ha pronunciato la seguente 
 
                              SENTENZA 
 
    nel giudizio di legittimita' costituzionale  dell'art.  1,  comma
800, della legge 28 dicembre 2015, n. 208, recante «Disposizioni  per
la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello  Stato  (legge
di stabilita' 2016)», promosso dal Tribunale ordinario  di  Roma,  in
funzione di giudice dell'esecuzione, nel procedimento vertente tra A.
P. e altri e il Ministero della salute e altri, con ordinanza  del  5
febbraio 2020, iscritta al n.  179  del  registro  ordinanze  2020  e
pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della  Repubblica  n.  52,  prima
serie speciale, dell'anno 2020. 
    Visti l'atto di costituzione di A. P. e altri, nonche' l'atto  di
intervento del Presidente del Consiglio dei ministri; 
    udito nell'udienza  pubblica  del  19  ottobre  2021  il  Giudice
relatore Angelo Buscema; 
    uditi l'avvocato  Giuseppe  Naccarato  per  A.  P.  e  altri,  in
collegamento da remoto,  ai  sensi  del  punto  1)  del  decreto  del
Presidente della Corte del 18 maggio 2021, e l'avvocato  dello  Stato
Emanuele Feola per il Presidente del Consiglio dei ministri; 
    deliberato nella camera di consiglio del 19 ottobre 2021. 
 
                          Ritenuto in fatto 
 
    1.- Il Tribunale  ordinario  di  Roma,  in  funzione  di  giudice
dell'esecuzione, ha sollevato, con ordinanza iscritta al n.  179  del
registro ordinanze 2020,  questioni  di  legittimita'  costituzionale
dell'art. 1, comma 800, della legge 28 dicembre 2015, n. 208, recante
«Disposizioni per la formazione del bilancio  annuale  e  pluriennale
dello Stato (legge di stabilita' 2016)», in riferimento agli artt. 3,
24 e 111 della Costituzione. 
    La disposizione censurata dispone che «[i] fondi esistenti  sulle
contabilita'  aperte  ai  sensi  del   comma   795,   nonche'   sulle
contabilita' presso  la  tesoreria  statale  intestate  al  Ministero
dell'economia e delle finanze, destinati in favore  degli  interventi
cofinanziati dall'Unione europea, degli interventi complementari alla
programmazione europea, ivi compresi quelli di cui al Piano di azione
coesione, degli interventi finanziati con il Fondo per lo sviluppo  e
la coesione di cui all'articolo 1, comma 703, della legge n. 190  del
2014, nonche' i fondi depositati sulle contabilita' speciali  di  cui
all'articolo 1, comma 671, della predetta legge 23 dicembre 2014,  n.
190, a disposizione delle  Amministrazioni  centrali  dello  Stato  e
delle agenzie dalle stesse vigilate, non sono soggetti ad  esecuzione
forzata.  Sui  fondi  depositati  sui  conti  di  tesoreria  e  sulle
contabilita' speciali, come  individuati  dal  comma  795,  non  sono
ammessi atti di sequestro o di  pignoramento  presso  le  sezioni  di
tesoreria dello Stato, a pena di nullita' rilevabile anche d'ufficio.
Gli atti di sequestro o di pignoramento eventualmente notificati  non
determinano  obbligo  di  accantonamento  da  parte   delle   sezioni
medesime». 
    Il rimettente riferisce di essere stato adito in via esecutiva  a
seguito di pignoramento presso terzi in relazione  a  un  debito  del
Ministero della salute e, a fronte della dichiarazione negativa della
Banca d'Italia, terzo pignorato nella veste di tesoriere dello Stato,
di aver proceduto ai necessari accertamenti ai  sensi  dell'art.  549
del codice di procedura  civile.  Espletata  una  consulenza  tecnica
d'ufficio al fine  di  verificare  la  sussistenza  presso  la  Banca
d'Italia di somme pignorabili riferibili al  predetto  Ministero,  e'
emerso  come  quest'ultimo  fosse  titolare   soltanto   di   quattro
contabilita'  speciali,  i  cui  fondi  non  sarebbero   soggetti   a
esecuzione forzata in virtu'  della  disposizione  censurata,  mentre
alcuni pagamenti verrebbero effettuati mediante prelevamento di somme
giacenti su un conto denominato «Disponibilita'  del  Tesoro  per  il
Servizio di Tesoreria», anch'esso impignorabile in  virtu'  dell'art.
5, comma 6, del decreto del Presidente della Repubblica  30  dicembre
2003, n. 398, recante «Testo unico delle disposizioni  legislative  e
regolamentari in materia di debito pubblico. (Testo A)». 
    1.1.- Ritenuta la propria legittimazione a sollevare incidente di
legittimita'  costituzionale  e  l'impossibilita'   di   accedere   a
un'interpretazione costituzionalmente  orientata  della  disposizione
censurata,  stante  il  suo  tenore  letterale,  il  rimettente,  sul
presupposto che il principio della  responsabilita'  patrimoniale  di
cui agli artt. 2740 e 2910 del codice civile si applichi  anche  alle
amministrazioni statali, ritiene che l'art. 1, comma 800, della legge
n. 208  del  2015  precluda  in  maniera  assoluta  qualsiasi  azione
esecutiva nei  confronti  del  Ministero  della  salute,  ingenerando
un'ingiustificata disparita' di  trattamento  rispetto  ai  creditori
degli  altri  ministeri,  i  quali,  viceversa,  troverebbero  sempre
soddisfazione delle proprie  ragioni  nelle  giacenze  dei  conti  di
tesoreria. Di qui l'asserito contrasto con l'art. 3 Cost. 
