ha pronunciato la seguente 
 
                              SENTENZA 
 
    nel giudizio di legittimita'  costituzionale  dell'art.  1  della
legge della Regione Veneto 24 luglio 2020, n.  29  (Misure  attuative
per la definizione della capacita'  assunzionale  della  Regione  del
Veneto), promosso dal  Presidente  del  Consiglio  dei  ministri  con
ricorso notificato il 18-23 settembre 2020, depositato in cancelleria
il 22 settembre 2020, iscritto al n. 86 del registro ricorsi  2020  e
pubblicato nella Gazzetta Ufficiale della  Repubblica  n.  45,  prima
serie speciale, dell'anno 2020. 
    Visto l'atto di costituzione della Regione Veneto; 
    udito nell'udienza pubblica del 6 luglio 2021 il Giudice relatore
Angelo Buscema; 
    uditi l'avvocato dello Stato Ruggero Di Martino per il Presidente
del Consiglio dei ministri e  gli  avvocati  Andrea  Manzi  e  Franco
Botteon per la Regione Veneto, in collegamento da  remoto,  ai  sensi
del punto 1) del decreto del Presidente della  Corte  del  18  maggio
2021; 
    deliberato nella camera di consiglio del 6 luglio 2021. 
 
                          Ritenuto in fatto 
 
    1.- Con ricorso del 22 settembre 2020 (reg. ric. n. 86 del 2020),
il Presidente del Consiglio  dei  ministri,  rappresentato  e  difeso
dall'Avvocatura generale dello Stato, ha  impugnato  l'art.  1  della
legge della Regione Veneto 24 luglio 2020, n.  29  (Misure  attuative
per la definizione della capacita'  assunzionale  della  Regione  del
Veneto), in riferimento all'art. 117, commi secondo,  lettera  l),  e
terzo, della Costituzione, quest'ultimo  in  relazione  all'art.  33,
comma 1, del decreto-legge 30 aprile 2019, n. 34 (Misure  urgenti  di
crescita economica e per la risoluzione di specifiche  situazioni  di
crisi), convertito, con modificazioni, nella legge 28 giugno 2019, n.
58. 
    L'art. 1 della predetta legge regionale, rubricato  «Disposizioni
per  l'assunzione  di   personale   in   base   alla   sostenibilita'
finanziaria», prevede al comma 1 che «[a]l fine  di  dare  attuazione
all'articolo 33, comma 1 del decreto-legge  30  aprile  2019,  n.  34
"Misure urgenti  di  crescita  economica  e  per  la  risoluzione  di
specifiche situazioni di crisi", convertito con  modificazioni  dalla
legge 28 giugno 2019, n. 58, la Regione determina cumulativamente  la
spesa del personale della Giunta regionale e del Consiglio  regionale
come, allo stato, definita dall'articolo 2, comma 1, lettera  a)  del
Decreto della Presidenza del Consiglio dei Ministri, Dipartimento per
la Pubblica Amministrazione 3 settembre 2019». 
    Il comma 2 dell'impugnato art. 1 prevede che, a partire dal 2020,
al  fine  di  procedere  ad   assunzioni   di   personale   a   tempo
indeterminato, in coerenza  con  i  rispettivi  piani  triennali  dei
fabbisogni di personale, applicabili rispettivamente alla Giunta e al
Consiglio, i relativi limiti di spesa sono determinati ripartendo  la
spesa massima complessiva determinata in applicazione del  richiamato
decreto della Presidenza del Consiglio dei  ministri  -  Dipartimento
per la Pubblica amministrazione del 3 settembre 2019 (Misure  per  la
definizione  delle  capacita'  assunzionali  di  personale  a   tempo
indeterminato  delle  regioni),   «in   misura   proporzionale   alla
rispettiva spesa  del  personale  registrata  nell'ultimo  rendiconto
della gestione approvato», stabilendo altresi' che Giunta e Consiglio
applicano gli incrementi previsti dall'art. 5 del  medesimo  decreto,
con riferimento ciascuno alla propria spesa di  personale  registrata
nel 2018. 
    Il successivo comma 3 prevede che  l'Ufficio  di  presidenza  del
Consiglio e la Giunta «possono  stipulare  intese  volte  a  definire
diverse forme di riparto per il rispettivo utilizzo  della  capacita'
assunzionale della Regione», fermo restando il rispetto del limite di
spesa massima complessiva stabilito dal comma 2. 
