ha pronunciato la seguente 
 
                              ORDINANZA 
 
    nel giudizio per conflitto di attribuzione tra poteri dello Stato
sorto a  seguito  della  sentenza  della  Corte  dei  conti,  sezione
giurisdizionale regionale  per  la  Lombardia,  7  gennaio  2002,  n.
5/2002/M, della sentenza  della  Corte  dei  conti,  sezione  seconda
giurisdizionale   centrale,   13   giugno   2005,   n.    199/2005/A,
dell'ordinanza della Corte di cassazione, sezioni  unite  civili,  20
dicembre 2007, n. 26818, dell'ordinanza della  Corte  di  cassazione,
sezioni unite civili, 18 aprile 2013, n. 9406, e della sentenza della
Corte di cassazione, sezioni unite civili, 9 novembre 2016, n. 22718,
promosso da Gerardo Silvestri con ricorso depositato  in  cancelleria
il 12 luglio 2018 ed iscritto al n.  7  del  registro  conflitti  tra
poteri 2018, fase di ammissibilita'. 
    Udito nella camera di consiglio del 23 gennaio  2019  il  Giudice
relatore Luca Antonini. 
    Ritenuto che, con ricorso depositato  in  data  12  luglio  2018,
Gerardo Silvestri ha sollevato conflitto di attribuzione  tra  poteri
dello Stato, ai sensi dell'art. 134 della Costituzione, nei confronti
del  Presidente  del  Consiglio   dei   ministri   e   del   Ministro
dell'economia e delle finanze  (Comando  generale  della  Guardia  di
finanza) in relazione alla sentenza della Corte  dei  conti,  sezione
giurisdizionale regionale  per  la  Lombardia,  7  gennaio  2002,  n.
5/2002/M, alla  sentenza  della  Corte  dei  conti,  sezione  seconda
giurisdizionale  centrale,  13  giugno  2005,  n.  199/2005/A,   alla
ordinanza  della  Corte  di  cassazione,  sezioni  unite  civili,  20
dicembre 2007, n. 26818, alla ordinanza della  Corte  di  cassazione,
sezioni unite civili, 18 aprile 2013, n. 9406, e alla sentenza  della
Corte di cassazione, sezioni unite civili, 9 novembre 2016, n. 22718; 
    che il ricorrente premette di avere prestato servizio  nel  Corpo
della Guardia di finanza dal 1953 al  1975,  anno  in  cui  e'  stato
assunto dall'amministrazione periferica delle dogane e delle  imposte
indirette, alle cui dipendenze e' poi rimasto fino al 1986; 
    che nel trattamento pensionistico riconosciutogli  dalla  Guardia
di finanza non erano state comprese ne' la tredicesima mensilita' ne'
l'indennita' integrativa speciale, in forza  del  divieto  di  cumulo
allora previsto per il pensionato statale riassunto dallo Stato o  da
altro ente pubblico, rispettivamente dall'art.  97,  primo  comma,  e
dall'art.  99,  quinto  comma,  del  decreto  del  Presidente   della
Repubblica 29 dicembre 1973, n. 1092 (Approvazione  del  testo  unico
delle norme sul trattamento di quiescenza  dei  dipendenti  civili  e
militari dello Stato); 
    che la domanda giurisdizionale presentata per  sentire  accertato
il diritto a tali somme era stata rigettata con sentenza della  Corte
dei conti, sezione quarta, 18 luglio 1984, n. 64587, la  quale  aveva
anche ritenuto manifestamente infondata la questione di  legittimita'
costituzionale delle  predette  norme,  eccepita  dal  ricorrente  (a
quella data non era prevista la possibilita' di appellare le sentenze
di tale giudice in materia pensionistica); 
    che, successivamente, erano intervenute le sentenze  n.  566  del
1989 e n. 232  del  1992  con  cui  questa  Corte  ha  dichiarato  la
illegittimita' costituzionale, con la prima sentenza,  dell'art.  99,
quinto comma, e, con la  seconda,  dell'art.  97,  primo  comma,  del
d.P.R. n. 1092 del 1973, «nella parte in cui non determina la  misura
della  retribuzione,  oltre  la  quale  non  compete  la  tredicesima
mensilita'»; 
    che il ricorrente aveva, quindi,  chiesto  la  revocazione  della
sentenza emessa nei suoi confronti dalla Corte dei conti nel 1984, ma
il ricorso era stato  dichiarato  inammissibile,  non  ricorrendo  un
errore di fatto; 
    che,  con  un  successivo  ricorso,   Gerardo   Silvestri   aveva
ripresentato la domanda di accertamento della spettanza in suo favore
della tredicesima mensilita' e della indennita' integrativa ritenendo
che su di  essa  i  giudici  precedentemente  aditi  non  si  fossero
pronunciati; 
    che la Corte dei conti, sezione giurisdizionale regionale per  la