    Risulterebbe altresi' violato  l'art.  24  Cost.,  in  quanto  la
citata norma, impedendo gli atti di pignoramento, renderebbe di fatto
infruttuosi i tentativi di recupero coattivo delle  somme  dovute  in
virtu' di titoli  giudiziali,  precludendo  cosi',  peraltro  in  via
permanente, ogni tutela esecutiva, considerata  l'assenza  di  valide
alternative. 
    Infine, la disposizione censurata violerebbe l'art. 111 Cost., in
quanto altererebbe  l'effettiva  parita'  delle  parti  nel  processo
esecutivo,  attribuendo  al   debitore   tutele   ingiustificate,   e
determinerebbe   un'irragionevole   dilatazione   dei   tempi   della
procedura, che subirebbe un ingiusto aggravio. 
    2.- In punto di rilevanza, il rimettente evidenzia  che,  ove  la
disposizione   fosse   dichiarata   costituzionalmente   illegittima,
sussisterebbero crediti pignorabili (salvo valutarne  la  sufficiente
capienza), mentre, diversamente, la procedura esecutiva non  potrebbe
che concludersi con esito negativo, con conseguente estinzione  della
stessa  e  mancata   soddisfazione   dei   creditori   procedenti   e
intervenuti. 
    3.- E' intervenuto in giudizio il Presidente  del  Consiglio  dei
ministri,  rappresentato  e  difeso  dall'Avvocatura  generale  dello
Stato, deducendo l'inammissibilita' e, comunque, l'infondatezza delle
questioni sollevate. 
    Anzitutto, il rimettente avrebbe omesso la completa ricostruzione
del contesto normativo in cui la disposizione censurata  si  colloca,
in tal modo risultando pregiudicato l'iter  logico  che  ha  condotto
all'insorgenza dei dubbi di legittimita' costituzionale. 
    In particolare, il giudice a quo avrebbe mancato  di  considerare
che la dichiarazione della Banca  d'Italia  si  sarebbe  limitata  ai
conti accesi presso la sua sede centrale, in  applicazione  dell'art.
167, comma 1, del decreto del Ministro dell'economia e delle  finanze
29  maggio  2007  (Approvazione  delle  Istruzioni  sul  Servizio  di
Tesoreria dello Stato), mentre il Ministero della salute ben potrebbe
essere  titolare  di  conti  correnti  accesi  presso  le   tesorerie
provinciali dello Stato, le  cui  somme  non  siano  assoggettate  al
regime d'impignorabilita' previsto dalla  norma  censurata.  Inoltre,
esso potrebbe essere titolare di altri crediti o di  beni  rientranti
nel patrimonio  disponibile  e  quindi  assoggettabili  a  esecuzione
forzata. 
    Ancora,  il  rimettente  avrebbe  omesso  di  tener  conto  della
speciale disciplina dettata dall'art. 14, comma 2, del  decreto-legge
31 dicembre 1996, n. 669 (Disposizioni urgenti in materia tributaria,
finanziaria e contabile a  completamento  della  manovra  di  finanza
pubblica per l'anno 1997), convertito, con modificazioni, nella legge
28 febbraio 1997, n. 30, il quale ammette la possibilita', in assenza
di disponibilita' finanziarie, di procedere al  pagamento  di  quanto
dovuto in virtu' di provvedimenti giurisdizionali mediante  emissione
di uno  speciale  ordine  di  pagamento  (SOP)  rivolto  all'istituto
tesoriere, da regolare in conto sospeso. Tale disciplina,  unitamente
alla possibilita' del creditore di adire il giudice amministrativo in
sede di ottemperanza, non sarebbe stata presa in  considerazione  dal
rimettente, omissione che ne avrebbe inficiato gli assunti. 
    Infine, le questioni sarebbero inammissibili in quanto il giudice
a quo non avrebbe censurato anche l'art. 5, comma 6,  del  d.P.R.  n.
398 del 2003, a cui pure ascrivere, nella fattispecie, la prospettata
impossibilita' di procedere a esecuzione forzata. 
    Nel merito, le questioni sollevate non sarebbero fondate. 
    Dopo  aver  ricostruito  ed  esaminato  gli  orientamenti   della
giurisprudenza costituzionale in materia, il Presidente del Consiglio
dei ministri esclude la violazione dell'art.  3  Cost.,  atteso  che,
contrariamente a quanto affermato dal giudice a quo, la  disposizione
censurata non introdurrebbe alcuna disparita' di  trattamento  tra  i
creditori del Ministero della salute e quelli degli altri  ministeri,
posto che, sotto il profilo  soggettivo,  l'impignorabilita'  di  cui
all'art. 1, comma 800, della legge n. 208 del  2015  concernerebbe  i
fondi ivi indicati «a  disposizione  delle  Amministrazioni  centrali
dello Stato»: tutte, senza distinzione. 
