ha pronunciato la seguente 
 
                              SENTENZA 
 
    nel giudizio di legittimita' costituzionale dell'art.  15,  commi
1, 2 e 3, dell'Allegato 1 (codice  del  processo  amministrativo)  al
decreto legislativo 2 luglio 2010, n. 104  (Attuazione  dell'articolo
44 della legge 18 giugno 2009, n. 69, recante delega al  governo  per
il riordino del  processo  amministrativo),  promosso  dal  Tribunale
amministrativo regionale per la Lombardia nel  procedimento  vertente
tra A. Z. e altri e il Comando generale dell'Arma dei  Carabinieri  e
altri, con ordinanza del  20  luglio  2020,  iscritta  al  n.  5  del
registro ordinanze 2021 e pubblicata nella Gazzetta  Ufficiale  della
Repubblica n. 6, prima serie speciale, dell'anno 2021. 
    Visto l'atto di  intervento  del  Presidente  del  Consiglio  dei
ministri; 
    udita nella camera di consiglio  dell'8  marzo  2022  la  Giudice
relatrice Daria de Pretis; 
    deliberato nella camera di consiglio dell'8 marzo 2022. 
 
                          Ritenuto in fatto 
 
    1.- Con ordinanza del 20  luglio  2020,  iscritta  al  n.  5  del
registro ordinanze 2021, il Tribunale amministrativo regionale per la
Lombardia  ha  sollevato  questioni  di  legittimita'  costituzionale
dell'art. 15, commi 1, 2 e 3, dell'Allegato 1  (codice  del  processo
amministrativo)  al  decreto  legislativo  2  luglio  2010,  n.   104
(Attuazione dell'articolo 44 della  legge  18  giugno  2009,  n.  69,
recante  delega   al   governo   per   il   riordino   del   processo
amministrativo), in riferimento agli artt. 3, 24, 25, 76 e  77  della
Costituzione. Le disposizioni contenute nei citati commi dell'art. 15
del d.lgs. n. 104 del 2010 (d'ora in avanti: cod.  proc.  amm.)  sono
censurate nella parte in cui precludono al giudice adito di statuire,
nella  fase  di  merito,  sull'eccezione  di  difetto  di  competenza
territoriale, qualora nella  fase  cautelare  «sia  stata  trattenuta
implicitamente la competenza». 
    1.1.- Le questioni sono sorte nel corso di cinque giudizi riuniti
promossi da  altrettanti  ufficiali  dell'Arma  dei  Carabinieri  per
l'annullamento,   previa   sospensione   cautelare,    del    decreto
dirigenziale n. 461790 del 17 agosto 2017, con cui il Ministero della
difesa ha rideterminato la loro anzianita' di servizio  ai  fini  del
passaggio in ruolo, in asserita violazione  dell'art.  2212-duodecies
del decreto legislativo 15 marzo 2010, n. 66 (Codice dell'ordinamento
militare). 
    Il  rimettente  riferisce  che   il   Ministero   della   difesa,
costituitosi  in  tutti  i  giudizi,  ha   tempestivamente   eccepito
l'incompetenza territoriale del  TAR  adito,  assumendo  che  sarebbe
competente il Tribunale amministrativo regionale  per  il  Lazio,  in
ragione  della  natura  generale  dell'atto   impugnato.   Riferisce,
altresi', che le domande cautelari  presentate  dai  ricorrenti  sono
state  respinte  per  mancanza  del  periculum  in  mora,  senza  una
pronuncia espressa sulla competenza. 
    1.2.- Le censure muovono dal presupposto secondo cui  il  diritto
vivente, rappresentato dalla costante  giurisprudenza  amministrativa
(e' citata, «da ultimo»,  la  sentenza  del  Consiglio  di  giustizia
amministrativa per la Regione Siciliana 26 giugno 2016, n. 182),  non
consentirebbe al giudice  adito  di  pronunciarsi  sull'eccezione  di
incompetenza  territoriale  tempestivamente  sollevata  dalla   parte
interessata, qualora lo stesso giudice abbia provveduto sulla domanda
cautelare senza rilevare il difetto di  competenza,  com'e'  avvenuto
nel caso di specie. In questo senso, anche una pronuncia  assunta  in
sede cautelare senza riferimenti espressi alla competenza, in  quanto
statuizione implicita su di essa, ne precluderebbe l'esame nella fase
di merito. 
