ha pronunciato la seguente 
 
                              SENTENZA 
 
    nel giudizio di legittimita' costituzionale dell'art. 5, comma 1,
della  legge  2  agosto  1990,  n.  233  (Riforma   dei   trattamenti
pensionistici dei lavoratori autonomi),  e  dell'art.  1,  comma  18,
della legge 8 agosto 1995, n. 335 (Riforma del sistema  pensionistico
obbligatorio e complementare), promosso dal  Tribunale  ordinario  di
Trento, sezione per  le  controversie  di  lavoro,  nel  procedimento
vertente tra G. M. e l'Istituto nazionale  della  previdenza  sociale
(INPS), con ordinanza del 6 ottobre  2015,  iscritta  al  n.  59  del
registro ordinanze 2016 e pubblicata nella Gazzetta  Ufficiale  della
Repubblica n. 13, prima serie speciale, dell'anno 2016. 
    Visti  l'atto  di  costituzione  dell'INPS,  nonche'  l'atto   di
intervento del Presidente del Consiglio dei ministri; 
    udito nella udienza pubblica  del  7  novembre  2017  il  Giudice
relatore Giulio Prosperetti; 
    uditi l'avvocato Luigi Caliulo  per  l'INPS  e  l'avvocato  dello
Stato Federico Basilica per il Presidente del Consiglio dei ministri. 
 
                          Ritenuto in fatto 
 
    1.- Il Tribunale ordinario di Trento, sezione per le controversie
di lavoro, con ordinanza del 6 ottobre 2015, solleva, in  riferimento
all'art.  3,  primo   comma,   della   Costituzione,   questione   di
legittimita' costituzionale dell'art.  5,  comma  1,  della  legge  2
agosto 1990,  n.  233  (Riforma  dei  trattamenti  pensionistici  dei
lavoratori autonomi), e dell'art. 1, comma 18, della legge  8  agosto
1995, n.  335  (Riforma  del  sistema  pensionistico  obbligatorio  e
complementare), nelle parti in cui  individuano,  rispettivamente  le
ultime 520 settimane e 780 settimane coperte da contribuzione  -  cui
si riferiscono i redditi  da  computare  per  la  determinazione  del
reddito medio annuo costituente la base di  calcolo  del  trattamento
pensionistico - in quelle  anteriori  alla  data  di  insorgenza  del
diritto alla decorrenza della pensione, anziche' in quelle  anteriori
alla  data  di   maturazione   dei   requisiti   per   l'accesso   al
pensionamento. 
    In particolare: l'art. 5, comma 1, della legge n. 233  del  1990,
prevede: «La misura dei trattamenti pensionistici da  liquidare,  con
effetto dal 1° luglio 1990, in favore degli iscritti alle gestioni di
cui  all'articolo  1  e'  pari,  per  ogni  anno  di   iscrizione   e
contribuzione alle rispettive gestioni, al 2 per  cento  del  reddito
annuo d'impresa determinato,  per  ciascun  soggetto  assicurato,  ai
sensi dell'articolo 1, quale risulta dalla media dei redditi relativi
agli ultimi dieci anni coperti da contribuzione o al minor numero  di
essi, anteriori alla decorrenza della pensione»; l'art. 1, comma  18,
della legge n. 335 del 1995, stabilisce: «Per i  lavoratori  autonomi
iscritti all'INPS che al 31 dicembre 1992 abbiano avuto un'anzianita'
contributiva pari o superiore ai 15 anni, gli incrementi  di  cui  al
comma 17 ai fini della determinazione della base pensionabile trovano
applicazione nella stessa misura  e  con  la  medesima  decorrenza  e
modalita' di computo ivi previste, entro il limite delle  ultime  780
settimane di contribuzione antecedenti la decorrenza della pensione». 
    1.1.- Il rimettente espone che, con ricorso depositato in data 29
aprile 2014, G. M. ha proposto nei confronti dell'Istituto  nazionale
della previdenza sociale (INPS) domanda di accertamento  del  diritto
alla pensione di anzianita' nella gestione artigiani, a decorrere dal
1° giugno 2013, avendo maturato, alla data del 31 dicembre  2011,  un
numero di contributi settimanali superiore  a  quello  richiesto  per
conseguire il diritto al trattamento pensionistico. 