    Tale impignorabilita' - giustificata dall'esigenza di  assicurare
che gli  interventi  a  cui  i  fondi  sono  destinati,  cofinanziati
dall'Unione europea, ricevano per intero gli importi a essi vincolati
onde realizzare i programmi volti a rimuovere gli squilibri economici
e sociali, nonche' a promuovere lo sviluppo economico, la coesione  e
la solidarieta' sociale -  risponderebbe  a  finalita'  espressamente
riconosciute dall'art. 119, quinto comma, Cost. e, a livello europeo,
dall'art. 174 del  Trattato  sul  funzionamento  dell'Unione  europea
(TFUE), come modificato dall'art. 2 del Trattato di  Lisbona  del  13
dicembre 2007 e ratificato dalla legge 2 agosto 2008, n. 130, nonche'
dall'art. 132  del  regolamento  (UE)  n.  1303/2013  del  Parlamento
europeo e del Consiglio, del 17 dicembre 2013,  recante  disposizioni
comuni sul Fondo europeo di sviluppo  regionale,  sul  Fondo  sociale
europeo, sul Fondo di coesione, sul Fondo  europeo  agricolo  per  lo
sviluppo rurale e sul Fondo europeo per gli  affari  marittimi  e  la
pesca  e  disposizioni  generali  sul  Fondo  europeo   di   sviluppo
regionale, sul Fondo sociale europeo, sul Fondo  di  coesione  e  sul
Fondo europeo per gli affari marittimi e la pesca, e  che  abroga  il
regolamento (CE) n. 1083/2006 del Consiglio. 
    Resterebbero aggredibili in via esecutiva, oltre ai beni mobili e
immobili rientranti nel patrimonio disponibile dello Stato, gli altri
fondi a disposizione delle amministrazioni  statali  non  oggetto  di
specifici vincoli di destinazione e  rimarrebbe  altresi'  esperibile
sia la via dell'emissione del SOP rivolto all'istituto tesoriere,  da
regolare in conto sospeso, sia quella del  giudizio  di  ottemperanza
dinanzi al giudice amministrativo. 
    Di conseguenza - contrariamente a quanto affermato dal giudice  a
quo - la norma censurata  non  svuoterebbe  affatto  di  efficacia  i
titoli esecutivi giudiziali emessi nei confronti del Ministero  della
salute e,  quindi,  non  si  porrebbe  in  contrasto  con  i  dettami
dell'art. 24 Cost. 
    Infine, quanto all'asserita violazione dell'art.  111  Cost.,  il
regime d'impignorabilita' censurato dal rimettente non  attribuirebbe
al  debitore   pubblico   alcuna   tutela   ingiustificata,   essendo
preordinato  al  raggiungimento  delle  finalita'  che  connotano  la
politica di coesione, ne' comporterebbe un'irragionevole  dilatazione
dei tempi processuali e un ingiustificato  aggravio  della  procedura
esecutiva, dato  che  il  pignoramento  presso  terzi  dei  fondi  in
questione deriverebbe da una libera scelta del creditore  procedente,
al quale sarebbe imputabile l'esito negativo della procedura,  avendo
avuto la possibilita' di assumere iniziative differenti. 
    4.- Si sono costituiti A. P., C. P., S. P. e  F.  P.,  parti  nel
giudizio a quo, i quali, dopo aver sostenuto  la  legittimazione  del
rimettente a promuovere l'incidente di legittimita' costituzionale  e
la rilevanza delle questioni sollevate, ne sostengono la fondatezza. 
    In particolare, risulterebbe violato l'art. 24 Cost. - unitamente
all'art.  6  della  Convenzione  per  la  salvaguardia  dei   diritti
dell'uomo e delle liberta' fondamentali (CEDU), firmata a Roma  il  4
novembre 1950, ratificata e resa esecutiva con legge 4  agosto  1955,
n. 848  -  in  quanto  il  regime  d'impignorabilita'  dettato  dalla
disposizione censurata non si giustificherebbe in ragione di esigenze
transitorie ne' si  accompagnerebbe  alla  previsione  di  valide  ed
effettive alternative di tutela del creditore. A diversamente opinare
non condurrebbe ne' la sussistenza di altri  conti  aggredibili,  ove
stabilmente incapienti; ne' il conto denominato  «Disponibilita'  del
Tesoro per il Servizio di  Tesoreria»,  non  intestato  al  Ministero
della salute e, a sua volta, insuscettibile di  pignoramento,  stante
il dettato dell'art. 5, comma 6, del d.P.R. n. 398 del 2003;  ne'  la
procedura di  cui  all'art.  14  del  d.l.  n.  669  del  1996,  come
convertito, attivabile solo d'ufficio e  al  cui  esito  l'ordine  di
pagamento da regolare in conto sospeso richiederebbe che fossero rese
disponibili le necessarie risorse sul pertinente capitolo, in termini
incerti e mai brevi; ne', infine, il giudizio  di  ottemperanza,  che
richiederebbe il passaggio in giudicato della sentenza di condanna. 
