ha pronunciato la seguente
                               ORDINANZA
 nel giudizio di legittimita' costituzionale  degli  artt.  30,  terzo
 comma,  del  d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 636, concernente la revisione
 del contenzioso tributario, e 12, comma 2, del decreto legislativo 31
 dicembre 1992, n. 546, recante disposizioni sul processo  tributario,
 come modificato dal decreto-legge 30 agosto 1993, n. 331, convertito,
 con  modificazioni,  in  legge  29 ottobre 1993, n. 427, promosso con
 ordinanza emessa il 18 novembre 1993 dalla Commissione tributaria  di
 primo  grado  di  Verbania  sul  ricorso proposto da Ambroso Vincenzo
 contro l'Ufficio Imposte Dirette di Arona,  iscritta  al  n.  15  del
 registro  ordinanze  1994 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della
 Repubblica n. 6, prima serie speciale, dell'anno 1994;
    Visto l'atto  di  intervento  del  Presidente  del  Consiglio  dei
 ministri;
    Udito  nella  camera  di  consiglio  del 25 maggio 1994 il Giudice
 relatore Cesare Ruperto;
    Ritenuto che la Commissione tributaria di primo grado di  Verbania
 ha  sollevato,  con  riferimento  agli  artt.  3,  primo comma, e 24,
 secondo  comma,  della  Costituzione,   questione   di   legittimita'
 costituzionale  degli  artt.  30,  terzo comma, del d.P.R. 26 ottobre
 1972, n. 636, e 12, comma 2,  del  decreto  legislativo  31  dicembre
 1992,  n.  546,  come modificato dal decreto-legge 30 agosto 1993, n.
 331, convertito, con modificazioni, in legge 29 ottobre 1993, n. 427,
 nella  parte  in  cui  dette  norme non riservano esclusivamente agli
 avvocati e ai procuratori legali "l'assistenza tecnica" davanti  alle
 Commissioni tributarie;
      che   a   parere   del   giudice  a  quo  i  soggetti  abilitati
 all'assistenza  e   rappresentanza   nel   giudizio   in   argomento,
 appartenendo a categorie professionali eterogenee e potendo anche non
 essere  iscritti  ad  alcun  albo  o  ruolo,  non  garantirebbero  la
 preparazione  giuridica  necessaria  per  osservare  le  regole   del
 processo;
      che  tale  estensione  dell'a'mbito  dei difensori svelerebbe un
 vizio di ragionevolezza,  confermato  dalla  piu'  recente  normativa
 impugnata,   concretando   altresi'  una  disparita'  di  trattamento
 rispetto ad altri organi di giurisdizione speciale e sacrificando  il
 diritto di difesa;
      che  nel  giudizio  dinanzi  a  questa  Corte  e' intervenuto il
 Presidente  del  Consiglio  dei  ministri,  rappresentato  e   difeso
 dall'Avvocatura  dello  Stato, che ha concluso per l'inammissibilita'
 ovvero per l'infondatezza della questione;
    Considerato che, a' termini dell'art.  80,  comma  2,  del  citato
 decreto legislativo n. 546 del 1992, come modificato dall'art. 69 del
 decreto-legge  30 agosto 1993, n. 331, convertito, con modificazioni,
 nella legge 29 ottobre  1993,  n.  427,  le  nuove  disposizioni  sul
 processo  tributario  avranno  effetto  dalla data d'insediamento dei
 nuovi organi giurisdizionali, e cioe' dal 1 ottobre 1994,  come  gia'
 rilevato  da  questa Corte (cfr. ordinanza n. 502 del 1993 e sentenza
 n. 107 del 1994);
      che pertanto la  remittente  Commissione  non  puo'  allo  stato
 applicare l'art. 12 del decreto legislativo n. 546 del 1993, e dunque
 la   relativa   questione   e'   manifestamente   inammissibile   per
 irrilevanza;
      che, con riguardo all'art. 30 del d.P.R. n. 636 del 1972, questa
 Corte, sulla base del piu' volte affermato principio, secondo cui  il
 diritto  di  difesa  e'  diversamente  modulabile dal legislatore nel
 rispetto delle garanzie fondamentali (cfr. sentenza n. 188 del 1980 e
 ordinanza n. 48 del 1988), ha ritenuto non irragionevole la facolta',
 attribuita dal primo comma della norma de  qua  al  contribuente,  di
 difendersi    personalmente   "in   un   procedimento   ..   vertente
 prevalentemente  su  fatti"  ed  altresi'  "caratterizzato  da  forme
 semplificate" (v. ordinanza n. 685 del 1988);
      che  a  fortiori  non  puo' ritenersi irragionevole la facolta',
 prevista  dal  successivo  terzo  comma,  di   farsi   "assistere   e
 rappresentare  in  giudizio"  da  altri soggetti (come nella specie i
 ragionieri) dotati  di  cognizioni  tecniche  per  la  loro  qualita'
 professionale;
      che,   pertanto,  la  prospettata  questione  e'  manifestamente
 infondata;
    Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo  1953,  n.
 87, e 9, secondo comma, delle Norme integrative per i giudizi davanti
 alla Corte costituzionale;