    Dopo aver illustrato alcuni aspetti della questione e le fasi del
procedimento, il  rimettente  rappresenta,  in  particolare,  che  in
ottemperanza all'ordinanza pronunciata  nel  corso  del  giudizio  le
parti  avevano  depositato  conteggi  coincidenti  in   ordine   alla
decorrenza del trattamento (1° giugno 2013), ma  difformi  in  ordine
all'entita' del trattamento: per il ricorrente, il rateo  mensile  di
pensione di anzianita' alla data del 1° giugno 2013  ammonterebbe  ad
euro 2.703,62 mentre, secondo l'INPS, il trattamento corrisponderebbe
ad euro 2.462,85. 
    1.2.- Il rimettente afferma che la difformita' riscontrata fra il
conteggio effettuato dal ricorrente e quello effettuato dall'Istituto
previdenziale deriva «pacificamente» dalla diversa individuazione  ad
opera delle parti della data da cui individuare  retroattivamente  le
ultime 520 settimane coperte da contribuzione, ai  fini  del  computo
della cosiddetta quota A (afferente, ai sensi dell'art. 5,  comma  1,
della   legge   n.   233   del   1990,   la   contribuzione   versata
dall'interessato alla gestione speciale per gli artigiani fino al  31
dicembre 1992), e le ultime 780 settimane coperte  da  contribuzione,
ai fini del computo della cosiddetta  quota  B  (inerente,  ai  sensi
dell'art. 1, comma 18, della legge n. 335 del 1995, la  contribuzione
versata alla medesima gestione previdenziale dal 1° gennaio 1993). 
    Secondo il ricorrente, tali settimane vanno individuate in quelle
antecedenti la data di maturazione dei  requisiti  per  l'accesso  al
pensionamento (30 novembre 2011). Diversamente, l'INPS  individua  le
ultime 520 settimane e le ultime 780  coperte  da  contribuzione,  in
quelle antecedenti al 1° giugno 2013, data di insorgenza del  diritto
alla decorrenza della pensione. Cio' in quanto l'art.  12,  comma  2,
lettera b), del decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78  (Misure  urgenti
in  materia  di  stabilizzazione  finanziaria  e  di   competitivita'
economica), convertito, con  modificazioni,  dalla  legge  30  luglio
2010, n. 122, ha separato i due momenti, prevedendo un intervallo  di
diciotto  mesi,  cosiddetta  "finestra  mobile",  fra  la   data   di
maturazione dei requisiti e la data di insorgenza  del  diritto  alla
pensione. 
    Pertanto, il rimettente  assume  che  il  contrasto  concerne  la
questione se, ai fini dell'individuazione delle 520 settimane, ovvero
delle 780 coperte da  contribuzione  (alle  quali  si  riferiscono  i
redditi da computare per la determinazione del  reddito  medio  annuo
costituente la base di calcolo del trattamento pensionistico),  debba
essere considerato o meno il predetto intervallo  di  tempo  previsto
dalla "finestra mobile". 
    Ad avviso del rimettente, la  littera  legis  delle  disposizioni
scrutinate,  facendo  espresso  riferimento  alla  «decorrenza  della
pensione», conduce a  ritenere  che  le  predette  settimane  debbano
essere computate  decorso  il  periodo  di  diciotto  mesi,  ma  cio'
determinerebbe  conseguenze  irragionevoli  nell'ipotesi  in  cui  il
lavoratore, come nel caso di specie, una volta maturati  i  requisiti
di accesso al pensionamento, anziche' cessare l'attivita' lavorativa,
la prosegua nel periodo di attesa  per  conseguire  il  diritto  alla
decorrenza della pensione, producendo,  pero',  redditi  inferiori  a
quelli dichiarati nei diciotto mesi  precedenti  la  maturazione  dei
requisiti. 
    1.3.-  Cio'  posto,  il  giudice  rimettente  solleva   d'ufficio
questione di legittimita' costituzionale delle  disposizioni  di  cui
all'art. 5, comma 1, della legge n. 233 del 1990, e all'art. 1, comma
18, della legge n. 335 del 1995, assumendo che  esse  si  pongono  in
contrasto con il precetto di cui all'art. 3, primo comma, Cost. 
