ha pronunciato la seguente SENTENZA nei giudizi di legittimita' costituzionale dell'art. 1, comma 649, della legge 23 dicembre 2014, n. 190, recante «Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (legge di stabilita' 2015)», promossi dal Tribunale amministrativo regionale del Lazio con sedici ordinanze del 16 dicembre 2015 e sei del 17 novembre 2015, iscritte ai numeri da 144 a 153, da 158 a 160 e da 164 a 171 del registro ordinanze 2016 e al n. 80 del registro ordinanze 2017 e pubblicate nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica numeri 35, 36, 37 e 38, prima serie speciale, dell'anno 2016 e n. 23, prima serie speciale, dell'anno 2017. Visti gli atti di costituzione della Cogetech spa e, a seguito della sua incorporazione, della Snaitech spa, della Intralot Gaming Machines spa, della NTS Network spa, della Codere Network spa, della Admiral-Gaming Network srl, della Lottomatica Videolot Rete spa, della Cirsa Italia spa, della SNAI spa e, a seguito di modifica della sua denominazione sociale, della Snaitech spa, della Only Games srl, della Ricreativo B spa, della Jolly videogiochi srl e altra, della Gamenet spa, della Cinque Punto Cinque srl, della Italy Qube srl, e della Sisal Entertainment spa, del Codacons, fuori termine, e dell'Associazione nazionale sezioni apparecchi per pubbliche attrazioni ricreative - SAPAR, fuori termine, nonche' gli atti di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri; udito nell'udienza pubblica e nella camera di consiglio dell'8 maggio 2018 il Giudice relatore Giovani Amoroso; uditi gli avvocati Carmelo Barreca per la Snaitech spa e altre, Francesco Cardarelli per la Codere Network spa e altra, Alessandro Botto per la Lottomatica Videolot Rete spa, Generoso Bloise per la Only Games srl e altra, Stefano Sbordoni per la Jolly videogiochi srl e altra, Ugo De Luca per la Cinque Punto Cinque srl e altra, Annalisa Lauteri per la Sisal Entertainment spa e l'avvocato dello Stato Pio Giovanni Marrone per il Presidente del Consiglio dei ministri. Ritenuto in fatto 1.- Con ventidue ordinanze di analogo tenore - di cui sedici del 16 dicembre 2015 (r. o. numeri 144, 147, 151, 152, 153, 158, 159, 160, 165, 166, 167, 168, 169, 170, 171 del 2016, e n. 80 del 2017) e sei del 17 novembre 2015 (r. o. numeri 145, 146, 148, 149, 150 e 164 del 2016) - il Tribunale amministrativo regionale del Lazio ha sollevato, in riferimento agli artt. 3 e 41 della Costituzione, questioni di legittimita' costituzionale dell'art. 1, comma 649, della legge 23 dicembre 2014, n. 190, recante «Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (legge di stabilita' 2015)». Tale disposizione, nel contesto della disciplina degli aggi e dei compensi spettanti ai concessionari e agli altri operatori di filiera nell'ambito delle reti di raccolta del gioco per conto dello Stato, praticato mediante gli apparecchi di cui all'art. 110, sesto comma, del regio decreto 18 giugno 1931, n. 773, recante «Approvazione del testo unico delle leggi di pubblica sicurezza» (di seguito anche: TULPS), ha introdotto una riduzione, pari a 500 milioni di euro su base annua a decorrere dall'anno 2015, delle risorse statali a disposizione, a titolo di compenso, dei concessionari e degli altri operatori della filiera. Conseguentemente ha posto a carico dei concessionari l'obbligo di versare, in aggiunta a quanto trasferito allo Stato ordinariamente sulla base delle convenzioni di concessione, la somma di 500 milioni di euro, entro i mesi di aprile e di ottobre di ogni anno. Ed ha stabilito che tale onere gravi su ciascun concessionario in misura proporzionale al numero di apparecchi ad esso riferibili alla data del 31 dicembre 2014, prevedendo che, con provvedimento del direttore dell'Agenzia delle dogane e dei monopoli (ADM), adottato entro il 15 gennaio 2015, sia fatta la ricognizione del numero degli apparecchi da gioco riferibili a ciascun concessionario. La stessa disposizione prevede inoltre che gli operatori di filiera debbano versare ai concessionari - complessivamente tredici societa' titolari di concessioni assentite nel 2013 - l'intero ammontare della raccolta del gioco praticato mediante i predetti apparecchi, al netto delle vincite pagate, ma non anche dei compensi pattuiti con i singoli accordi contrattuali. I concessionari, poi, sono onerati di ripartire con gli altri operatori di filiera le somme residue, disponibili per aggi e compensi, rinegoziando i relativi contratti per concordare, di nuovo, gli aggi e compensi dovuti. Il TAR rimettente riferisce di essere investito di plurimi giudizi originati da ricorsi proposti distintamente sia dalle societa' concessionarie dei suddetti giochi pubblici, sia da alcuni gestori operanti per le concessionarie, contro l'ADM e il Ministero dell'economia e delle finanze; ricorsi aventi ad oggetto l'annullamento del provvedimento del Direttore dell'Agenzia prot. 4076/RU del 15 gennaio 2015, emesso in applicazione dell'art. 1, comma 649, della legge n. 190 del 2014, con il quale e' stato determinato il numero degli apparecchi di cui all'art. 110, sesto comma, lettere a) e b), del r.d. n. 773 del 1931, riferibili a ciascun concessionario alla data del 31 dicembre 2014, nonche' la quota parte del versamento dell'importo di cui all'art. 1, comma 649, lettera b), della legge n. 190 del 2014, dovuto dai singoli concessionari in misura proporzionale al numero degli apparecchi a ciascuno di essi riferibili. Si tratta degli apparecchi del tipo Amusement with prizes (AWP) e Video lottery terminal (VLT) rientranti nella categoria del gioco lecito ai sensi dell'art. 110, sesto comma, lettere a) e b), del TULPS, in riferimento al quale sono selezionati mediante procedure ad evidenza pubblica i soggetti cui affidare in concessione la realizzazione e conduzione della rete per la gestione telematica del gioco. 