ha pronunciato la seguente 
 
                              SENTENZA 
 
    nel giudizio di legittimita' costituzionale degli artt. 3,  comma
3, lettere b), c), d) ed e), 4, 9, comma 1, lettera b), e  11,  commi
da 2 a 5, della legge della Regione Abruzzo  17  maggio  2022,  n.  8
(Interventi regionali di promozione dei gruppi di auto consumatori di
energia rinnovabile  e  delle  comunita'  energetiche  rinnovabili  e
modifiche alla l.r. 6/2022), promosso dal  Presidente  del  Consiglio
dei ministri con ricorso notificato e depositato in cancelleria il 19
luglio 2022, iscritto al n. 43 del registro ricorsi 2022 e pubblicato
nella  Gazzetta  Ufficiale  della  Repubblica  n.  34,  prima   serie
speciale, dell'anno 2022. 
    Visto l'atto di costituzione della Regione Abruzzo; 
    udito nell'udienza  pubblica  del  25  gennaio  2023  il  Giudice
relatore Francesco Vigano'; 
    uditi l'avvocato dello Stato Gianna Galluzzo  per  il  Presidente
del Consiglio dei  ministri  e  l'avvocato  Stefania  Valeri  per  la
Regione Abruzzo; 
    deliberato nella camera di consiglio del 9 febbraio 2023. 
 
                          Ritenuto in fatto 
 
    1.- Con ricorso notificato e depositato il 19 luglio  2022  (reg.
ric. n. 43 del 2022),  il  Presidente  del  Consiglio  dei  ministri,
rappresentato e  difeso  dall'Avvocatura  generale  dello  Stato,  ha
impugnato gli artt. 3, comma 3, lettere b), c), d) ed e), 4, 9, comma
1, lettera b), e 11, commi da  2  a  5,  della  legge  della  Regione
Abruzzo 17 maggio 2022, n. 8 (Interventi regionali di promozione  dei
gruppi di auto consumatori di energia rinnovabile e  delle  comunita'
energetiche rinnovabili e modifiche alla l.r. 6/2022). 
    Gli artt. 3, comma 3, lettere b), c), d) ed e), 4 e 9,  comma  1,
lettera b), sono impugnati in riferimento all'art. 117, primo e terzo
comma, della Costituzione,  in  relazione  ai  principi  fondamentali
della materia  di  competenza  legislativa  concorrente  «produzione,
trasporto e distribuzione nazionale dell'energia» di cui  al  decreto
legislativo 8  novembre  2021,  n.  199,  recante  «Attuazione  della
direttiva (UE) 2018/2001 del  Parlamento  europeo  e  del  Consiglio,
dell'11 dicembre 2018,  sulla  promozione  dell'uso  dell'energia  da
fonti rinnovabili», e all'art. 42-bis del decreto-legge  30  dicembre
2019, n. 162 (Disposizioni urgenti in materia di proroga  di  termini
legislativi,  di  organizzazione  delle  pubbliche   amministrazioni,
nonche' di innovazione tecnologica), convertito,  con  modificazioni,
nella legge 28 febbraio 2020,  n.  8,  disposizioni,  queste  ultime,
entrambe attuative della menzionata direttiva (UE) 2018/2001. 
    L'art. 11, commi da 2 a 5, e'  invece  impugnato  in  riferimento
all'art. 81, terzo comma, Cost., in relazione all'art. 19,  comma  1,
della legge 31 dicembre 2009, n. 196 (Legge di contabilita' e finanza
pubblica). 
    1.1.- Il ricorrente ricorda  innanzitutto  che  le  comunita'  di
energia rinnovabile (CER) trovano specifica disciplina  nell'art.  22
della  direttiva  (UE)  2018/2001  del  Parlamento  europeo   e   del
Consiglio,  dell'11  dicembre   2018,   sulla   promozione   dell'uso
dell'energia da fonti rinnovabili (rifusione). Dopo  una  prima  fase
sperimentale in cui, «nelle  more  del  completo  recepimento»  della
citata direttiva, si e' consentita la realizzazione di CER secondo le
modalita' e alle condizioni stabilite dall'art. 42-bis  del  d.l.  n.
162 del 2019, come convertito, la normativa europea e' stata recepita
dal d.lgs. n. 199 del 2021, che disciplina le CER e i consumatori  di
energie rinnovabili che agiscono collettivamente,  «dettando  in  tal
senso i principi fondamentali della  materia  anche  in  ossequio  ad
un'esigenza di uniformita' di regolamentazione sul territorio». 
    1.2.- Tanto premesso, il Presidente del  Consiglio  dei  ministri
impugna l'art. 3,  comma  3,  lettere  c),  d)  ed  e),  della  legge
regionale in esame, in relazione all'art. 31 del d.lgs.  n.  199  del
2021 e dell'art. 42-bis del d.l. n. 162 del 2019, come convertito,  i
quali costituirebbero norme statali di  principio  della  materia  di
legislazione  concorrente  «produzione,  trasporto  e   distribuzione
nazionale dell'energia» attuative di norme  europee,  per  violazione
dell'art. 117, primo e terzo comma, della Costituzione. 
    Ai sensi delle disposizioni  impugnate  la  CER:  «predispone  un
bilancio  energetico  annuale»  (lettera  c);  «adotta  un  programma
triennale di interventi volti a ridurre i consumi energetici da fonti
non  rinnovabili  e  all'efficientamento  dei   consumi   energetici»
(lettera d);  «promuove  progetti  di  efficienza  energetica,  anche
innovativi,  a  vantaggio  dei  membri  o  azionisti  finalizzati  al
risparmio  energetico  nonche'  all'incremento  dell'utilizzo   delle
energie rinnovabili» (lettera e). Il successivo comma 4  dell'art.  3
prevede che il bilancio energetico annuale e il  programma  triennale
di interventi siano trasmessi al tavolo tecnico di  cui  all'art.  5,
che analizza i risultati in termini energetici conseguiti dalle  CER.
Il programma triennale di interventi,  inoltre,  e'  trasmesso  anche
alla Giunta regionale, ai fini della verifica della sua coerenza  con
il piano energetico ambientale regionale. 
    Secondo il  ricorrente,  l'esito  dei  controlli  effettuati  dai
predetti organismi regionali potrebbe anche condurre,  laddove  siano
riscontrati  risultati   negativi   nell'attuazione   del   programma
triennale    degli    interventi    volti    alla    riduzione     ed
all'efficientamento dei consumi, all'irrogazione  delle  sanzioni  di
cui all'art. 7 della stessa legge regionale, che determinerebbero «il
venire meno del diritto all'incentivo  economico  regionale  fino  al
raggiungimento, entro il termine massimo di due anni, degli obiettivi
prefissati». 
    Cio' contrasterebbe, ad avviso del ricorrente, con l'art. 31  del
d.lgs. n. 199 del 2021, il quale non  prevederebbe  alcuna  forma  di
sanzione  correlata  alla  riduzione   dei   consumi   od   al   loro
efficientamento, nonche' con «i principi contenuti [nella]  Direttiva
2018/2001/UE ed in particolare con l'art. 22 paragrafo 4  lett.  d)»,
che prevede che le CER  siano  soggette  a  procedure  improntate  al
rispetto dei principi di  proporzionalita',  equita'  e  adeguatezza,
quale non potrebbe  invece  considerarsi  «la  revoca  dell'incentivo
economico a carico della CER che non abbia raggiunto gli  obbiettivi,
qualunque  di  essi,  contemplati  nel   programma   triennale».   La
disposizione   impugnata,   inoltre,   renderebbe   disomogeneo    il
funzionamento delle  CER  sul  territorio  nazionale,  rischiando  di
compromettere la pur dichiarata finalita' di promozione di  forme  di
autoproduzione di energia rinnovabile. 
    1.3.- Per violazione dei medesimi parametri, nonche' dell'art. 32
del d.lgs. n. 199 del 2021, e' impugnato anche  l'art.  3,  comma  3,
lettera b).  Quest'ultimo  prevede  che  le  CER  possano  «stipulare
accordi e convenzioni con l'Autorita' di regolazione per energia reti
e  ambiente  (di  seguito:  ARERA)  e  i  gestori   della   rete   di
distribuzione al fine di ottimizzare la gestione e  l'utilizzo  delle
reti di energia, anche attraverso la realizzazione  di  "smart-grid",
nonche' l'accesso non discriminatorio ai mercati dell'energia». 
    Secondo il ricorrente, tale disposizione,  attribuendo  alle  CER
competenze affatto innovative, si porrebbe in contrasto con gli artt.