    1.1.- Il ricorrente deduce che la normativa regionale  impugnata,
intervenendo in materia di  facolta'  assunzionali  delle  Regioni  a
statuto ordinario, violerebbe sia l'art. 117, secondo comma,  lettera
l), Cost., in materia di ordinamento civile,  il  quale  riserverebbe
alla competenza esclusiva dello Stato la regolazione dei rapporti  di
diritto privato regolati dal codice civile, sia il  terzo  comma  del
medesimo  articolo,  in  materia  di  coordinamento   della   finanza
pubblica, con riferimento ai principi recati dall'art. 33,  comma  1,
del d.l. n. 34 del 2019, come convertito, e  successivamente  attuato
dal  decreto  della  Presidenza  del   Consiglio   dei   ministri   -
Dipartimento per la pubblica amministrazione 3 settembre 2019. 
    Ad avviso dell'Avvocatura generale dello Stato, la  Giunta  e  il
Consiglio   regionale   disporrebbero   di   forme    di    autonomia
organizzativa, amministrativa e contabile.  Quanto  all'autonomia  in
materia di  gestione  delle  risorse  umane,  essi  disporrebbero  di
autonomi ruoli e  di  distinte  dotazioni  organiche  del  personale;
predisporrebbero  differenti  piani  triennali  dei  fabbisogni   del
personale, di cui all'art. 6 del decreto legislativo 30  marzo  2001,
n. 165 (Norme generali sull'ordinamento del  lavoro  alle  dipendenze
delle amministrazioni  pubbliche);  procederebbero  all'emanazione  e
allo  svolgimento  di   separate   procedure   concorsuali   per   il
reclutamento del personale a  tempo  determinato;  definirebbero  con
criteri  disgiunti  e  in  maniera  autonoma  i  fondi  destinati  al
trattamento economico accessorio del personale di propria competenza,
sia di livello dirigenziale che non dirigenziale. 
    Alla luce  di  questi  elementi,  il  ricorrente  deduce  che  la
normativa  regionale  impugnata,  cumulando  la  spesa  relativa   al
personale dei due diversi organi e  ripartendo  proporzionalmente  le
risorse da destinare alle  facolta'  assunzionali  distintamente  tra
Giunta  e  Consiglio  regionale,  introdurrebbe  una  disciplina  non
prevista dall'art. 33, comma  1,  del  d.l.  n.  34  del  2019,  come
convertito, il quale consentirebbe alle Regioni a  statuto  ordinario
di effettuare assunzioni a  tempo  indeterminato  sino  a  una  spesa
complessiva per tutto  il  personale  dipendente  «non  superiore  al
valore soglia definito  come  percentuale,  anche  differenziata  per
fascia demografica, della media delle entrate correnti relative  agli
ultimi tre rendiconti approvati» (art. 33, comma 1, del  d.l.  n.  34
del 2019). 
    Il  decreto  della  Presidenza  del  Consiglio  dei  ministri   -
Dipartimento  per  la  pubblica  amministrazione  3  settembre  2019,
attuativo della menzionata norma statale, individuerebbe le tipologie
da ricomprendere nella «spesa per  il  personale»  e  nelle  «entrate
correnti» (art. 2, comma 1, lettere a e b). Fra le entrate  correnti,
ai fini del calcolo dei valori soglia, andrebbero considerate  quelle
rientranti negli  accertamenti  relativi  ai  Titoli  I,  II  e  III,
rappresentate dalle entrate  di  natura  tributaria,  contributiva  e
perequativa (ai sensi dell'allegato 13/1 del decreto  legislativo  23
giugno  2011,  n.  118,   recante   «Disposizioni   in   materia   di
armonizzazione dei sistemi contabili e degli schemi di bilancio delle
Regioni, degli enti locali  e  dei  loro  organismi,  a  norma  degli
articoli 1 e 2 della legge 5 maggio 2009, n. 42»). 
    Sostiene il ricorrente che, non essendo previste entrate correnti
per il Consiglio e per la  Giunta,  nel  calcolo  del  valore  soglia
verrebbe meno un elemento contabile-finanziario  fondamentale  e  non
modificabile nel rapporto con la spesa complessiva del personale. 
    La disposizione impugnata,  nell'applicare  i  richiamati  valori
soglia anche a detti organi regionali,  determinerebbe  pertanto  «il
venir meno della certezza della sostenibilita' finanziaria  a  regime
della spesa di personale e del rispetto degli equilibri di bilancio»,
elementi che costituirebbero principi cardine in materia di capacita'
assunzionali delle Regioni. 