    1.4.- Il rimettente deduce che, stante la separazione fra momento
di maturazione del  requisito  per  l'accesso  al  pensionamento  (30
novembre 2011) e data di conseguimento del  diritto  alla  decorrenza
della  pensione  (1°  giugno   2013),   il   lavoratore   interessato
riceverebbe, a tale data, un trattamento quantitativamente  inferiore
a quello in precedenza spettante (ma non esigibile)  all'epoca  della
maturazione dei requisiti per l'accesso al pensionamento. 
    Secondo  il  rimettente  sarebbe  «contraria  al   principio   di
razionalita', insito nel precetto ex art. 3 comma 1  Cost.,  sia  nel
senso di razionalita' pratica, sia nel senso di razionalita' formale,
cioe' del principio logico di non  contraddizione  (in  questo  senso
Corte cost. n. 113 del 2015  e  n.  172  del  1996),  una  norma  che
determini in  presenza  di  ulteriore  contribuzione  un  trattamento
pensionistico inferiore a quello  che  sarebbe  stato  attribuito  in
mancanza di quella stessa contribuzione». Per il  rimettente  sarebbe
evidente che un  lavoratore,  una  volta  maturati  i  requisiti  per
l'accesso al pensionamento, non puo' subire una diminuzione  del  suo
trattamento pensionistico per il solo  fatto  di  aver  maturato  una
maggiore contribuzione, essendo illogico che  il  versamento  di  una
ulteriore contribuzione determini una riduzione delle prestazioni. 
    2.-  Con  atto  depositato  il  19  aprile  2016,  l'INPS  si  e'
costituito  nel  giudizio  incidentale,   chiedendo   di   dichiarare
manifestamente infondata la questione di legittimita'  costituzionale
sollevata. 
    Ad avviso dell'INPS, il giudice rimettente «sembra muovere da  un
duplice presupposto palesemente errato:  il  calcolo  della  pensione
puo' essere piegato alle esigenze del  singolo  assicurato  e  dunque
registrare variazioni nelle modalita' di svolgimento e di esecuzione;
esiste un momento di perfezionamento dei requisiti diverso da  quello
di maturazione del diritto a ricevere la pensione». 
    Rileva, in particolare, l'Istituto previdenziale  che,  ai  sensi
dell'art. 22, quinto comma,  della  legge  30  aprile  1969,  n.  153
(Revisione degli ordinamenti pensionistici  e  norme  in  materia  di
sicurezza  sociale),  la  pensione  di  anzianita',   oggetto   della
controversia,  decorreva  normalmente  dal  primo  giorno  del   mese
successivo a quello di presentazione  della  domanda  a  seguito  del
perfezionamento dei requisiti assicurativi, contributivi e  ferma  la
cessazione dell'attivita'. Il sistema, tuttavia, ha subito una  serie
di modifiche, per effetto di norme che hanno differito  il  tempo  di
decorrenza del trattamento, a  partire  dall'art.  1,  comma  1,  del
decreto-legge 19 settembre 1992, n. 384 (Misure urgenti in materia di
previdenza, di sanita' e di pubblico  impiego,  nonche'  disposizioni
fiscali), convertito, con  modificazioni,  dalla  legge  14  novembre
1992, n. 438. 
    Evidenzia l'INPS che in tale contesto si colloca l'art. 12, comma
2, lettera b), del d.l.  n.  78  del  2010,  stabilendo  che,  per  i
lavoratori autonomi iscritti alla specifica  gestione  previdenziale,
il  trattamento  pensionistico  decorra  dopo  diciotto  mesi   dalla
maturazione  dei   relativi   requisiti.   Secondo   l'Istituto,   il
legislatore ha cosi'  ritenuto  non  piu'  sufficiente  il  requisito
contributivo per la sussistenza del diritto, prevedendo il decorso di
un  ulteriore  segmento  temporale  ai  fini  della  concessione  del
trattamento.  Afferma,  in  proposito,  l'INPS   che   tale   valenza
costitutiva del fattore tempo «si fonda  sulla  valorizzazione  della
natura di tale elemento quale ulteriore integrazione, con riferimento
alla pensione di anzianita', dell'eta' anagrafica: il diritto  dunque
si perfeziona solo una volta  che  e'  completamente  trascorso  tale
ulteriore lasso temporale indicato dalla legge (cfr. Cass. sez.  lav.
24 agosto 2007 n. 18041)». 