2.- Nelle ordinanze di rimessione il TAR Lazio formula argomentazioni sostanzialmente coincidenti a sostegno dei sollevati dubbi di legittimita' costituzionale. In particolare, il rimettente precisa che il rapporto tra lo Stato e i concessionari e' regolato da apposite convenzioni, mentre quelli tra concessionari e gli altri operatori della filiera (gestori ed esercenti) da contratti di diritto privato. Osserva, inoltre, che il compenso spettante ai concessionari e' calcolato in via residuale, in quanto e' pari all'importo delle giocate dedotti sia le vincite pagate ai giocatori, sia gli importi dovuti agli altri operatori della filiera, gestori ed esercenti, sulla base dei contratti di diritto privato, sia gli importi dovuti all'ADM a titolo di canone di concessione, sia quanto spettante all'erario a titolo di prelievo unico (PREU), pari al 13 per cento delle giocate con AWP ed al 5 per cento delle giocate con VLT. In punto di rilevanza, afferma il TAR di dover fare applicazione della disposizione censurata perche' l'impugnato decreto direttoriale e' stato adottato nell'esercizio di un potere del tutto vincolato, in applicazione della disposizione stessa, sicche' la definizione del giudizio e' condizionata dalla risoluzione della questione di legittimita' costituzionale. In punto di non manifesta infondatezza, il rimettente da' atto che, per valutare se vi sia stato il superamento del limite della proporzionalita' rispetto all'obiettivo di interesse pubblico di nuove risorse per l'erario, sono stati disposti degli accertamenti istruttori di tipo economico, a seguito dei quali e' emerso che rispetto all'intera filiera, l'incidenza del versamento imposto non appare - secondo il TAR - in contrasto con il principio di proporzionalita', non diversamente da quanto ritenuto, nella stessa materia della disciplina del gioco lecito, dalla sentenza della Corte costituzionale n. 56 del 2015. Con riferimento invece al riparto del suddetto prelievo forzoso, il TAR afferma che la norma censurata non solo contrasterebbe con il canone della ragionevolezza, quale limite all'esercizio della discrezionalita' del legislatore, ma violerebbe anche il principio di parita' di trattamento (art. 3 Cost.). Con riguardo alla ragionevolezza, il rimettente osserva che l'intervento legislativo e' avvenuto in dichiarata anticipazione del piu' organico riordino della misura degli aggi e dei compensi spettanti ai concessionari e agli altri operatori di filiera, nell'ambito della rete di raccolta del gioco per conto dello Stato, in attuazione dell'art. 14, comma 2, lettera g), della legge 11 marzo 2014, n. 23 (Delega al Governo recante disposizioni per un sistema fiscale piu' equo, trasparente e orientato alla crescita). Pero', mentre tale disposizione della legge di delega (poi di fatto non esercitata) prevede che la revisione degli aggi e compensi spettanti ai concessionari e agli altri operatori debba avvenire «secondo un criterio di progressivita' legata ai volumi di raccolta delle giocate», la norma censurata ha, invece, stabilito la riduzione in «quota proporzionale al numero di apparecchi [...] riferibili [ai concessionari] alla data del 31 dicembre 2014». Sebbene, quindi, sia stato fatto specifico riferimento alla norma che prevede il criterio di progressivita' legata ai volumi di raccolta delle giocate, il parametro introdotto dalla norma impugnata, per ripartire tra i concessionari l'importo di 500 milioni di euro, e' invece legato ad un dato fisso, qual e' il numero degli apparecchi riferibili al concessionario al 31 dicembre 2014, o in sede di ricognizione successiva, e non, piuttosto, ad un dato di flusso quale i volumi di raccolta delle giocate. Sussisterebbe, dunque, la violazione del principio di ragionevolezza, sia per contraddittorieta' intrinseca della disposizione che afferma di attuare una norma per poi discostarsene, sia perche' prevede il riferimento ad un dato statico, ancorche' soggetto ad aggiornamento, ossia al numero degli apparecchi riferibili a ciascun concessionario a una certa data, piuttosto che a un dato dinamico, cioe' al volume di raccolta delle giocate. Ad avviso del rimettente, infatti, la capacita' di reddito del concessionario e della relativa filiera e' misurata dall'entita' complessiva degli importi incassati piuttosto che dal numero degli apparecchi riferibili a ciascun soggetto. La norma censurata contrasterebbe altresi' con il