    Queste conclusioni deriverebbero  dal  «combinato  disposto»  dei
commi 1, 2 e 3 dell'art.  15  cod.  proc.  amm.  La  regola  generale
contenuta al primo periodo del comma 1,  secondo  cui  l'incompetenza
puo' essere rilevata d'ufficio finche' la  causa  non  e'  decisa  in
primo grado, sarebbe infatti derogata in due casi.  In  primo  luogo,
quando e' proposta domanda cautelare, in base a  quanto  previsto  al
comma 2,  secondo  cui  «[i]n  ogni  caso  il  giudice  decide  sulla
competenza prima di provvedere sulla  domanda  cautelare  e,  se  non
riconosce la propria competenza ai sensi degli articoli  13  [e]  14,
non decide sulla stessa». In secondo luogo, quando,  in  mancanza  di
domanda cautelare, e' presentata dalla parte eccezione di difetto  di
competenza entro il termine previsto per la costituzione in giudizio,
nel qual caso «[i]l presidente fissa la camera di  consiglio  per  la
pronuncia immediata sulla questione di competenza»,  come  stabilisce
il comma 3. 
    La mancanza di coordinamento  tra  i  menzionati  diversi  regimi
processuali della decisione sulla competenza farebbe si' che, pur  in
presenza di una tempestiva eccezione di parte, la proposizione di una
domanda cautelare concentrerebbe,  «[i]n  ogni  caso»,  la  decisione
sulla competenza in  quella  fase,  anteriore  al  merito,  dovendosi
omettere la «speciale camera  di  consiglio  prevista  dall'art.  15,
comma 3, c.p.a., e questo perche' la questione di  incompetenza  puo'
essere trattata assieme e "prima" della definizione  della  questione
cautelare». 
    Questa conclusione varrebbe non solo  nell'ipotesi  di  pronuncia
espressa sulla competenza in sede cautelare, ma anche nel caso in cui
la competenza, nella medesima sede,  sia  stata  accertata  in  forma
implicita.  In  questo  caso,  infatti,  «bisognerebbe  intendere  il
"trattenere" la competenza territoriale in fase  cautelare  come  una
statuizione - seppure implicita  -  definitiva  (e  quindi  non  piu'
emendabile nella fase di merito) sulla questione stessa». 
    1.3.- Sarebbero cosi' violati, innanzitutto, gli artt. 3, 24 e 25
Cost., e in particolare i principi di ragionevolezza, di effettivita'
della tutela giurisdizionale e del giudice  naturale,  in  quanto  il
combinato  disposto  delle  disposizioni  censurate  limiterebbe   il
diritto  di   difesa   della   parte   che,   pur   avendo   eccepito
tempestivamente l'incompetenza, si vedrebbe «precluso definitivamente
l'esame motivato, con pronuncia espressa,  della  sua  eccezione»,  e
produrrebbe un irragionevole «disallineamento nel sistema  congegnato
dagli artt. 15  e  16  c.p.a.,  distogliendo  ingiustificatamente  la
[stessa] parte [...] dal giudice naturale precostituito per legge». 
    Sarebbe irragionevole, in particolare, collegare  la  preclusione
processuale a una fase soltanto eventuale del giudizio,  come  quella
cautelare, caratterizzata da una  delibazione  sommaria,  «mentre  la
questione di competenza territoriale deve essere normalmente  decisa,
quale questione pregiudiziale di rito, nella fase di definizione  del
giudizio di merito». A questo riguardo, il rimettente richiama «quale
tertium  comparationis»  il  regime  della  rilevabilita'   d'ufficio
dell'incompetenza dettato dall'art. 38, comma  3,  cod.  proc.  civ.,
alla cui  stregua  l'incompetenza  per  materia,  per  valore  e  per
territorio inderogabile sono rilevate d'ufficio non  oltre  la  prima
udienza di cui all'art. 183 cod. proc. civ., a seguito della quale la
causa puo' essere gia' trattenuta in decisione. 