    Aggiunge, inoltre, l'Istituto che elementi accidentali  come  una
temporanea flessione degli incassi non «puo' indurre  ad  accreditare
una lettura delle disposizioni che "adatti" la  determinazione  della
quota   alle   particolari   esigenze   dell'assicurato,   anche   in
considerazione del fatto che tali  eventi  si  verificano  prima  che
siano perfezionati i requisiti per  la  maturazione  del  diritto  al
momento della decorrenza della pensione». 
    3.- Il Presidente del Consiglio  dei  ministri,  rappresentato  e
difeso dall'Avvocatura  generale  dello  Stato,  e'  intervenuto  nel
presente giudizio, con atto depositato il 19 aprile  2016,  chiedendo
di dichiarare infondata la questione. 
    Assume  l'interveniente  che  la  modalita'  di  attuazione   del
principio sancito dall'art. 38 Cost.  compete  alla  discrezionalita'
del legislatore, nella quale rientrano «le mutevoli scelte  politiche
che via via orientano la disciplina del periodo di riferimento per la
determinazione  della  retribuzione  pensionabile,  nel  senso  della
semplificazione del sistema ovvero di  garantire  al  lavoratore  una
piu' favorevole base di calcolo oppure al contrario di  attenuare  il
disavanzo del sistema». 
    Rileva  l'Avvocatura  generale  dello  Stato  che  le  cosiddette
"finestre mobili", previste dall'art. 12 del d.l.  n.  78  del  2010,
sono finalizzate al contenimento della spesa, differendo il pagamento
della prestazione in un momento successivo a quello  nel  quale  sono
maturati i requisiti per il pensionamento  e  che,  conseguentemente,
l'impostazione sostenuta dal giudice  rimettente  condurrebbe  ad  un
aumento della spesa pubblica. 
    3.1.- Con memoria  depositata  il  17  ottobre  2017,  la  difesa
erariale, nel ribadire le considerazioni gia' formulate nell'atto  di
intervento,  insiste  per  la  dichiarazione  di  infondatezza  della
questione di legittimita' costituzionale. 
 
                       Considerato in diritto 
 
    1.- Il Tribunale ordinario di Trento, sezione per le controversie
di lavoro, con ordinanza del 6 ottobre  2015,  solleva  questione  di
legittimita' costituzionale, per violazione dell'art. 3, primo comma,
della Costituzione, dell'art. 5, comma 1, della legge 2 agosto  1990,
n.  233  (Riforma  dei  trattamenti  pensionistici   dei   lavoratori
autonomi), e dell'art. 1, comma 18, della legge 8 agosto 1995, n. 335
(Riforma del sistema  pensionistico  obbligatorio  e  complementare),
nelle  parti  in  cui  individuano,  rispettivamente  le  ultime  520
settimane  e  780  settimane  coperte  da  contribuzione  -  cui   si
riferiscono i redditi da computare per la determinazione del  reddito
medio  annuo  costituente  la  base  di   calcolo   del   trattamento
pensionistico - in quelle  anteriori  alla  data  di  insorgenza  del
diritto alla decorrenza della pensione, anziche' in quelle  anteriori
alla  data  di   maturazione   dei   requisiti   per   l'accesso   al
pensionamento. 
    Il giudizio a quo  concerne  la  determinazione  del  trattamento
pensionistico di anzianita' di un lavoratore autonomo che ha maturato
i requisiti anagrafici e contributivi il  30  novembre  2011,  ma  ha
conseguito il diritto alla decorrenza della  pensione  diciotto  mesi
dopo, cioe' dal 1° giugno 2013, per effetto della "finestra  mobile",
introdotta dall'art. 12, comma 2, lettera b),  del  decreto-legge  31
maggio 2010, n. 78 (Misure  urgenti  in  materia  di  stabilizzazione
finanziaria  e  di   competitivita'   economica),   convertito,   con
modificazioni, dalla legge 30 luglio 2010, n. 122. 