principio di uguaglianza in quanto, posto che il riferimento al numero degli apparecchi non e' indicativo del reddito conseguito da ciascun concessionario, la ripartizione della riduzione dei compensi puo' andare a beneficio degli operatori i cui apparecchi registrano un maggior volume di giocate e a detrimento degli operatori che ne registrano di meno. Si tratterebbe, pertanto, di una previsione normativa che viola i canoni di ragionevolezza e di uguaglianza nella presunzione che ciascun apparecchio abbia la stessa potenzialita' di reddito, la' dove quest'ultima dipende, invece, da una molteplicita' di fattori, quali la differenza tra AWP e VLT, nonche' la collocazione territoriale degli apparecchi. La disposizione censurata, inoltre, si porrebbe in contrasto anche con l'art. 41 Cost. che sancisce il principio di liberta' dell'iniziativa economica privata. Al riguardo il collegio rimettente rileva che, qualora si tratti di soggetti privati che, nell'intraprendere attivita' di impresa, sostengono consistenti investimenti, la legittima aspettativa ad una certa stabilita' nel tempo del rapporto concessorio gode di una particolare tutela costituzionale riconducibile non solo all'art. 3 Cost., ma anche all'art. 41 Cost. Parimenti irragionevole e lesiva della liberta' economica dell'impresa sono - secondo il TAR - le previsioni di cui alle lettere a) e c) del censurato comma 649 dell'art. 1 della legge di stabilita' per il 2015 (n. 190 del 2014). In particolare, per quanto concerne i concessionari, il meccanismo imposto dal legislatore, di inversione del flusso dei pagamenti, aumenta il rischio, cui sono esposti i concessionari, per il mancato adempimento delle obbligazioni gravanti sugli altri operatori della filiera, senza che tale inadempimento faccia venire meno l'obbligo dei concessionari medesimi di versare allo Stato l'importo concernente l'intera filiera. Inoltre, le disposizioni della norma censurata sono idonee a riflettersi sulla liberta' contrattuale anche dei gestori, in quanto l'imposizione di una negoziazione dei contratti appare incompatibile con l'incomprimibile autonomia delle parti di pervenire solo eventualmente ad un nuovo e diverso accordo negoziale. Il TAR rimettente osserva, ancora, come l'irragionevolezza delle disposizioni censurate e la lesivita' da parte delle stesse del principio di liberta' dell'iniziativa economica privata sia ancora piu' evidente dal momento che, per effetto del nuovo meccanismo disegnato dalla norma, l'erogazione del compenso ai gestori, a differenza che per i concessionari, e' rinviata nel tempo ed e' subordinata alla sottoscrizione dei contratti rinegoziati con gli stessi. 3.- Si sono costituite nei giudizi di costituzionalita' alcune delle parti dei giudizi a quibus, sia concessionari, sia gestori, insistendo, con argomentazioni che si sovrappongono a quelle del TAR, per la dichiarazione di illegittimita' costituzionale della disposizione censurata. 4.- E' intervenuto in tutti i giudizi il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello Stato, che, in via preliminare, ha chiesto a questa Corte di disporre la restituzione degli atti ai giudici a quibus in considerazione dello ius superveniens, costituito dell'art. 1, commi 920 e 921, della legge 28 dicembre 2015, n. 208, recante «Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (legge di stabilita' 2016)». In via subordinata ha chiesto dichiararsi l'inammissibilita' o la non fondatezza delle questioni. In particolare, la difesa dello Stato osserva come sia mutato il quadro normativo a seguito dell'art. 1 citato, il quale, con il comma 920, ha abrogato la disposizione censurata cosi', di fatto, limitandone l'efficacia all'anno 2015, e, con il comma 921, ha dettato una norma di interpretazione autentica della disposizione censurata. La norma sopravvenuta prevede che la riduzione del compenso si applichi a ciascun operatore della filiera in misura proporzionale alla sua partecipazione alla distribuzione del compenso, sulla base dei relativi accordi contrattuali, tenuto conto della loro durata nell'anno 2015. Si tratterebbe, dunque, di una modifica incidente sulla prospettazione delle doglianze del rimettente. 5.- Le parti private costituite hanno depositato memorie sostenendo in particolare che, pur dopo l'intervenuto ius superveniens, permarrebbero la rilevanza delle questioni nonche' i dubbi di legittimita' costituzionale espressi dal TAR. Considerato in diritto 1.