ha pronunciato la seguente
                               ORDINANZA
 nei  giudizi di legittimita' costituzionale dell'articolo unico della
 legge 31 ottobre 1988, n. 471 (Norme  concernenti  l'opzione,  per  i
 laureati  in  medicina  e  chirurgia, per l'iscrizione all'albo degli
 odontoiatri), promossi con le seguenti ordinanze:
      1) ordinanza emessa il 12 gennaio 1993 dal Pretore di Parma  nel
 procedimento civile vertente tra Manara Massimo e l'Ordine dei medici
 chirurghi  e  degli odontoiatri della provincia di Parma, iscritta al
 n. 127 del  registro  ordinanze  1993  e  pubblicata  nella  Gazzetta
 Ufficiale  della  Repubblica  n.  14, prima serie speciale, dell'anno
 1993;
      2) n. 3 ordinanze emesse il 20 ottobre  1993  dal  Tribunale  di
 Brescia  nei procedimenti civili vertenti tra Zuaboni Laura ed altra,
 Sidari Giuseppe ed altri, Pizzamiglio Giovanna e l'Ordine dei  medici
 e  chirurghi e degli odontoiatri della provincia di Brescia, iscritte
 ai nn. 68, 69 e 70 del registro ordinanze  1994  e  pubblicate  nella
 Gazzetta  Ufficiale  della  Repubblica  n.  11, prima serie speciale,
 dell'anno 1994;
    Visto l'atto di costituzione di Pizzamiglio Giovanna  nonche'  gli
 atti di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;
    Udito nell'udienza pubblica del 10 maggio 1994 il Giudice relatore
 Vincenzo Caianiello;
    Uditi   gli  avvocati  Cesare  Trebeschi  e  Fausto  Cordiano  per
 Pizzamiglio Giovanna e l'Avvocato dello Stato Pier Giorgio Ferri  per
 il Presidente del Consiglio dei ministri;
    Ritenuto  che, nel corso di un procedimento ex art. 700 del codice
 di procedura civile, promosso  per  l'accertamento  del  diritto  del
 ricorrente di rimanere iscritto sia all'albo dei medici chirurghi che
 a  quello degli odontoiatri senza esercitare alcuna opzione per l'uno
 o per l'altro, il Pretore  di  Parma  ha  sollevato,  in  riferimento
 all'art.    3   della   Costituzione,   questione   di   legittimita'
 costituzionale dell'articolo unico della legge 31 ottobre 1988 n. 471
 (Norme concernenti l'opzione, per i laureati in medicina e chirurgia,
 per l'iscrizione all'albo  degli  odontoiatri)  che  prevede,  per  i
 laureati  in  medicina  e  chirurgia  immatricolati  nel  quinquennio
 1980-85, la  facolta'  di  optare  per  l'iscrizione  all'albo  degli
 odontoiatri,   con  la  conseguenza  di  impedire  l'esercizio  della
 professione di medico per chi chieda l'iscrizione a quell'albo;
      che ad avviso del giudice a quo cio' determinerebbe  un'evidente
 disparita'  di  trattamento  rispetto  ai  medici  che,  iscritti  al
 relativo corso di laurea in epoca precedente al  28  gennaio  1980  e
 abilitati  all'esercizio della professione medica, possono richiedere
 l'iscrizione  nell'albo  degli  odontoiatri  senza   perdere   quella
 nell'albo dei medici chirurghi (reg. ord. n. 127 del 1993);
      che, nel corso di altri tre giudizi civili, promossi da soggetti
 abilitati    alla   professione   di   medico-chirurgo,   richiedenti
 l'accertamento  del  loro  diritto  ad  essere  iscritti   (oltreche'
 nell'albo dei medici) anche nell'albo degli odontoiatri, il Tribunale
 di  Brescia,  con  ordinanze  di identico tenore emesse il 20 ottobre
 1993 (reg. ord. nn. 68, 69 e  70  del  1994),  ha  sollevato  analoga
 questione  di  legittimita'  costituzionale dell'articolo unico della