    1.2.- Per il nesso inscindibile  con  la  disposizione  regionale
impugnata, l'Avvocatura generale dello Stato invoca la caducazione in
via consequenziale dei  successivi  due  articoli  della  legge  reg.
Veneto n. 29 del 2020, aventi ad oggetto rispettivamente la  clausola
di neutralita' finanziaria (art. 2) e l'entrata in vigore (art. 3). 
    2.- Si e' costituita in giudizio  la  Regione  Veneto,  eccependo
anzitutto  la  manifesta  infondatezza  della  censura  formulata  in
riferimento all'art. 117, secondo comma, lettera l), Cost. 
    La difesa regionale sostiene che la definizione  della  capacita'
assunzionale dell'amministrazione  regionale  -  secondo  valutazioni
economico-finanziarie, oltreche' di buon andamento del pubblico agire
-   involgerebbe   unicamente   profili   organizzatori,   prodromici
all'assunzione, ragion per cui la relativa disciplina non afferirebbe
alla    materia    «ordinamento    civile»,     bensi'     all'ambito
dell'organizzazione amministrativa regionale, che sarebbe  attribuita
alla competenza legislativa residuale delle Regioni. E' richiamata in
proposito la sentenza di questa Corte n. 126  del  2020,  in  cui  si
afferma che  «[q]uanto  all'impiego  pubblico  regionale,  esso  deve
essere ricondotto all'ordinamento  civile,  di  competenza  esclusiva
statale, solo "per i profili privatizzati del rapporto", attinenti al
rapporto   di   lavoro   gia'   instaurato,   laddove   "i    profili
"pubblicistico-organizzativi"    rientrano     nell'ordinamento     e
organizzazione amministrativa regionale, e quindi  appartengono  alla
competenza legislativa residuale della Regione (ex  multis,  sentenze
n. 63 del 2012, nn. 339 e 77 del 2011, n. 233  del  2006,  n.  2  del
2004)" (sentenza n. 149 del  2012,  punto  4.2.  del  Considerato  in
diritto). Tali profili pubblicistico-organizzativi,  proprio  perche'
indissolubilmente connessi con l'attuazione  dei  principi  enunciati
dagli artt. 51  e  97  Cost.,  sono  sottratti  "all'incidenza  della
privatizzazione del lavoro presso le pubbliche  amministrazioni,  che
si riferisce alla disciplina del rapporto gia' instaurato"  (sentenza
n. 380 del 2004, punto 3.1. del Considerato in diritto)». 
    2.1.- Quanto alla asserita violazione dell'art. 117, terzo comma,
Cost. e dei principi di coordinamento della finanza pubblica  di  cui
all'art. 33, comma 1, del d.l. n. 34 del 2019,  come  convertito,  ne
viene  eccepita  la  manifesta  inammissibilita',  per  mancanza   di
motivazione in ordine al  contrasto  esistente  tra  la  disposizione
regionale impugnata e le richiamate norme statali, nonche' in  ordine
alla    «concreta    lesione     economico-finanziaria»     derivante
dall'applicazione della normativa regionale. 
    La  difesa  regionale  osserva  che  la  mancata   considerazione
dell'autonomia del Consiglio e della Giunta - da  cui  il  ricorrente
deduce l'insostenibilita' finanziaria delle disposizioni impugnate  -
discenderebbe proprio dal tenore letterale dell'art. 33, comma 1, del
d.l. n. 34 del 2019,  come  convertito,  che  non  distinguerebbe  in
nessun modo, ne' direttamente, ne' indirettamente, tra  il  personale
della Regione e quello del Consiglio e della Giunta. 
    Parimenti emergerebbe dal decreto della Presidenza del  Consiglio
dei  ministri  -  Dipartimento  per  la  Pubblica  amministrazione  3
settembre 2019, che non opererebbe alcun distinguo sull'articolazione
interna dell'ente territoriale,  dovendosi  necessariamente  ritenere
che  i   limiti   di   spesa   in   oggetto   siano   da   applicarsi
«onnicomprensivamente  alle  Regioni  a   statuto   ordinario»,   con
riferimento alla spesa di tutto il personale dipendente. 