- Con ventidue ordinanze di analogo tenore, sopra indicate ed emesse tra il 17 novembre ed il 16 dicembre 2015, il Tribunale amministrativo regionale del Lazio ha sollevato, in riferimento agli artt. 3 e 41 della Costituzione, questioni di legittimita' costituzionale dell'art. 1, comma 649, della legge 23 dicembre 2014, n. 190, recante «Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (legge di stabilita' 2015)»; disposizione questa che testualmente prevede: «A fini di concorso al miglioramento degli obiettivi di finanza pubblica e in anticipazione del piu' organico riordino della misura degli aggi e dei compensi spettanti ai concessionari e agli altri operatori di filiera nell'ambito delle reti di raccolta del gioco per conto dello Stato, in attuazione dell'articolo 14, comma 2, lettera g), della legge 11 marzo 2014, n. 23, e' stabilita in 500 milioni di euro su base annua la riduzione, a decorrere dall'anno 2015, delle risorse statali a disposizione, a titolo di compenso, dei concessionari e dei soggetti che, secondo le rispettive competenze, operano nella gestione e raccolta del gioco praticato mediante apparecchi di cui all'articolo 110, comma 6, del testo unico di cui al regio decreto 18 giugno 1931, n. 773. Conseguentemente, dal 1° gennaio 2015: a) ai concessionari e' versato dagli operatori di filiera l'intero ammontare della raccolta del gioco praticato mediante i predetti apparecchi, al netto delle vincite pagate. I concessionari comunicano all'Agenzia delle dogane e dei monopoli i nominativi degli operatori di filiera che non effettuano tale versamento, anche ai fini dell'eventuale successiva denuncia all'autorita' giudiziaria competente; b) i concessionari, nell'esercizio delle funzioni pubbliche loro attribuite, in aggiunta a quanto versato allo Stato ordinariamente, a titolo di imposte ed altri oneri dovuti a legislazione vigente e sulla base delle convenzioni di concessione, versano altresi' annualmente la somma di 500 milioni di euro, entro i mesi di aprile e di ottobre di ogni anno, ciascuno in quota proporzionale al numero di apparecchi ad essi riferibili alla data del 31 dicembre 2014. Con provvedimento del direttore dell'Agenzia delle dogane e dei monopoli, adottato entro il 15 gennaio 2015, previa ricognizione, sono stabiliti il numero degli apparecchi di cui all'articolo 110, comma 6, lettere a) e b), del testo unico di cui al regio decreto 18 giugno 1931, n. 773, riferibili a ciascun concessionario, nonche' le modalita' di effettuazione del versamento. Con analogo provvedimento si provvede, a decorrere dall'anno 2016, previa periodica ricognizione, all'eventuale modificazione del predetto numero di apparecchi; c) i concessionari, nell'esercizio delle funzioni pubbliche loro attribuite, ripartiscono con gli altri operatori di filiera le somme residue, disponibili per aggi e compensi, rinegoziando i relativi contratti e versando gli aggi e compensi dovuti esclusivamente a fronte della sottoscrizione dei contratti rinegoziati.». Il TAR rimettente riferisce di essere investito da distinti ricorsi promossi sia dai concessionari del gioco lecito, sia da gestori operanti per i concessionari, contro l'Agenzia delle dogane e dei monopoli (ADM) e il Ministero dell'economia e delle finanze, aventi ad oggetto l'annullamento del provvedimento del Direttore dell'Agenzia prot. 4076/RU del 15 gennaio 2015, emesso in applicazione del censurato art. 1, comma 649, della legge n. 190 del 2014, e con il quale e' stata operata la ricognizione del numero degli apparecchi di cui all'art. 110, sesto comma, lettere a) e b), del regio decreto 18 giugno 1931, n. 773, recante «Approvazione del testo unico delle leggi di pubblica sicurezza» (di seguito anche: TULPS), riferibili a ciascun concessionario alla data del 31 dicembre 2014, nonche' la quota parte del versamento dell'importo di cui al citato art. 1, comma 649, lettera b), dovuto dai singoli concessionari in misura proporzionale al numero degli apparecchi a ciascuno di essi riferibili e per l'importo complessivo di 500 milioni di euro. Le controversie riguardano il gioco lecito praticato ai sensi dell'art. 110, sesto comma, lettere a) e b), del TULPS, in riferimento al quale sono selezionati mediante procedure ad evidenza pubblica i soggetti cui affidare in concessione la realizzazione e conduzione della rete per la gestione telematica del gioco mediante apparecchi del tipo Amusement with prizes (AWP) e Video lottery terminal (VLT). 2.- Il TAR rimettente ritiene che la disposizione censurata si ponga in contrasto con l'art. 3 Cost., sotto il profilo della violazione del principio di ragionevolezza per contraddittorieta' intrinseca della disposizione, in quanto l'intervento legislativo - avvenuto in dichiarata anticipazione del piu' organico riordino della misura degli aggi e dei compensi spettanti ai concessionari e agli altri operatori di filiera, nell'ambito della rete di raccolta del gioco per conto dello Stato, ed in attuazione dell'art. 14, comma 2, lettera g), della legge 11 marzo 2014, n. 23 (Delega al Governo recante disposizioni per un sistema fiscale piu' equo, trasparente e orientato alla crescita), che prevede la «revisione degli aggi e compensi spettanti ai concessionari e agli altri operatori secondo un criterio di progressivita' legata ai volumi di raccolta delle giocate» - ha stabilito la riduzione delle risorse statali a titolo di compenso, in «quota proporzionale al numero di apparecchi riferibili [ai concessionari] alla data del 31 dicembre 2014»; in tal modo ha ancorato il criterio di ripartizione dei compensi ad un dato fisso, qual e' il numero degli apparecchi riferibili a ciascun concessionario al 31 dicembre 2014, o in sede di ricognizione successiva, e non piuttosto ad un dato di flusso, quale i volumi di raccolta delle