Lombardia,  con  sentenza  n.  5   del   2002/M,   aveva   dichiarato
inammissibile detto nuovo ricorso affermando che sulla  questione  si
era formato il giudicato sostanziale con la  sentenza  n.  64587  del
1984 e considerando esaurito il relativo rapporto giuridico; 
    che,  ad  avviso   del   ricorrente,   tale   pronuncia   avrebbe
illegittimamente omesso di considerare gli effetti delle sentenze  di
illegittimita' costituzionale pronunciate da questa Corte e il  fatto
che, alla data  di  pubblicazione  delle  stesse,  non  erano  ancora
decorsi i termini di prescrizione o di decadenza dei diritti azionati
dal ricorrente medesimo; 
    che, pertanto, il potere giudiziario non avrebbe applicato al suo
caso  gli  «effetti  di  un  riconosciuto   vizio   di   legittimita'
costituzionale», determinando cosi' «un tipico caso di conflitto  fra
poteri dello Stato»; 
    che    il    ricorrente    richiama    ulteriori    provvedimenti
giurisdizionali emessi nell'ambito della medesima vicenda giudiziaria
e, in particolare: la sentenza della Corte dei conti, seconda sezione
giurisdizionale centrale, n. 199 del 2005/A, con la  quale  e'  stato
rigettato l'appello  avverso  la  citata  sentenza  n.  5  del  2002;
l'ordinanza della Corte di Cassazione, sezioni unite civili, n. 26818
del 2007, con la quale e' stato dichiarato inammissibile  il  ricorso
ai sensi dell'art. 111 Cost. avverso la citata sentenza  n.  199  del
2005; l'ordinanza della Corte di Cassazione, sezioni unite civili, n.
9406 del 2013, con la quale  e'  stato  dichiarato  inammissibile  il
ricorso ai sensi dell'art. 111 Cost. avverso la sentenza della  Corte
dei conti, sezione seconda giurisdizionale centrale, 14 maggio  2009,
n. 255 (a sua volta dichiarativa  dell'inammissibilita'  del  ricorso
per revocazione avverso la precedente, citata, sentenza  n.  199  del
2005); la sentenza della Corte di Cassazione, sezioni  unite  civili,
n. 22718 del 2016, con la quale e' stato dichiarato inammissibile  il
ricorso ai sensi dell'art. 111 Cost. e degli artt. 360, primo e terzo
comma, e 362, primo comma, del codice di procedura civile, avverso la
precedente ordinanza n. 9406 del 2013; 
    che, nel corpo dell'atto introduttivo, il ricorrente dichiara  di
proporre «ricorso per conflitto  di  attribuzione  tra  poteri  dello
Stato in relazione a tutte le decisioni di giudici contabili  [e]  di
Cassazione» in ordine alla mancata  applicazione  delle  sentenze  di
questa Corte n. 566 del 1989 e  n.  232  del  1992,  con  conseguente
richiesta di annullamento delle sentenze e ordinanze emesse; 
    che, a sostegno di tali richieste, afferma la natura del  ricorso
azionato quale «rimedio ulteriore esercitabile dopo  che  sono  state
sperimentate  invano  le  altre  forme  di  tutela  previste»  e  che
l'attivita'    della    Corte    costituzionale    si    estenderebbe
«all'accertamento della legalita' costituzionale dell'intera  vicenda
conflittuale, che si conclude con una dichiarazione  sulla  spettanza
di una "competenza in concreto", quando vi e'  stata  disapplicazione
delle pronunzie di illegittimita' costituzionale»; 
    che, infine, constata che «il resistente Comando  Generale  della
Guardia di Finanza» non avrebbe  ancora  eseguito  a  suo  favore  la
disapplicazione  delle  disposizioni  dichiarate   costituzionalmente
illegittime con le sentenze n. 566 del 1989 e n. 232 del 1992  e  che
tale omissione avrebbe «causato una diretta e concreta lesione  delle
sue attribuzioni costituzionali»; 
    che, pertanto, il ricorrente conclude sollevando il conflitto nei
confronti del Presidente del Consiglio dei ministri  e  del  Ministro
dell'economia e delle finanze  (Comando  generale  della  Guardia  di
finanza) e chiedendo di dichiarare che quest'ultimo sia  obbligato  a
disapplicare le norme dichiarate  illegittime  da  questa  Corte,  in
relazione alle rate di pensione corrispostegli tra il marzo 1975 e il
29 gennaio 1986; di dichiarare altresi' l'illegittimita'  degli  atti
di pagamento delle predette rate di pensione, perche' non comprensive
degli  importi  della  tredicesima   mensilita'   e   dell'indennita'
integrativa speciale, e, infine, di annullare le sentenze e ordinanze
emesse dalla Corte dei conti  o  dalla  Corte  di  Cassazione,  sopra
indicate. 
