ha pronunciato la seguente 
 
                              SENTENZA 
 
    nel giudizio di legittimita' costituzionale  dell'art.  1,  comma
754, della legge 28 dicembre 2015, n. 208, recante «Disposizioni  per
la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello  Stato  (legge
di stabilita' 2016)»,  promosso  dalla  Regione  Veneto  con  ricorso
notificato il 26-29 febbraio  2016,  depositato  in  cancelleria  l'8
marzo 2016 ed iscritto al n. 17 del registro ricorsi 2016. 
    Visto l'atto di costituzione del  Presidente  del  Consiglio  dei
ministri; 
    udito nella udienza pubblica  del  6  febbraio  2018  il  Giudice
relatore Giovanni Amoroso; 
    uditi gli avvocati Luca Antonini e Andrea Manzi  per  la  Regione
Veneto e l'avvocato dello Stato Andrea Fedeli per il  Presidente  del
Consiglio dei ministri. 
 
                          Ritenuto in fatto 
 
    1.- Con ricorso notificato il 26-29 febbraio  2016  e  depositato
l'8  marzo  2016,  la  Regione  Veneto  ha  promosso   questioni   di
legittimita' costituzionale, tra gli altri, dell'art. 1,  comma  754,
della legge 28 dicembre 2015, n. 208, recante  «Disposizioni  per  la
formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato  (legge  di
stabilita' 2016)», in riferimento agli artt. 3; 5; 97; 117,  terzo  e
quarto comma; 118; 119 e 120 della Costituzione e per violazione  del
principio di leale collaborazione. 
    La disposizione impugnata attribuisce alle Province e alle Citta'
metropolitane delle Regioni a statuto  ordinario  un  contributo  per
l'esercizio  delle  funzioni  in  tema  di  viabilita'  ed   edilizia
scolastica  fissato  in  un  ammontare  complessivo   e   determinato
distintamente per ogni anno a partire dal 2016, demandando il riparto
del  contributo,  in  favore   di   ciascuna   Provincia   e   Citta'
metropolitana, ad un decreto del Ministro dell'interno,  di  concerto
con il Ministro dell'economia e delle finanze e il Ministro  delegato
per gli affari regionali e le autonomie,  da  adottare  entro  il  28
febbraio  2016,  sentita  la  Conferenza  Stato-citta'  ed  autonomie
locali. 
    La Regione ricorrente  lamenta  che  il  riparto  del  contributo
prescinde in modo del tutto irragionevole dalle competenze  regionali
in  materia   di   programmazione   e   coordinamento   dell'edilizia
scolastica, «che sole potrebbero permettere una  gestione  dei  fondi
organica  e  funzionale  alle  effettive   e   complessive   esigenze
dell'intero territorio regionale» e deduce quindi che la disposizione
impugnata si pone in contrasto con gli  artt.  5  e  120  Cost.,  per
violazione del principio di leale collaborazione, e con gli artt.  3;
97; 117, terzo e quarto comma; 118 e 119 Cost., in quanto, prevedendo
che sia solo sentita la Conferenza Stato-citta' e  autonomie  locali,
anziche'  stabilire  l'intesa  in  sede  di   Conferenza   unificata,
prescinde dal coinvolgimento delle Regioni, mentre, stante l'indubbio
intreccio  di  competenze  concorrenti   (governo   del   territorio,
istruzione, protezione civile), soltanto la previsione  di  un'intesa
nell'ambito  della  Conferenza  unificata  renderebbe  legittimo   un
contributo a  destinazione  vincolata,  in  virtu'  del  processo  di
concertazione e condivisione. 
    Inoltre -  lamenta  ulteriormente  la  Regione  ricorrente  -  la
disposizione censurata stabilisce  un  vincolo  di  destinazione  del
contributo suddetto volto a finanziare «il  normale  esercizio  delle
funzioni» e si rivolge indistintamente a tutte le Province  e  Citta'
metropolitane,  configurando  cosi'  un   intervento   aggiuntivo   o
speciale, al di fuori dei presupposti stabiliti dalla  giurisprudenza
costituzionale, in relazione al quale a maggior ragione sarebbe stata
necessaria l'intesa. 