giocate. Inoltre la disposizione censurata violerebbe l'art. 3 Cost., ed in particolare il principio di uguaglianza e di ragionevolezza, in quanto, posto che il riferimento al numero degli apparecchi non e' indicativo del reddito conseguito da ciascun concessionario, l'intervento del legislatore presume, irragionevolmente, che ciascun apparecchio abbia la stessa potenzialita' di reddito, la' dove quest'ultima dipende, invece, da una molteplicita' di fattori. La irragionevole ripartizione del versamento imposto ai concessionari puo' - secondo il TAR - produrre un'alterazione del libero gioco della concorrenza tra gli stessi, favorendo quelli che in presenza di una redditivita' superiore per singolo apparecchio, si trovano a versare, in proporzione al volume di giocate raccolte, un importo minore, per cui possono destinare maggiori risorse agli investimenti, nonche' gli operatori del settore dei giochi pubblici diversi da quelli contemplati dalle lettere a) e b) dell'art. 110 del TULPS. Altresi' la disposizione censurata contrasterebbe con l'art. 41 Cost., sotto il profilo della violazione del principio di liberta' dell'iniziativa economica privata. I soggetti privati che, nell'intraprendere l'attivita' di impresa, sostengono consistenti investimenti, devono vedere tutelata la legittima aspettativa ad una certa stabilita' nel tempo del rapporto concessorio. Osserva ancora il rimettente che il previsto meccanismo di inversione dei flussi di pagamenti aumenta il rischio, cui sono esposti i concessionari, del mancato adempimento delle obbligazioni gravanti sugli altri operatori della filiera, senza che da tale mancato adempimento derivi il venir meno dell'obbligo dei concessionari di versare allo Stato l'importo di 500 milioni di euro concernente l'intera filiera. Infine, con specifico riferimento ai gestori, il TAR del Lazio ritiene che la disposizione censurata violi gli artt. 3 e 41 Cost., sotto il profilo del mancato rispetto del principio di ragionevolezza e di liberta' dell'iniziativa economica, in quanto il nuovo meccanismo disegnato dalla norma comporta che l'erogazione del compenso ai gestori, a differenza che per i concessionari, sia rinviata nel tempo e sia subordinata alla sottoscrizione dei contratti rinegoziati con gli stessi. Inoltre impone autoritativamente a detti gestori, in posizione di minore forza contrattuale rispetto ai concessionari esercenti pubbliche funzioni, di rinegoziare i contratti e, in caso di mancata rinegoziazione, prevede che nessun compenso possa essere loro erogato, anche se maturato nella vigenza di un precedente contratto di diritto privato. 3.- I suddetti vari giudizi incidentali vanno riuniti per connessione oggettiva e soggettiva, atteso che le ordinanze di rimessione investono la stessa disposizione, censurata con argomentazioni sovrapponibili. 4.- Quanto all'ammissibilita' delle questioni di legittimita' costituzionale deve considerarsi che il TAR rimettente e' chiamato a decidere della legittimita' del menzionato decreto direttoriale dell'AMD sul presupposto della sussistenza di una situazione giuridica tutelata non solo dei concessionari, ma anche dei gestori. La valutazione di rilevanza operata dal TAR e' plausibile perche', anche se il decreto impugnato riguarda direttamente solo la posizione dei concessionari, i gestori sono anch'essi interessati atteso che l'onere, come ripartito tra i concessionari, non puo' non riflettersi sui gestori in sede di rinegoziazione. La disposizione censurata e' costituisce il parametro di legittimita' dell'atto impugnato e quindi certamente il TAR ne deve fare applicazione. Inoltre il mancato esame di altri motivi di illegittimita' del provvedimento impugnato, indicati nei distinti ricorsi introduttivi dei giudizi innanzi al TAR, non e' preclusivo dell'ammissibilita' della questione. Nel giudizio di costituzionalita' non e' sindacabile l'ordine logico secondo il quale il rimettente reputa, con motivazione non implausibile, di affrontare le varie questioni o i motivi di ricorso portati al suo esame (sentenza n. 132 del 2015). Sussiste quindi la rilevanza delle sollevate questioni di legittimita' costituzionale. Altresi' la non manifesta infondatezza dei dubbi di legittimita' costituzionale e' motivata diffusamente, nonche' con riferimento a tutto il censurato comma 649: quindi sia alla lettera a), che riguarda gestori ed esercenti, sia alla lettera b), che riguarda i concessionari, sia alla lettera c), che prevede un obbligo per il concessionario di rinegoziazione degli accordi contrattuali, ma che ovviamente riguarda anche gli operatori della filiera con cui tale rinegoziazione dovrebbe aver luogo. 5.