    Inoltre,   le   parti   diverse    dai    ricorrenti    sarebbero
irragionevolmente costrette  a  impugnare  l'ordinanza  cautelare  in
ipotesi a  loro  favorevole  che  abbia  implicitamente  ritenuto  la
competenza, onde evitare «la definitiva eliminazione  in  entrambi  i
gradi del giudizio» della  facolta'  processuale  «costituzionalmente
tutelata di far valere la propria posizione giuridica nella  sede  di
competenza del giudice  precostituito  per  legge».  Cio'  in  quanto
sarebbe preclusa finanche la possibilita' di riproporre la  questione
in appello, poiche' la statuizione sulla competenza - per quanto  non
contenuta in alcun capo  della  pronuncia  impugnata,  come  richiede
l'art. 15, comma 1, secondo periodo, cod. proc. amm.  -  deriverebbe,
in  modo  implicito,  da  un'ordinanza  cautelare  ormai   non   piu'
impugnabile. 
    1.3.1.- Sarebbero altresi' violati gli artt. 76 e 77  Cost.,  per
eccesso di delega. Il legislatore delegato avrebbe innovato il regime
di  rilevabilita'  del  difetto  di  competenza  nel   silenzio   del
legislatore delegante e  in  contrasto  con  gli  indirizzi  generali
stabiliti dall'art. 44, comma 2, lettera a), della  legge  18  giugno
2009,  n.  69   (Disposizioni   per   lo   sviluppo   economico,   la
semplificazione, la competitivita' nonche'  in  materia  di  processo
civile), secondo cui il nuovo codice del processo amministrativo deve
assicurare la «effettivita' della tutela». 
    Nessun criterio e principio direttivo della legge delega  avrebbe
abilitato  il  legislatore  delegato  a  riformare  l'istituto  della
competenza, rendendo quella per territorio sempre inderogabile, pur a
fronte della sua totale derogabilita' nel  sistema  vigente  sin  dal
1971, e a creare una «inusitata interferenza  tra  fase  cautelare  e
rilievo definitivo dell'incompetenza», prima inesistente. 
    Ne' la ratio  sottesa  alla  legge  delega  giustificherebbe  una
simile  scelta,  in  quanto  l'opzione  per  l'inderogabilita'  della
competenza territoriale sin dalla fase cautelare e l'articolazione di
complessi e diversificati rimedi per far  valere  l'incompetenza  non
solo  non  troverebbero  riferimenti  nel  sistema   previgente,   ma
avrebbero irrigidito la risposta di giustizia, in  contrasto  con  la
principale finalita' perseguita dalla delega di snellire  l'attivita'
giurisdizionale e  ridurne  i  tempi,  attraverso  un  riassetto  del
processo. 
    La   scelta,   non   autorizzata,   del   legislatore    delegato
comprimerebbe  il  diritto  di   difesa   della   parte   resistente,
privandola, nel caso in cui sia  proposta  istanza  cautelare,  della
possibilita' di ottenere l'esame specifico dell'eccezione  sollevata.
Con la distonica conseguenza che, per il particolare meccanismo delle
impugnazioni introdotto dagli artt. 15  e  16  cod.  proc.  amm.,  la
medesima parte sarebbe costretta, come visto, a impugnare  anche  una
pronuncia cautelare a se' favorevole. 
    1.4.-  Quanto  alla  rilevanza  delle  questioni,  l'applicazione
dell'art. 15, commi 1, 2 e 3, cod. proc.  amm.,  cosi'  interpretato,
precluderebbe al giudice a  quo  di  pronunciarsi  sull'eccezione  di
incompetenza       territoriale       tempestivamente       sollevata
dall'amministrazione resistente. Tale eccezione sarebbe astrattamente
idonea a definire la controversia, poiche' il Consiglio di Stato, con
orientamento costante, ritiene che in casi  come  quello  di  specie,
avente  per  oggetto  l'impugnazione   di   un   atto   adottato   da
un'amministrazione  centrale  con  effetti  non  limitati  alla  sola
Regione Lombardia e ai soli ricorrenti, ma disciplinanti lo status di
plurimi soggetti «sparsi  su  tutto  il  territorio  nazionale»,  sia
applicabile il comma 1, anziche' il comma 2, dell'art. 13 cod.  proc.
amm., con la conseguenza che,  escluso  il  criterio  del  "foro  del
pubblico impiego", sarebbe competente il TAR Lazio, sede di Roma. 
    1.5.- Una pronuncia ablativa delle parole «[i]n  ogni  caso»,  al
comma 2 dell'art. 15, cod. proc. amm., realizzerebbe  l'obiettivo  di
consentire al giudice  di  decidere  sull'eccezione  di  incompetenza
territoriale anche  nella  fase  di  merito,  poiche'  l'eliminazione
dell'inciso  renderebbe   applicabile   alla   fattispecie,   secondo
un'interpretazione costituzionalmente «adeguata», il  comma  1  dello
stesso  art.  15,  alla  cui  stregua,  come  visto,  il  difetto  di
competenza e' rilevato d'ufficio finche' la causa non  e'  decisa  in
primo grado. 