    2.- Il Presidente del Consiglio  dei  ministri,  rappresentato  e
difeso dall'Avvocatura generale dello Stato,  si  e'  costituito  nel
presente  giudizio,  chiedendo  che  la  questione   sia   dichiarata
inammissibile o  non  fondata  ed  affermando  che  le  regole  e  le
modalita'  volte  alla  razionalizzazione  e  riduzione  della  spesa
pubblica e alla  riduzione  delle  spese  territoriali  costituiscono
piena attuazione del coordinamento della  finanza  pubblica,  di  cui
agli artt. 117, terzo comma, e 119, secondo comma, Cost.  e  che  non
sono previste norme di dettaglio, lesive dell'autonomia di cui godono
le Regioni. 
    3.- Con memoria depositata in  data  18  aprile  2017,  in  vista
dell'udienza fissata  originariamente  per  il  10  maggio  2017,  la
Regione Veneto ha ribadito le precedenti  argomentazioni  a  sostegno
della illegittimita' costituzionale della disposizione censurata. 
    Con ulteriore memoria depositata in  data  16  gennaio  2018,  la
Regione  ha  sostenuto  in  particolare  che  nessun  rilievo  assume
l'intervenuto mutamento del quadro normativo: a seguito  dell'entrata
in vigore dell'art. 8, comma 1-ter, del decreto-legge 24 giugno 2016,
n.113 (Misure finanziarie urgenti per  gli  enti  territoriali  e  il
territorio), convertito, con modificazioni, in legge 7  agosto  2016,
n.  160,  la  disposizione  censurata  e'   stata   modificata   solo
nell'ammontare del contributo, con la conseguenza che  tale  modifica
non ha inciso  sulle  censure  sviluppate  nel  ricorso,  non  avendo
eliminato la lesione dell'autonomia regionale. 
    4.- Anche l'Avvocatura generale dello  Stato  ha  depositato,  in
data 18 aprile 2017,  una  prima  memoria,  ribadendo  le  precedenti
conclusioni in punto di non fondatezza della questione. 
    In particolare l'Avvocatura  ha  posto  in  rilievo  come,  nella
perdurante  situazione  di  mancata  attuazione  delle   prescrizioni
costituzionali in tema di autonomia finanziaria di entrata e di spesa
delle Regioni e degli enti locali, sia ben  possibile  per  lo  Stato
intervenire in tutti i casi in cui occorra rispondere all'esigenza di
assicurare un livello uniforme  di  godimento  dei  diritti  tutelati
dalla Costituzione. Inoltre, la disposizione in esame si  inserirebbe
nel piu' ampio disegno  legislativo  volto  al  «coordinamento  della
finanza pubblica» e a tal riguardo richiama  la  sentenza  di  questa
Corte n. 272 del 2015, secondo cui  la  predetta  attivita'  statuale
comprende anche quelle attivita' «aventi la funzione di "riorientare"
la spesa pubblica [...] per una complessiva  maggior  efficienza  del
sistema». 
    Con una successiva memoria  del  16  gennaio  2018,  l'Avvocatura
generale dello Stato ha insistito nel  sostenere  l'infondatezza  del
ricorso  senza  pero'  nulla  osservare  quanto  al   mutato   quadro
normativo. 
 
                       Considerato in diritto 
 
    1.- La Regione  Veneto  ha  promosso  questioni  di  legittimita'
costituzionale, tra gli altri, dell'art. 1, comma 754, della legge 28
dicembre 2015, n. 208, in riferimento agli artt. 3; 5; 97; 117, terzo
e quarto comma;  118;  119  e  120  della  Costituzione,  nonche'  al
principio di leale collaborazione. 