    Considerato che,  in  questa  fase  del  giudizio,  la  Corte  e'
chiamata   a   deliberare,   in   camera   di   consiglio   e   senza
contraddittorio,  sulla  sussistenza  dei  requisiti   soggettivo   e
oggettivo prescritti dall'art. 37, primo comma, della legge 11  marzo
1953, n. 87 (Norme sulla costituzione e sul funzionamento della Corte
costituzionale), ossia a decidere se il conflitto insorga tra  organi
competenti a dichiarare definitivamente la volonta'  del  potere  cui
appartengono e per  la  delimitazione  della  sfera  di  attribuzioni
delineata per i vari poteri da norme costituzionali; 
    che, ai fini della ammissibilita' del ricorso per  conflitto  tra
poteri, sotto il  profilo  soggettivo,  «occorre  che  il  ricorrente
individui con chiarezza la sfera di potere asseritamente lesa, avendo
cura di motivare la ridondanza delle asserite violazioni dei principi
costituzionali  invocati  sulla   propria   sfera   di   attribuzioni
costituzionali, a difesa della  quale  questa  Corte  e'  chiamata  a
pronunciarsi» (ex plurimis, ordinanza n. 181 del 2018); 
    che, secondo la  costante  giurisprudenza  di  questa  Corte,  il
singolo  cittadino  non  e'  legittimato  a  sollevare  conflitto  di
attribuzione, «non essendogli conferita, in  quanto  singolo,  alcuna
attribuzione costituzionalmente  rilevante»  (ordinanza  n.  277  del
2017; nello stesso senso, ordinanze n. 256 del 2016, n. 121 del  2011
e n. 85 del 2009); 
    che  il  ricorrente,   anziche'   prospettare   la   lesione   di
attribuzioni costituzionali, lamenta  esclusivamente  la  lesione  di
situazioni giuridiche soggettive proprie, dal momento che afferma  di
agire perche'  le  sentenze  e  ordinanze  dallo  stesso  individuate
all'origine del conflitto non avrebbero riconosciuto  in  suo  favore
diritti patrimoniali derivanti dalle sentenze n. 566 del  1989  e  n.
232 del 1992 di questa Corte; 
    che quindi e' insussistente non solo il requisito soggettivo,  ma
anche quello oggettivo, in quanto, come questa Corte  ha  piu'  volte
precisato,  «i  conflitti  aventi   ad   oggetto   atti   di   natura
giurisdizionale non possono risolversi in mezzi impropri  di  censura
del  modo  di  esercizio  della  funzione  giurisdizionale,  giacche'
avverso gli errori in iudicando di diritto sostanziale o  processuale
valgono i rimedi consueti riconosciuti dagli ordinamenti  processuali
delle diverse giurisdizioni» (ordinanza n. 284 del 2008; nello stesso
senso, sentenze n. 290, n. 222, n. 150 e n. 2 del 2007); 
    che, anche sotto il  profilo  della  legittimazione  passiva,  il
ricorso si rivolge cumulativamente avverso una pluralita' di soggetti
e di atti, per cui la prospettazione «e' resa incerta  dal  carattere
cumulativo e congiunto del ricorso e dalla circostanza che le censure
in  esso  contenute  sono  presentate  senza   considerazione   della
diversita' delle rispettive qualificazioni»  (ordinanze  n.  181  del
2018 e n. 277 del 2017); 
    che, conseguentemente, il ricorso proposto da  Gerardo  Silvestri
deve essere dichiarato inammissibile.