  grado  con  la  quale  era  stata
condannata al pagamento di retribuzioni non corrisposte  dall'impresa
(sua) subfornitrice, ai lavoratori di quest'ultima  -  ha  sollevato,
premessane  la  rilevanza,  questione  incidentale  di   legittimita'
costituzionale della norma,  applicata  dal  primo  giudice,  di  cui
all'art. 29, comma 2, del decreto legislativo 10 settembre  2003,  n.
276 (Attuazione delle deleghe in materia di occupazione e mercato del
lavoro, di cui alla legge 14 febbraio 2003, n. 30). 
    Secondo la Corte rimettente detta norma - nel  disporre  che  «In
caso di appalto di opere o di servizi, il committente imprenditore  o
datore di lavoro e' obbligato in solido  con  l'appaltatore,  nonche'
con ciascuno degli eventuali subappaltatori [...] a corrispondere  ai
lavoratori i trattamenti retributivi [...] in relazione al periodo di
esecuzione del contratto di appalto» - «non e' suscettibile di essere
applicata oltre i casi espressamente previsti (appalto e subappalto),
ne' la natura della  disposizione  e  la  diversita'  di  fattispecie
contrattuale    tra    subappalto    e     subfornitura,     consente
un'interpretazione costituzionalmente orientata della stessa». 
    Ma cio', appunto, ne farebbe sospettare il contrasto con l'art. 3
della Costituzione poiche', ad avviso del giudice a quo, non  sarebbe
ragionevole che, nel fenomeno diffuso della esternalizzazione e della
parcellizzazione  del   processo   produttivo,   i   dipendenti   del
subfornitore siano privati di una garanzia legale di cui, per contro,
possono godere i dipendenti di un  appaltatore  e  subappaltatore.  E
potrebbe, nel contempo, innescare la violazione dell'art.  36  Cost.,
per il profilo della inadeguatezza  della  retribuzione,  anche  alla
luce dei principi in materia di condizioni di lavoro giuste ed  eque,
di cui all'art. 31 della Carta dei diritti  fondamentali  dell'Unione
europea, proclamata a Nizza il 7 dicembre 2000  e,  in  una  versione
adattata, a Strasburgo il 12 dicembre 2007. 
    2.- Nel giudizio innanzi a questa  Corte  si  e'  costituita  una
delle lavoratrici, parte del processo principale,  per  aderire  alla
prospettazione dell'ordinanza di rimessione, «non  essendovi  ragioni
per   trattare   diversamente   fattispecie    che    o    coincidono
sostanzialmente  o  comunque   assolvono   alla   medesima   funzione
economico-sociale». 
    3.-  E'  anche  intervenuto  il  Presidente  del  Consiglio   dei
ministri, per il tramite dell'Avvocatura generale dello Stato, che ha
concluso per l'inammissibilita' o comunque per  l'infondatezza  della
questione sollevata, sostenendo che «il giudice  a  quo  ben  avrebbe
potuto risolvere la stessa in via esegetica, interpretando l'art. 29,
d.lgs. n. 276 del 2003,  conformemente  ai  parametri  costituzionali
rispetto ai quali sussisterebbe, in ipotesi, il paventato contrasto». 
    4.- Sia la parte privata che  il  Presidente  del  Consiglio  dei
ministri hanno anche depositato successive memorie,  in  entrambe  le
quali  si  sottolinea  la   possibilita'   di   una   interpretazione
costituzionalmente orientata della disposizione denunciata. 
    In particolare, secondo  la  difesa  dell'interveniente,  sarebbe
«corretto ritenere che, quanto meno sotto il profilo  delle  garanzie
giuslavoristiche e previdenziali,  la  subfornitura  costituisca  una
specie del contratto di appalto e, come tale, benefici  delle  tutele
di cui all'art. 29, comma 2, del d.lgs. n. 276/2003». 