    La  resistente  eccepisce   pertanto   l'inammissibilita'   della
questione  di  legittimita'  costituzionale  della  legge   regionale
impugnata, per la natura assertiva e la genericita' delle motivazioni
in relazione  al  venir  meno  della  certezza  della  sostenibilita'
finanziaria della spesa per il personale e al paventato squilibrio di
bilancio. 
    2.2.- Il ricorso sarebbe comunque infondato nel  merito,  poiche'
le  disposizioni   regionali   impugnate   non   si   porrebbero   in
contraddizione, ma darebbero piuttosto piena attuazione  ai  principi
recati dalle norme statali interposte. 
    A  sostegno  dell'infondatezza,  la  difesa  regionale  evoca  un
recente parere della Corte dei conti, sezione regionale di  controllo
della Campania,  in  cui,  in  relazione  alla  voce  «spesa  per  il
personale», sarebbe affermato che «sebbene, a livello amministrativo,
il Consiglio sia dotato di una propria organizzazione del  personale,
tale gestione separata non determina rottura dell'unita' del bilancio
regionale, cha a livello finanziario continua a costituire un'entita'
unica.  [...]  Poiche'  la  singola   amministrazione   pubblica   e'
un'entita' giuridica unica e unitaria, unici e unitari devono  essere
i documenti di bilancio (sia  di  previsione  che  consuntivi)  e  il
rendiconto del Consiglio  deve  confluire  nel  bilancio  consolidato
(cfr. art 67 e 18 d.lgs. 118/2011)» (Corte conti,  sezione  regionale
di controllo della Campania, deliberazione del 22 novembre  2018,  n.
130/2018/PAR). 
    Il richiamato parere farebbe emergere inequivocabilmente che,  ai
fini  del  calcolo  del  valore   soglia,   dovrebbero   considerarsi
unicamente le voci di spesa ricavate dal  rendiconto  consolidato,  e
non quelle dei singoli rendiconti di Giunta e Consiglio regionale. 
    La difesa regionale osserva, peraltro,  che  l'esito  applicativo
della normativa regionale impugnata non condurrebbe a nessun  effetto
distorsivo di bilancio, ne' determinerebbe il superamento del  valore
soglia,  come  emergerebbe  da  una  simulazione  di  calcolo   sulla
capacita'  assunzionale  congiunta  del  Consiglio  e  della   Giunta
regionale del Veneto, allegata alla memoria di costituzione.  I  dati
riprodotti dimostrerebbero che il rapporto tra la  spesa  complessiva
per il personale (comprensiva anche  della  spesa  per  quello  della
Giunta e  del  Consiglio)  e  la  media  delle  entrate  correnti  da
rendiconto consolidato sarebbe  ancora  inferiore  di  quasi  quattro
punti percentuali al valore soglia di riferimento. 
    L'indice di virtuosita' della  Regione  Veneto  in  relazione  al
rapporto tra la spesa per il personale e la  spesa  corrente  sarebbe
poi  costantemente  confermato  anche  dal  riparto   delle   risorse
"premiali", ai sensi dell'art. 6,  comma  20,  del  decreto-legge  31
maggio 2010, n. 78 (Misure  urgenti  in  materia  di  stabilizzazione
finanziaria  e  di   competitivita'   economica),   convertito,   con
modificazioni, nella legge 30 luglio 2010, n. 122. 
    A sostegno dell'infondatezza del ricorso, infine,  la  resistente
osserva  che  la  normativa  regionale  impugnata,  nel   considerare
cumulativamente  la  spesa  per  il  personale  della  Giunta  e  del
Consiglio, non si discosterebbe da quanto previsto in modo analogo da
altre leggi regionali, sempre in attuazione dell'art.  33,  comma  1,
del d.l. n. 34 del 2019, come convertito,  che  non  sarebbero  state
impugnate dallo Stato, e segnatamente: la legge della  Regione  Lazio
27 febbraio 2020, n. 1, recante «Misure per  lo  sviluppo  economico,
l'attrattivita' degli investimenti e la  semplificazione»  (art.  22,
commi 108 e 109); la legge della Regione Liguria 19 maggio  2020,  n.
9, recante «Disposizioni di adeguamento  della  normativa  regionale»
(art. 30); la legge della Regione Abruzzo 5  dicembre  2019,  n.  40,
recante « Integrazione alla legge regionale 11 febbraio  1999,  n.  6
(Norme in materia di tasse automobilistiche regionali),  disposizioni
per l'attuazione dell'articolo  33,  comma  1  del  decreto-legge  30
aprile 2019, n. 34 (Misure urgenti di crescita  economica  e  per  la
risoluzione  di  specifiche  situazioni  di  crisi),  convertito  con
modificazioni  dalla  legge  28  giugno  2019,  n.  58  e   ulteriori
disposizioni.»  (art.  2).  Le  disposizioni   regionali   richiamate
disporrebbero che, in attuazione dell'art. 33, comma 1, del  d.l.  n.
