ha pronunciato la seguente 
 
                              SENTENZA 
 
    nel  giudizio  di  legittimita'  costituzionale  della  legge  11
dicembre 2016, n. 232 (Bilancio di previsione dello Stato per  l'anno
finanziario 2017 e bilancio pluriennale per il  triennio  2017-2019),
promosso dalla  Regione  Lombardia,  con  ricorso  notificato  il  20
febbraio 2017, depositato  in  cancelleria  il  27  febbraio  2017  e
iscritto al n. 23 del registro ricorsi 2017. 
    Visto l'atto di costituzione del  Presidente  del  Consiglio  dei
ministri; 
    udito nell'udienza pubblica del 6 marzo 2018 il Giudice  relatore
Giancarlo Coraggio; 
    uditi l'avvocato  Fabio  Cintioli  per  la  Regione  Lombardia  e
l'avvocato dello Stato Massimo Salvatorelli  per  il  Presidente  del
Consiglio dei ministri. 
 
                          Ritenuto in fatto 
 
    1.- Con ricorso notificato il 20 febbraio 2017, depositato il  27
febbraio 2017 e iscritto al n. 23 del  reg.  ric.  2017,  la  Regione
Lombardia  promuove,   tra   l'altro,   questione   di   legittimita'
costituzionale - per violazione dell'art. 119, primo, secondo e terzo
comma, della Costituzione - della legge  11  dicembre  2016,  n.  232
(Bilancio di previsione dello Stato per  l'anno  finanziario  2017  e
bilancio pluriennale per il triennio 2017-2019), nella parte  in  cui
non dispone, pur essendo la sede  naturale  per  provvedervi,  alcuna
riassegnazione  alle  Regioni   e   agli   enti   locali   subentrati
nell'esercizio delle  funzioni  provinciali  non  fondamentali  delle
risorse sottratte a  Province  e  Citta'  metropolitane  per  effetto
dell'art. 1, commi 418, 419 e 451, della legge 23 dicembre  2014,  n.
190, recante «Disposizioni per la formazione del bilancio  annuale  e
pluriennale dello Stato (legge di stabilita' 2015)». 
    In subordine, chiede che la Corte, «rilevata  la  mancanza  nella
legge  n.  232  del  2016  di   qualsiasi   disposizione   circa   la
riassegnazione alle Regioni ed agli  Enti  Locali  delle  risorse  in
esame, indirizzi al legislatore quantomeno l'invito e/o il  monito  a
volervi  provvedere  al  piu'  presto,  ammonendolo  che,   in   caso
contrario,  la  richiamata  legge  232  del  2016   incorrerebbe   in
illegittimita' costituzionale per violazione dell'art. 119, commi  1,
2 e 3, Cost.». 
    2.-  La  Regione   Lombardia   -   dopo   aver   rammentato   che
l'affermazione della legittimita' costituzionale dell'art.  1,  commi
418, 419 e 451, della legge n. 190 del 2014, contenuta nella sentenza
n. 205 del 2016, era basata sul presupposto che  le  risorse  versate
dalle Province e dalle Citta' metropolitane  in  favore  dello  Stato
venissero  destinate  ad  una  successiva  riassegnazione  agli  enti
subentranti nell'esercizio delle stesse funzioni non  fondamentali  -
sottolinea  che  il  legislatore  statale,  approvando  la  legge  di
bilancio impugnata senza  prevedere  alcuna  riassegnazione,  avrebbe
prodotto   proprio   quella   violazione    dell'evocato    parametro
costituzionale che  la  Corte  aveva  escluso  solo  sulla  base  del
presupposto che  il  legislatore  statale  ottemperasse  al  predetto
vincolo. 
    La  ricorrente  sottolinea,  peraltro,  che  la  legge  censurata
costituirebbe  la   sedes   materiae   naturale   per   disporre   la
riassegnazione delle risorse, considerato che, ai sensi dell'art.  81
Cost., la legge di bilancio e' lo strumento della manovra di  finanza
pubblica con il quale lo Stato provvede alla ripartizione  dei  mezzi
finanziari tra i vari rami dell'amministrazione, in relazione ai fini
che si intendono conseguire. Sicche' - sottolinea sempre la Regione -
e' proprio con essa che lo Stato avrebbe dovuto adeguarsi  al  dictum
risultante dalla citata sentenza. 