 
                       Considerato in diritto 
 
    1.- L'art. 29 del decreto legislativo 10 settembre 2003,  n.  276
(Attuazione delle deleghe in materia di  occupazione  e  mercato  del
lavoro, di cui alla legge 14 febbraio 2003, n. 30), nel suo comma 2 e
per la parte che qui rileva ai fini dello scrutinio  di  legittimita'
costituzionale, testualmente dispone che «In caso di appalto di opere
o di servizi, il committente  imprenditore  o  datore  di  lavoro  e'
obbligato in solido con l'appaltatore,  nonche'  con  ciascuno  degli
eventuali subappaltatori entro il limite di due anni dalla cessazione
dell'appalto,   a   corrispondere   ai   lavoratori   i   trattamenti
retributivi, comprese le  quote  di  trattamento  di  fine  rapporto,
nonche' i contributi previdenziali e i premi assicurativi  dovuti  in
relazione al periodo di esecuzione del contratto di appalto [...]». 
    2.-  Sul  presupposto  che  la  garanzia  della   responsabilita'
solidale del committente per i crediti retributivi e contributivi dei
lavoratori   "indiretti",   testualmente   riferita   ai   dipendenti
dell'appaltatore e  del  subappaltatore,  non  si  estenda  anche  ai
dipendenti  del  subfornitore,  per  la  diversita'  di   fattispecie
contrattuale tra appalto e  subfornitura,  la  Corte  di  appello  di
Venezia ravvisa in cio' una irragionevole disparita'  di  trattamento
ed un vulnus alla effettivita' e adeguatezza  della  retribuzione  in
danno di detta ultima categoria di lavoratori. E denuncia,  pertanto,
il contrasto della  su  riferita  disposizione  con  l'art.  3  della
Costituzione, nonche' con  l'art.  36  Cost.,  evocando,  a  supporto
argomentativo della violazione di tale  secondo  parametro,  anche  i
principi sulle giuste ed eque condizioni di lavoro, di  cui  all'art.
31  della  Carta  dei  diritti  fondamentali   dell'Unione   europea,
proclamata a Nizza il 7 dicembre 2000 e, in una versione adattata,  a
Strasburgo il 12 dicembre 2007. 
    3.- Della questione cosi' sollevata l'Avvocatura  generale  dello
Stato ha  preliminarmente  eccepito  l'inammissibilita',  addebitando
alla rimettente l'omesso esperimento del tentativo di interpretazione
della disposizione denunciata in modo conforme a Costituzione. 
    L'eccezione non e' fondata. 
    Il giudice a quo - nel premettere che «la soluzione  della  causa
dipende dalla interpretazione [...] della norma di  cui  all'art.  29
legge [recte: decreto legislativo] 276/03» - non ha mancato, infatti,
di prospettarsi, e di verificare,  la  possibilita'  di  una  lettura
costituzionalmente orientata di tale disposizione ed ha  ritenuto  di
escluderla: soluzione, questa, la cui condivisibilita' o meno attiene
al merito - ma preclude, evidentemente, la  chiesta  declaratoria  di
inammissibilita' - della questione in esame. 
    4.-  La  legge  18  giugno  1998,  n.   192   (Disciplina   della
subfornitura nelle attivita' produttive)  risponde  ad  una  funzione
regolativa dell'integrazione della prestazione del  subfornitore  nel
processo  produttivo  dell'impresa  committente  «in  conformita'   a
progetti esecutivi, conoscenze tecniche  e  tecnologiche,  modelli  o
prototipi» forniti dall'impresa medesima. 
    Dottrina e giurisprudenza di merito  sono  tuttora  divise  sulla
configurazione  giuridica   e   sul   piu'   corretto   inquadramento
sistematico del contratto di subfornitura, in particolare, quanto  al
profilo della sua autonomia o meno rispetto al contratto  di  appalto
di cui all'art. 1655 del codice civile. 