- Successivamente alle ordinanze di rimessione e' sopravvenuta una nuova disposizione dichiaratamente interpretativa di quella censurata dal TAR. In particolare, l'art. 1 della legge 28 dicembre 2015, n. 208, recante «Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (legge di stabilita' 2016)» prevede, al comma 920, che «[i]l comma 649 dell'articolo 1 della legge 23 dicembre 2014, n. 190, e' abrogato», sicche' il meccanismo del prelievo forzoso di 500 milioni di euro, secondo i criteri del censurato comma 649, cessa di operare per il 2016 ed e' destinato ad avere applicazione solo per l'anno 2015. Il successivo comma 921 del citato art. 1 della legge n. 208 del 2015 prevede che: «Il comma 649 dell'articolo 1 della legge 23 dicembre 2014, n. 190, si interpreta nel senso che la riduzione su base annua delle risorse statali a disposizione, a titolo di compenso, dei concessionari e dei soggetti che, secondo le rispettive competenze, operano nella gestione e raccolta del gioco praticato mediante apparecchi di cui all'articolo 110, comma 6, del testo unico di cui al regio decreto 18 giugno 1931, n. 773, si applica a ciascun operatore della filiera in misura proporzionale alla sua partecipazione alla distribuzione del compenso, sulla base dei relativi accordi contrattuali, tenuto conto della loro durata nell'anno 2015». 6.- In ordine all'incidenza di tale ius superveniens sulle questioni di legittimita' costituzionale sollevate dal TAR del Lazio, le posizioni delle parti e dell'interveniente divergono. L'Avvocatura dello Stato ritiene che la sopravvenuta disposizione modifichi il complessivo quadro normativo di riferimento e richieda una nuova valutazione della rilevanza e della non manifesta infondatezza delle questioni ad opera del giudice rimettente con conseguente necessita' di restituzione degli atti a quest'ultimo in tutti i giudizi. Al contrario le parti private sostengono che i dubbi di legittimita' costituzionale permangono, nella sostanza, non avendo la nuova disposizione modificato il nucleo essenziale della portata della disposizione censurata, sicche' la perdurante rilevanza e non manifesta infondatezza delle questioni sollevate dal giudice rimettente puo' essere apprezzata dalla Corte, senza che gli atti siano restituiti a quest'ultimo, ne' nei giudizi promossi dalle societa' concessionarie, ne' in quelli che vedono come originari ricorrenti alcuni gestori. 7.- Orbene, deve considerarsi che in generale, non ogni nuova disposizione che modifichi, integri o comunque possa incidere su quella oggetto del giudizio incidentale di costituzionalita' richiede una nuova valutazione della perdurante sussistenza dei presupposti di ammissibilita' della questione e segnatamente della sua rilevanza e della non manifesta infondatezza dei dubbi di legittimita' costituzionale espressi dal giudice rimettente. Puo' infatti questa Corte ritenere essa stessa che la nuova disposizione non alteri affatto la norma censurata quanto alla parte oggetto delle censure di legittimita' costituzionale, oppure che la modifichi in aspetti marginali o in misura non significativa, si' che permangono le valutazioni del giudice rimettente in termini di rilevanza e non manifesta infondatezza della questione. Si e' infatti talora affermato (sentenza n. 203 del 2016) che «la novella presenta un'incidenza solo parziale sulla disposizione della cui costituzionalita' si dubita» e si e' quindi ritenuto che essa «non e' comunque idonea a mutare i termini della questione cosi' come e' stata posta dal giudice a quo»; talche' e' stata esclusa la necessita' di restituzione degli atti al giudice rimettente. Ove invece la nuova disposizione abbia un impatto maggiore in termini di incidenza sulla portata normativa della disposizione censurata, si' da integrarla, modificarla o finanche abrogarla, in tutto o in parte, si impone la restituzione degli atti al giudice rimettente perche' rivaluti i presupposti dell'incidente di costituzionalita'. Se poi in particolare la nuova disposizione non vale a revocare in dubbio la rilevanza della questione, ritenuta dal giudice rimettente, nel senso che essa comunque permane, si ha allora che la possibile incidenza dello ius superveniens va valutata essenzialmente con riferimento all'altro presupposto del giudizio incidentale di legittimita' costituzionale, la non manifesta infondatezza della questione. Ed e' proprio cio' che accade nei presenti giudizi giacche' la rilevanza della questione permane invariata, come correttamente deducono le difese delle parti: il giudice rimettente, che ha motivato il presupposto della rilevanza con la necessita' di fare applicazione della disposizione indubbiata al fine di decidere i plurimi ricorsi (di concessionari e di gestori), per accoglierli o rigettarli, dovra' non di meno fare applicazione della stessa disposizione anche dopo l'introduzione dello ius superveniens. Invece la nuova disposizione - l'art. 1, commi 920 e 921, della legge di stabilita' per il 2016 - incide sull'altro presupposto dell'incidente di costituzionalita', nel senso che attiene proprio alla non manifesta infondatezza della questione, ritenuta dal giudice rimettente. 8.