    2.- Con atto  depositato  il  2  marzo  2021  e'  intervenuto  in
giudizio il Presidente del Consiglio dei  ministri,  rappresentato  e
difeso dall'Avvocatura generale dello  Stato,  che  ha  concluso  per
l'inammissibilita' e comunque per la non fondatezza delle questioni. 
    2.1.- Esse, in primo luogo, sarebbero inammissibili  per  difetto
di rilevanza. 
    Il  giudice  a  quo  avrebbe  omesso  di  interpretare  le  norme
censurate in senso conforme a Costituzione, limitandosi a richiamare,
definendola come consolidata,  una  giurisprudenza  non  aderente  al
dettato normativo. 
    La lettura combinata dei commi 1 e 2 dell'art. 15 cod. proc. amm.
condurrebbe infatti alla conclusione che  il  giudice  puo'  decidere
d'ufficio della questione di competenza nella fase di merito, ma  che
tale esame e' possibile «in ogni caso», sempre d'ufficio, anche nella
fase cautelare. In definitiva, il giudice adito potrebbe esaminare la
questione di  competenza  in  ogni  fase  del  giudizio.  Nella  fase
cautelare non si formerebbe dunque alcuna preclusione sia perche'  il
provvedimento cautelare ha, per sua natura, carattere interinale, sia
perche' l'art. 15, comma 1, prevede espressamente che  la  competenza
territoriale sia esaminata prima dell'esame del merito  del  ricorso,
quindi anche dopo la (eventuale) fase cautelare. 
    Il principio desumibile dagli artt. 15, comma 2, e 55, comma  13,
cod. proc. amm., secondo  cui  l'esame  della  domanda  cautelare  e'
subordinato  alla  verifica  della  competenza  del  giudice   adito,
andrebbe confrontato non solo con la gia' vista regola generale della
rilevabilita' officiosa  dell'incompetenza  sino  alla  decisione  di
primo grado (art. 15, comma 1), ma anche con  quanto  dispone  l'art.
92, comma 5, dello stesso codice  (norma  ignorata  dal  rimettente),
alla cui  stregua  «[n]on  costituiscono  decisione  implicita  sulla
competenza  [...]  le  ordinanze  [...]  che  disattendono  l'istanza
cautelare senza riferimento espresso alla questione di competenza». 
    Inoltre, qualora l'ordinanza cautelare ometta di  statuire  sulla
competenza, le parti che abbiano interesse a eccepirne il difetto ben
potrebbero farlo ai sensi dell'art. 15, comma 3, cod. proc. amm.,  in
pendenza  dei  relativi  termini,  senza   necessita'   di   proporre
regolamento di  competenza  o  appello  cautelare.  Sarebbe  pertanto
assurdo ritenere che il giudice possa pronunciare  sull'eccezione  ma
non rilevare d'ufficio il difetto di competenza  ai  sensi  dell'art.
15, comma 1, cod. proc.  amm.,  perche'  vincolato  dalla  precedente
decisione implicita resa in sede cautelare.  La  ratio  sottesa  alla
norma che obbliga il giudice a interrogarsi sulla propria  competenza
prima di esaminare l'istanza cautelare non sarebbe di paralizzare  il
meccanismo di  rilevabilita'  dell'incompetenza,  ma  di  attuare  la
regola dell'inderogabilita' della competenza sancita dagli artt. 13 e
14 cod. proc. amm. 
    Solo il  rilievo  della  propria  incompetenza,  d'ufficio  o  su
istanza di parte, con l'indicazione del giudice competente  ai  sensi
dell'art. 15, comma 4, cod. proc. amm., consumerebbe  il  potere  del
giudice e lo vincolerebbe alla sua decisione, facendo sorgere per  le
parti l'onere di impugnazione con il regolamento di competenza. 
    2.2.- Le questioni sarebbero poi manifestamente  infondate  sotto
il lamentato profilo dell'eccesso di delega. Con la nuova  disciplina
della  competenza  il  legislatore  delegato  avrebbe   correttamente
applicato  il  principio  direttivo  concernente  il  «riassetto  del
processo» di cui all'art. 44 della legge n. 69 del 2009,  esercitando
in modo non irrazionale, per i motivi esposti in precedenza,  l'ampia
discrezionalita' che gli spetta nella  conformazione  degli  istituti
processuali. 