31 e 32 del d.lgs. n. 199 del  2021,  nonche'  con  «l'impianto»  del
d.lgs. n. 199 del 2021,  che  «assegna  in  via  esclusiva  ad  ARERA
l'adozione dei provvedimenti necessari a garantire l'attuazione delle
disposizioni relative  alla  CER».  Con  specifico  riferimento  alla
realizzazione di smart-grid, la norma impugnata  non  terrebbe  conto
del fatto che le CER non  possono  in  alcun  modo  contribuire  alla
gestione della rete di distribuzione, poiche'  essa  spetta  ex  lege
esclusivamente al concessionario della rete. 
    1.4.- I parametri appena  richiamati  sarebbero  inoltre  violati
dall'art. 4 della legge regionale impugnata, che affida  alla  Giunta
regionale «il compito di  redigere  uno  schema  tipo  di  protocollo
d'intesa a cui dovranno attenersi gli  enti  locali  che  intend[a]no
partecipare ad una CER». Poiche' ai sensi dell'art. 42-bis, comma  8,
lettera d), del d.l. n. 162 del 2019,  come  convertito,  spetterebbe
invece «solamente ad ARERA individuare le modalita' per  favorire  la
partecipazione diretta dei comuni e delle  pubbliche  amministrazioni
alle comunita' energetiche rinnovabili»,  la  disposizione  impugnata
definirebbe, ad avviso dell'Avvocatura dello Stato,  «un  modello  di
partecipazione degli enti locali alle CER affatto  diverso  e  quindi
avulso rispetto a quello seguito sul restante territorio nazionale». 
    1.5.- Anche l'art. 9, comma 1, lettera b), della  medesima  legge
regionale si  porrebbe  in  contrasto  con  i  parametri  piu'  volte
evocati. Esso  stabilisce  che  la  Giunta  regionale,  con  apposito
disciplinare,   definisca,   sentita   la   competente    commissione
consiliare, «i requisiti dei soggetti che  possono  partecipare  alle
CER e le modalita' di gestione delle  fonti  energetiche  all'interno
delle  comunita'  e  di  distribuzione  dell'energia  prodotta  senza
finalita' di lucro». 
    Secondo il ricorrente, la disposizione  impugnata  rinvia  a  «un
successivo  atto  di  rango  non  legislativo,  la  definizione   dei
requisiti dal cui possesso  dipende  l'operativita'  delle  comunita'
energetiche  rinnovabili»,  laddove  tali  requisiti   risulterebbero
invece specificamente definiti dall'art. 31, comma 2, del  d.lgs.  n.
199  del  2021.  In  questo  modo,  argomenta  il  ricorrente,  «[l]a
previsione regionale, non consentendo  una  puntuale  valutazione  di
conformita' in  ordine  al  rispetto  dell'eventuale  disciplina  dei
predetti  requisiti,  si  pone  evidentemente  in  contrasto  con  la
richiamata  norma  statale  interposta  e  con  il  quadro  normativo
nazionale di derivazione comunitaria». 
    1.6.- E' infine impugnato l'art. 11, commi da 2 a 5. 
    Secondo il ricorrente, l'art. 11 della legge regionale  impugnata
non  conterrebbe  «alcuna  quantificazione  della   spesa   derivante
dall'applicazione dell'art. 6,  comma  1  lett.  b)»,  relativa  alla
«promozione della cooperazione con l'ARERA ed i gestori delle reti di
distribuzione per facilitare il perseguimento degli  obiettivi  della
CER e l'accesso  ai  mercati»,  ne'  «l'indicazione  della  copertura
finanziaria per farvi eventualmente fronte», con  cio'  ponendosi  in
contrasto con «il principio di copertura finanziaria» di cui all'art.
81, terzo comma, Cost., e con l'art. 19, comma 1, della legge n.  196
del 2009, che ad  esso  da'  specifica  attuazione  (sono  citate  le
sentenze n. 147 del 2018 e n. 181 del 2013 di questa Corte). 
    Quanto agli oneri derivanti dagli interventi di cui  all'art.  6,
comma 1, lettera e) (recte: lettere  c  e  d),  cioe'  le  azioni  di
comunicazione volte a favorire la diffusione delle CER e il  sostegno
finanziario alla fase di attivazione  o  costituzione  delle  stesse,
nota l'Avvocatura generale dello Stato  che  l'art.  11  della  legge
regionale impugnata, ai commi 2 e 3, li quantifica e  ne  dispone  la
copertura per il solo esercizio 2022, mentre il comma 4  prevede  che
per le annualita' successive si provveda con  le  leggi  di  bilancio
degli  esercizi  successivi.  Ad  avviso  del  ricorrente,  tuttavia,
«avendo il bilancio  triennale  carattere  autorizzatorio,  la  norma
finanziaria dovrebbe quantificare gli oneri per  tutti  gli  esercizi
compresi nel bilancio di previsione 2022-2024 - in ossequio a  quanto
disposto dagli articoli 17 e 19 della legge n. 196/2009 - e  rinviare
alle successive leggi di bilancio la copertura delle  spese  relative
agli esercizi successivi al 2024, che rappresenta l'ultimo  esercizio
considerato nel bilancio di previsione  in  corso  di  gestione».  Ne
conseguirebbe che, non essendo disposta alcuna  previsione  di  spesa
per gli esercizi 2023 e 2024,  per  essi  la  disposizione  in  esame
dovrebbe considerarsi inefficace  «perche'  la  legge  regionale  non
autorizza l'assunzione di  obbligazioni  giuridiche  con  imputazione
agli esercizi 2023 e 2024». 
    Similmente, anche per quanto riguarda gli oneri  derivanti  dagli
interventi di cui all'art. 6, comma 1, lettera e), di cui  non  viene
fornita alcuna quantificazione, il  rinvio  alle  leggi  di  bilancio
successive operato dal comma 5 dell'art. 6, «non dovrebbe  riguardare
gli esercizi successivi al 2022, bensi' quelli successivi al 2024». 
    2.- Si e' costituita in giudizio la Regione  Abruzzo,  sostenendo
l'inammissibilita' del ricorso e, comunque, la sua non fondatezza. 
    2.1.- L'inammissibilita' del  ricorso  deriverebbe,  quanto  alle
censure mosse nei confronti dell'art. 3, comma 3, nel suo  complesso,
dalla «evidente inconferenza delle disposizioni  regionali  impugnate
con le previsioni di cui agli artt.  31  del  D.Lgs.  n.  199/2021  e
42-bis del D.L. n. 162/2019, evocati quali  parametri  interposti  di
legittimita' costituzionale ai sensi dell'art.  117,  primo  e  terzo
comma, Cost.». 
    Le censure mosse  dal  ricorrente,  infatti,  si  incentrerebbero
«esclusivamente sulla disciplina regionale del regime  sanzionatorio»
conseguente al mancato raggiungimento degli  obiettivi  di  riduzione
dei consumi energetici da fonti non rinnovabili cui le  CER  si  sono
obbligate con l'adozione del programma triennale,  laddove  le  norme
impugnate recherebbero «una disciplina dal punto di vista sostanziale
estranea alle censure sollevate», che risultano cosi'  rivolte  verso
«disposizioni diverse da quelle realmente impugnate». 
    Le  rimanenti  censure   sarebbero   invece   inammissibili   per
genericita',  non  avendo  il  ricorrente  adempiuto  all'obbligo  di
fornire una motivazione non meramente assertiva, in  particolare  per
quanto riguarda il contrasto fra le disposizioni impugnate  e  l'art.
31 del d.lgs. n. 199 del 2021. 
    2.2.-  Nel  merito,  quanto  alla  censura  mossa  nei  confronti
dell'art. 3, comma 3, lettere c) e d), la Regione sottolinea che  gli
oneri ivi previsti, «lungi dall'incidere con effetti  innovativi  sul
regime  giuridico  regolatorio  delle  modalita'  di  costituzione  e
funzionamento della CER, come delineato dal legislatore statale, sono
presi in  considerazione  dal  legislatore  regionale  esclusivamente
quale  meccanismo  di  stimolo  alla   previsione   e   all'effettivo
conseguimento di un piano di  riduzione  dei  consumi  energetici  da
fonti non rinnovabili», con la conseguenza  che  l'eventuale  mancato
raggiungimento degli obiettivi stabiliti in particolare dal programma
triennale  «si  ripercuote  esclusivamente  sulla   possibilita'   di
accedere ai contributi regionali  stanziati  ed  erogati  in  materia
ambientale  ed  energetica,  senza  pregiudicare  la   capacita'   di
costituzione, di esistenza e di funzionamento delle CER  nei  termini
stabiliti dalla cornice statale dei principi fondamentali». 