    Tra tali due figure negoziali vi  sarebbe,  infatti,  secondo  un
primo orientamento, un rapporto di species a genus, nel senso che  la
subfornitura non altro costituirebbe che un "sottotipo",  se  non  un
equivalente, del contratto di appalto, ovvero uno schema generale  di
protezione nel quale possono rientrare plurime  figure  negoziali  in
senso  trasversale,  tra  cui  l'appalto.  Secondo  altro   indirizzo
interpretativo vi sarebbe, invece, tra i rispettivi schemi negoziali,
una sostanziale differenza. E proprio  la  "dipendenza  tecnologica",
presente nel contratto  di  subfornitura,  segnerebbe  il  discrimine
rispetto   all'appalto   che   comporta,   invece,   una    autonomia
dell'appaltatore nella scelta delle modalita' operative attraverso le
quali conseguire il risultato richiesto ed atteso dal committente. 
    Anche la  giurisprudenza  di  legittimita'  non  e'  al  riguardo
univoca. 
    In un caso (sezione seconda, sentenza 29 maggio 2008, n.  14431),
la Corte di cassazione ha affermato,  infatti,  che  il  rapporto  di
subfornitura, enucleato al fine di dare adeguata tutela, a fronte  di
abusi che determinino un eccessivo squilibrio  nei  diritti  e  negli
obblighi  delle  parti,  alle  imprese  che  lavorino  in  stato   di
dipendenza  economica  rispetto  ad  altre,  riguarda   il   fenomeno
meramente  economico  della  cosiddetta  integrazione  verticale  fra
imprese, ma «e' riferibile ad una molteplicita' di figure  negoziali;
a volte estremamente  eterogenee,  da  individuarsi  caso  per  caso,
potendo assumere i connotati del contratto di somministrazione, della
vendita di cose future, [quindi, anche]  dell'appalto  d'opera  o  di
servizi ecc.». 
    In altra successiva occasione, in cui veniva in rilievo la figura
dell'«abuso di dipendenza economica» di cui all'art. 9 della legge n.
192  del  1998,  la  motivazione  della  decisione  (sezioni   unite,
ordinanza 25 novembre 2011, n.  24906)  lascia  presupporre  -  sulla
stessa linea di interrelazione tra le categorie negoziali in esame  -
l'attribuzione di  una  portata  estensiva  dello  schema  di  tutela
apprestato per la subfornitura. 
    Mentre, in una piu' recente pronuncia (sezione terza, sentenza 25
agosto 2014, n. 18186), la stessa  Corte  e'  incline  ad  attribuire
connotati di specificita' al contratto di  subfornitura,  come  forma
«non paritetica» di cooperazione  imprenditoriale,  «nella  quale  la
dipendenza economica del subfornitore si palesa, oltre che sul  piano
del rapporto commerciale e di mercato [...]  anche  su  quello  delle
direttive tecniche  di  esecuzione»,  in  quanto  «l'inserimento  del
subfornitore -  sebbene  in  forza  di  un'opzione  organizzativa  di
esternalizzazione - in un determinato livello del processo produttivo
proprio   del   committente   [...]   non    puo'    non    implicare
l'assoggettamento della prestazione di subfornitura all'osservanza di
piu' o meno penetranti (a seconda della natura  della  lavorazione  e
del prodotto)  direttive  tecniche  del  committente.  Quelle  stesse
direttive tecniche che questi avrebbe  dovuto  osservare  ove  avesse
optato  per  mantenere  all'interno  della   propria   organizzazione
l'intero ciclo di produzione». 
    Cio' che, appunto, sempre secondo il giudice della  nomofilachia,
«diversifica  il   rapporto   di   subfornitura   commerciale   [...]
dall'appalto  d'opera  o  di  servizi,  nel  quale  l'appaltatore  e'
chiamato,  nel  raggiungimento  del  risultato,  ad  una  prestazione
rispondente ad autonomia non solo organizzativa  ed  imprenditoriale,
ma anche tecnico-esecutiva; con  quanto  ne  deriva  in  ordine  alla
maggior ampiezza della sua responsabilita' per i vizi della cosa e la
sua non perfetta rispondenza a quanto convenuto». 