    3.- Con memoria depositata il 31 marzo 2017, si e' costituito  il
Presidente  del  Consiglio  dei  ministri,  rappresentato  e   difeso
dall'Avvocatura generale dello Stato, chiedendo che il ricorso  venga
dichiarato inammissibile o, comunque, non fondato. 
    3.1.-  Viene  preliminarmente  osservato  che  la   contestazione
relativa ad  un  preteso  omesso  intervento  da  parte  dello  Stato
mediante la legge di bilancio non rientrerebbe tra i vizi  deducibili
da parte della Regione quale espressione  di  lesione  della  propria
sfera  giuridica.  Infatti,  lo  Stato  ha  competenza  esclusiva  in
materia, ai sensi dell'art. 117, secondo comma,  lettera  e),  Cost.,
per cui puo' stabilire autonomamente con quali provvedimenti  sancire
l'attribuzione di risorse e l'istituzione di fondi. 
    Tanto premesso, viene eccepita l'inammissibilita' della questione
proposta per assoluta genericita', in quanto con essa si censurerebbe
la  legge  nel  suo  complesso  e  non  in  una  sua  qualche   parte
determinata, non per quello che  essa  dispone  ma  per  quanto  essa
omette  di  disporre.  Sul  punto  viene  rammentato  il  consolidato
orientamento giurisprudenziale secondo il quale  nelle  questioni  di
legittimita'  costituzionale  proposte  in  via  principale  non   e'
possibile impugnare genericamente un  intero  testo  legislativo,  ma
occorre identificare le norme concretamente censurate  e  chiarire  i
profili di violazione delle norme  costituzionali  che  si  affermano
violate, e cio' in quanto, diversamente operando, la parte ricorrente
non consentirebbe di  fatto  di  circoscrivere  e  comprendere  quale
questione venga effettivamente  sottoposta  alla  Corte,  e,  quindi,
sostanzialmente, lascerebbe incerto e indefinito  lo  stesso  oggetto
del giudizio. 
    Il Presidente  del  Consiglio  dei  ministri  sostiene,  inoltre,
l'inammissibilita' della questione proposta, rilevando che la Regione
ricorrente partirebbe dall'errato presupposto secondo cui la legge di
bilancio costituisce la "sedes materiae naturale"  per  regolamentare
la materia delle riassegnazioni di risorse. Di contro, sarebbe invece
vero che qualsiasi legge avrebbe potuto e  potrebbe  disciplinare  la
materia. Pertanto la  censurata  omissione  non  integrerebbe  alcuna
illegittimita' ne' tantomeno un'intrusione nelle  attribuzioni  della
Regione o, ancora, una limitazione all'esercizio  di  queste  ultime.
Del resto,  seguendo  il  ragionamento  sviluppato  nel  ricorso,  si
finirebbe  per  concludere  addirittura  che  qualsiasi  norma  -   o
qualsiasi norma che intervenga  in  materia  di  finanza  pubblica  -
sarebbe incostituzionale per aver omesso di introdurre  la  richiesta
regolamentazione. 
    L'Avvocatura    generale    dello    Stato    rileva,     infine,
l'indeterminatezza  del  petitum  del  ricorso,  ipotizzando  che  la
ricorrente   invochi   una   declaratoria   di    incostituzionalita'
"negativa", che non  tocca  alcuna  delle  norme  introdotte  con  la
censurata legge in  discorso,  e  cioe',  in  sostanza,  invochi  una
sentenza di illegittimita' costituzionale "priva di oggetto". 
    Quanto poi alla domanda subordinata, con la quale  viene  chiesto
che la Corte rivolga al legislatore un  monito  sulla  necessita'  di
provvedere   nel   senso   auspicato,   vengono    sollevati    dubbi
sull'ammissibilita' di un tale tipo di pronuncia in sede di  giudizio
in via principale e sulla sua idoneita' a soddisfare l'interesse  del
quale la ricorrente si fa portatrice. 
    3.2.- Nel  merito,  poi,  viene  sostenuta  l'infondatezza  della
questione basata su presupposti  di  fatto  e  su  un'interpretazione
della normativa non corretti. 