    Non si potrebbe neppure ritenere sussistente un vincolo di  scopo
idoneo a giustificare il previsto regime d'impignorabilita',  essendo
necessaria un'indicazione chiara, precisa,  mirata  e  circostanziata
della  destinazione  delle  somme,  che  dovrebbero  altresi'  essere
determinate o determinabili nella misura. 
    La violazione dell'art. 3 Cost. sarebbe rinvenibile sia sotto  il
profilo della necessaria equiparazione del  debitore  pubblico  e  di
quello privato, sia perche' il Ministero della salute godrebbe di una
tutela ingiustificatamente piu' intensa rispetto  a  qualsiasi  altra
amministrazione, risultando sottratti all'esecuzione tutti i fondi  a
esso pertinenti, con discriminazione a discapito dei suoi  creditori.
Con la conseguenza  che,  in  via  subordinata,  la  declaratoria  di
illegittimita' costituzionale  potrebbe  riguardare  la  disposizione
«nella parte in cui  non  prevede»  un  limite  massimo  temporale  o
quantitativo di preclusione delle azioni esecutive, pena, altrimenti,
anche la violazione del diritto di proprieta', presidiato dagli artt.
42 Cost. e 1 del Protocollo addizionale alla CEDU, firmato  a  Parigi
il 20 marzo 1952. 
    Infine, la disposizione censurata violerebbe  l'art.  111  Cost.,
sia perche' altererebbe l'effettiva parita' delle parti nel  processo
esecutivo, munendo il debitore di ingiustificate tutele, sia  perche'
determinerebbe un irrazionale aggravio del processo, costringendo  il
debitore a promuovere l'azione esecutiva, irrimediabilmente frustrata
dall'impignorabilita' destinata a  manifestarsi  solo  nell'eventuale
articolazione del procedimento esecutivo di  cui  all'art.  549  cod.
proc. civ. Cio' con violazione degli artt. 28 e 97 Cost., in  quanto,
sottraendo il Ministero della salute alle  azioni  esecutive  per  il
recupero  di   somme   a   qualsiasi   titolo   dovute,   produrrebbe
l'illegittimo effetto di deresponsabilizzare l'amministrazione  (e  i
suoi funzionari), irrimediabilmente  nuocendo  ai  principi  di  buon
andamento e di imparzialita'. 
    5.- In prossimita' dell'udienza, il Presidente del Consiglio  dei
ministri ha depositato memoria illustrativa, in cui, oltre a ribadire
e  approfondire  gli  argomenti  esposti  nell'atto  di   intervento,
replicando alle difese delle parti del giudizio a  quo,  ha  eccepito
l'inammissibilita' dell'ampliamento  del  thema  decidendum  da  esse
proposto nell'atto di costituzione e del tentativo  ivi  esperito  di
colmare le lacune dell'ordinanza di rimessione. 
    6.- In prossimita' dell'udienza, anche A. P., C. P., S. P.  e  F.
P. hanno depositato memoria illustrativa, segnalando il  sopravvenuto
accordo  transattivo  intercorso  con  il  Ministero  della   salute,
richiamando gli argomenti esposti in precedenza ed  evidenziando,  in
replica a quanto sostenuto dall'Avvocatura generale dello Stato, come
la mancata censura dell'art. 5, comma 6, del d.P.R. n. 398  del  2003
non   infici   la   rilevanza   delle   questioni   di   legittimita'
costituzionale sollevate, essendo sufficiente la rimozione  anche  di
uno solo dei vincoli d'impignorabilita'  onde  assicurare  la  tutela
esecutiva invocata. 
 
                       Considerato in diritto 
 
    1.- Il Tribunale  ordinario  di  Roma,  in  funzione  di  giudice
dell'esecuzione, ha sollevato, con ordinanza iscritta al n.  179  del
registro ordinanze 2020,  questioni  di  legittimita'  costituzionale
dell'art. 1, comma 800, della legge 28 dicembre 2015, n. 208, recante
«Disposizioni per la formazione del bilancio  annuale  e  pluriennale
dello Stato (legge di stabilita' 2016)», in riferimento agli artt. 3,
24 e 111 della Costituzione. 
    La disposizione censurata dispone che «[i] fondi esistenti  sulle
contabilita'  aperte  ai  sensi  del   comma   795,   nonche'   sulle
contabilita' presso  la  tesoreria  statale  intestate  al  Ministero
dell'economia e delle finanze, destinati in favore  degli  interventi
cofinanziati dall'Unione europea, degli interventi complementari alla
programmazione europea, ivi compresi quelli di cui al Piano di azione
coesione, degli interventi finanziati con il Fondo per lo sviluppo  e
la coesione di cui all'articolo 1, comma 703, della legge n. 190  del
2014, nonche' i fondi depositati sulle contabilita' speciali  di  cui
all'articolo 1, comma 671, della predetta legge 23 dicembre 2014,  n.
190, a disposizione delle  Amministrazioni  centrali  dello  Stato  e
delle agenzie dalle stesse vigilate, non sono soggetti ad  esecuzione
forzata.  Sui  fondi  depositati  sui  conti  di  tesoreria  e  sulle
contabilita' speciali, come  individuati  dal  comma  795,  non  sono
ammessi atti di sequestro o di  pignoramento  presso  le  sezioni  di
tesoreria dello Stato, a pena di nullita' rilevabile anche d'ufficio.