    Le  norme  impugnate,  pertanto,   rappresenterebbero   legittimo
esercizio della competenza legislativa della Regione,  che  comprende
anche  «il  potere  di  erogare  contributi  finanziari  a  privati»:
l'apparato sanzionatorio previsto dall'art. 7 della legge  impugnata,
in  quanto  correlato  alla  violazione  delle  disposizioni  di  cui
all'impugnato  art.  3,  comma  3,  costituirebbe  «un  tassello  del
complessivo assetto  ordinamentale  regionale  volto  a  regolare  le
modalita'  di  erogazione  degli  incentivi  economici  stanziati  in
materia energetica dalla  Regione  Abruzzo».  Ai  sensi  della  legge
impugnata, in altri termini, l'adozione del  programma  triennale  di
interventi  volti  a  ridurre  i  consumi  energetici  da  fonti  non
rinnovabili e all'efficientamento dei consumi risulterebbe «del tutto
irrilevante  ai  fini  dell'applicazione  della  disciplina   statale
delineata dall'art.  31  del  D.  Lgs.  n.  199/2021  in  materia  di
costituzione e funzionamento delle  Comunita'  energetiche  da  fonti
rinnovabili (CER)». Infatti, qualora le CER  «fossero  disinteressate
ad adempiere agli oneri documentali di cui all'art. 3, comma 3, della
L.R. n. 8 del 2022, subirebbero quale unica  conseguenza  il  mancato
accesso agli incentivi economici promossi dalla  Regione  Abruzzo  in
campo energetico». Cio'  sarebbe  del  resto  confermato  dai  lavori
preparatori  della  legge  in  esame:  «lo  stralcio  dell'originaria
estensione della sanzione anche ai contributi di  origine  statale  e
comunitaria» sarebbe infatti segnale  evidente  della  «volonta'  del
legislatore regionale di circoscrivere l'ambito oggettivo della norma
in disamina ai soli contributi regionali». 
    In  conclusione,  le  disposizioni  impugnate,  attesa  la   loro
funzione  di  disciplinare  l'accesso   agli   incentivi   regionali,
dovrebbero essere ricondotte alla  competenza  legislativa  residuale
delle regioni in materia di «organizzazione amministrativa»  anziche'
a  quella  concorrente  in  materia  di  «produzione,   trasporto   e
distribuzione nazionale dell'energia». 
    2.3.- Con riferimento alle censure mosse nei confronti  dell'art.
3,  comma  3,  lettera  b),   la   Regione   eccepisce   innanzitutto
l'inammissibilita' della censura attinente  la  violazione  dell'art.
117, primo comma, Cost., attesa la sua assoluta genericita'. 
    Nel merito, la Regione osserva che  il  ricorrente  si  limita  a
sostenere l'illegittimita' costituzionale  dell'impugnata  previsione
regionale che consente alle CER di stipulare  accordi  e  convenzioni
con ARERA in ragione del fatto che detta «competenza» non si rinviene
nella corrispondente disciplina statale e che,  comunque,  l'adozione
dei provvedimenti necessari all'attuazione del d.lgs. n. 199 del 2021
sarebbe di esclusiva competenza di ARERA. La resistente ritiene  tale
prospettazione «contraria all'assetto  costituzionale  vigente»,  dal
momento che, qualora seguita, «alle Regioni non  residuerebbe  alcuno
spazio, fatta salva la fedele riproduzione della disciplina statale».
Al contrario, secondo la Regione, la previsione  regionale  impugnata
rientrerebbe «a pieno titolo nella potesta' legislativa regionale  il
cui esercizio concorre, all'interno della cornice normativa stabilita
dal legislatore statale, a sviluppare  alcuni  aspetti  di  dettaglio
attinenti la disciplina sul  funzionamento  delle  CER».  La  Regione
rileva infine che la disposizione impugnata «si limita  a  codificare
una facolta' gia' desumibile dai principi generali dell'ordinamento»,
in quanto ARERA gia' potrebbe,  nell'esercizio  della  sua  autonomia
organizzativa, collaborare con le CER «attraverso i  medesimi  moduli
organizzativi,  anche  a   prescindere   da   specifiche   previsioni
legislative regionali che autorizzino le comunita' in tal senso». 
    2.4.- Quanto alle censure mosse nei  confronti  dell'art.  4,  la
Regione  eccepisce  preliminarmente  l'inammissibilita'   di   quelle
riguardanti la violazione dell'art. 117, primo comma, Cost., e  degli
artt. 31 e 32 del d.lgs. n. 199 del 2021 quali  parametri  interposti
in  riferimento  all'art.  117,  terzo  comma,  Cost.,   poiche'   il
ricorrente argomenta esclusivamente l'asserita  violazione  dell'art.
42-bis del d.l. n. 162 del 2019, come convertito. Secondo la Regione,
la previsione di cui al comma  8  del  menzionato  art.  42-bis,  che
attribuiva  ad  ARERA  la  competenza  ad  adottare  i  provvedimenti
attuativi della disciplina transitoria e sperimentale in  materia  di
CER dettata dallo stesso art. 42-bis, «non ha trovato conferma  nella
regolazione a regime  introdotta  successivamente  dall'art.  32  del
D.Lgs. n. 199 del 2021» per quanto concerne la specifica competenza a
individuare le modalita' per favorire la partecipazione  diretta  dei
comuni   e   delle   pubbliche   amministrazioni.   Pertanto,   anche
«qualificando lo  strumento  del  protocollo  d'intesa  quale  misura
prevista per favorire l'adesione degli  enti  locali  alle  comunita'
energetiche, la norma regionale impugnata non lede i principi statali
enunciati dal D.Lgs. n. 199/2021, in quanto le  iniziali  prerogative
in tal senso attribuite ad ARERA con il D.L. n. 162/2019  sono  state
stralciate dal legislatore  statale  del  2021».  La  Regione  rileva
peraltro che ARERA non  ha  mai  esercitato  le  competenze  previste
dall'art. 42-bis, comma 8, lettera d), ne' potrebbe farlo ora, atteso
il superamento della disciplina ivi contenuta. 
    2.5.- Anche con riferimento all'art. 9, comma 1, lettera  b),  la
Regione eccepisce l'inammissibilita'  della  censura  attinente  alla
violazione dell'art. 117, primo comma, Cost., stante la sua  assoluta
genericita'.  Nel  merito,  la  disposizione  impugnata,  «lungi  dal
sostanziarsi  in  una  prescrizione  normativa   in   "bianco"»,   si
limiterebbe a «delimitare il perimetro contenutistico all'interno del
quale e' autorizzato  l'esercizio  del  potere  amministrativo  della
Giunta Regionale». Secondo la resistente, infatti, le disposizioni di
cui all'art. 4, comma 1, della legge regionale impugnata,  unitamente
al rinvio operato dall'art. 9, comma 2, al d.lgs. n.  199  del  2021,
vincolerebbero la Giunta regionale, nell'individuazione dei requisiti
dei  soggetti  che  possono  partecipare  alle  CER  ai  sensi  della
disposizione impugnata, al rispetto delle condizioni  indicate  dalla
legislazione regionale e statale.  La  Regione  ricorda  inoltre  che
identica  disposizione  sarebbe  contenuta  in  quattro  altre  leggi
regionali, nessuna delle quali e' stata impugnata dal Governo. 