    Le statuizioni in tema di redistribuzione di risorse -  a  parere
del  Presidente  del  Consiglio   dei   ministri   -   rientrerebbero
nell'ambito  delle  competenze  esclusive  dello  Stato  e  sarebbero
conformi alle linee interpretative delineate  nell'invocata  sentenza
n. 205 del 2016, secondo la  quale  la  riallocazione  delle  risorse
dalle Province ai nuovi soggetti ad  esse  subentrati  nell'esercizio
delle funzioni non fondamentali, che sarebbe stata svolta  e  sarebbe
comunque tuttora in corso, deve necessariamente essere gestita  dallo
Stato. 
    Viene, quindi, ricordato il travagliato  percorso  della  riforma
delle Province, evidenziando che il concorso alla finanza pubblica di
queste ultime e delle Citta'  metropolitane  richiesto  dalla  citata
legge n. 190 del 2014 avrebbe, tra i suoi presupposti,  la  riduzione
della spesa di personale sul bilancio delle Province  generata  dalla
riduzione della dotazione organica di tali enti,  disposta  dall'art.
l, comma 421 e seguenti, della medesima legge n. 190 del 2014. 
    Viene inoltre evidenziato che, a fronte del  concorso  richiesto,
sono stati effettivamente attribuiti  alle  Province  e  alle  Citta'
metropolitane contributi per lo svolgimento delle  proprie  funzioni,
quali, ad esempio,  le  risorse  per  il  finanziamento  delle  spese
connesse  alle  funzioni  relative  alla  viabilita'  e  all'edilizia
scolastica e quelle relative  all'assistenza  per  l'autonomia  e  la
comunicazione  personale  degli  alunni  con  disabilita'  fisiche  o
sensoriali previste dall'art. 1, commi 754  e  947,  della  legge  28
dicembre 2015, n. 208, recante «Disposizioni per  la  formazione  del
bilancio annuale e  pluriennale  dello  Stato  (legge  di  stabilita'
2016)». 
    4.- In data 13 febbraio 2018 la Regione Lombardia  ha  depositato
memoria,  ribadendo  le  proprie   argomentazioni;   in   particolare
evidenziando, in risposta  alle  eccezioni  dell'Avvocatura  generale
dello  Stato,  che  la  questione  di   legittimita'   costituzionale
promossa,  pur  se  rivolta  all'intero  testo  legislativo,  sarebbe
definita nei suoi precisi termini ed adeguatamente motivata,  e,  nel
merito, ricordando che il prelievo forzoso  a  danno  delle  Province
avrebbe creato una significativa compromissione dell'esercizio  delle
relative funzioni e, piu' in generale,  che  il  legislatore  statale
avrebbe provocato uno scarto  di  finanziamento  sia  delle  funzioni
fondamentali che di quelle non fondamentali, cui le Regioni avrebbero
supplito con strumenti emergenziali e una tantum. 
 
                       Considerato in diritto 
 
    1.- Riservata a separata pronuncia  la  decisione  dell'ulteriore
questione  di  legittimita'  costituzionale  della  legge   censurata
promossa con il medesimo ricorso avente ad oggetto  l'art.  1,  comma
528, viene qui in esame la questione di legittimita' costituzionale -
promossa dalla Regione Lombardia per violazione dell'art. 119, primo,
secondo e terzo comma, della Costituzione - relativa all'intero testo
della legge 11 dicembre 2016, n. 232 (Bilancio  di  previsione  dello
Stato per l'anno finanziario  2017  e  bilancio  pluriennale  per  il
triennio 2017-2019), in quanto  non  prevede,  pur  essendo  la  sede
naturale della materia, alcuna riassegnazione  alle  Regioni  e  agli
enti locali subentrati nell'esercizio delle funzioni provinciali  non
fondamentali  delle   risorse   sottratte   a   Province   e   Citta'
metropolitane per effetto dell'art. 1, commi 418, 419  e  451,  della
legge  23  dicembre  2014,  n.  190,  recante  «Disposizioni  per  la
formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato  (legge  di
stabilita' 2015)». 