Gli atti di sequestro o di pignoramento eventualmente notificati  non
determinano  obbligo  di  accantonamento  da  parte   delle   sezioni
medesime». 
    Secondo il rimettente, la disposizione precluderebbe  in  maniera
assoluta qualsiasi azione esecutiva nei confronti del Ministero della
salute - a seguito di consulenza tecnica d'ufficio risultato titolare
presso la Banca d'Italia, terzo pignorato nella  veste  di  tesoriere
dello Stato, unicamente di  contabilita'  speciali  presidiate  dalla
norma  censurata  -  ingenerando  un'ingiustificata   disparita'   di
trattamento rispetto ai  creditori  degli  altri  ministeri.  Di  qui
l'asserito contrasto con l'art. 3 Cost. 
    Risulterebbe altresi' violato l'art. 24 Cost., in quanto la norma
renderebbe di fatto infruttuosi  i  tentativi  di  recupero  coattivo
delle somme dovute in virtu' di titoli giudiziali, precludendo  cosi'
ogni tutela esecutiva, in mancanza di valide alternative. 
    Infine, la disposizione violerebbe l'art. 111  Cost.,  in  quanto
altererebbe l'effettiva parita' delle parti nel  processo  esecutivo,
attribuendo  al  debitore  tutele  ingiustificate,  e  determinerebbe
un'irragionevole dilatazione dei tempi della procedura, che subirebbe
un ingiusto aggravio. 
    2.- Occorre preliminarmente evidenziare che, sebbene  l'ordinanza
di rimessione si riferisca indistintamente al comma 800  dell'art.  1
della  legge  n.  208  del  2015,  dalla  descrizione  della  vicenda
processuale e dal contenuto delle censure si evince chiaramente  come
oggetto di denuncia sia unicamente la porzione normativa secondo  cui
«i fondi depositati sulle contabilita' speciali di  cui  all'articolo
1, comma 671, della predetta  legge  23  dicembre  2014,  n.  190,  a
disposizione delle  Amministrazioni  centrali  dello  Stato  e  delle
agenzie dalle  stesse  vigilate,  non  sono  soggetti  ad  esecuzione
forzata». A essa va dunque  circoscritto  l'oggetto  delle  questioni
sollevate. 
    Si evidenzia fin d'ora che l'art. 1, comma 671,  della  legge  23
dicembre 2014, n. 190, recante «Disposizioni per  la  formazione  del
bilancio annuale e pluriennale dello 7  Stato  (legge  di  stabilita'
2015)», a seguito della sostituzione operata dall'art. 1, comma  801,
della legge n. 208 del 2015, dispone che «[a]l fine di  accelerare  e
semplificare  l'iter  dei  pagamenti   riguardanti   gli   interventi
cofinanziati  dall'Unione  europea  e  gli  interventi  di  azione  e
coesione complementari alla  programmazione  dell'Unione  europea,  a
titolarita' delle Amministrazioni  centrali  dello  Stato  ovvero  di
agenzie  dalle  stesse  vigilate,  il  Fondo  di  rotazione  di   cui
all'articolo 5 della legge 16 aprile  1987,  n.  183,  provvede  alle
erogazioni a proprio carico, riguardanti i predetti interventi, anche
mediante versamenti nelle apposite  contabilita'  speciali  istituite
presso ciascuna amministrazione o agenzia titolare  degli  interventi
stessi». 
    3.- Tanto premesso, occorre rilevare come le parti costituite  in
giudizio, oltre a sostenere la fondatezza delle  questioni  sollevate
dal rimettente, abbiano altresi' denunciato il contrasto dell'art. 1,
comma 800, della legge n. 208 del 2015 con gli  artt.  28,  42  e  97
Cost., con l'art. 6 della Convenzione per la salvaguardia dei diritti
dell'uomo e delle liberta' fondamentali (CEDU), firmata a Roma  il  4
novembre 1950, ratificata e resa esecutiva con legge 4  agosto  1955,
n. 848, e con l'art. 1 del Protocollo addizionale alla CEDU,  firmato
a Parigi il 20 marzo 1952, nonche' la violazione  dell'art.  3  Cost.
sotto il profilo della necessaria equiparazione del debitore pubblico
e di quello privato. 
    Tali questioni e profili di censura vanno ritenuti inammissibili,
atteso che, secondo  la  costante  giurisprudenza  di  questa  Corte,
l'oggetto  del  giudizio  di  legittimita'  costituzionale   in   via
incidentale e' limitato al thema decidendum delineato  dall'ordinanza
di rimessione, per cui non possono essere  presi  in  considerazione,
oltre i limiti fissati nella medesima ordinanza, ulteriori  questioni
o profili di legittimita'  costituzionale  dedotti  dalle  parti  (ex
plurimis, sentenze n. 172 e n. 109 del 2021). 