 legge n. 471 del 1988 per violazione dell'art. 3 della  Costituzione,
 in  quanto la norma impugnata creerebbe una ingiustificata disparita'
 di trattamento tra medici chirurghi specialisti in odontoiatria,  che
 possono  essere iscritti ad entrambi gli albi, e medici chirurghi non
 specialisti, che,  "pur  essendo  riconosciuti  idonei  all'esercizio
 dell'odontoiatria,   debbono   optare   per  l'iscrizione  all'uno  o
 all'altro albo";
      che in uno di questi giudizi (reg. ord. n. 70 del  1994)  si  e'
 costituita  la  parte  privata,  aderendo  alle considerazioni svolte
 nell'ordinanza di rimessione;
      che negli ultimi tre giudizi (reg. ord. 68, 69 e 70 del 1994) e'
 intervenuto il Presidente del Consiglio dei  Ministri,  rappresentato
 dall'Avvocatura  generale dello Stato, la quale - dopo aver ricordato
 che la professione di dentista, separata ed  autonoma  da  quella  di
 medico-chirurgo, e' stata istituita in Italia con la legge n. 409 del
 1985, emanata in attuazione della direttive comunitarie nn. 686 e 687
 del  1978,  relative  al  reciproco  riconoscimento  dei  diplomi  di
 dentista, per agevolare l'esercizio del  diritto  di  stabilimento  e
 della  libera prestazione dei servizi in questo settore professionale
 - ha osservato che "sulla legge n. 471 del 1988 la Commissione  delle
 comunita'  europee  ha  aperto  una  procedura di infrazione ai sensi
 dell'art. 169 del Trattato, tuttora pendente dinanze  alla  Corte  di
 giustizia  delle  comunita'  (causa  C-40/93)",  soggiungendo che "la
 Commissione contesta che con questa legge la Repubblica  italiana  ha
 violato  le  direttive  citate  per  il  fatto di consentire, oltre i
 limiti  temporali  inderogabilmente   fissati   dall'art.   19   dir.
 78/686/CEE,  l'accesso  alla  professione di dentista a persone prive
 della formazione professionale richiesta dalla normativa comunitaria,
 perche' in possesso della sola laurea in medicina  e  non  anche  del
 diploma  di  specializzazione)",  per cui "questo stato delle cose e'
 certamente non privo  di  rilevanza  ai  fini  della  verifica  della
 costituzionalita',  ai  sensi  dell'art.  3 della Costituzione, della
 apposizione  di  un  termine  per  l'esercizio  della   facolta'   di
 iscrizione  all'albo  degli  odontoiatri" e, in generale, della norma
 impugnata.
    Considerato che nelle ordinanze di  rinvio  manca  ogni  cenno  di
 motivazione  sul  profilo, gia' esistente al momento della rimessione
 delle questioni di legittimita'  costituzionale  -  e  sul  quale  si
 sofferma   anche  l'Avvocatura  generale  dello  Stato  nelle  citate
 deduzioni difensive - della compatibilita' della norma impugnata  con
 le  direttive  comunitarie  del Consiglio nn. 686 e 687 del 25 luglio
 1978 (in Gazzetta ufficiale delle comunita' europee n. L 233  del  24
 agosto 1978);
      che  tale  profilo,  attenendo  alla  operativita'  della  norma
 oggetto degli incidenti di costituzionalita',  investe  la  rilevanza
 delle  questioni,  onde  di  esso  ogni giudice, nel sollevarle, deve
 farsi carico ai sensi dell'art. 23 della legge 11 marzo 1953  n.  87,
 pena  l'inammissibilita' delle questioni medesime (ordd. nn. 269, 79,
 8 del 1991, 450, 389, 78 del 1990, 152 del 1987).
    Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo  1953,  n.
 87  e 9, secondo comma, delle Norme integrative per i giudizi davanti
 alla Corte costituzionale.