 
                       Considerato in diritto 
 
    1.- Il Tribunale amministrativo regionale per la Lombardia dubita
della legittimita' costituzionale dell'art.  15,  commi  1,  2  e  3,
dell'Allegato 1  (codice  del  processo  amministrativo)  al  decreto
legislativo 2 luglio 2010, n. 104 (Attuazione dell'articolo 44  della
legge 18 giugno 2009,  n.  69,  recante  delega  al  governo  per  il
riordino del processo amministrativo), in riferimento agli  artt.  3,
24, 25, 76 e 77 della Costituzione.  Le  disposizioni  contenute  nei
citati commi dell'art. 15 del  d.lgs.  n.  104  del  2010  (d'ora  in
avanti: cod. proc. amm.) sono censurate in quanto il loro  «combinato
disposto» precluderebbe al giudice adito di statuire  nella  fase  di
merito sull'eccezione di difetto di competenza territoriale,  qualora
nella  fase  cautelare  «sia  stata  trattenuta   implicitamente   la
competenza». 
    2.- Le questioni sono sorte nel corso di giudizi riuniti promossi
da alcuni ufficiali dell'Arma  dei  Carabinieri  per  l'annullamento,
previa sospensione cautelare, del decreto dirigenziale n. 461790  del
17 agosto 2017 con cui il Ministero della difesa ha rideterminato  la
loro anzianita' di servizio  ai  fini  del  passaggio  in  ruolo,  in
asserita violazione dell'art. 2212-duodecies del decreto  legislativo
15 marzo 2010, n. 66 (Codice dell'ordinamento militare). 
    Il giudice a quo riferisce  che  il  resistente  Ministero  della
difesa, ha tempestivamente eccepito l'incompetenza  territoriale  del
TAR adito, in favore del Tribunale amministrativo  regionale  per  il
Lazio, in ragione della natura generale dell'atto impugnato; precisa,
inoltre, che le domande  cautelari  presentate  dai  ricorrenti  sono
state  respinte  per  mancanza  del  periculum  in  mora,  senza  una
pronuncia espressa sulla competenza. 
    3.-  Secondo  il  rimettente  -  che  richiama  un   orientamento
giurisprudenziale del Consiglio di giustizia  amministrativa  per  la
Regione  Siciliana,  qualificato  come   «diritto   vivente»   -   le
disposizioni  censurate  non  consentirebbero  al  giudice  adito  di
pronunciarsi   sull'eccezione   di   incompetenza,    tempestivamente
sollevata dalla parte interessata, qualora lo  stesso  giudice  abbia
provveduto sulla domanda  cautelare  senza  rilevare  il  difetto  di
competenza. In questo senso, anche  una  pronuncia  assunta  in  sede
cautelare senza riferimenti espressi  alla  competenza  costituirebbe
una  statuizione  implicita  su  di   essa   e   comporterebbe,   con
l'esaurimento del potere del giudice di rilevare  l'incompetenza,  la
preclusione all'esame di tale questione nella fase di decisione della
causa. 
    La mancanza di coordinamento tra  i  diversi  regimi  processuali
della decisione sulla competenza farebbe si' che la  regola  generale
della rilevabilita' d'ufficio dell'incompetenza finche' la causa  non
e' decisa in primo grado, prevista  al  primo  periodo  del  comma  1
dell'art. 15 cod. proc. amm., conosca due ipotesi di  deroga:  quando
e' stata proposta domanda cautelare, in base  a  quanto  previsto  al
comma 2,  secondo  cui  «[i]n  ogni  caso  il  giudice  decide  sulla
competenza prima di provvedere sulla  domanda  cautelare  e,  se  non
riconosce la propria competenza ai sensi degli articoli  13  [e]  14,
non decide sulla stessa»; e quando, in mancanza di domanda cautelare,
la parte ha eccepito  il  difetto  di  competenza  entro  il  termine
previsto per  la  costituzione  in  giudizio,  nel  qual  caso  «[i]l
presidente fissa la camera di consiglio per  la  pronuncia  immediata
sulla questione di competenza», come stabilisce il  successivo  comma
3. 