    E'  inoltre  ininfluente  il  sopravvenuto  accordo   transattivo
intercorso tra le parti  costituite  e  il  Ministero  della  salute,
poiche' non assumono rilievo gli eventi successivi  all'ordinanza  di
rimessione, tra cui ricomprendere la definizione stragiudiziale della
controversia,  stante  l'autonomia  del   giudizio   incidentale   di
legittimita' costituzionale da quello a quo (ex multis,  sentenza  n.
264 del 2017). 
    4.-  Non  e'  fondata  l'eccezione  d'inammissibilita'  sollevata
dall'Avvocatura generale  dello  Stato  in  ordine  all'insufficiente
considerazione  del  contesto  normativo  in  cui   si   colloca   la
disposizione censurata. 
    Seppur attraverso sintetici e stringati passaggi argomentativi  e
in mancanza di specifici richiami al quadro normativo di riferimento,
il rimettente dimostra di aver considerato le alternative  di  tutela
astrattamente previste, reputandole inidonee a garantire  l'effettiva
possibilita' di esecuzione forzata nei confronti del Ministero  della
salute, in tal modo offrendo un'adeguata motivazione in punto di  non
manifesta infondatezza. 
    5.-  Parimenti  non  fondata  e'  l'eccezione  d'inammissibilita'
relativa alla mancata censura dell'art. 5, comma 6, del  decreto  del
Presidente della Repubblica 30 dicembre 2003, n. 398, recante  «Testo
unico delle disposizioni legislative e regolamentari  in  materia  di
debito pubblico. (Testo A)». 
    La circostanza, infatti, non inficia in alcun modo  la  rilevanza
delle questioni di legittimita'  costituzionale  dell'art.  1,  comma
800, della legge n. 208 del 2015,  atteso  che,  secondo  quanto  non
implausibilmente sostenuto dal rimettente, l'ordinanza alla quale, in
ragione dell'art. 549 del codice di procedura civile, e' affidata  la
risoluzione   dei   «contrasti,   in    relazione    all'accertamento
dell'obbligo del terzo o a problemi relativi  all'individuazione  dei
crediti o dei beni del debitore in possesso del terzo»  (sentenza  n.
172 del 2019),  presuppone  la  non  assoggettabilita'  a  esecuzione
forzata dei fondi depositati nelle contabilita' speciali intestate al
Ministero della salute, prevista dalla norma censurata. 
    6.- E' peraltro inammissibile la questione sollevata dal  giudice
a quo in riferimento all'art.  111  Cost.,  sotto  il  profilo  della
ragionevole  durata  del  processo,   in   quanto   la   disposizione
determinerebbe «un'irrazionale dilatazione dei tempi processuali e un
ingiusto aggravio della procedura esecutiva». 
    Tale motivazione sulla non manifesta infondatezza e' lacunosa, in
quanto non esplicita in che modo il  divieto  di  esecuzione  forzata
sancito dal censurato art. 1, comma 800, della legge n. 208 del  2015
allunghi irragionevolmente la durata  del  processo  esecutivo  e  ne
comporti un  appesantimento.  Da  tanto  discende  l'inammissibilita'
della questione (ex multis, sentenza n. 181  del  2021),  senza  che,
stante il principio di autosufficienza dell'ordinanza di  rimessione,
al fine di colmare la lacuna, possa farsi ricorso  alle  integrazioni
al riguardo ricavabili dalle memorie delle parti costituite (sentenza
n. 239 del 2019). Pur comprendendosi le difficolta' da queste  ultime
denunciate,  correlate  all'emersione   in   concreto   del   vincolo
d'impignorabilita' che discende dalla disposizione censurata,  questa
Corte non puo' non rammentare il proprio  orientamento,  secondo  cui
l'ordinanza di rimessione deve contenere  un'«autonoma  illustrazione
delle ragioni per le quali la normativa  censurata  integrerebbe  una
violazione  del  parametro  costituzionale  evocato»  (ex   plurimis,
sentenza n. 54 del 2020). 
    7.-  Nel   merito,   le   residue   questioni   di   legittimita'
costituzionale non sono fondate. 
    7.1.- Anzitutto,  quanto  alla  dedotta  violazione  dell'art.  3
Cost.,  per  la  disparita'  di  trattamento  che   la   disposizione
determinerebbe tra i creditori del Ministero della  salute  e  quelli
degli altri ministeri, occorre rilevare come la disposizione medesima
preveda che «i fondi depositati sulle contabilita'  speciali  di  cui
all'articolo 1, comma 671, della predetta legge 23 dicembre 2014,  n.
190, a disposizione delle  Amministrazioni  centrali  dello  Stato  e
delle agenzie dalle stesse vigilate, non sono soggetti ad  esecuzione
forzata». 