    5.- La Corte rimettente non  ignora  la  riferita  duplicita'  di
opzioni interpretative in tema di subfornitura  e  si  dichiara  anzi
«consapevole del dibattito sorto tra gli studiosi  del  diritto»,  in
occasione dell'entrata in vigore della legge n. 192 del 1998. 
    Ma cio' che trascura poi di considerare  e'  che  ciascuno  degli
orientamenti  emersi,  in  chiave  di  riconducibilita'  o  meno  del
contratto di subfornitura alla cornice concettuale e  disciplinatoria
dell'appalto e del subappalto, e'  comunque  aperto,  e  non  chiuso,
all'estensione della  responsabilita'  solidale  del  committente  ai
crediti di lavoro dei dipendenti del subfornitore. 
    Una tale estensione costituisce naturale  corollario  della  tesi
che configura la subfornitura  come  "sottotipo"  dell'appalto  e,  a
maggior ragione, di quella che sostanzialmente equipara i due negozi. 
    Ma, anche nel contesto del diverso orientamento, che considera la
subfornitura  come   "tipo"   negoziale   autonomo,   tale   premessa
interpretativa  non  e',  per  lo  piu',  ritenuta  preclusiva  della
applicazione, in  via  analogica,  della  disposizione  censurata  in
favore dei dipendenti del subfornitore. 
    All'obiezione per cui la natura  eccezionale  della  norma  sulla
responsabilita'  solidale  del  committente  osterebbe  ad  una   sua
applicazione estensiva in favore di una platea  di  soggetti  diversi
dai dipendenti dell'appaltatore o subappaltatore (ai  quali  soltanto
la norma stessa fa testuale riferimento)  si  replica,  infatti,  che
l'eccezionalita'  della  responsabilita'  del  committente  e'   tale
rispetto alla disciplina ordinaria della responsabilita' civile - che
esige di correlarsi alla condotta di un soggetto determinato - ma non
lo e' piu' se riferita all'ambito,  ove  pur  distinto,  ma  comunque
omogeneo  in  termini  di   lavoro   indiretto,   dei   rapporti   di
subfornitura. 
    Cio' in quanto la ratio dell'introduzione  della  responsabilita'
solidale del committente - che e' quella di evitare il rischio che  i
meccanismi di decentramento, e di dissociazione fra  titolarita'  del
contratto di lavoro e utilizzazione della prestazione, vadano a danno
dei lavoratori utilizzati nell'esecuzione del contratto commerciale -
non giustifica  una  esclusione  (che  si  porrebbe,  altrimenti,  in
contrasto con  il  precetto  dell'art.  3  Cost.)  della  predisposta
garanzia nei confronti dei dipendenti del subfornitore, atteso che la
tutela del soggetto che assicura una attivita'  lavorativa  indiretta
non puo' non estendersi a tutti i livelli del decentramento. 
    In tal senso venendo anche in rilievo - lo sottolinea  la  difesa
di parte attrice nel giudizio  a  quo  -  la  considerazione  che  le
esigenze di tutela  dei  dipendenti  dell'impresa  subfornitrice,  in
ragione della  strutturale  debolezza  del  loro  datore  di  lavoro,
sarebbero da considerare ancora piu' intense  e  imprescindibili  che
non nel caso di un "normale" appalto. 
    6.- Alla stregua di  quanto  precede,  la  norma  denunciata  e',
pertanto, interpretabile - e va correttamente, dunque, interpretata -
in modo costituzionalmente adeguato e coerente agli evocati parametri
di riferimento: nel senso, appunto, che il committente  e'  obbligato
in solido  (anche)  con  il  subfornitore  relativamente  ai  crediti
lavorativi, contributivi e assicurativi dei dipendenti di questi. 
    L'odierna questione - sollevata sul presupposto di una  (sia  pur
letteralmente  possibile,  ma   comunque   errata)   esegesi   contra
Constitutionem della norma stessa  -  va  dichiarata,  pertanto,  non
fondata.