34  del  2019,  come  convertito,  la   Regione   possa   determinare
cumulativamente  la  spesa  per  il  personale  della  Giunta  e  del
Consiglio regionale, come definita dall'art. 2, comma 1, lettera  a),
del  decreto  della  Presidenza  del   Consiglio   dei   ministri   -
Dipartimento per la Pubblica amministrazione 3 settembre 2019. 
 
                       Considerato in diritto 
 
    1.- Con ricorso del 22 settembre 2020 (reg. ric. n. 86 del 2020),
il Presidente del Consiglio  dei  ministri,  rappresentato  e  difeso
dall'Avvocatura generale dello Stato, ha  impugnato  l'art.  1  della
legge della Regione Veneto 24 luglio 2020, n.  29  (Misure  attuative
per la definizione della capacita'  assunzionale  della  Regione  del
Veneto), in riferimento all'art. 117, commi secondo,  lettera  l),  e
terzo, della Costituzione, quest'ultimo  in  relazione  all'art.  33,
comma 1, del decreto-legge 30 aprile 2019, n. 34 (Misure  urgenti  di
crescita economica e per la risoluzione di specifiche  situazioni  di
crisi), convertito, con modificazioni, nella legge 28 giugno 2019, n.
58. 
    L'art. 1 della predetta legge regionale, rubricato  «Disposizioni
per  l'assunzione  di   personale   in   base   alla   sostenibilita'
finanziaria», prevede al comma 1 che «[a]l fine  di  dare  attuazione
all'articolo 33, comma 1 del decreto-legge  30  aprile  2019,  n.  34
[...], convertito con modificazioni dalla legge 28  giugno  2019,  n.
58, la Regione determina cumulativamente la spesa del personale della
Giunta regionale e del Consiglio regionale come, allo stato, definita
dall'articolo 2, comma 1, lettera a) del Decreto della Presidenza del
Consiglio dei Ministri, Dipartimento per la Pubblica  Amministrazione
3 settembre 2019». 
    Il comma 2 dell'impugnato art. 1 prevede che, a partire dal 2020,
al  fine  di  procedere  ad   assunzioni   di   personale   a   tempo
indeterminato, in coerenza  con  i  rispettivi  piani  triennali  dei
fabbisogni di personale, applicabili rispettivamente alla Giunta e al
Consiglio regionale, i relativi  limiti  di  spesa  sono  determinati
ripartendo la spesa massima complessiva determinata  in  applicazione
del richiamato decreto della Presidenza del Consiglio  dei  ministri,
Dipartimento per la pubblica amministrazione, del  3  settembre  2019
«in  misura  proporzionale  alla  rispettiva  spesa   del   personale
registrata  nell'ultimo   rendiconto   della   gestione   approvato»,
stabilendo altresi' che Giunta e Consiglio applicano  gli  incrementi
previsti dall'art. 5 del medesimo decreto, con  riferimento  ciascuno
alla propria spesa di personale registrata nel 2018. 
    Il successivo comma 3 prevede che  l'Ufficio  di  presidenza  del
Consiglio e la Giunta «possono  stipulare  intese  volte  a  definire
diverse forme di riparto per il rispettivo utilizzo  della  capacita'
assunzionale della Regione», fermo restando il rispetto del limite di
spesa massima complessiva stabilito dal comma 2. 
    1.1.- L'Avvocatura generale dello Stato deduce che  la  normativa
regionale impugnata, intervenendo  in  materia  di  assunzioni  nelle
Regioni a statuto  ordinario,  violerebbe  sia  l'art.  117,  secondo
comma, lettera l), Cost., in materia di ordinamento civile, il  quale
riserverebbe alla competenza esclusiva dello Stato la regolazione dei
rapporti di diritto privato disciplinati dal codice  civile,  sia  il
terzo comma del medesimo articolo, in materia di coordinamento  della
finanza pubblica, in relazione ai principi recati dall'art. 33, comma
1, del d.l. n.  34  del  2019,  come  convertito,  e  successivamente
attuato con decreto della Presidenza del  Consiglio  dei  ministri  -
Dipartimento per la pubblica amministrazione 3 settembre 2019. 