    Espone il rimettente che il ricorrente nel  giudizio  principale,
pur avendo continuato a prestare attivita'  lavorativa  nei  diciotto
mesi intercorrenti fra la  maturazione  dei  requisiti  anagrafici  e
contributivi per la pensione e  la  sua  decorrenza,  e  aver  quindi
conseguito ulteriore contribuzione, si vedrebbe tuttavia  attribuito,
a causa della flessione nel reddito conseguito nel predetto  periodo,
che ha inciso negativamente sulla base di computo del trattamento, un
rateo pensionistico  inferiore  a  quello  determinabile  qualora  le
settimane  da  prendere  in  considerazione   siano   computate   dal
conseguimento del requisito anagrafico e contributivo. 
    Il giudice rimettente  ritiene  che  le  disposizioni  scrutinate
siano irragionevoli e, come tali, contrarie all'art. 3 Cost., nel far
decorrere dalla data di accesso al pensionamento le settimane coperte
da contribuzione cui riferire i redditi da  computare,  qualora  cio'
determini, come avvenuto nel caso in esame, un trattamento  deteriore
rispetto a  quello  calcolabile  al  momento  del  conseguimento  del
requisito pensionistico, nonostante l'ulteriore attivita' lavorativa,
con correlata contribuzione, espletata nel periodo di attesa  imposto
dal sistema della "finestra mobile". Ad avviso  del  rimettente,  una
volta maturati il requisito anagrafico e quello contributivo previsti
dall'ordinamento per accedere  al  pensionamento  di  anzianita',  il
lavoratore,  difatti,  non  potrebbe   subire   una   riduzione   del
trattamento determinabile a tale  data,  pur  avendo  conseguito  una
ulteriore contribuzione. 
    2.- La questione di  legittimita'  costituzionale  sollevata  dal
Tribunale di Trento va dichiarata inammissibile. 
    2.1.-  Il  rimettente   evidenzia   l'irragionevolezza   di   una
successiva  contribuzione,  conseguita  per  l'attivita'   lavorativa
espletata  durante  il  periodo  della  "finestra",  che  invece   di
determinare un incremento del trattamento  pensionistico  calcolabile
alla data di maturazione dei suoi requisiti, ne  comporta,  come  nel
caso di specie, una riduzione. Tuttavia,  l'effetto  cosi'  segnalato
dal rimettente non e' determinato dalle disposizioni scrutinate. 
    E', difatti, l'art. 12, comma 2, lettera b), del d.l. n.  78  del
2010, a distinguere tra maturazione dei requisiti e conseguimento del
diritto alla decorrenza del trattamento pensionistico, stabilendo che
la pensione si  consegue  «trascorsi  diciotto  mesi  dalla  data  di
maturazione dei previsti requisiti» e, conseguentemente, a  porre  il
reale thema decidendum dell'odierna questione, costituito dal rilievo
e  dalla  qualificazione  giuridica  del  periodo  di  attesa   della
cosiddetta "finestra", allorche'  l'assicurato  prosegua  l'attivita'
lavorativa e quindi la contribuzione, ai  fini  della  determinazione
dell'entita' del trattamento pensionistico de quo. 
    In proposito,  si  rileva  che  la  coincidenza  fra  momento  di
maturazione dei requisiti  e  decorrenza  del  trattamento  e'  stata
ripristinata per i  lavoratori  che  maturino,  a  decorrere  dal  1°
gennaio  2012,  i  requisiti  per  la  pensione  anticipata  prevista
dall'art. 24 del decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201  (Disposizioni
urgenti per la crescita, l'equita'  e  il  consolidamento  dei  conti
pubblici), convertito, con modificazioni,  dalla  legge  22  dicembre
2011, n. 214. Difatti, la predetta disposizione, nel  sostituire  per
tali lavoratori l'istituto della pensione di  anzianita'  con  quello
della  pensione  anticipata,  stabilendo  per   essa   piu'   elevati
requisiti,  non  prevede  piu'  (comma  5)  per  tale   nuova   forma
pensionistica  l'applicazione  della   disciplina   della   "finestra
mobile", di cui all'art. 12, commi 1 e 2, del d.l. n.  78  del  2010,
come convertito. Tale circostanza conferma  che  l'effetto  censurato
dal  rimettente  non  sarebbe  determinato  dalle  sole  disposizioni
censurate. 
    2.2.- Pertanto, va dichiarata la inammissibilita' della questione
in esame, per non corretta individuazione della norma denunciata  (ex
plurimis, sentenze n. 85 del 2015, n. 59 del 2013, n. 241 del 2012  e
n. 47 del 2008; ordinanza n. 335 del 2010).