- A tal fine rileva in generale - affinche' si possa procedere, nell'immediato, al controllo di costituzionalita' piuttosto che restituire gli atti al giudice rimettente - non solo il contenuto della nuova disposizione, ove in ipotesi modellato sul principio tempus regit actum, ma anche il verso della sua incidenza. Ossia persiste, sotto questo profilo, la condizione di ammissibilita' del giudizio incidentale non solo ove la nuova disposizione non escluda l'applicazione, ratione temporis, della disposizione censurata (ex plurimis, sentenza n. 257 del 2017), ma anche ove la prima incida su quest'ultima nel senso di aggravarne i denunciati vizi di legittimita' costituzionale (sentenza n. 33 del 2018, che, per escludere la restituzione degli atti al giudice rimettente, ha rilevato che «[l]e innovazioni si muovono [...] in direzione antitetica rispetto all'intervento auspicato dall'ordinanza di rimessione»). In questa evenienza - ove la non manifesta infondatezza della questione di costituzionalita', quale ritenuta dal giudice rimettente, permanga nel suo nucleo essenziale - puo' essere questa stessa Corte a valutare il novum normativo per verificare la persistente sussistenza di tale condizione di ammissibilita' del giudizio incidentale. Quando invece, nei giudizi in via incidentale, l'intervento del legislatore e' orientato nella stessa direzione dell'ordinanza di rimessione, con l'effetto di ridimensionare o finanche emendare i vizi di legittimita' costituzionale denunciati dal giudice rimettente, deve di norma essere investito il giudice rimettente perche' rivaluti il presupposto dell'incidente di costituzionalita', costituito dalla non manifesta infondatezza della questione. Parimenti questa Corte (sentenza n. 43 del 2018) ha ritenuto di dover restituire gli atti al giudice rimettente - con sentenza piuttosto che con ordinanza - in un caso in cui sulla non manifesta infondatezza della sollevata censura di costituzionalita' incideva una sopravvenuta pronuncia della Corte europea dei diritti dell'uomo, orientata nel senso di ridimensionare un vincolo derivante dalla normativa convenzionale sovranazionale, allegato dall'ordinanza di rimessione a fondamento delle censure di illegittimita' costituzionale. 9.- Cio' premesso in generale, venendo ora ai giudizi in esame, e' vero che il nucleo essenziale della disposizione censurata e' rimasto invariato: il prelievo forzoso in favore dell'ADM per l'anno 2015 rimane tal quale nell' an e nel quantum. Immutata e' questa provvista straordinaria in favore dell'erario; cio' che sembra essere al fondo dell'interesse delle parti costituite nel presente giudizio di costituzionalita' ad una immediata decisione di questa Corte, senza restituzione degli atti al giudice rimettente. Va osservato che motivatamente e non implausibilmente il TAR - richiamando una pronuncia di questa Corte (sentenza n. 56 del 2015) che ha riguardato altro precedente aggravamento, introdotto con una disposizione della legge di stabilita' per il 2011, degli obblighi dei concessionari del gioco lecito - ritiene che la disposizione censurata resista al test di proporzionalita' di questo onere aggiuntivo, originariamente posto a carico solo delle societa' concessionarie, e che non alteri irrimediabilmente i piani economici dell'attivita' aziendale. Si tratterebbe di una sorta di sovraccanone dell'onere concessorio, ritenuto - dal TAR - non incompatibile con i conti economici delle societa' concessionarie, i quali sono stati presi in considerazione e valutati con riferimento ai due anni precedenti a quello al quale si riferisce il prelievo forzoso. Sicche' la circostanza che il prelievo forzoso sia rimasto invariato - nello stesso importo di 500 milioni di euro - non rileva affatto al fine della persistenza, o no, dei presupposti della questione di legittimita' costituzionale per la semplice, ma decisiva, ragione che l'an ed il quantum di questa prestazione obbligatoria non rientrano nell'oggetto della sollevata questione di legittimita' costituzionale, cosi' come delimitato dal TAR rimettente. Il quale ha invece appuntato le sue plurime censure sul riparto di quest'onere economico aggiuntivo, gravante originariamente solo sulle (tredici) societa' concessionarie e solo indirettamente sugli altri operatori della filiera del gioco lecito. Diventa allora decisivo che la nuova disposizione (art. 1, commi 920 e 921, legge n. 208 del 2015) si muova nella stessa direzione del proprium delle censure denunciate dal TAR e potrebbe risultare idonea - nell'apprezzamento riservato al giudice rimettente - a ridimensionare la denunciata illegittimita' della disposizione originaria, si' da rendere indispensabile una nuova valutazione del presupposto della non manifesta infondatezza della sollevata questione di legittimita' costituzionale. 10.