    2.6.- La  Regione  contesta  infine  le  censure  riguardanti  la
copertura finanziaria degli interventi previsti dalla legge regionale
in esame (art. 11, commi da  2  a  5).  Con  riferimento  agli  oneri
derivanti dall'indicato art. 6, comma 1, lettere c),  d)  ed  e),  la
Regione afferma che tali interventi configurano «spese continuative -
ossia  spese  caratterizzate  da  una  costante  incidenza   su   una
pluralita' imprecisata di  esercizi  finanziari  -  ma  di  carattere
facoltativo, i cui oneri non generano un  obbligo  per  i  bilanci  a
stanziare risorse». Attesa la natura discrezionale e non obbligatoria
di tali oneri, alla quantificazione e copertura degli stessi potrebbe
provvedere,  «nell'ambito  delle  risorse  finanziarie  eventualmente
disponibili, il  bilancio  dei  singoli  esercizi  nel  rispetto  dei
vincoli  in  essere  in  termini  di  equilibrio».  Cio'  in   quanto
troverebbe applicazione l'art. 38 del decreto legislativo  23  giugno
2011, n. 118 (Disposizioni in materia di armonizzazione  dei  sistemi
contabili e degli schemi di bilancio delle Regioni, degli enti locali
e dei loro organismi, a norma degli articoli 1  e  2  della  legge  5
maggio 2009, n.  42),  il  quale,  mentre  dispone  che  «[l]e  leggi
regionali che prevedono spese a carattere  continuativo  quantificano
l'onere annuale previsto per ciascuno  degli  esercizi  compresi  nel
bilancio di previsione e indicano l'onere a regime», consente invece,
per  le  spese  non  obbligatorie,  di  rinviare  le  quantificazioni
dell'onere annuo alla legge di bilancio.  Ad  avviso  della  Regione,
l'art. 38 del d.lgs. n. 118 del 2011, cui fa rinvio l'art. 11,  comma
5, della legge regionale impugnata,  costituirebbe  «disposizione  di
carattere speciale e prevalente rispetto alle norme generali  fissate
agli artt. 19 e  17  della  L.  n.  196/2009,  riferite  a  tutte  le
Pubbliche Amministrazioni» e invocate dal ricorrente quale  parametro
interposto. 
    La natura non obbligatoria delle  spese  in  esame  discenderebbe
innanzitutto  dal  carattere  graduale  degli   interventi   previsti
dall'art. 6, comma 1, lettere  c),  d)  ed  e).  In  particolare,  le
attivita' di comunicazione per favorire la diffusione delle CER e  di
sostegno finanziario alla fase di attivazione  o  costituzione  delle
stesse - previste rispettivamente dalle lettere c) e d)  -  sarebbero
prodromiche  rispetto  alla  erogazione   dei   contributi   per   la
realizzazione degli impianti, di cui alla lettera e).  Coerentemente,
pertanto,  il   legislatore   regionale   avrebbe   provveduto   alla
quantificazione e copertura degli oneri derivanti dagli interventi di
cui all'art. 6, comma 1, lettere c) e d), per  l'anno  2022,  laddove
per gli oneri derivanti dagli  interventi  di  cui  alla  lettera  e)
avrebbe previsto la quantificazione e copertura solo  a  partire  dal
2023, attraverso l'annuale legge di bilancio. 
    Anche da  altre  disposizioni  della  legge  regionale  impugnata
sarebbe possibile, secondo le  Regione,  evincere  il  carattere  non
obbligatorio delle spese in esame. Sono  richiamati,  della  medesima
legge reg. Abruzzo n. 8 del 2022, in particolare: l'art. 11, comma 8,
che «demanda l'attuazione degli interventi di  cui  al  Capo  I  alla
Giunta Regionale ed al Dipartimento competente», denotando, ad avviso
della Regione, «la volonta' del legislatore di  riservare  all'organo
di indirizzo politico le scelte in  merito  all'individuazione  delle
priorita' ed alla modulazione  degli  interventi,  nei  limiti  delle
risorse stanziate annualmente con la legge di  bilancio»;  l'art.  6,
comma 2, che, con riferimento  ai  contributi  per  la  realizzazione
degli impianti, «rinvia alla fase attuativa la  previsione  da  parte
della  Regione  dei  regimi  di  sostegno   e   dell'intensita'   del
contributo, individuando quale unico criterio il favor  per  le  aree
svantaggiate»; e le norme di chiusura di cui all'art. 11, commi  6  e
7, dove si precisa,  in  particolare,  che  «[l]'autorizzazione  alla
spesa di cui al presente Capo e' consentita  solo  nei  limiti  degli
stanziamenti di spesa annualmente iscritti sul bilancio regionale». 
    Infine, la  Regione  sottolinea,  a  conferma  della  natura  non
obbligatoria delle spese che la legge reg. Abruzzo n. 8 del  2022  e'
suscettibile di comportare, «la non ascrivibilita' delle  stesse  ne'
all'elenco delle spese obbligatorie ex art. 39, comma 11,  lett.  a),
del D.Lgs. n. 118/2011, ne' alla esemplificazione di  tali  spese  di
cui all'art. 48 del medesimo decreto legislativo». 
    Attesa la natura  non  obbligatoria  delle  spese  in  esame,  la
Regione insiste nel sottolineare l'applicabilita'  dell'art.  38  del
d.lgs. n. 118 del 2011, sottolineando come tale ricostruzione sarebbe
coerente tanto con la deliberazione della Corte  dei  conti,  sezione
delle autonomie, n.  08/SEZAUT/2021/INPR,  che  detta  le  «Linee  di
orientamento per le relazioni annuali sulla tipologia delle coperture
finanziarie e sulle tecniche di  quantificazione  degli  oneri  delle
leggi regionali», quanto  con  la  giurisprudenza  di  questa  Corte,
richiamando al riguardo  la  sentenza  n.  26  del  2013  nonche'  la
sentenza  n.  190  del  2014,  che  la  resistente  ritiene  resa  in
fattispecie del tutto analoga a quella oggi in esame. 
    Rileva  infine  la  Regione  che  tale  modalita'  di   copertura
finanziaria e' stata di recente utilizzata in  numerose  leggi  della
Regione Abruzzo, indicandone ben undici, relative agli anni da 2019 a
2021, nessuna delle quali e' stata impugnata dal Governo. 
    3.- In prossimita' dell'udienza la Regione ha depositato  memoria
illustrativa ribadendo le  eccezioni  di  inammissibilita'  formulate
nell'atto di costituzione e le argomentazioni ivi svolte  a  sostegno
della non fondatezza del ricorso. 
 
                       Considerato in diritto 
 
    1.- Con ricorso notificato e depositato il  19  luglio  2022,  il
Presidente  del  Consiglio  dei  ministri,  rappresentato  e   difeso
dall'Avvocatura generale dello Stato, ha impugnato gli artt. 3, comma
3, lettere b), c), d) ed e), 4, 9, comma 1, lettera b), e  11,  commi
da 2 a 5, della legge  reg.  Abruzzo  n.  8  del  2022,  che  prevede
interventi di promozione dei gruppi di auto  consumatori  di  energia
rinnovabile e delle comunita' energetiche rinnovabili (CER). 
    2.-  Prima  di  procedere  all'esame  delle  singole  censure  e'
opportuno  individuare   l'ambito   materiale   cui   ricondurre   le
disposizioni impugnate, alla luce del quadro normativo  definito  dal
diritto dell'Unione  europea  e  da  quello  interno,  tenendo  conto
«dell'oggetto, della ratio e  della  finalita'  della  disciplina  in
questione» (ex plurimis, sentenza n. 104 del 2021). 
    Le comunita' di energia rinnovabile sono definite dalla direttiva
(UE)  2018/2001,  all'art.  2,  paragrafo  2,  numero  16),  come  un
«soggetto giuridico:  a)  che,  conformemente  al  diritto  nazionale
applicabile, si basa sulla partecipazione  aperta  e  volontaria,  e'
autonomo ed e' effettivamente controllato da azionisti o  membri  che
sono situati nelle vicinanze degli impianti di produzione di  energia
da fonti rinnovabili che appartengono e sono sviluppati dal  soggetto
giuridico in questione; b) i cui  azionisti  o  membri  sono  persone
fisiche,  PMI  o  autorita'  locali,  comprese   le   amministrazioni
comunali;  c)  il  cui  obiettivo  principale  e'  fornire   benefici
ambientali, economici o  sociali  a  livello  di  comunita'  ai  suoi
azionisti o membri o alle aree locali in  cui  opera,  piuttosto  che
profitti finanziari». La stessa direttiva, all'art. 22, stabilisce in
capo agli Stati membri una serie di obblighi finalizzati a promuovere
e agevolare lo sviluppo delle CER. 
    Alla citata direttiva e' stata data attuazione in Italia  in  due
tempi. In un primo momento, l'art. 42-bis del d.l. n. 162  del  2019,
come convertito, ha dettato una disciplina di carattere transitorio e
sperimentale, consentendo, «[n]elle more  del  completo  recepimento»
della direttiva (UE) 2018/2001, la realizzazione di  CER  secondo  le
modalita'  e  alle  condizioni  stabilite  dallo   stesso   articolo.