    La disposizione  impugnata  stabilisce:  «Alle  province  e  alle
citta' metropolitane delle regioni a statuto ordinario e'  attribuito
un contributo complessivo di 495 milioni di euro nell'anno 2016,  470
milioni di euro per ciascuno degli  anni  dal  2017  al  2020  e  400
milioni di euro annui a decorrere dall'anno 2021, di cui 245  milioni
di euro per l'anno 2016, 220 milioni di euro per ciascuno degli  anni
dal 2017 al 2020 e 150 milioni di euro annui  a  decorrere  dall'anno
2021 a favore delle province e 250 milioni di  euro  a  favore  delle
citta'  metropolitane,  finalizzati  al  finanziamento  delle   spese
connesse  alle  funzioni  relative  alla  viabilita'  e  all'edilizia
scolastica. Con decreto del Ministro dell'interno, di concerto con il
Ministro dell'economia e delle finanze e il Ministro delegato per gli
affari regionali e le autonomie, da adottare  entro  il  28  febbraio
2016, sentita la Conferenza  Stato-citta'  ed  autonomie  locali,  e'
stabilito il riparto del contributo di  cui  al  periodo  precedente,
tenendo anche conto degli impegni desunti dagli ultimi tre rendiconti
disponibili relativi alle voci di spesa di cui al primo periodo». 
    La Regione ricorrente  lamenta  che  il  riparto  del  contributo
suddetto prescinde in modo del tutto irragionevole  dalle  competenze
regionali in materia di programmazione e coordinamento  dell'edilizia
scolastica, dal momento che la disposizione censurata, nel  demandare
il riparto del contributo  ad  un  successivo  decreto  ministeriale,
prevede  soltanto  che  sia  sentita  la  Conferenza  Stato-citta'  e
autonomie locali, anziche' prescrivere l'intesa in sede di Conferenza
unificata,  prescindendo  cosi'  dal  coinvolgimento  delle  Regioni,
mentre,  stante  l'indubbio  intreccio  di   competenze   concorrenti
(governo  del  territorio,  istruzione,  protezione  civile)  sarebbe
necessaria la previsione di un'intesa  nell'ambito  della  Conferenza
unificata Stato-Regioni ed autonomie locali. 
    2.- Le questioni sono inammissibili per sopravvenuta  carenza  di
interesse della Regione ricorrente. 
    3.- Deve premettersi che, successivamente alla  proposizione  del
ricorso e' stato emanato il decreto-legge  24  giugno  2016,  n.  113
(Misure  finanziarie  urgenti  per  gli  enti   territoriali   e   il
territorio), convertito, con modificazioni, in legge 7  agosto  2016,
n. 160, la quale all'art. 8 - rubricato «Riparto del contributo  alla
finanza pubblica di province e citta' metropolitane» - ha,  al  comma
1-ter, specificamente previsto il riparto dei contributi di cui  alla
disposizione censurata, rinviando alla Tabella 2, allegata al decreto
stesso e recante l'indicazione degli  importi  destinati  a  ciascuna
Provincia e Citta' metropolitana. Tale disposizione,  infatti,  cosi'
dispone: «Per l'anno 2016, l'ammontare del contributo di cui al comma
754 dell'articolo 1 della legge 28 dicembre 2015, n. 208, a favore di
ciascuna provincia e citta' metropolitana  delle  regioni  a  statuto
ordinario  e'  stabilito  negli  importi  indicati  nella  tabella  2
allegata al presente decreto». 
    Quanto al riparto del contributo  in  relazione  alle  annualita'
successive al 2016,  dapprima,  in  data  23  marzo  2017,  e'  stato
raggiunto l'accordo - ai sensi dell'art. 9 del decreto legislativo 28
agosto 1997, n. 281 (Definizione ed  ampliamento  delle  attribuzioni
della Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e
le province autonome di Trento e  Bolzano  ed  unificazione,  per  le
materie ed  i  compiti  di  interesse  comune  delle  regioni,  delle
province e dei comuni, con la Conferenza  Stato-citta'  ed  autonomie
locali) - in sede di Conferenza  Stato-citta'  ed  autonomie  locali.