    Pur in presenza di una tempestiva eccezione di parte, dunque,  la
proposizione di una domanda cautelare concentrerebbe «[i]n ogni caso»
la decisione sulla competenza in quella fase, anteriore al merito,  e
cio' varrebbe non  solo  nell'ipotesi  di  pronuncia  espressa  sulla
competenza in sede cautelare, ma anche nel caso in cui la  competenza
venisse accertata  in  forma  implicita,  in  un'ordinanza  cautelare
adottata senza riconoscimento espresso della competenza da parte  del
giudice adito. 
    4.- Sarebbero cosi' violati innanzitutto gli artt.  3,  24  e  25
Cost., e in particolare i principi di ragionevolezza, di effettivita'
della tutela giurisdizionale e del giudice naturale. La parte che  ha
eccepito  tempestivamente   l'incompetenza   si   vedrebbe   precluso
definitivamente  l'esame  motivato  della   sua   eccezione   e,   in
conseguenza dell'irragionevole disallineamento nel sistema congegnato
dagli artt. 15 e 16 cod. proc. amm., verrebbe  distolta  dal  giudice
naturale precostituito per legge. La  scelta  legislativa  contestata
sarebbe inoltre irragionevole, sia perche' anticipa la preclusione  a
una fase  processuale,  quella  cautelare,  connotata  dal  carattere
eventuale e dalla sommarieta' della cognizione,  sia  perche'  impone
alla parte che intenda contestare la competenza l'onere di  impugnare
l'ordinanza che ha respinto la domanda cautelare, in  ipotesi  a  se'
favorevole. 
    4.1.- Sarebbero altresi' violati gli artt. 76  e  77  Cost.,  per
eccesso di delega. 
    Il  legislatore  delegato   avrebbe   innovato   il   regime   di
rilevabilita' del difetto di competenza nel silenzio del  legislatore
delegante  e  in  contrasto  con  gli  indirizzi  generali  stabiliti
dall'art. 44, comma 2, lettera a), della legge 18 giugno 2009, n.  69
(Disposizioni per  lo  sviluppo  economico,  la  semplificazione,  la
competitivita' nonche' in materia di processo civile), secondo cui il
nuovo  codice  del  processo  amministrativo   deve   assicurare   la
«effettivita' della tutela». 
    La ratio sottesa  alla  legge  delega  non  giustificherebbe  una
simile  scelta,  in  quanto  l'opzione  per  l'inderogabilita'  della
competenza territoriale sin dalla fase cautelare e l'articolazione di
complessi e diversificati rimedi per far  valere  l'incompetenza  non
troverebbero  riferimenti  nel  sistema   previgente,   e   cio'   si
risolverebbe in un contrasto con la principale  finalita'  perseguita
dalla delega di snellire  l'attivita'  giurisdizionale  e  ridurne  i
tempi, attraverso un riassetto del processo amministrativo. 
    5.- Le questioni sono inammissibili, e lo sono sotto  un  profilo
diverso  e  assorbente  rispetto  a  quanto  eccepito  nell'atto   di
intervento del Presidente del Consiglio dei ministri, che addebita al
rimettente di non avere seguito  una  diversa  interpretazione  delle
disposizioni censurate, piu'  aderente  ai  parametri  costituzionali
invocati. 
    Come visto, il giudice a quo assume che nel  processo  principale
gli sia precluso di esaminare nella fase  di  merito  l'eccezione  di
incompetenza sollevata tempestivamente  dalla  parte  resistente,  in
quanto, avendo gia' provveduto sulla domanda cautelare,  avrebbe  con
cio' affermato in modo implicito la propria competenza territoriale e
consumato cosi' il potere di rilevarne il difetto.  Tale  conseguenza
discenderebbe, secondo lo stesso rimettente, dall'art. 15 cod.  proc.
amm., e segnatamente dal fatto che il  combinato  disposto  dei  suoi
commi  1,  2  e  3  gli  precluderebbe,  secondo  la   giurisprudenza
amministrativa da esso qualificata diritto vivente,  una  statuizione
nel merito sulla propria competenza territoriale. 