- Rileva infatti la circostanza - su cui si appuntano le censure del TAR del Lazio - che secondo la disposizione censurata, nella sua originaria formulazione, il prelievo forzoso e' posto solo a carico delle societa' concessionarie sulla base del criterio costituito dal numero degli apparecchi da gioco lecito riferibili a ciascuna societa', poi oggetto di ricognizione, concessionario per concessionario, ad opera del decreto del direttore dell'ADM impugnato innanzi al TAR; criterio criticato dal giudice rimettente sotto vari profili, in particolare per la sua irragionevolezza ed incoerenza e per la conseguente disparita' di trattamento cui darebbe luogo. Non e' invece disciplinata in alcun modo, ne' in alcuna misura, la traslazione di quest'onere economico sugli altri operatori della filiera del gioco lecito, che infatti l'impugnato decreto direttoriale non prende in considerazione, ma e' approntato, in favore delle societa' concessionarie, un meccanismo di pressione indiretta, tanto radicale quanto invasivo - secondo il TAR - degli accordi contrattuali tra concessionari ed operatori della filiera (con conseguente sospetta violazione soprattutto dell'art. 41 Cost. sulla tutela dell'iniziativa economica privata): i quali ultimi (gestori ed esercenti) sono stati obbligati a versare ai concessionari tutto il ricavato del gioco lecito da essi attivato, al netto delle vincite erogate ai giocatori e del prelievo erariale unico (PREU), ma senza piu' la possibilita' di trattenere il compenso pattuito, cosi' invertendo il flusso dei pagamenti e del finanziamento dell'attivita' d'impresa, salva una non meglio precisata rinegoziazione degli accordi. Orbene, lo ius superveniens interviene proprio su questo assetto normativo, innanzi tutto abrogandolo, con effetto ex nunc, sicche' la disposizione censurata finisce per trovare applicazione, ratione temporis, per un solo anno (2015). Inoltre il legislatore interviene anche sulla norma censurata con una disposizione definita interpretativa e quindi da intendersi qualificata come di interpretazione autentica. Ma quale che sia la sua natura - che sara' valutata dal giudice rimettente - certo e' che l'onere del prelievo forzoso non e' piu' a carico solo dei concessionari, ma grava su tutti gli operatori della filiera del gioco lecito e quindi anche su esercenti e gestori. Inoltre il criterio di riparto di tale onere e' basato non solo sul numero degli apparecchi riferibili ai concessionari, ma anche sulla partecipazione alla distribuzione del compenso cui ha diritto ciascun operatore della filiera secondo i relativi accordi contrattuali. Ed allora il verso dell'intervento del legislatore, nella legge di stabilita' per il 2016, e' chiaramente orientato nello stesso senso dell'ordinanza del TAR. Infatti, secondo una diversa scelta di politica economica, il legislatore ha desistito dall'assegnare al prelievo forzoso a carico dei concessionari la stabilita' di un istituto a regime, valido anche per gli anni successivi al 2015, optando invece, a partire dal 1° gennaio 2016, per un inasprimento dell'imposizione fiscale costituita dal PREU sulle giocate al fine di compensare il mancato introito del prelievo forzoso per gli anni successivi al 2015. Ha poi modificato profondamente - con disposizione sia essa a carattere di interpretazione autentica, sia in realta' innovativa con efficacia retroattiva - il contenuto precettivo della disposizione censurata. Il prelievo forzoso non e' piu' solo a carico dei concessionari, ma «si applica a ciascun operatore della filiera», e per essi il criterio di riparto dell'onere economico aggiuntivo e' fissato direttamente dalla legge (e non piu' affidato ad un'incerta rinegoziazione degli accordi contrattuali) in misura proporzionale alla partecipazione di ciascun operatore della filiera a valle dei concessionari (ossia esercenti e gestori) alla distribuzione del compenso sulla base dei relativi accordi contrattuali quanto all'anno 2015. Non essendoci piu' necessita' di disciplinare la traslazione dell'onere economico dai concessionari ai gestori e agli esercenti, perche' su di essi posto direttamente dalla legge in misura precisa, in quanto determinata sulla base di un dato fattuale "storico" (atteso che rilevano, in chiave retrospettiva, i compensi spettanti per l'attivita' gia' svolta dagli operatori della filiera nel corso del 2015 e previsti dagli accordi contrattuali), la nuova disposizione della legge di stabilita' del 2015 non menziona l'obbligo per gestori ed esercenti di riversare ai concessionari il ricavato delle giocate, comprensivo del compenso loro spettante sulla base degli accordi contrattuali. Valutera' il giudice rimettente se in questa parte la disposizione censurata non debba ritenersi abrogata ex tunc per incompatibilita' con la nuova disposizione (art. 15 delle disposizioni preliminari al codice civile). 11.- In conclusione, in questa situazione cosi' profondamente modificata in melius - sia per i concessionari, inizialmente obbligati (dalla disposizione censurata) essi soli per l'intero ed ora (in forza della disposizione sopravvenuta) obbligati unitamente a tutti gli altri operatori della filiera, tenuti anch'essi in misura proporzionale ai compensi contrattuali del 2015; sia per gestori ed esercenti, inizialmente tenuti a riversare l'intero ricavato delle giocate, senza possibilita' di trattenere il compenso loro spettante, ed ora obbligati anch'essi, ma solo in misura proporzionale ai compensi contrattuali del 2015 - e' mutato, di conseguenza, anche il presupposto della non manifesta infondatezza delle questioni di costituzionalita', sicche' si impone la restituzione degli atti al giudice rimettente per valutare, in tutti i giudizi a quibus, se permangano, o no, ed eventualmente in quali termini, i dubbi di legittimita' costituzionale originariamente espressi nell'ordinanza di rimessione.