Successivamente - ed in conformita' a tale accordo - e' stato emanato
il decreto-legge 24 aprile  2017,  n.  50  (Disposizioni  urgenti  in
materia finanziaria, iniziative a  favore  degli  enti  territoriali,
ulteriori interventi per le zone colpite da eventi sismici  e  misure
per lo sviluppo), convertito, con modificazioni, in legge  21  giugno
2017, n. 96, il quale, all'art. 17, ha disciplinato  il  riparto  del
contributo in questione per le  annualita'  successive  al  2016.  In
particolare il citato art. 17, collocato nel Titolo II  (Disposizioni
urgenti in materia di enti territoriali), prescrive:  «Per  gli  anni
2017 e seguenti l'ammontare del contributo  di  cui  all'articolo  1,
comma 754, della legge 28 dicembre 2015, n. 208, a favore di ciascuna
provincia e citta' metropolitana delle regioni a  statuto  ordinario,
e' stabilito  nell'importo  indicato  nella  tabella  3  allegata  al
presente decreto». 
    Si ha quindi, nel complesso, che, diversamente da quanto previsto
dalla  disposizione  censurata,  il  riparto  del   contributo,   ivi
previsto, non e' avvenuto, per tutte le annualita' dal 2016 al  2021,
nonche' a regime per ogni anno successivo al 2021,  con  decreto  del
Ministro dell'interno, di concerto con il  Ministro  dell'economia  e
delle finanze e il Ministro delegato per gli affari  regionali  e  le
autonomie, ma con le  due  menzionate  disposizione  legislative;  le
quali - lasciando invariato l'ammontare complessivo del contributo  -
hanno direttamente operato il riparto di cui al comma 754 dell'art. 1
della  legge  n.  208  del  2015,   sostituendosi,   in   tal   modo,
all'originaria previsione secondo cui il riparto dello stesso sarebbe
dovuto avvenire con decreto del Ministro dell'interno. 
    Contrariamente a quanto  sostenuto  dalla  difesa  della  Regione
ricorrente, e' testuale che dapprima l'art.  8,  comma  1-ter,  della
legge n. 160 del 2016, quanto all'annualita' 2016, e  poi  l'art.  17
del d.l. n. 50 del 2017, quanto a tutte le annualita' successive fino
al  2021  nonche',  a  regime,  per  ogni  anno  ulteriore,   abbiano
direttamente operato il riparto dei contributi in relazione  a  tutte
le medesime annualita' indicate nella disposizione censurata, come si
evince dalla lettura delle tabelle cui tali disposizioni rinviano. Le
quali,  sovrapponendosi  a   quella   censurata,   hanno   comportato
l'abrogazione di quest'ultima, quanto al riparto del contributo,  per
incompatibilita'  con  la  nuova  disciplina  (ex   art.   15   delle
disposizioni preliminari al codice civile). 
    Si tratta, allora, di verificare come tale successione nel  tempo
delle citate disposizioni - che non risultano essere state  impugnate
dalla Regione Veneto, ne' da altre Regioni -  incida  sulle  proposte
questioni di legittimita' costituzionale. 
    4.- Deve innanzi tutto escludersi che sia cessata la materia  del
contendere. 
    La Regione si duole che il riparto del contributo  in  questione,
in  favore  di   Province   e   Citta'   metropolitane,   sia   stato
originariamente previsto con atto amministrativo del potere esecutivo
senza coinvolgimento, ne' interlocuzione, della Conferenza unificata,
ma solo sentita  la  Conferenza  Stato-citta'  ed  autonomie  locali,
chiedendo che, con pronuncia  additiva  di  incostituzionalita',  sia
introdotta, nella disposizione censurata, la previa intesa in sede di
Conferenza unificata. 
    Successivamente - come gia' sopra  rilevato  -  tale  riparto  e'
stato  operato  dapprima  dal  legislatore  in  sede  di   legge   di
conversione di un decreto legge per il  primo  anno  (art.  8,  comma
1-ter, della legge n. 160 del 2016) e, per le annualita'  a  seguire,
dal Governo con decreto legge (art. 17 del  d.l.  n.  50  del  2017),
previo accordo in sede di Conferenza Stato-citta' e autonomie locali. 