    Nell'argomentare  cio',  tuttavia,  il  rimettente  trascura   un
aspetto rilevante della fattispecie processuale al suo  esame,  ossia
che l'ordinanza cautelare adottata nel giudizio a quo, in  quanto  di
rigetto della relativa domanda, e'  soggetta  allo  specifico  regime
definito dall'art. 92, comma 5, secondo periodo, cod. proc.  amm.  In
una lettura sistematica della disciplina del processo  amministrativo
dettata del codice, tale disposizione, contenuta nel Libro III  sulle
«[i]mpugnazioni», e segnatamente  nel  suo  Titolo  I  dedicato  alle
«[i]mpugnazioni  in  generale»,  e'  di  decisiva   rilevanza   anche
nell'interpretazione  delle  regole  relative  alla  verifica   della
competenza territoriale. 
    Il citato comma 5 dell'art. 92, cod. proc.  amm.,  infatti,  dopo
avere   stabilito,   al   primo   periodo,   la    regola    generale
dell'appellabilita', ai  sensi  dell'art.  62  dello  stesso  codice,
dell'«ordinanza cautelare che, in  modo  implicito  o  esplicito,  ha
deciso anche sulla competenza»,  prevede,  al  secondo  periodo,  che
«[n]on costituiscono decisione  implicita  sulla  competenza»,  oltre
alle «ordinanze istruttorie o interlocutorie di cui all'articolo  36,
comma  1»,  quelle  «che  disattendono  l'istanza   cautelare   senza
riferimento espresso alla questione di competenza». 
    Poiche' dunque, nel giudizio a quo, l'ordinanza cui il rimettente
attribuisce valore implicito di decisione sulla competenza  e',  come
lo stesso espone, di rigetto, si potrebbe ritenere che la fattispecie
ricada nell'ambito di applicazione della citata previsione, e che  di
conseguenza,  in  base  alla  lettera  di  quest'ultima,  non   possa
ravvisarsi una decisione implicita sulla  competenza  idonea  a  fare
scattare  la  preclusione  ipotizzata  dallo  stesso  rimettente  nel
processo principale. Non solo, pertanto, il suo  potere  di  rilevare
l'incompetenza sino alla decisione della causa in primo  grado  (art.
15, comma 1, cod. proc. amm.) non si sarebbe esaurito, ma, semmai, il
giudice stesso sarebbe tenuto  a  pronunciarsi  in  tale  fase  anche
sull'eccezione    di    incompetenza    tempestivamente     sollevata
dall'amministrazione resistente, non trattata  prima  -  nelle  forme
previste dall'art. 15, comma 3, secondo periodo, cod.  proc.  amm.  -
stante la presentazione della domanda cautelare. 
    Nel valutare la non manifesta infondatezza  delle  questioni,  il
rimettente avrebbe dovuto dare conto dell'esistenza del  citato  art.
92, comma 5, secondo periodo, cod. proc. amm. e, in ipotesi,  fornire
adeguata motivazione delle ragioni per le quali nel  caso  di  specie
ricorra una «decisione implicita  sulla  competenza»,  nonostante  si
verta proprio del  caso  di  un'ordinanza  che  disattende  l'istanza
cautelare senza riferimenti espressi alla  competenza  (a  differenza
dell'ipotesi  presa  in  considerazione  nelle  sentenze  citate  dal
rimettente  e  qualificate  come  «diritto   vivente»,   ove   sembra
presupporsi un accoglimento dell'istanza cautelare). 
    Secondo la costante giurisprudenza  costituzionale,  l'incompleta
ricostruzione,  cosi'  come  la  mancata  ponderazione   del   quadro
normativo di riferimento, da cui consegua  una  lacuna  motivazionale
dell'ordinanza  di  rimessione,  determina  l'inammissibilita'  delle
questioni,  potendo  incidere  sia  sulla  rilevanza  che  sulla  non
manifesta  infondatezza  delle  stesse,  e  ne  preclude  quindi   lo
scrutinio nel merito (ex plurimis, sentenze n. 201, n. 61 e n. 15 del
2021, n. 264 e n. 213 del 2020; ordinanze n. 229 del 2020, n. 162 del
2019, n. 244 del 2017 e n. 27 del 2015). 
    Nel caso di specie, la lacuna  dell'ordinanza  di  rimessione  si
riflette  sull'adeguatezza  della  motivazione  in  ordine  alla  non
manifesta  infondatezza,  con  la  conseguenza  dell'inammissibilita'
delle  questioni,  «dal  momento  che   i   trascurati   profili   di
applicabilita' dell[a] richiamat[a]  disposizion[e]  [...]  sarebbero
anche  idonei  a  confutare  i  prospettati  dubbi  di   legittimita'
costituzionale» (sentenza n. 61 del 2021).