    In subordine, la ricorrente chiede che  la  Corte,  «rilevata  la
mancanza nella legge n. 232 del 2016 di qualsiasi disposizione  circa
la riassegnazione alle Regioni ed agli Enti Locali delle  risorse  in
esame, indirizzi al legislatore quantomeno l'invito e/o il  monito  a
volervi  provvedere  al  piu'  presto,  ammonendolo  che,   in   caso
contrario,  la  richiamata  legge  232  del  2016   incorrerebbe   in
illegittimita' costituzionale per violazione dell'art. 119, commi  1,
2 e 3, Cost.». 
    2.- La questione si inserisce nel complesso e tormentato percorso
legislativo di riforma delle  Province  che  ha  visto  questa  Corte
intervenire piu' volte, e in particolare sulla legge n. 190 del 2014,
la quale prevede, tra l'altro, all'art. 1, commi 418, 419  e  451,  a
carico delle Province e delle Citta'  metropolitane  un  concorso  al
contenimento della spesa  pubblica,  attraverso  la  riduzione  della
spesa corrente di 1.000 milioni di euro per  l'anno  2015,  di  2.000
milioni di euro per  l'anno  2016  e  di  3.000  milioni  di  euro  a
decorrere dall'anno 2017 e la proroga dell'obbligo disposto dall'art.
47, comma 1, del decreto-legge 24 aprile 2014, n. 66 (Misure  urgenti
per la  competitivita'  e  la  giustizia  sociale),  convertito,  con
modificazioni,  nella  legge  23  giugno  2014,  n.  89,  nonche'  il
versamento dell'ammontare corrispondente a tale  risparmio  di  spesa
«ad apposito capitolo di entrata del bilancio dello Stato». 
    Queste disposizioni sono state impugnate  dalla  Regione  Veneto,
con i ricorsi numeri 36 e 42 del 2015,  in  quanto  il  passaggio  di
risorse dal bilancio  provinciale  e  delle  Citta'  metropolitane  a
quello statale sarebbe stato disposto senza alcuna prescrizione circa
la loro ulteriore  destinazione,  circostanza,  questa,  che  avrebbe
cagionato  la  lesione  dell'autonomia  finanziaria  di  spesa  e  il
capovolgimento dei meccanismi di compartecipazione e di trasferimento
di risorse dallo Stato alla periferia, di cui  all'art.  119,  primo,
secondo e terzo comma, Cost. 
    Con sentenza n. 205 del 2016 questa Corte ha  ritenuto  infondata
la questione, sulla base del presupposto che le risorse  sottratte  e
versate ad apposito  capitolo  del  bilancio  dello  Stato  dovessero
essere  destinate  ad  una  successiva   riassegnazione   agli   enti
subentranti   nell'esercizio   delle   funzioni    provinciali    non
fondamentali,  e  cio'  in  quanto  si  trattava  di  «uno  specifico
passaggio della vicenda straordinaria di trasferimento delle  risorse
da detti enti ai nuovi soggetti ad essi  subentranti  nelle  funzioni
riallocate». 
    La Regione Lombardia lamenta che  il  legislatore  statale  abbia
approvato la legge di bilancio senza ottemperare al vincolo imposto a
suo carico circa la riassegnazione delle risorse in questione,  cosi'
violando l'evocato parametro costituzionale. 
    3.- Diversi sono i profili  di  inammissibilita'  che  precludono
l'esame nel merito della questione. 
    4.- Anzitutto, il ricorso e' generico, poiche' non specifica  ne'
l'entita' del trasferimento ne' i relativi beneficiari. 
    La  riassegnazione  delle   risorse   e',   infatti,   priva   di
qualsivoglia automatismo e, in particolare, non  si  risolve  in  una
mera  operazione  contabile  che  trasferisca   all'ente   subentrato
nell'esercizio di una determinata funzione risorse calcolate in  base
a quelle a suo tempo utilizzate dalla Provincia per l'esercizio della
medesima funzione. Al contrario, si  deve  tenere  conto  di  diversi
fattori legati alla riforma, la cui finalita' non  secondaria  e'  la
riduzione della spesa attraverso  una  utilizzazione  piu'  razionale
delle risorse umane oltre che strumentali (si pensi alla possibilita'
di impiegarle per l'esercizio di piu' funzioni). 