    La citata normativa statale, evocata come  parametro  interposto,
consentirebbe  alle  Regioni  a  statuto  ordinario   di   effettuare
assunzioni di personale  a  tempo  indeterminato  sino  a  una  spesa
complessiva per tutto  il  personale  dipendente  «non  superiore  al
valore soglia definito  come  percentuale,  anche  differenziata  per
fascia demografica, della media delle entrate correnti relative  agli
ultimi tre rendiconti approvati» (art. 33, comma 1, del  d.l.  n.  34
del 2019, come convertito). 
    Sostiene il ricorrente che la disposizione  regionale  impugnata,
nell'applicare i richiamati valori soglia anche al Consiglio  e  alla
Giunta regionale, determinerebbe «il venir meno della certezza  della
sostenibilita' finanziaria a regime della spesa di  personale  e  del
rispetto degli equilibri di bilancio», elementi  che  costituirebbero
principi cardine in materia di capacita' assunzionali delle Regioni. 
    2.- In via preliminare, deve dichiararsi l'inammissibilita' della
questione di  legittimita'  costituzionale  promossa  in  riferimento
all'art. 117, secondo comma, lettera l), Cost. 
    Il ricorrente, infatti, si limita a  dedurre  la  violazione  del
parametro richiamato, affermando che la regolazione dei  rapporti  di
diritto  privato  regolati  dal  codice  civile  e'  riservata   alla
competenza esclusiva  dello  Stato,  senza  minimamente  chiarire  il
meccanismo attraverso cui si  realizzerebbe  il  preteso  vulnus  (ex
multis, sentenze n. 115 e n. 95 del 2021, nonche'  ordinanza  n.  140
del 2020). 
    Per costante orientamento  della  giurisprudenza  costituzionale,
l'esigenza di un'adeguata motivazione a  fondamento  della  richiesta
declaratoria  d'illegittimita'  costituzionale  si  pone  in  termini
perfino piu'  pregnanti  nei  giudizi  proposti  in  via  principale,
rispetto a quelli instaurati in via incidentale (da ultimo,  sentenza
n. 115 del 2021). Piu' in particolare, «il  ricorrente  ha  non  solo
l'onere di  individuare  le  disposizioni  impugnate  e  i  parametri
costituzionali dei quali lamenta la violazione, ma  anche  quello  di
allegare, a sostegno delle questioni proposte,  una  motivazione  non
meramente assertiva. Il ricorso deve  cioe'  contenere  l'indicazione
delle ragioni per le quali vi sarebbe il contrasto  con  i  parametri
evocati e una, sia pur sintetica,  argomentazione  a  supporto  delle
censure» (sentenza n. 95 del 2021). 
    Nel caso di specie il ricorrente non ha assolto tale  onere,  per
cui l'assoluta genericita'  della  doglianza,  sprovvista  di  alcuna
argomentazione a sostegno del contrasto con  il  parametro  indicato,
determina l'inammissibilita' della questione (ex  plurimis,  sentenza
n. 25 del 2021). 
    3.-  Sempre  in  via  preliminare,  deve  esaminarsi  l'eccezione
d'inammissibilita' sollevata dalla  Regione  Veneto  in  ordine  alla
dedotta violazione dell'art. 117, terzo comma, Cost. 
    Secondo la difesa regionale, l'impugnativa sarebbe  inammissibile
in   quanto   conterrebbe   la   mera   indicazione   del   parametro
costituzionale  e  della  norma  statale  interposta  che  si  assume
violata,  senza  un'adeguata  motivazione  in  ordine  alla  concreta
lesione  economico-finanziaria  derivante   dall'applicazione   della
normativa regionale impugnata. 
    Tale eccezione non e' fondata. 
    Come gia' ricordato, secondo il costante orientamento  di  questa
Corte, «"il ricorrente ha  l'onere  di  individuare  le  disposizioni
impugnate  e  i  parametri  costituzionali  dei  quali   lamenta   la
violazione e di  svolgere  una  motivazione  che  non  sia  meramente
assertiva"» (sentenza n. 52 del 2021). Tuttavia,  allorquando  l'atto
introduttivo, pur  nella  sua  sintetica  formulazione,  consenta  di
individuare   «con   sufficiente   chiarezza   [...]   il   parametro
asseritamente violato [...] e  la  ratio  del  prospettato  contrasto
della disposizione denunciata con il parametro stesso», l'impugnativa
proposta e' ammissibile (sentenza n. 187 del 2020). 