    E'  stato  quindi  gia'  interamente  operato  il   riparto   del
contributo, ma senza  alcun  coinvolgimento  o  interlocuzione  della
Conferenza unificata; sicche' non solo la richiesta della Regione  di
adeguato coinvolgimento in sede di  riparto  del  contributo  non  e'
stata accolta, ma anzi la denunciata lesione delle dedotte competenze
regionali si sarebbe pienamente consumata  con  le  due  disposizioni
legislative che hanno direttamente regolato il riparto in  luogo  del
decreto  ministeriale  originariamente  previsto  dalla  disposizione
impugnata senza alcuna interlocuzione con le Regioni. 
    Cio'  assicura  che  non  e'  cessata  affatto  la  materia   del
contendere essendo rimasta insoddisfatta  la  pretesa  della  regione
ricorrente. 
    In  proposito  questa  Corte  ha  affermato   che   ricorrono   i
presupposti  di  una  decisione  di  cessazione  della  materia   del
contendere solo ove lo ius superveniens abbia carattere  satisfattivo
delle doglianze mosse con il ricorso e non vi sia stata  applicazione
medio tempore della disposizione censurata (ex plurimis, sentenze  n.
5 del 2018, n. 191, n. 170, n. 59 e n. 8 del 2017). 
    In particolare, in un analogo caso  di  sopravvenuta  abrogazione
della disposizione impugnata con  ricorso  in  via  principale  e  di
introduzione di una nuova disposizione di analogo  contenuto,  questa
Corte  ha  escluso  che  si  fosse  determinata  una  situazione   di
cessazione della materia del contendere ed e'  passata  ad  esaminare
invece  la  possibilita'  del  trasferimento   della   questione   di
legittimita' costituzionale,  ritenuta,  in  quel  caso,  sussistente
(sentenza n. 533 del 2002). 
    5.- Anche in questo giudizio occorre  allora  verificare  se  sia
possibile,  o   no,   trasferire   la   questione   di   legittimita'
costituzionale sulle nuove disposizioni che hanno regolato il riparto
del contributo in esame. 
    In passato, con riferimento  all'ipotesi,  all'epoca  ricorrente,
della reiterazione di decreti-legge non convertiti  (prima  che  cio'
fosse dichiarato, da  questa  Corte,  contrario  a  Costituzione  con
sentenza n. 360 del 1996),  si  riteneva  che  il  venir  meno  della
impugnata disposizione del decreto-legge  non  convertito,  anche  se
riprodotta in altra successiva disposizione, comportasse  tout  court
la manifesta inammissibilita' della relativa questione (ex  plurimis,
ordinanze n. 470, n. 508 e n. 509 del 1993). 
    Pero', a partire dalla sentenza n. 84 del 1996, che ha costituito
un  innovativo  arresto  giurisprudenziale,  in  seguito  piu'  volte
ribadito, si e' affermata la possibilita' del  "trasferimento"  della
questione di legittimita' costituzionale sulla nuova disposizione. La
Corte, muovendo  dalla  distinzione  tra  disposizione  e  norma,  ha
puntualizzato che oggetto della questione di costituzionalita' e'  la
norma (ossia il precetto o regula iuris) veicolata dalla disposizione
(ossia la legge o l'atto avente forza di legge  ex  art.  134  Cost.)
nella misura in  cui  quest'ultima,  a  seguito  di  interpretazione,
esprime tale norma. Se muta la disposizione (per  ius  superveniens),
ma la norma rimane invariata nel  suo  contenuto  (e,  con  essa,  le
censure  che  la  investono),  la  Corte  opera   il   sindacato   di
costituzionalita' sulla medesima norma e riferisce  l'esito  di  tale
scrutinio alla nuova disposizione, sulla quale la  questione  risulta
quindi "trasferita". 
    Questo principio, enunciato per la prima  volta  in  un  giudizio
incidentale   di   legittimita'   costituzionale,   e'   stato    poi
ripetutamente ribadito dalla Corte anche - e soprattutto - in giudizi
in via principale (ex plurimis, sentenze n. 249 del 2014, n.  70  del
2012, n. 40 del 2010, n. 237 e n. 139 del 2009). 