    Sarebbe stato,  dunque,  necessario  da  parte  della  ricorrente
specificare  l'intervento  sollecitato,  offrendo   una   descrizione
concreta della manovra di riassegnazione delle risorse, supportata da
adeguata documentazione, sia  sotto  il  profilo  dell'individuazione
degli enti destinatari (e cioe' degli enti effettivamente  subentrati
nell'esercizio delle  funzioni  provinciali  non  fondamentali),  sia
sotto quello del quantum (cioe'  della  determinazione  dei  relativi
oneri aggiuntivi sostenuti). 
    5.-   Tutto   cio'   conduce   ad   un'ulteriore    ragione    di
inammissibilita'. 
    Alla stregua delle considerazioni svolte, risulta  evidente  come
l'intervento additivo invocato rientri nell'ambito  delle  scelte  di
bilancio  che,  come  gia'  affermato  da  questa  Corte,  comportano
«decisioni di natura politico-economica che,  in  ragione  di  questo
carattere, sono costituzionalmente riservate alla determinazione  dei
governi e delle aule assembleari», in quanto  si  tratta  di  «scelte
che, essendo frutto di  un'insindacabile  discrezionalita'  politica,
esigono un particolare e sostanziale  rispetto  anche  da  parte  del
giudice   di   legittimita'   costituzionale»,   pur   non   potendo,
naturalmente, costituire  «una  zona  franca  sfuggente  a  qualsiasi
sindacato del giudice di  costituzionalita'»  (sentenza  n.  188  del
2015). 
    Ebbene,  la  fase  legata  alla  riassegnazione  delle   risorse,
nell'ambito del processo di riordino delle funzioni  provinciali  non
fondamentali, comporta scelte, in ordine alle modalita', al quantum e
ai  tempi,  che  rientrano  nella  discrezionalita'  del  legislatore
statale. 
    6.- Tale discrezionalita' si estende, peraltro, anche al quomodo. 
    La restituzione delle somme a suo tempo acquisite dallo Stato non
necessariamente avrebbe dovuto essere  effettuata  con  la  legge  di
bilancio, in quanto ogni legge e' potenzialmente idonea a  soddisfare
le pretese finanziarie derivanti dalla riforma,  come  attestato,  ad
esempio, dall'art.  16  del  decreto-legge  24  aprile  2017,  n.  50
(Disposizioni urgenti in materia  finanziaria,  iniziative  a  favore
degli enti territoriali, ulteriori interventi per le zone colpite  da
eventi  sismici  e  misure  per   lo   sviluppo),   convertito,   con
modificazioni, nella legge 21 giugno 2017, n. 96. 
    Ricorre dunque un ulteriore motivo di inammissibilita'. 
    7.- Se e' vero che la sussistenza, nella specie, di un dovere  di
rifinanziamento degli enti nuovi titolari delle funzioni in questione
non condiziona, nei termini sin qui indicati, la discrezionalita' del
legislatore statale, e' anche vero che va  ribadito  quanto  asserito
nella sentenza n. 205 del 2016 con riguardo all'esistenza  stessa  di
tale dovere, alla stregua dell'art. 1, comma 97,  lettera  b),  della
legge 7 aprile 2014, n. 56 (Disposizioni sulle citta'  metropolitane,
sulle province, sulle unioni e fusioni di  comuni)  e,  ancor  prima,
della  logica  stessa  del  processo  di  riordino   delle   funzioni
provinciali non fondamentali. 
    Si  e'  chiarito,  infatti,  a  quest'ultimo  proposito,  che  la
realizzazione di tale riforma non deve comportare una  compromissione
delle funzioni interessate: nel  «processo  riorganizzativo  generale
delle Province [...] l'esercizio delle funzioni a suo tempo conferite
- cosi' come obiettivamente configurato dalla legislazione vigente  -
deve essere correttamente attuato, indipendentemente dal soggetto che
ne e' temporalmente titolare e comporta, soprattutto in un momento di
transizione  caratterizzato  da  plurime  criticita',  che   il   suo
svolgimento non sia negativamente influenzato dalla  complessita'  di
tale processo di passaggio tra diversi modelli di gestione» (sentenza
n. 10 del 2016, richiamata dalla gia'  citata  sentenza  n.  205  del
2016).