    L'art. 1 del decreto del Ministro dell'economia e  delle  finanze
30 maggio  2014  (Apertura  di  contabilita'  speciali  di  tesoreria
intestate alle Amministrazioni centrali dello Stato per  la  gestione
degli interventi cofinanziati dall'Unione europea e degli  interventi
complementari alla programmazione comunitaria) ha  acceso  presso  la
tesoreria statale  -  ossia,  la  Banca  d'Italia,  che  esercita  il
servizio in virtu' dell'art. 6 del  decreto  legislativo  5  dicembre
1997, n. 430 (Unificazione dei Ministeri del tesoro e del bilancio  e
della programmazione economica e riordino delle competenze del  CIPE,
a norma dell'articolo 7 della L. 3 aprile 1997, n. 94), dell'art.  4,
comma 1, della legge 28 marzo 1991, n. 104  (Proroga  della  gestione
del  servizio  di  tesoreria  provinciale  dello  Stato),   e   delle
convenzioni  con  essa  intercorse  -  tali  specifiche  contabilita'
speciali intestate alle amministrazioni centrali dello Stato indicate
nella  Tabella  allegata  al  decreto,  titolari   degli   interventi
cofinanziati dall'Unione  europea.  Cio'  al  fine  di  effettuare  i
relativi pagamenti (art. 1, comma 671, della legge n. 190 del 2014). 
    L'esclusione    dell'esecuzione    forzata    prescritta    dalla
disposizione censurata riguarda dunque tutte le contabilita' speciali
sopra menzionate, a qualunque  amministrazione  centrale  esse  siano
intestate,  con  la  conseguenza  che   non   sussiste   la   dedotta
discriminazione a discapito dei creditori del Ministero della salute. 
    7.2.-  Quanto  alla  violazione  degli  artt.  24  e  111  Cost.,
quest'ultimo sotto il profilo della  parita'  delle  parti,  si  deve
anzitutto rammentare come  anche  alla  pubblica  amministrazione  si
applichi  la  regola  generale   per   cui   il   debitore   risponde
dell'adempimento delle obbligazioni con tutti i suoi beni presenti  e
futuri   (art.   2740   del   codice   civile)   ed    e'    soggetto
all'espropriazione forzata se non esegue  spontaneamente  il  comando
contenuto nella sentenza di condanna (art. 2910 cod. civ.)  (sentenze
n. 223 del 2020 e n. 138 del 1981). 
    Tuttavia, se, di fronte alla sentenza di condanna al pagamento di
somme di denaro, la posizione dell'amministrazione non e', in via  di
principio, diversa da quella di ogni altro  debitore,  sicche'  anche
nei  suoi  confronti   e'   esperibile   l'esecuzione   forzata   per
espropriazione, si deve considerare che: a) limiti di  pignorabilita'
dei beni patrimoniali possono  essere  individuati  concretamente  in
relazione alla natura o alla destinazione degli  specifici  beni  dei
quali di volta in volta si chiede l'espropriazione;  b)  l'iscrizione
nel bilancio preventivo dello Stato o dell'ente pubblico di  somme  o
di crediti non puo' valere  a  paralizzare  l'azione  esecutiva,  non
potendo da essa desumersi un vincolo di destinazione in senso tecnico
- stante il principio di unita' del bilancio  (sentenza  n.  192  del
2012) - idoneo a far ricomprendere tali somme o  crediti  nell'ambito
del  patrimonio  indisponibile;  c)  rimane   salva   l'ipotesi   che
determinate somme o crediti siano  vincolati  al  soddisfacimento  di
specifiche finalita' pubbliche (sentenza n. 138  del  1981),  «quando
una espressa disposizione di legge o un provvedimento  amministrativo
dia loro una univoca, precisa e concreta destinazione»  (sentenza  n.
622 del 1988). 
    In  secondo  luogo,  limiti  all'esecuzione  forzata  sono  stati
avallati da questa Corte  anche  in  ragione  dell'esistenza  di  vie
alternative   alla   soddisfazione   delle   situazioni   sostanziali
sottostanti al titolo  esecutivo,  attraverso  modalita'  sostitutive
(sentenze n. 186 del 2013, n.  350  del  1998  e  n.  155  del  1994;
ordinanza n. 83 del 2003). 
    Tanto rammentato, gia' la disciplina generale delle  contabilita'
speciali  depone  nel  senso  della  sussistenza  di  un  vincolo  di
destinazione in senso tecnico, idoneo a far confluire le risorse  ivi
depositate nel patrimonio  indisponibile  dello  Stato.  Infatti,  ai
sensi dell'art.  10,  comma  1,  del  decreto  del  Presidente  della
Repubblica   20   aprile   1994,   n.   367   (Regolamento    recante
semplificazione  e  accelerazione  delle   procedure   di   spesa   e
contabili), il versamento di fondi nelle contabilita'  speciali  puo'
essere autorizzato nei casi in cui essi  debbano  essere  accreditati
per essere «destinati a specifici interventi, programmi e progetti». 
    In secondo luogo, con  specifico  riferimento  alla  fattispecie,
nelle contabilita' speciali in esame sono destinate  a  confluire  le
risorse europee  e  nazionali  di  cofinanziamento  degli  interventi
rientranti  nella  politica  dell'Unione  europea  per   ridurre   le
disparita' di sviluppo fra  le  Regioni  degli  Stati  membri  e  per
rafforzare la coesione economica, sociale e territoriale, secondo  il
quadro strategico tracciato dall'accordo di  partenariato  intercorso
con il singolo Stato membro, i programmi  operativi  da  quest'ultimo
elaborati e la programmazione a essi  complementare.  Il  vincolo  di
destinazione, in particolare, emerge dall'art.  132  del  regolamento
(UE) n. 1303/2013 del Parlamento europeo  e  del  Consiglio,  del  17
dicembre 2013, recante  disposizioni  comuni  sul  Fondo  europeo  di
sviluppo regionale, sul Fondo sociale europeo, sul Fondo di coesione,
sul Fondo europeo agricolo per lo sviluppo rurale e sul Fondo europeo
per gli affari marittimi e la pesca e disposizioni generali sul Fondo
europeo di sviluppo regionale, sul Fondo sociale europeo,  sul  Fondo
di coesione e sul Fondo europeo per gli affari marittimi e la  pesca,
e  che  abroga  il  regolamento  (CE)  n.  1083/2006  del  Consiglio;
disposizione che specificamente mira a garantire che i beneficiari di
interventi cofinanziati  ricevano  per  intero  gli  importi  per  la
realizzazione dei progetti presentati. 