    Nella specie, la questione, pur proposta  in  maniera  sintetica,
supera quella «soglia minima di chiarezza [...] che rende ammissibile
l'impugnativa proposta» (ex multis, sentenze n. 52 e n. 29 del 2021).
Il semplice raffronto  del  contenuto  delle  disposizioni  regionali
impugnate con il parametro specificamente evocato e la relativa norma
interposta e', infatti, in questo caso, sufficiente  a  consentire  a
questa Corte di individuare i termini della questione e di esaminarla
nel merito. 
    Piuttosto,  l'inadeguata  motivazione  in  ordine  alla  concreta
lesione finanziaria da parte  della  normativa  denunciata,  indicata
dalla parte resistente come ragione  d'inammissibilita',  e'  profilo
che involge il merito della questione. 
    4.- Cio' posto, e' necessaria una seppur breve ricostruzione  del
contesto normativo in cui si inserisce la disposizione impugnata. 
    L'art. 33 del d.l. n. 34 del 2019, come convertito, introduce per
le Regioni (comma 1) e per i Comuni (comma 2)  una  nuova  e  diversa
regola assunzionale rispetto al  passato,  «non  piu'  legat[a]  alle
cessazioni  e  alle  assunzioni  degli  anni  precedenti,   ma   alla
"sostenibilita' finanziaria" delle medesime  assunzioni,  ancorata  a
valori soglia riferiti alla spesa complessiva per tutto il  personale
dipendente» (sentenza n. 273  del  2020).  La  facolta'  assunzionale
dell'ente viene, quindi, calcolata sulla base di  un  valore  soglia,
definito come  percentuale,  differenziata  per  fascia  demografica,
della  media  delle  entrate  correnti  relative  agli   ultimi   tre
rendiconti approvati dall'ente. 
    Per  quanto  riguarda  le  Regioni,  il  citato   decreto   della
Presidenza del Consiglio dei ministri - Dipartimento per la  pubblica
amministrazione 3 settembre 2019 - in attuazione dell'art. 33,  comma
1, del d.l. n. 34 del 2019, come convertito - ha determinato i valori
soglia in relazione alle diverse fasce demografiche, sulla  base  dei
quali determinare le relative assunzioni. Le Regioni che si collocano
al di sotto dei predetti valori soglia possono incrementare la  spesa
del  personale  registrata  nell'ultimo  rendiconto  approvato,   per
assunzioni di personale a tempo  indeterminato,  in  coerenza  con  i
piani triennali dei fabbisogni  di  personale  -  fermo  restando  il
rispetto pluriennale dell'equilibrio di bilancio - sino a  una  spesa
del  personale  complessiva,  rapportata   alle   entrate   correnti,
inferiore ai richiamati valori soglia e  ferme  restando  determinate
percentuali massime di incremento. 
    Si tratta pertanto di un principio di coordinamento della finanza
pubblica dal carattere innovativo,  che  riconosce  ampi  margini  di
flessibilita'   per   gli   enti   territoriali,   in   termini    di
responsabilizzazione, specie «sul versante  della  riscossione  delle
entrate, il cui gettito medio nel triennio  potra',  se  in  aumento,
offrire anche ulteriori spazi assunzionali» (Corte dei conti, sezione
regionale di controllo per  l'Emilia-Romagna,  deliberazione  del  30
aprile 2020, n. 32/2020/PAR). 
    5.- Quanto alla lesione dell'art. 117,  terzo  comma,  Cost.,  in
relazione all'art. 33, comma  1,  del  d.l.  n.  34  del  2019,  come
convertito, la questione non e' fondata. 
    La scelta del legislatore veneto di applicare i  predetti  valori
soglia anche al personale del Consiglio regionale e della Giunta  non
si pone in  contrasto  con  il  tenore  testuale  della  disposizione
statale richiamata come parametro interposto, ma,  piuttosto,  e'  in
linea con il principio fondamentale di  coordinamento  della  finanza
pubblica da quest'ultima recato. 
    L'art. 33, comma 1, del d.l. n. 34  del  2019,  come  convertito,
infatti, prevede espressamente che, ai fini del  calcolo  del  valore
soglia, si deve  considerare  la  «spesa  complessiva  per  tutto  il
personale  dipendente,  al  lordo  degli  oneri  riflessi  a   carico
dell'amministrazione». 