    Inoltre, in linea di  continuita'  con  tale  giurisprudenza,  il
trasferimento della questione di costituzionalita' e' stato  ritenuto
possibile anche quando la nuova disposizione  non  sia  perfettamente
identica a quella originariamente censurata, ma  presenti  differenze
minime e comunque  marginali;  cio'  in  ragione  di  un  concorrente
«principio di effettivita' della tutela  costituzionale  delle  parti
nei giudizi in via d'azione» (sentenza  n.  80  del  2017).  In  tale
evenienza il trasferimento della questione  di  costituzionalita'  in
realta' comporta altresi' una sua qualche estensione, nel  senso  che
il suo oggetto finisce per abbracciare  la  disposizione  anche  come
successivamente modificata, senza per questo sconfinare nell'area del
sindacato  in  via   consequenziale   che   presuppone   invece   una
disposizione (e una norma) diverse. In particolare  si  e'  affermato
che in caso di ius superveniens, la questione  di  legittimita'  deve
essere  trasferita  quando  la  disposizione  impugnata   sia   stata
modificata marginalmente, senza che ne sia  conseguita  l'alterazione
della sua portata precettiva (sentenze n. 30 e n.193  del  2012).  Il
trasferimento deve invece escludersi se, a seguito della modifica, la
disposizione risulti dotata «di un contenuto radicalmente  innovativo
rispetto alla norma originaria» (sentenza n. 219 del 2013); nel  qual
caso la nuova disposizione va impugnata con autonomo  ricorso,  senza
che  sia  possibile  il  trasferimento  che  altrimenti  «supplirebbe
impropriamente all'onere di impugnazione» (sentenze n. 40  del  2016,
n. 17 del 2015, n. 138 del 2014 e  n.  300  del  2012;  nello  stesso
senso, sentenza n. 32 del 2012). 
    Si ha quindi  che  dal  carattere  dispositivo  del  giudizio  di
costituzionalita'  in  via  principale  e  dall'inderogabilita'   del
termine per proporre la relativa impugnativa discende  che  solo  una
modifica del  tutto  marginale  comporta  che  la  questione  rimanga
sostanzialmente negli stessi termini e permanga,  senza  che  vi  sia
lesione del contraddittorio, l'interesse alla decisione  della  parte
ricorrente anche  in  mancanza  di  impugnazione  della  disposizione
sopravvenuta da parte di quest'ultima. 
    6.- Ebbene, nella specie le nuove sopravvenute  disposizioni  sul
riparto del contributo in esame, che si e' gia' rilevato  non  essere
affatto  satisfattive  per  la  Regione  ricorrente,  presentano   un
contenuto  radicalmente   innovativo,   rispetto   a   quello   della
disposizione censurata con il ricorso introduttivo  del  giudizio  di
costituzionalita', e nient'affatto di carattere marginale sia perche'
ben diversa e' la loro portata precettiva rispetto alla  disposizione
censurata, sia  perche'  non  piu'  conferenti  sono  le  ragioni  di
illegittimita'  costituzionale  argomentate  dalla   ricorrente   nel
dedurre la lesione delle competenze regionali. 
    Mentre la disposizione censurata  demandava  il  riparto  ad  una
fonte subordinata, neppure di carattere normativo  bensi'  di  natura
amministrativa  (il  decreto  ministeriale   suddetto),   le   citate
disposizioni legislative sopravvenute (della legge n. 160 del 2016  e
del d.l. n. 50 del 2017), lasciando invariato l'ammontare complessivo
del contributo anno per anno, hanno esse stesse operato il riparto in
favore delle singole Province e Citta' metropolitane, cosi'  elevando
la fonte della sua regolamentazione al livello di normazione primaria
e provvedendo direttamente senza piu' alcun meccanismo di  delega  ad
altra fonte. 