Successivamente, il d.lgs. n. 199 del 2021 ha provveduto a dare piena
e  stabile  attuazione  alla  direttiva  in  esame.  In  particolare,
all'art. 31 vengono stabiliti i requisiti per la partecipazione  alle
CER e le condizioni alle quali  le  stesse  possono  operare,  mentre
l'art. 32, comma 3, assegna ad ARERA il compito  di  adottare,  entro
novanta giorni dalla data di entrata in vigore del decreto stesso,  i
provvedimenti necessari a garantire l'attuazione  delle  disposizioni
in materia di CER. 
    Da tale complesso  di  disposizioni,  si  evince  come  tanto  il
legislatore europeo, quanto quello  italiano,  esprimano  un  marcato
favor nei confronti delle CER, quali strumenti, ispirati al principio
di sussidiarieta' orizzontale, finalizzati alla produzione di energia
da fonti rinnovabili e alla riduzione del consumo di energia da fonti
tradizionali. 
    In tale contesto, e non diversamente da quanto fatto da  numerose
altre regioni, la Regione Abruzzo ha inteso  dettare,  con  la  legge
reg. Abruzzo n. 8  del  2022,  norme  di  promozione  delle  CER,  al
dichiarato  fine,  espresso  dall'art.  1   della   legge   regionale
impugnata, di contribuire agli obiettivi  europei  di  sostenibilita'
ambientale  e  di  produzione  di  energia  da   fonti   rinnovabili.
L'oggetto, la ratio e la finalita'  delle  disposizioni  oggetto  del
presente    giudizio    convergono    pertanto     nel     ricondurre
inequivocabilmente la disciplina in esame alla  materia  «produzione,
trasporto e distribuzione nazionale dell'energia»,  che  l'art.  117,
terzo comma, Cost. affida alla competenza legislativa concorrente  di
Stato e regioni. 
    3.- La Regione eccepisce in  via  preliminare  l'inammissibilita'
per  genericita'  di  tutte  le  censure  proposte,  non  avendo   il
ricorrente  adempiuto  all'onere  di  corredare  le  stesse  di   una
motivazione che non abbia carattere meramente assertivo. 
    Tale eccezione, a sua volta del tutto generica, non  puo'  essere
accolta in via generale, dal momento che il ricorso  articola  invece
motivazioni specifiche su ciascuna censura. 
    4.- E' impugnato in primo luogo l'art. 3, comma 3, lettere c), d)
ed e), della legge regionale in esame, in riferimento  all'art.  117,
primo e terzo comma, Cost., in relazione all'art. 31  del  d.lgs.  n.
199 del 2021 e all'art.  42-bis  del  d.l.  n.  162  del  2019,  come
convertito, evocati quali disposizioni  statali  di  principio  nella
materia   «produzione,   trasporto    e    distribuzione    nazionale
dell'energia» attuative delle disposizioni di cui alla direttiva (UE)
2018/2001, e in particolare del suo art. 22, paragrafo 4, lettera d). 
    Ai sensi delle disposizioni impugnate,  la  CER:  «predispone  un
bilancio  energetico  annuale»  (lettera  c);  «adotta  un  programma
triennale di interventi volti a ridurre i consumi energetici da fonti
non  rinnovabili  e  all'efficientamento  dei   consumi   energetici»
(lettera d);  «promuove  progetti  di  efficienza  energetica,  anche
innovativi,  a  vantaggio  dei  membri  o  azionisti  finalizzati  al
risparmio  energetico  nonche'  all'incremento  dell'utilizzo   delle
energie rinnovabili» (lettera e). 
    4.1.- Il ricorrente lamenta essenzialmente che l'obbligo  per  le
CER di adottare un programma triennale di interventi volti a  ridurre
i consumi energetici da fonti non rinnovabili  e  all'efficientamento
dei consumi energetici, previsto dall'art. 3, comma 3, lettera d), si
porrebbe in contrasto con gli evocati parametri interposti.  Cio'  in
quanto, ai sensi dell'art. 7 della legge regionale stessa, in caso di
risultati negativi riscontrati dalla Regione in sede  di  verifica  e
attuazione del programma triennale di interventi, le CER non  possono
accedere ai finanziamenti erogati dalla Regione in campo energetico e
ambientale. La disposizione impugnata si porrebbe cosi' in  contrasto
con l'art. 31 del d.lgs. n. 199 del 2021, il quale non prevede alcuna
forma di sanzione correlata alla riduzione dei  consumi  od  al  loro
efficientamento, nonche' con l'art.  22,  paragrafo  4,  lettera  d),
della direttiva (UE) 2018/2001, che prevede che le CER siano soggette
a procedure improntate al rispetto dei principi di  proporzionalita',
equita' e adeguatezza. 
    4.2.- La Regione eccepisce innanzi tutto l'inammissibilita' delle
censure, che sarebbero  incentrate  esclusivamente  sulla  disciplina
regionale   del   regime   sanzionatorio   conseguente   al   mancato
raggiungimento degli obiettivi di riduzione dei consumi energetici da
fonti non rinnovabili cui le CER si sono obbligate con l'adozione del
programma triennale, laddove le  norme  impugnate  recherebbero  «una
disciplina dal punto  di  vista  sostanziale  estranea  alle  censure
sollevate», che  risulterebbero  cosi'  rivolte  verso  «disposizioni
diverse da quelle realmente impugnate». 
    4.3.- L'eccezione regionale e' fondata. 
    Il tenore del ricorso rende evidente come,  nella  prospettazione
del ricorrente, a  essere  ritenuti  in  contrasto  con  i  parametri
evocati non siano i tre obblighi imposti alle CER dalle  lettere  c),
d), ed e) del comma 3 dell'art. 3,  bensi'  la  sanzione  che  deriva
dalla mancata attuazione degli interventi previsti da uno degli  atti
che le CER sono tenute ad adottare, e cioe' il piano triennale di cui
all'art. 3, comma 3, lettera d). In altre parole, il  ricorrente  non
afferma che l'imposizione degli obblighi di predisporre  un  bilancio
energetico, di adottare un piano triennale e di  promuovere  progetti
di efficienza energetica sia  di  per  se'  un  onere  sproporzionato
imposto alle CER in violazione dell'art. 22, paragrafo 4, lettera d),
della direttiva (UE) 2018/2001 e dell'art. 31 del d.lgs. n.  199  del
2021. E' invece la sanzione  che  consegue  alla  mancata  attuazione
degli interventi previsti nel piano triennale a essere  ritenuta  una
procedura non equa e  non  proporzionata  ai  sensi  della  normativa
eurounitaria, nonche' non prevista dal d.lgs. n. 199 del 2021. 
    Il Presidente del Consiglio dei ministri, tuttavia,  non  impugna
l'art. 7, che rappresenta il vero oggetto delle  censure  svolte  nel
ricorso, bensi' l'art. 3, comma 3, lettera  d),  peraltro  estendendo
l'impugnazione anche alle lettere c) ed e), le quali pongono alle CER
degli obblighi  che  neppure  sono  assistiti  dalla  sanzione  della
perdita degli  incentivi  regionali.  In  definitiva,  il  ricorrente
censura la sanzione che deriva dall'inadempimento di un  obbligo  ma,
anziche' la norma che prevede la sanzione, impugna quella che  impone
l'obbligo. Cosi' facendo incorre in una evidente aberratio ictus, che
si verifica quando «sia erroneamente individuata la norma  in  ordine
alla   quale   sono   formulate   le   censure   di    illegittimita'
costituzionale» (sentenza n. 107 del 2021)  e  determina,  anche  nel
giudizio in via principale (sentenze n. 220 e n. 107 del 2021, n.  39
del 2020, n. 241 del 2012 e  n.  325  del  2010),  l'inammissibilita'
della questione. 
    5.- E' poi impugnato l'art. 3, comma  3,  lettera  b),  il  quale
prevede che le CER possano stipulare accordi e convenzioni con  ARERA
e i gestori della rete di distribuzione al  fine  di  ottimizzare  la
gestione e l'utilizzo delle reti  di  energia,  anche  attraverso  la
realizzazione di «smart-grid», nonche' l'accesso non  discriminatorio
ai mercati dell'energia. 
    5.1.-  Ad  avviso  del  ricorrente,  la  disposizione   impugnata
contrasterebbe  con  l'art.  117,  primo  e   terzo   comma,   Cost.,
quest'ultimo in relazione all'art. 42-bis del d.l. n. 162  del  2019,
come convertito, e agli artt. 31 e 32 del d.lgs. n. 199 del 2021, dal
momento che «l'impianto» di tale decreto legislativo assegnerebbe «in
via esclusiva ad  ARERA  l'adozione  dei  provvedimenti  necessari  a
garantire l'attuazione delle disposizioni relative alla CER». 