    Pertanto, assoggettare anche la spesa del personale della  Giunta
e  del  Consiglio  regionale  ai  nuovi  valori  soglia,  determinati
complessivamente per tutto il personale regionale,  risulta  conforme
alla testuale applicazione del richiamato principio. 
    Tale scelta e' peraltro coerente con la  costante  giurisprudenza
costituzionale in materia di limiti alla spesa per il  personale,  la
quale, come e'  noto,  costituisce  «non  gia'  una  minuta  voce  di
dettaglio»  nei  bilanci  delle  amministrazioni  pubbliche,  ma  «un
importante aggregato della spesa di parte corrente» (sentenza n.  146
del 2019). 
    La disposizione regionale impugnata e' altresi' coerente  con  il
principio contabile di unita' del bilancio, di cui all'Allegato 1 del
decreto legislativo 23 giugno 2011, n. 118, recante «Disposizioni  in
materia di armonizzazione dei sistemi contabili  e  degli  schemi  di
bilancio delle Regioni, degli enti locali e  dei  loro  organismi,  a
norma degli articoli 1  e  2  della  legge  5  maggio  2009,  n.  42»
(principi contabili numeri 2 e 4). 
    Questa Corte, in materia di spesa per  i  gruppi  consiliari,  ha
ribadito che nel rendiconto generale della Regione confluiscono anche
i singoli bilanci degli stessi, «nella misura in cui le somme da tali
gruppi acquisite e quelle restituite devono essere conciliate con  le
risultanze  del  bilancio  regionale»  (sentenza  n.  39  del  2014),
«poiche' anche esso costituisce un mero documento di sintesi ex  post
delle risultanze contabili della gestione finanziaria e  patrimoniale
dell'ente» (sentenza n. 235 del 2015). 
    In questo senso si pone anche la deliberazione  del  22  novembre
2018,  n.  130/2018/PAR  della  Corte  conti,  sezione  regionale  di
controllo della Campania, in cui e' stato chiarito che la presenza di
un distinto bilancio  consiliare  «non  rompe  l'unita'  giuridica  e
finanziaria della regione», il cui bilancio unitariamente finanzia il
proprio Consiglio regionale, benche' dotato di autonomia contabile  e
organizzativa. 
    In altri termini, poiche' per il calcolo  del  valore  soglia  le
voci rilevanti devono essere ricavate dal rendiconto  consolidato,  e
in esso confluiscono i bilanci di Giunta e Consiglio,  tanto  vale  a
dimostrare la coerenza della  normativa  regionale  impugnata  con  i
principi contabili richiamati. 
    Infine, dalla simulazione contabile  prodotta  dalla  Regione  si
evince che la considerazione congiunta della  capacita'  assunzionale
della Giunta e del Consiglio, se da un lato determina inevitabilmente
un'erosione della capacita' di spesa regionale, al contempo - per  la
specifica situazione di virtuosita' della Regione Veneto  in  materia
di spesa per il personale - non e' tale da provocare  il  superamento
del valore soglia, ne' un  incremento  della  capacita'  assunzionale
insostenibile sotto il profilo economico-finanziario. 
    Infatti, anche cumulando la spesa per il personale della Giunta e
del Consiglio, il limite stabilito dal decreto della  Presidenza  del
Consiglio dei ministri - Dipartimento per la pubblica amministrazione
3 settembre 2019 (9,5 per cento) risulta ampiamente rispettato  dalla
Regione resistente, che presenta un rapporto  fra  la  spesa  per  il
personale e le entrate  correnti  pari  a  5,8  per  cento,  pertanto
inferiore di circa quattro punti percentuali alla soglia fissata  dal
richiamato decreto. 
    Da quanto precede si deduce che la  normativa  impugnata  non  ha
determinato alcuna violazione del principio fondamentale  recato  dal
piu' volte citato parametro  interposto,  poiche'  il  calcolo  della
spesa per il personale della Giunta  e  del  Consiglio,  nell'insieme
complessivo della spesa per tale voce, produce l'effetto  di  indurre
la Regione a un maggiore risparmio. 
    Dev'essere, pertanto, dichiarata  non  fondata  la  questione  di
legittimita' costituzionale dell'art. 1 della legge reg. Veneto n. 29
del 2020, promossa in riferimento all'art. 117, terzo comma, Cost.  e
in relazione all'art. 33, comma 1, del d.l.  n.  34  del  2019,  come
convertito.