    Inoltre  non  piu'  conferente  e'  la  censura   della   Regione
ricorrente che afferiva al procedimento implicato dalla  disposizione
impugnata nella parte in cui quest'ultima, demandando il  riparto  ad
un atto amministrativo, non contemplava la previa intesa in  sede  di
Conferenza unificata. Una volta elevata la fonte del  riparto  -  non
piu'  l'atto   amministrativo,   qual   era   il   previsto   decreto
ministeriale, bensi' le citate disposizioni di normazione primaria  -
le censure che  in  ipotesi  la  Regione  ricorrente  avrebbe  potuto
muovere - ma con autonoma e distinta  impugnativa  -  necessariamente
avrebbero avuto un contenuto ed  un'articolazione  argomentativa  ben
diversi, essendo ferma la giurisprudenza di questa Corte secondo  cui
il principio collaborativo e segnatamente la previa intesa in sede di
Conferenza Stato-Regioni o di Conferenza unificata  non  operano  nel
caso del  procedimento  legislativo  di  produzione  della  normativa
primaria, non essendo l'esercizio della funzione legislativa soggetto
a procedure di leale collaborazione (sentenze n. 237 del 2017, n.  43
e n. 65 del 2016, n. 63 del 2013, n. 112 del 2010, n. 159 del 2008  e
n. 387 del 2007). 
    Solo nel caso di legge di delega,  che  prefigura  un  successivo
procedimento legislativo  di  formazione  della  fonte  delegata,  e'
possibile ipotizzare, come questa Corte ha gia'  affermato  (sentenza
n. 237 del 2017), che, a particolari condizioni, debba innestarsi nel
corso dell'emanazione del decreto legislativo  un  momento  di  leale
collaborazione tra Stato e Regioni (sentenza n. 251 del 2016). 
    7.- In sintesi, si ha che da una  parte  le  nuove  disposizioni,
sopravvenute   come   ius   superveniens,   recano   una    normativa
significativamente diversa  da  quella  espressa  dalla  disposizione
censurata con il ricorso introduttivo di questo  giudizio  prevedendo
non piu' la devoluzione del riparto del contributo  in  esame  ad  un
atto  amministrativo,  nella  forma  del  decreto  ministeriale,   ma
operando direttamente il  riparto  stesso  con  l'assegnazione  delle
singole somme a ciascuna Provincia e  Citta'  metropolitana.  D'altra
parte, rispetto alle nuove  disposizioni,  risulta  non  essere  piu'
conferente l'originaria  censura  del  mancato  coinvolgimento  delle
Regioni mediante la previa intesa in sede di Conferenza unificata nel
procedimento amministrativo originariamente mirato  all'adozione  del
decreto ministeriale previsto dalla disposizione impugnata. 
    Pertanto  -  come  gia'  ritenuto  da  questa  Corte  in  analoga
fattispecie - «la norma ha assunto un nuovo e diverso  contenuto,  la
cui lesivita' avrebbe potuto essere  denunciata  dalla  Regione  solo
adempiendo all'onere di tempestiva impugnazione» (sentenze n. 40  del
2010; in senso conforme, sentenza n. 162 del 2007). 
    8.- Non  essendo  possibile  il  trasferimento  della  questione,
questa continua ad avere ad oggetto la disposizione - e  la  norma  -
originarie. 
    Ed allora, non avendo la norma mai avuto  applicazione,  ne'  mai
potendo averne a partire dal momento in cui la  disposizione  che  la
conteneva  e'  stata  sostituita  dal  piu'  volte   richiamato   ius
superveniens, quanto al riparto del contributo,  e  quindi  e'  stata
abrogata,  in  tale  parte,   per   incompatibilita',   consegue   la
sopravvenuta carenza di interesse della Regione ricorrente,  che  non
puo' piu'  ottenere  il  coinvolgimento  della  Conferenza  unificata
nell'emanazione dell'atto amministrativo originariamente deputato  ad
operare il riparto del contributo, perche' tale atto non c'e' stato e
piu' non potra' esserci. 
    Da cio', l'inammissibilita' delle questioni di  costituzionalita'
della disposizione originariamente censurata in riferimento a tutti i
parametri evocati in ricorso.