    5.2.- La Regione, dopo  aver  eccepito  l'inammissibilita'  della
censura attinente alla violazione dell'art. 117, primo comma,  Cost.,
attesa la sua assoluta genericita', contesta  la  prospettazione  del
ricorrente   ritenendola   «contraria   all'assetto    costituzionale
vigente»,  dal  momento  che,  qualora  seguita,  «alle  Regioni  non
residuerebbe alcuno spazio, fatta salva la fedele riproduzione  della
disciplina statale». Contrariamente a quanto dedotto dal  ricorrente,
la disposizione impugnata  costituirebbe  legittimo  esercizio  della
competenza  legislativa  regionale  e  si  limiterebbe   peraltro   a
«codificare  una  facolta'  gia'  desumibile  dai  principi  generali
dell'ordinamento», in quanto ARERA potrebbe, nell'esercizio della sua
autonomia, collaborare con  le  CER  «attraverso  i  medesimi  moduli
organizzativi,  anche  a   prescindere   da   specifiche   previsioni
legislative regionali che autorizzino le comunita' in tal senso». 
    5.3.- L'eccezione di inammissibilita' formulata dalla Regione con
riferimento all'art. 117, primo comma, Cost. e' fondata. 
    In  effetti,  il  ricorrente   svolge   le   sue   argomentazioni
esclusivamente con riferimento alla violazione del d.lgs. n. 199  del
2021, e dei suoi artt. 31  e  32  in  particolare,  richiamati  quali
parametri interposti ai sensi dell'art. 117, terzo comma Cost. 
    Deve, inoltre, dichiararsi l'inammissibilita' anche delle censure
promosse in riferimento  all'art.  117,  terzo  comma,  in  relazione
all'art. 42-bis del d.l. n. 162 del 2019, come convertito, in  quanto
del tutto sprovviste di motivazione. 
    5.4.- Nel merito, la questione residua non e' fondata. 
    Il ricorso censura  essenzialmente  l'asserita  interferenza,  da
parte della legge regionale, con la funzione regolatoria  che  l'art.
32, comma 3, del d.lgs. n. 199 del 2021 assegna ad ARERA, nel momento
in cui le affida il compito di adottare «i provvedimenti necessari  a
garantire l'attuazione» della  normativa  statale.  A  ben  guardare,
tuttavia, nel riconoscere  alle  CER  la  possibilita'  di  stipulare
accordi e convenzioni con  ARERA  e  con  i  gestori  della  rete  di
distribuzione al fine di ottimizzare la gestione e  l'utilizzo  delle
reti di energia, la disposizione impugnata non limita in  alcun  modo
la funzione regolatoria assegnata ad ARERA, ne' interferisce  con  le
funzioni di quest'ultima e dei gestori della rete, come  disciplinate
dalla  legge  statale.  La  disposizione  si   limita   piuttosto   a
riconoscere alle CER una facolta' di collaborare con ARERA  e  con  i
gestori della rete, che potra' trovare realizzazione solamente se,  e
nella misura in cui, tali ultimi soggetti  intendano,  nell'esercizio
della rispettiva autonomia, effettivamente darvi corso, senza che  in
capo ad ARERA o ai gestori della rete sia imposto alcun  obbligo  non
previsto dalla legge statale (si vedano, mutatis  mutandis,  sentenze
n. 176 del 2021, punto 2.3. del Considerato in diritto,  n.  161  del
2021, n. 177 del 2020, punto 15.1. del Considerato in diritto, n. 285
del 2019, punto 7 del Considerato in diritto e n. 116 del 2019, punto
4 del Considerato in diritto). Cio' e' sufficiente  ad  escludere  il
prospettato vizio di illegittimita' costituzionale. 
    6.- Anche l'art. 4 della legge regionale in  esame  e'  impugnato
per  violazione  dell'art.  117,  primo   e   terzo   comma,   Cost.,
quest'ultimo in relazione all'art. 42-bis del d.l. n. 162  del  2019,
come convertito, e agli artt. 31 e 32 del d.lgs. n. 199 del 2021. 
    6.1.- Affidando alla Giunta regionale il compito di redigere  uno
schema tipo di protocollo d'intesa a cui dovranno attenersi gli  enti
locali che intendano partecipare  ad  una  CER,  la  norma  censurata
violerebbe, ad avviso del ricorrente, l'art. 42-bis, comma 8, lettera
d), del d.l. n. 162 del 2019, come convertito,  ai  sensi  del  quale
spetterebbe «solamente ad ARERA individuare le modalita' per favorire
la   partecipazione   diretta   dei   comuni   e   delle    pubbliche
amministrazioni alle comunita' energetiche rinnovabili». 
    6.2.- La  Regione  eccepisce  preliminarmente  l'inammissibilita'
delle censure riguardanti la violazione dell'art. 117, primo e  terzo
comma, Cost., in relazione agli artt. 31 e 32 del d.lgs. n.  199  del
2021, in quanto del tutto prive di motivazione, attenendo le  censure
formulate  dal  ricorrente  esclusivamente  all'asserita   violazione
dell'art. 42-bis del d.l. n. 162 del 2019, come convertito. 
    Nel merito, la Regione  afferma  che  la  previsione  di  cui  al
menzionato  art.  42-bis,  comma  8,  che  attribuiva  ad  ARERA   la
competenza ad adottare i  provvedimenti  attuativi  della  disciplina
transitoria e sperimentale in materia di  CER  dettata  dallo  stesso
art. 42-bis, «non ha trovato  conferma  nella  regolazione  a  regime
introdotta successivamente dall'art. 32 del D.Lgs. n.  199/2021»  per
quanto concerne la specifica competenza a  individuare  le  modalita'
per favorire la partecipazione diretta dei Comuni e  delle  pubbliche
amministrazioni.  Pertanto,  la   norma   regionale   impugnata   non
determinerebbe   alcuna   violazione   dei   principi    fondamentali
determinati dalla legge statale, atteso che la  competenza  di  ARERA
asseritamente  violata,  dopo  essere  stata  inizialmente   prevista
dall'art. 42-bis del d.l. n. 162 del 2019, come  convertito,  non  ha
trovato conferma nel successivo d.lgs. n. 199 del 2021. 
    6.3.- L'eccezione di  inammissibilita'  formulata  dalla  Regione
merita, anche in questo caso,  accoglimento.  Nel  ricorso,  infatti,
viene denunciato esclusivamente  il  contrasto  fra  la  disposizione
impugnata e l'art. 42-bis del d.l. n. 162 del 2019, come  convertito,
evocato quale parametro interposto  ai  sensi  dell'art.  117,  comma
terzo, Cost., ed e' pertanto soltanto su tale asserito contrasto  che
questa  Corte  e'  chiamata  a  pronunciarsi,  mentre  devono  essere
dichiarate inammissibili  per  carenza  assoluta  di  motivazione  le
censure,  annunciate,  ma  non  svolte,  in  riferimento   ad   altri
parametri. 
    6.4.- Anche la censura attinente alla violazione dell'art. 42-bis
del d.l. n. 162 del  2019,  come  convertito,  deve  peraltro  essere
dichiarata inammissibile, per inconferenza del  parametro  interposto
evocato (sentenze n. 259 e n. 23 del 2022). 
    L'art.  42-bis,  comma  8,  del  d.l.  n.  162  del  2019,   come
convertito, disponeva: «[e]ntro trenta giorni dalla data  di  entrata
in  vigore  della  legge  di  conversione   del   presente   decreto,
l'Autorita' di regolazione  per  energia,  reti  e  ambiente  (ARERA)
adotta i provvedimenti necessari a garantire  l'immediata  attuazione
delle disposizioni del  presente  articolo.  La  medesima  Autorita',
inoltre: [...] d) individua modalita' per favorire la  partecipazione
diretta dei comuni e delle pubbliche amministrazioni  alle  comunita'
energetiche rinnovabili». 
    Tale disposizione, come gia' ricordato,  si  autoqualifica  quale
disciplina  transitoria   e   sperimentale,   destinata   a   trovare
applicazione «[n]elle more del completo recepimento  della  direttiva
(UE) 2018/2001  del  Parlamento  europeo  e  del  Consiglio,  dell'11
dicembre 2018». Tale completo recepimento e' avvenuto  attraverso  il
d.lgs. n. 199 del 2021, che peraltro non riprende la disposizione  di
cui all'art. 42-bis, comma 8, lettera d), del d.l. n. 162  del  2019,
come convertito, non menzionando piu' fra gli  ambiti  di  disciplina
affidati ad ARERA quello della promozione  della  partecipazione  dei
comuni alle CER. 