    Quanto precede concorre a delineare  la  ragione  giustificatrice
del  divieto  di  esecuzione  forzata  sancito   dalla   disposizione
censurata. 
    Al contempo, occorre considerare che, quantunque essa, non  unica
nel  panorama  normativo,  rappresenti  un  oggettivo  ostacolo  alla
soddisfazione  coattiva  in  sede  civile  delle  ragioni  creditorie
vantate nei confronti della pubblica amministrazione in virtu' di  un
provvedimento   giurisdizionale   di    condanna    pecuniaria,    e'
identificabile una valida ed efficace alternativa, utile al  medesimo
fine. 
    Infatti, ove l'amministrazione sia restata inerte di fronte a una
pronuncia giurisdizionale di condanna al pagamento di  una  somma  di
denaro, in alternativa al procedimento di esecuzione forzata  civile,
e' possibile ricorrere  al  giudizio  di  ottemperanza  di  cui  agli
articoli da 112 a 115  dell'Allegato  1  del  decreto  legislativo  2
luglio 2010, n. 104  (Attuazione  dell'articolo  44  della  legge  18
giugno 2009, n. 69, recante delega al governo  per  il  riordino  del
processo amministrativo). 
    Se, da  un  lato,  esso  presuppone  la  stabilita'  propria  del
giudicato  in  ordine  al  provvedimento   del   giudice   ordinario,
dall'altro consente l'accesso  a  tecniche  di  esecuzione  incisive,
quali la possibilita' d'irrogazione di penalita' di  mora  (Consiglio
di Stato, adunanza plenaria, sentenza 25 giugno 2014,  n.  15)  e  la
nomina di un commissario  ad  acta  che,  nella  persistente  inerzia
dell'amministrazione dello Stato, proceda  al  reperimento  materiale
delle risorse necessarie al pagamento e vi  provveda  anche  in  caso
d'indisponibilita' sul  pertinente  capitolo  di  bilancio,  mediante
l'emissione di uno speciale ordine di pagamento (SOP), da regolare in
conto sospeso, rivolto alla Banca d'Italia (art.  14,  comma  2,  del
decreto-legge 31 dicembre 1996, n. 669, recante «Disposizioni urgenti
in materia tributaria, finanziaria e contabile a completamento  della
manovra  di  finanza  pubblica  per  l'anno  1997»,  convertito,  con
modificazioni, nella legge 28 febbraio 1997, n. 30), per effetto  del
quale essa anticipi al  creditore  quanto  dovuto,  salva  successiva
regolarizzazione  contabile  (art.  7  del   decreto   del   Ministro
dell'economia e delle finanze 24 giugno 2015, recante  «Modalita'  di
emissione  e  caratteristiche  dello  speciale  ordine  di  pagamento
informatico rivolto al tesoriere per il pagamento di somme dovute  in
esecuzione di  provvedimenti  giurisdizionali  e  di  lodi  arbitrali
aventi efficacia esecutiva»). 
    Peraltro,  tale  ultima  procedura,  diretta  a  contemperare  le
esigenze di finanza pubblica con il diritto del creditore, consente a
quest'ultimo,  ove  ne  sussistano  i  presupposti,  di   sollecitare
direttamente e preventivamente il dirigente responsabile della  spesa
a  disporre  il  pagamento  mediante  emissione  del  SOP,  senza  la
necessita' di attendere la formazione del  giudicato  onde  ricorrere
all'ottemperanza. 
    Tanto considerato,  alla  luce  degli  orientamenti  espressi  da
questa  Corte   e   della   coerenza   con   essi   della   normativa
precedentemente richiamata, emerge come  ai  fondi  depositati  sulle
richiamate  contabilita'  speciali  sia  impresso   un   vincolo   di
destinazione in senso tecnico che connota di ragionevolezza il regime
di esclusione dall'esecuzione forzata sancito dalla norma  censurata,
senza comprimere  ingiustificatamente  l'esercizio  del  diritto  del
creditore volto a ottenere altrimenti l'attuazione,  anche  coattiva,
delle  decisioni  di  giustizia,  nel  bilanciamento  dei  valori  in
conflitto. 
    Ne consegue che non sussiste  la  violazione  della  garanzia  di
poter agire in giudizio per la tutela dei  propri  diritti  (art.  24
Cost.) ne' si profila un'irragionevole alterazione delle posizioni in
gioco (art. 111 Cost.).