    Il ricorrente, pertanto, ha evocato  quale  parametro  interposto
una norma che ha ormai esaurito i suoi effetti in seguito all'entrata
in  vigore  del  d.lgs.  n.  199  del  2021  -  peraltro   precedente
all'approvazione  della  legge  regionale  impugnata  -;   cio'   che
determina l'inammissibilita' della questione. 
    7.- E' impugnato altresi' l'art. 9, comma 1,  lettera  b),  della
legge reg. Abruzzo n. 8 del 2022, di cui il Presidente del  Consiglio
dei ministri denuncia, ancora una volta, il contrasto con l'art. 117,
primo e terzo comma, Cost., quest'ultimo in relazione all'art. 42-bis
del d.l. n. 162 del 2019, come convertito, e agli artt. 31 e  32  del
d.lgs. n. 199 del 2021. 
    7.1.- Nello stabilire  che  la  Giunta  regionale,  con  apposito
disciplinare,   definisce,   sentita   la   competente    commissione
consiliare, «i requisiti dei soggetti che  possono  partecipare  alle
CER e le modalita' di gestione delle  fonti  energetiche  all'interno
delle  comunita'  e  di  distribuzione  dell'energia  prodotta  senza
finalita' di lucro», la disposizione impugnata  rinvierebbe,  secondo
il ricorrente, a «un successivo atto di  rango  non  legislativo,  la
definizione dei requisiti dal  cui  possesso  dipende  l'operativita'
delle  comunita'  energetiche  rinnovabili»,   ponendosi   cosi'   in
contrasto con l'art. 31, comma 2, del d.lgs. n.  199  del  2021,  che
definisce specificamente tali requisiti. 
    7.2.- La difesa della Regione eccepisce l'inammissibilita'  della
censura attinente alla violazione dell'art. 117, primo comma,  Cost.,
stante la sua assoluta genericita'. 
    Nel merito,  la  disposizione  impugnata  non  costituirebbe  una
prescrizione  normativa  «in  bianco»,   bensi'   delimiterebbe   «il
perimetro  contenutistico  all'interno  del  quale   e'   autorizzato
l'esercizio del potere amministrativo della Giunta Regionale». 
    7.3.- L'eccezione di inammissibilita' formulata dalla Regione  in
riferimento all'art. 117, primo comma, Cost. merita anche  in  questo
caso   accoglimento.   Nel   ricorso,   infatti,   viene   denunciata
esclusivamente la violazione del parametro interposto di cui all'art.
31, comma 2, del d.lgs. n. 199 del 2021, mentre la  censura  ex  art.
117, primo comma, Cost. e' sprovvista di qualsiasi motivazione. 
    7.4.- In via ancora  preliminare,  occorre  delimitare  il  thema
decidendum  al  solo  frammento  della  disposizione  impugnata   che
concerne «i requisiti dei soggetti che possono partecipare alle CER»,
con esclusione invece della parte residua della disposizione, nei cui
confronti il ricorrente non articola alcuna censura, concernente  «le
modalita' di  gestione  delle  fonti  energetiche  all'interno  delle
comunita' e di distribuzione dell'energia prodotta senza finalita' di
lucro». 
    7.5.- Cosi' delimitata,  la  questione  promossa  in  riferimento
all'art. 117, terzo comma, Cost., e' fondata. 
    L'art. 31 del d.lgs. n.  199  del  2021  detta,  al  comma  1,  i
requisiti  che  i  clienti  finali   devono   possedere   per   poter
organizzarsi in CER, e, al comma 2, le condizioni nel rispetto  delle
quali devono operare le CER. Tali requisiti e  tali  condizioni  sono
improntati al principio, espresso  dalla  direttiva  (UE)  2018/2001,
della massima apertura delle CER. 
    In questo senso si esprimono: l'art. 2, paragrafo 2, numero  16),
lettera a), della direttiva citata, secondo cui la CER «si basa sulla
partecipazione aperta e volontaria»; l'art. 22, paragrafo 1, ai sensi
del quale «[g]li Stati membri assicurano che  i  clienti  finali,  in
particolare i clienti domestici, abbiano il diritto di partecipare  a
comunita' di energia  rinnovabile,  [...]  senza  essere  soggetti  a
condizioni  o  procedure  ingiustificate  o  discriminatorie  che  ne
impedirebbero  la  partecipazione  a   una   comunita'   di   energia
rinnovabile [...]»;  e  l'art.  22,  paragrafo  4,  lettera  f),  che
richiede agli Stati membri di fornire «un quadro di sostegno  atto  a
promuovere  e  agevolare  lo  sviluppo  delle  comunita'  di  energia
rinnovabile», che garantisca, tra  l'altro,  che  «la  partecipazione
alle  comunita'  di  energia  rinnovabile  sia  aperta  a   tutti   i
consumatori, compresi quelli appartenenti a famiglie a basso  reddito
o vulnerabili». 
    In questo contesto, l'evocato parametro interposto esprime dunque
un principio fondamentale  della  materia  «produzione,  trasporto  e
distribuzione nazionale dell'energia»,  finalizzato  a  garantire  in
maniera uniforme su tutto  il  territorio  nazionale  la  piu'  ampia
possibilita' di partecipare  a  una  CER,  in  attuazione  di  quanto
disposto dal legislatore europeo. La disposizione regionale impugnata
contrasta con tale principio fondamentale, affidando alla Regione  il
compito di definire i requisiti per  poter  partecipare  a  una  CER,
laddove essi sono invece gia'  esaustivamente  definiti  dalla  legge
statale.  Ne'  vale  a   escludere   il   vizio   di   illegittimita'
costituzionale il carattere non  immediatamente  lesivo  della  norma
regionale, che non stabilisce essa stessa requisiti diversi da quelli
stabiliti dal menzionato d.lgs. n. 199 del 2021, bensi' fa rinvio  ad
un successivo atto della Giunta regionale. La violazione si  concreta
infatti gia' nel momento in  cui  la  Regione  si  appropria  di  una
disciplina che, a tutela  della  massima  apertura  delle  CER,  deve
invece essere uniforme su tutto il territorio nazionale. 
    Deve,  pertanto,  dichiararsi   l'illegittimita'   costituzionale
dell'art. 9, comma 1, lettera b), della legge reg. Abruzzo n.  8  del
2022, limitatamente alle parole «i requisiti dei soggetti che possono
partecipare alle CER e». 
    8.- E' infine oggetto di impugnazione l'art. 11, commi da 2 a  5,
per  violazione  dell'art.  81,  terzo  comma,  Cost.,  in  relazione
all'art. 19, comma 1, della legge n. 196 del 2009. 
    8.1.- Le censure attengono alla mancata  o  inadeguata  copertura
degli oneri derivanti dagli interventi previsti dall'art. 6, comma 1,
della legge regionale impugnata e si articolano essenzialmente in tre
motivi di doglianza. 
    In primo luogo, lamenta il Presidente del Consiglio dei  ministri
che l'art. 11 della legge regionale impugnata non conterrebbe  alcuna
quantificazione   della   spesa   derivante   dall'applicazione   del
precedente art. 6, comma 1, lettera b), che prevede  da  parte  della
Regione interventi di promozione della cooperazione  con  ARERA  e  i
gestori delle reti di distribuzione per facilitare  il  perseguimento
degli obiettivi della CER e l'accesso ai mercati;  ne'  l'indicazione
della copertura finanziaria per farvi eventualmente fronte. 
    In secondo luogo, gli oneri derivanti  dagli  interventi  di  cui
all'indicato art. 6, comma 1, lettere c) e d), vale a dire le  azioni
di comunicazione volte a  favorire  la  diffusione  delle  CER  e  il
sostegno finanziario alla fase di attivazione  o  costituzione  delle
stesse, risultano quantificati e coperti dall'art. 11, commi 2  e  3,
solamente in  relazione  all'anno  2022,  mentre  per  le  annualita'
successive il comma 4 dispone che si provveda con le leggi annuali di
bilancio. Cio' contrasterebbe con gli artt. 17 e 19  della  legge  n.
196 del 2009, assunti quali parametri interposti dell'art. 81,  terzo
comma, Cost., che richiederebbero di quantificare e coprire gli oneri
per tutti gli esercizi compresi nel bilancio di previsione  in  corso
di gestione, quindi fino al 2024 nel caso in esame, e  solo  per  gli
anni successivi consentirebbero di rinviare alle rispettive leggi  di
bilancio. 
    Infine, anche per  quanto  riguarda  gli  oneri  derivanti  dagli
interventi di cui all'art.  6,  comma  1,  lettera  e),  che  prevede
contributi per la realizzazione di  impianti  per  la  produzione  di
energia da fonti rinnovabili, di cui il comma 5  dell'impugnato  art.
11 non fornisce  alcuna  quantificazione  nemmeno  per  l'anno  2022,
prevedendone la decorrenza solo a far data dal 2013, viene  lamentato
il rinvio alle leggi annuali di bilancio, che sarebbe  possibile,  ad
avviso  dell'Avvocatura  generale  dello  Stato,  solamente  per  gli
esercizi successivi al 2024. 
    8.2.- Occorre innanzi tutto osservare che, sebbene nel ricorso si
faccia riferimento alla mancata quantificazione degli oneri derivanti
dall'art. 6, comma 1, lettera b),  non  e'  oggetto  di  impugnazione
l'art. 11, comma 1, che dispone che agli adempimenti di cui  all'art.
6, comma 1, lettere a) e b), si provvede  nell'ambito  delle  risorse
umane, strumentali e finanziarie disponibili a legislazione  vigente,
assicurando l'invarianza della spesa per il bilancio della regione  e
delle  altre  amministrazioni   pubbliche   interessate.   Il   thema
decidendum deve essere pertanto limitato alla  copertura  finanziaria
degli interventi previsti dall'art. 6, comma 1, lettere c), d) ed e). 
    8.3.- Questa Corte  ha  costantemente  affermato  che  «le  leggi
istitutive di nuove spese devono contenere  un'esplicita  indicazione
del relativo mezzo di copertura e che a tale obbligo non sfuggono  le
norme regionali» (sentenza n. 244 del 2020),  sottolineando  che  «il
legislatore  regionale  non  puo'  sottrarsi  a  quella  fondamentale
esigenza di chiarezza e solidita' del bilancio cui l'art. 81 Cost. si
ispira» (sentenza n. 307 del 2013), e che la copertura di nuove spese
«deve essere credibile, sufficientemente  sicura,  non  arbitraria  o
irrazionale, in equilibrato rapporto con  la  spesa  che  si  intende
effettuare in esercizi futuri» (ex multis, sentenze n. 307 del 2013 e
n. 131 del 2012; nello stesso senso, sentenza n. 183 del 2016,). 
    Si e' altresi' precisato che il canone  costituzionale  dell'art.
81,  terzo  comma,   Cost.   «opera   direttamente,   a   prescindere
dall'esistenza di norme interposte» (ex plurimis, sentenze n. 200 del
2022, n. 26 del 2013  e,  nello  stesso  senso,  n.  124  del  2022).
Nondimeno,  si  e'  anche   riconosciuto   che   sussistono   plurime
disposizioni «puntualmente  attuative  del  precetto  costituzionale»
(sentenza n. 235 del 2020) fra le quali devono essere annoverati  non
solo l'art. 19 della legge n. 196 del 2009,  evocato  dal  ricorrente
quale parametro interposto, ma anche l'art. 38, comma 1,  del  d.lgs.
n. 118 del 2011, richiamato invece dalla  difesa  regionale  (ancora,
sentenza n. 235 del  2020).  Quest'ultimo  dispone  che  «[l]e  leggi
regionali che prevedono spese a carattere  continuativo  quantificano
l'onere annuale previsto per ciascuno  degli  esercizi  compresi  nel
bilancio di previsione e indicano l'onere a regime ovvero,  nel  caso
in cui non si tratti  di  spese  obbligatorie,  possono  rinviare  le
quantificazioni dell'onere annuo alla legge di bilancio». 
    E' dunque alla luce di tali principi che deve  essere  scrutinato
il merito delle  residue  questioni  di  legittimita'  costituzionale
sottoposte all'esame di questa Corte. 
    8.4.- La questione di legittimita' costituzionale dei commi 2,  3
e 4 dell'art. 11 della legge reg. Abruzzo n.  8  del  2022,  relativa
alla mancata copertura finanziaria delle spese relative alle  lettere
c) e d) del precedente art. 6, comma 1, non e' fondata. 
    Con riferimento alle azioni di comunicazione volte a favorire  la
diffusione  delle  CER  e  il  sostegno  finanziario  alla  fase   di
attivazione o  costituzione  delle  stesse,  previste  per  l'appunto
dall'art. 6, comma 1, lettere c) e d), i commi 2  e  3  dell'art.  11
della legge reg. Abruzzo n.  8  del  2022  hanno  previsto  un  primo
stanziamento pari a euro 40.000 per l'anno 2022, mentre  il  comma  4
rinvia la quantificazione e la copertura degli  oneri  per  gli  anni
successivi alle rispettive leggi di bilancio. 
    Attesa la natura degli interventi in esame, che sono  finalizzati
a promuovere la diffusione e costituzione delle CER, la scelta  della
Regione e' stata quella di impegnare sin da subito  40.000  euro  per
favorire  la  prima  istituzione  delle  CER,  e  di  riservare  alla
successiva valutazione compiuta in sede di legge annuale di bilancio,
come previsto dall'art. 11, comma 4,  ogni  decisione  relativa  alla
prosecuzione  di  tali  attivita',  anche  alla  luce  dei  risultati
conseguiti dai primi interventi e  dell'evoluzione  della  diffusione
delle CER. 
    Le spese funzionali  all'eventuale  prosecuzione  oltre  il  2022
delle attivita' indicate nelle lettere c) e d) dell'art. 6, comma  1,
non  possono  dunque  essere  ritenute  di  carattere   obbligatorio.
Conseguentemente, la scelta del legislatore regionale di rinviare  la
quantificazione e la copertura di quelle spese alle future  leggi  di
bilancio non viola l'art. 19, comma 1, della legge n. 196  del  2009,
invocato dal ricorrente quale parametro interposto,  ne'  -  piu'  in
generale - i principi desumibili dall'art. 81,  terzo  comma,  Cost.,
risultando conforme  a  quanto  consentito  allo  stesso  legislatore
regionale dall'art. 38, comma 1, del d.lgs. n. 118 del 2011. 
    8.5.  -  Neppure  e'  fondata  la   questione   di   legittimita'
costituzionale dell'art. 11, comma 5. 
    La disposizione impugnata stabilisce che per gli oneri  derivanti
dagli interventi di cui all'art. 6, comma 1, lettera  e)  -  ossia  i
contributi per la realizzazione degli impianti  -  si  fa  fronte,  a
decorrere  dall'anno  2023,  con  le  risorse  di  apposito  e  nuovo
stanziamento  denominato  "Contributi  per   impianti   a   comunita'
energetiche e  gruppi  di  autoconsumo",  istituito  nello  stato  di
previsione della spesa  del  bilancio  regionale  alla  Missione  17,
Programma 01, Titolo 2,  annualmente  determinato  ed  iscritto,  nel
rispetto degli equilibri di bilancio, con la  legge  di  bilancio  ai
sensi dell'art. 38 del d.lgs. n. 118 del 2011. 
    La disposizione impugnata, nello stabilire che la spesa  per  gli
interventi di cui alla  lettera  e)  dell'art.  6,  comma  1,  dovra'
gravare dal 2023 sul capitolo di bilancio indicato, senza  provvedere
ad alcuna quantificazione, non  istituisce  tuttavia  per  l'anno  in
corso alcun impegno di spesa a titolo di contributo per le CER. 
    Come osserva la difesa regionale,  gli  interventi  di  cui  alla
indicata lettera e)  presuppongono  infatti  l'avvenuta  costituzione
delle CER e si collocano, pertanto, in una fase successiva  a  quelli
di cui alle lettere c) e d) del medesimo art.  6,  comma  1.  D'altra
parte,  la  loro  effettuazione  resta  comunque  subordinata  a  una
valutazione da compiersi con le successive leggi di bilancio. 
    Conseguentemente,   da   un   lato   la   disposizione   non   e'
immediatamente foriera di nuovi  oneri  a  carico  della  Regione,  e
dall'altro  non  istituisce  per  il  futuro   spese   di   carattere
obbligatorio, restando comunque fermo che  qualunque  sua  attuazione
dovra' essere preceduta da idonea  disposizione  di  legge  regionale
recante adeguata quantificazione e relativa copertura. 
    Dal che la non fondatezza anche di questa censura.